lunedì 20 agosto 2012

(1) XX.VIII.MMXII/ Botta di sole.===Per questo, il professore invita a guardare all'Euro come una risorsa e non come un handicap: la moneta unica «è - puntualizza - il pinnacolo della costruzione europea, è come la Madonnina sul Duomo di Milano: sarebbe una tragedia se diventasse, per incapacità nostra, un fattore di disgregazione che rianima i pregiudizi del Nord contro il Sud e viceversa».


Denuncia in Capitanata «L’inganno del pomodoro ci fa produrre sottocosto»
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: La Fiavet: «Sardegna troppo cara, meglio le crociere»
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Scettici gli operatori «Alla fine i bilanci resteranno in rosso»
Monti: "Si vede l'uscita dalla crisi"            
Min.Finanze Grecia, resteremo nell'euro
Ticino. I debiti della Grecia e quelli della Storia

Denuncia in Capitanata «L’inganno del pomodoro ci fa produrre sottocosto»
di MASSIMO LEVANTACI
Il bacino dell’«oro rosso» è rosso anche nei conti in bilancio, parola di quei produttori che continuano a scommettere sul pomodoro pur sapendo di «lavorare sottocosto». E allora perchè insistere? «Si è ormai innescata una sorta di catena di sant'Antonio - dice Marco Nicastro, presidente nazionale della sezione economica del pomodoro da industria di Confagricoltura - che ti permette di far girare un po' di soldi, ma niente più. E’ un’economia drogata, perchè a furia di accumulare perdite poi s'innescano meccanismi perversi come l'usura. Molti agricoltori oggi sono pignorati, non hanno neanche la forza di obiettare».
Il pomodoro era considerato in Capitanata come una sorta di Superenalotto, la catarsi produttiva in grado di rimediare alle perdite precedenti. Oggi invece se va bene si rimediano soltanto le spese per quegli agricoltori (la maggior parte) che devono ammortizzare anche l’affitto del terreno (2000-2500 euro a ettaro). «E’ il quinto anno che si produce sottocosto, il problema riguarda anche i produttori del Nord: ci sono al riguardo inchieste aperte dalla magistratura».
Cominciamo dalle rese: quest’anno molto basse. Ma non si era detto che le industrie avrebbero riconosciuto un prezzo migliore in assenza di surplus produttivo? «Ad aprile ci avrebbero garantito sul contratto un prezzo di 10 centesimi al chilo sul pomodoro tondo e di 12 centesimi per il lungo (oggi siamo a 7 e 8 centesimi: ndr) se avessimo garantito il 25% delle superfici. Ma erano già avvenuti i trapianti e non siamo riusciti a bloccarli. Oggi quelle condizioni che volevano gli industriali ci sono tutte, ma gli agricoltori si sono fatti ugualmente ammanettare. E’ chiaro che c'è una speculazione in atto, questo mi fa capire che non ci potrà mai essere feeling fra parte agricola e industriale».
Col senno di poi si direbbe che non sono state lungimiranti le organizzazioni di prodotto. «Io credo invece che le Op del Sud abbiano avuto grande coraggio sostenendo in tal modo il pomodoro lungo, ovvero il vero made in Italy come viene riconosciuto all'estero. C’è voluto coraggio a non chiudere i contratti al Sud proprio perchè si partiva da tariffe giudicate comunque sottocosto dalle aziende».
Però le aziende hanno comunque investito, pur sapendo di andare a sbattere contro un muro. Qualcosa non torna. «Nel tempo intercorso fra la chiusura del contratto al Nord, molte cooperative hanno dovuto anticipato denaro alle aziende agricole a corto di liquidi, causa crisi economica. Così queste si sono dovute adeguare e firmare contratti sulla base delle tariffe stabilite al Nord che sono comunque poco remunerative, così oggi sono costrette a sottostare a questa beffa. Molti agricoltori si sono visti pignorare i terreni, questo meccanismo ha innescato il silenzio che vige oggi nelle campagne».
Continuando ad andare avanti in questo modo quanto potrà durare il primato del pomodoro da industria in Capitanata? «E’ un problema di identità, a mio avviso. Non ci rendiamo conto che al sud produciamo il pomodoro lungo, ovvero l’unico marchio distintivo che fa riconoscere l’Italia nel mondo. Il pelato non potrà mai essere replicato, come avvenuto per il concentrato cinese che viene pastorizzato e infilato in fusti di semilavorato da 200 kg. Il pomodoro lungo si lavora sul fresco, operazione che non si può fare a migliaia di km di distanza. Ma è una chance che non riusciamo a giocare».

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: La Fiavet: «Sardegna troppo cara, meglio le crociere»
20.08.2012
ROMA Alla fine è successo: le crociere hanno soppiantato i villaggi turistici. I prezzi delle prime sono in genere più bassi e le navi sempre più grandi, accessoriate, ricche di sorprese. I secondi si basano invece su formule consunte, anche se molti hanno introdotto diverse novità per non soccombere. Al prezzo del villaggio occorre poi aggiungere quello del trasporto, che talvolta come nel caso della Sardegna si può rivelare ingente. «Una famiglia di 4 persone, che fino a due estati fa pagava 180-200 euro per arrivare in Sardegna col traghetto, portando a bordo un’auto, oggi, con la stessa automobile, finisce per pagare tra i mille e i 1200 euro: una cifra impossibile che fa sì che quest’estate l’isola sia stata abbandonata da moltissimi», lamenta il presidente della Fiavet, la Federazione delle agenzie di viaggio, Fortunato Giovannoni. «In agosto agenzie e tour operator hanno venduto bene, addirittura di più dell’anno scorso, ma molto sotto data e quindi con margini ridotti», spiega Luca Patanè, presidente di Federviaggio, Federazione del turismo organizzato e leader del gruppo Uvet. «È difficile fare già un consuntivo - aggiunge - Bisogna attendere settembre. Ma i margini degli operatori sono stati sacrificati. Le prenotazioni sotto data sono dovute ovviamente alla crisi e alla conseguente perdita di posti, ma anche a motivazioni psicologiche, ansie e paure dovute al timore che i soldi vengano a mancare. Gli italiani fanno vacanze più corte e più frequenti. Sul fronte degli stranieri, gli arrivi sono stati buoni, soprattutto in primavera e da parte di alcuni mercati, come quello russo». Mentre dunque l’industria del turismo lamenta perdite importanti, chi continua a navigare in acque tranquille è il comparto crocieristico, grazie al ridimensionamento delle tariffe. Persino il colosso Costa - che si pensava sarebbe stato messo in ginocchio dopo il tragico incidente, quest’inverno, alla nave naufragata all’isola del Giglio, con 32 morti - ha appena confermato il sold out per tutte le partenze di agosto sulle 32 rotte nel Mediterraneo e le 17 nel Nord Europa. In funzione, su queste tratte, sono 5 unità per il Nord Europa e 8 per il Mediterraneo. L’altro grande gruppo, Msc, ha reso noto che saranno circa 900mila i passeggeri che trascorreranno l’estate a bordo delle navi della sua flotta, alla scoperta del fascino del Mediterraneo o delle suggestive località che si affacciano sui mari del Nord Europa. Per la crociera di Ferragosto sono stati “movimentati” 54mila passeggeri nei porti italiani, registrando il fully booked su tutte unità della compagnia.

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Scettici gli operatori «Alla fine i bilanci resteranno in rosso»
20.08.2012
SASSARI «Così non va». Tanti operatori turistici, nell’isola, rilanciano l’allarme. Chiedono con forza «provvedimenti strutturali». Li pretendono dalla classe politica regionale: «Per arginare l’emorragia di perdite nell’industria delle vacanze», puntualizzano. Provvedimenti che magari prevedano facilitazioni e sblocchi immediati nel sistema del credito, uno dei problemi che stringe in una morsa pericolosa decine di società che gestiscono hotel, camping, residence e altri complessi. «Non basteranno infatti gli ultimi sbarchi, magari sulla scia di proposte vantaggiose, a non far andare in rosso molti bilanci», spiegano, sconfortati, in parecchi. Per un quadro esatto della situazione, comunque, si dovrà attendere:un’analisi più complessiva e approfondita, come sempre, potrà essere fatta solamente a partire da settembre. Dice nel frattempo Enrico Daga: «Di fronte a una recessione fortissima come quella che stiamo attraversando, gli imprenditori hanno buttato giù le tariffe, a volte dimezzandole, appoggiandosi ai portali web per fare proposte favorevoli ai clienti e che alle aziende consentano di salvare il salvabile. Da qualche giorno si notano così segnali di ripresa, ma col caro-traghetti e con altre questioni lasciate aperte, come l’import di prodotti alimentari a prezzi elevatissimi, difficilmente riusciremo a risalire la china». Daga, consigliere comunale ad Alghero e assessore provinciale a Sassari, è stato appena nominato alla guida di Stl, il Sistema turistico locale. «Nel valutare certe tendenze – aggiunge – una cosa è prendere in considerazione quanta gente si vede in giro nelle strade dei centri turistici, un’altra pensare a quante di quelle stesse persone spendono nei negozi o nei laboratori artigiani, entrano nei bar per consumare o vanno mangiare al ristorante o in trattoria». Già da settimane, del resto, gli albergatori, a cominciare dal presidente regionale, Giorgio Macciocu, hanno ricordato a chiare note come occorra «attivare subito un tavolo con Regione, Sfirs, banche e Consorzi fidi per dare respiro a imprese che diversamente rischiano a fine anno di dover chiudere i battenti per sempre». C’è insomma il pericolo, senza provvedimenti adeguati, di non parare il colpo al cuore di un sistema che fattura 1,6 miliardi, dà lavoro a migliaia di sardi e - attraverso le sue 3.500 strutture ricettive - garantisce oltre 250mila posti letto. Difficoltà analoghe attraversano i campeggi. «Di sicuro in questo periodo, per invertire tendenze negative simili all’anno scorso, pratichiamo sconti particolari oppure garantiamo certi servizi in spiaggia e il noleggio gratuito di bici», osserva Giovanni Pigozzi, presidente regionale della Federcamping. «Grazie alle offerte last minute possiamo vedere come nelle ultime settimane continui massiccia la presenza degli stranieri, soprattutto tedeschi, olandesi, svizzeri e austriaci – prosegue Pigozzi – Ma spesso chi punta sui viaggi dell’ultimo istante scegli altre località concorrenti perché il nostro bacino d’utenza non è a un’ora di distanza come questi da molti centri strategici per le partenze». Insomma, proposte vantaggiose mitigano il pessimo trend che si respira nel centinaio di campeggi dell’isola, con 60mila posti letto, ma non sono in grado di far invertire la rotta. «Perché – come spiega ancora il dirigente della Federazione – è il sistema turismo nel suo complesso che in Sardegna va pesantemente rivisto». (pgp)

Monti: "Si vede l'uscita dalla crisi"            
Al Meeting di Rimini il presidente del Consiglio si dice convinto che oggi il Paese si trovi in una situazione migliore di quella in cui versava lo scorso anno. E individua un «miracolo quotidiano» nella coesione dimostrata dai partiti che sostengono il suo governo
RIMINI. Mario Monti vede avvicinarsi per  l'Italia la fine della crisi. Al Meeting di Rimini, dove il  'popolo di Cl' gli riserva un'accoglienza calorosa, il  presidente del Consiglio si dice convinto che oggi il Paese si  trovi in una situazione migliore di quella in cui versava lo  scorso anno. E individua un «miracolo quotidiano» nella  coesione dimostrata dai partiti che sostengono il suo governo.  Se il presidente Napolitano, nel suo messaggio inviato al  meeting,  chiede di individuare nuovi «modelli di sviluppo»  per una crescita basata su «parametri di benessere attenti ai  principi di equità e solidarietà», dando «fiducia ai  giovani»  il premier sottolinea che il governo lavora per  «scrostare il potere corporativo» e conferma l'impegno contro  l'evasione fiscale «per far recuperare ai cittadini la fiducia  nello Stato».
Esprimendo, prima di chiudere con una citazione  di De Gasperi, un auspicio: «Spero che quando si guarderà al  lavoro fatto, si possano vedere non solo che l'Italia non sia  scivolata a sud-est, per avvicinarsi a un altro grandissimo  paese d'Europa oggi in difficoltà, ma anche perchè si stanno  mettendo semi per rendere la società italiana più normale,  più guardabile in faccia e più ispiratrice di fiducia».    Ai giovani ciellini il professore confida che quello della  fine della crisi è un  momento che «per certi versi» vede  avvicinarsi. «Un anno fa pensavamo meno di oggi di essere in  crisi ma credo che lo fossimo di più», sottolinea, confermando  che «la crescita è il cuore della attività del governo».  Perchè i provvedimenti finora varati, anche se non sufficienti  a far ripartire l'economia, hanno risollevato la fiducia dei  mercati verso l'Italia . Per questo, il professore invita a  guardare all'Euro come una risorsa e non come un handicap: la  moneta unica «è - puntualizza - il pinnacolo della costruzione  europea, è come la Madonnina sul Duomo di Milano: sarebbe una  tragedia se diventasse, per incapacità nostra, un fattore di  disgregazione che rianima i pregiudizi del Nord contro il Sud e  viceversa». E per questo invita a «fare attenzione» agli  alleggerimenti del fisco, «perchè poi ad essere gravato  sarebbe l'intero paese».      
Il premier, al suo quarto incontro con i seguaci di don  Giussani, rende merito alla coalizione 'Abc' che lo sostiene a  Palazzo Chigi. «Questo non è un momento di grande popolarità  per le forze politiche in Italia ed altrove. Ma noi abbiamo il  miracolo quotidiano di forze politiche, soprattutto tre: negli  ultimi anni hanno dedicato grande attenzione, tempo e risorse a  combattersi, e non era facile prevedere che quelle stesse forze  avrebbero avuto un soprassalto di responsabilità». Sicuro di  questo sostegno, Monti indica nella lotta all'evasione fiscale  una stella polare. «Un impegno straordinario e forse sgradevole  contro l'evasione fiscale fa parte del recupero di fiducia dei  cittadini verso lo Stato e dei cittadini fra loro». 
Un'operazione di valori, dunque, che per il presidente del  Consiglio parte anche dal linguaggio: per questo chiederà alla  Rai di «non fare usare più  l'aggettivo 'furbì nei servizi  dei tg che descrivono la lotta contro l'evasione». Perchè,  ammonisce, «non si possono trasmettere neppure in modo  subliminale disvalori che distruggono la società italiana». E  allora, avanti tutta sulla crescita, con misure che Corrado  Passera domani ha l'incarico di illustrare al popolo di Cl. Una  crescita che, dice, «è il risultato non  del pompaggio di denaro pubblico nell'economia, come nel passato  tante volte ci si è illusi, ma è soprattutto la rimozione di  ostacoli strutturali».

Min.Finanze Grecia, resteremo nell'euro
Stournaras, dobbiamo rimanere sotto ombrello moneta unica
19 agosto, 16:06
(ANSA) - ROMA, 19 AGO - ''Dobbiamo sopravvivere e rimanere sotto l'ombrello dell'euro, perche' e' l'unico modo per proteggerci da una poverta' che non abbiamo ancora sperimentato''. Lo ha dichiarato, secondo quanto riporta Bloomberg, al settimanale Vima il ministro delle Finanze greco, Yannis Stournaras, in vista di una settimana cruciale di incontri fra il governo greco e i vertici europei, a partire dal presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker mercoledi' fino alla cancelliera Angela Merkel venerdi'.

Ticino. I debiti della Grecia e quelli della Storia
di Aldo Sofia - 08/20/2012
Ci risiamo. Rieccoci in una, ennesima, “settimana cruciale” per l’euro. La Grecia, dentro o fuori? Atene non ce la fa, i sacrifici non bastano, la ferocia sociale dei tagli non sembra sufficiente a mettere i conti a posto (ci sarebbe anzi un nuovo “buco” di 13 miliardi) mentre, come ampiamente pronosticato, la terapia d’urto deprime ancor più l’economia del Paese. La contrazione annua è del 6-7 per cento, i costi del lavoro scendono come in nessun altro Paese di Eurolandia e tuttavia la disoccupazione supera il 22 per cento. Perché dunque continuare ad accanirsi sul corpo del grande malato, gettare altri aiuti comunitari nel “buco nero” ellenico, ostinarsi in quella che sembra una missione impossibile? Certo, si rinnova (soprattutto in Spagna e in Italia) il monito sulla minaccia di un eventuale effetto “domino”, ma intanto la fuoriuscita della Grecia dalla moneta unica è sempre meno un tabù, qualcuno la ritiene addirittura utile come monito per altri partner poco virtuosi, nelle cancellerie dell’Unione si elaborano svariati “piani B”, l’operazione viene definita “tecnicamente possibile” e quindi (sembrerebbe) sufficientemente indolore per il resto della zona euro.
Pazienza dunque per i sacrifici già affrontati dalla popolazione, per il voto con cui i greci si sono rifiutati di rinnegare l’Europa “matrigna”, e al limite pazienza anche per la storica sconfitta dell’Ue incapace di evitare la deriva di un Paese che rappresenta meno del tre per cento di tutto il prodotto interno lordo delle economie a moneta unica. Chissà, forse proprio la pericolosa esibizione di tanta debolezza politica, con conseguenze economico-monetarie incalcolabili, frenerà ancora una volta la diffusa voglia di “sbarazzarsi” di Atene. Consentirà di mettere un ennesimo cerotto sulla ferita greca. Permetterà di varare nuove concessioni, che soprattutto Berlino ha perentoriamente escluso alla vigilia di quest’altra “settimana cruciale”.
Al massimo un’altra tregua, non certo una vera soluzione. Del resto è questo il passo, incerto e inconcludente, dell’Europa in crisi. Rappezzamenti più che strategie risolutive. E il problema principale è sempre lo stesso. L’impossibilità, l’incapacità, di una decisa accelerazione in senso federalista. Esclusa nei decenni della crescita (quando si preferì consolidare l’Europa degli Stati), l’unione politica diventa ancor più problematica oggi, proprio quando sarebbe più necessaria, anzi indispensabile, per garantire la sopravvivenza della moneta unica e dunque dello stesso progetto europeo.
La crisi del debito pubblico non può del resto smussare, semmai alimenta, preoccupazioni ed egoismi nazionali. Svilisce il principio di solidarietà, uno dei muri portanti della traballante casa europea. Consente facili equivoci. Cancella addirittura la memoria storica. Così, per esempio, la Germania sempre meno disposta a pagare le spese delle cicale europee, dimentica fra l’altro che fu proprio la cancellazione (nel 1953) della metà dei suoi debiti (accumulati prima, durante e subito dopo la seconda guerra mondiale) a contribuire al suo successivo miracolo economico. E, d’altra parte, diverse capitali che disinvoltamente denunciano il rigore e l’insensibilità dei “falchi” di Berlino, invocano certo “più Europa”: ma poi, nel concreto, a loro volta si guardano bene dallo “sfidare” la stessa Germania proponendo un concreto piano di rinuncia di parti importanti di sovranità nazionale, soprattutto in campo fiscale e budgetario. In entrambi i casi, poi, non aiutano le preoccupazioni elettorali degli attuali leader europei, dopo che poco o nulla è stato detto e soprattutto fatto, per fare in modo che l’Unione venisse considerata a livello popolare una risorsa e non un rompicapo, addirittura un problema e un ostacolo.
Quindi, si decida o meno di concederlo, non può dunque essere il nuovo “cerotto” greco a risolvere il vero dilemma europeo.


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