lunedì 10 settembre 2012

(1) X.IX.MMXII/ Divide et impera


Il pianto dei Comuni lucani ricchi di petrolio e royalty
Tempa Rossa parte. Firmato l’accordo appalto da 70 milioni
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Lo Stato non paga, in crisi 7 aziende su 10
Angeletti, perdiamo 1.000 posti al giorno

Il pianto dei Comuni lucani ricchi di petrolio e royalty
di Luigia Ierace
POTENZA - Se anche «i ricchi piangono», il pensiero va parallelamente a un altro detto che in dialetto recita: «chiagn’n e fott’n». Insomma, mentre il dibattito sulla moratoria incalza, la Gazzetta prova a fare un po’ i conti in tasca alla regione in tema di royalty. Poche? Tante? Discutibili le cifre, perché tutto sommato anche il poco gestito male, in tempi di crisi è davvero uno spreco. E così quel 7% che arriva in Basilicata diviso tra Regione e Comune dove ci sono attività estrattive non si percepisce per la difficile identificazione con un progetto. Cosa più facile per quel 3% che alimenta il Fondo idrocarburi e suscita tante polemiche.
Cosa succede da Viggiano, a Calvello, da Grumento, a Marsico Nuovo: i ricchi comuni del petrolio, che hanno la «fortuna» (a seconda dei punti di vista) di avere sui loro territori i pozzi o Centro olio e pozzi (come Viggiano) e beneficiano di royalty dirette oltre a quelle che la Regione gli elargisce attraverso il Programma operativo Val d’Agri, Melandro, Sauro, Camastra. E anche qui ci si divide tra chi lo considera il più avanzato strumento di pianificazione e chi lo critica duramente osservando i dati di spesa, che al 31 dicembre del 2011, erano pari al 45% delle risorse programmate per le opere infrastrutturali (46,8 milioni di euro su 103,6 milioni) con picchi dell’81% di spesa a Sant’Arcangelo e del 19% a Paterno. Ma guardando la situazione dei Comuni più ricchi che beneficiano delle royalty, si vede che Grumento Nova ha speso solo il 25% del programmato, Viggiano il 29% del programmato, Calvello il 40% e Marsico Nuovo il 45%. E la spesa per sostenere le imprese è stata di 45,8 milioni di euro su oltre 121 milioni programmati. Soldi non spesi mentre le royalty quest’anno sono lievitate ancora portando nelle casse della Regione Basilicata dai 65,6 milioni di euro nel 2010 ai 100,2 milioni nel 2011, con un aumento di circa il 40% quest’anno grazie all’aumento della produzione e del costo del greggio. Ma quando l’attenzione si sposta a Comuni piccoli e gli introiti si vedono raddoppiare, i dubbi sorgono. Soprattutto se in molti casi sono proprio questi piccoli comuni che per loro stessa ammissione «non sanno come spendere le royalty» e «più che badare al risparmio di spesa vorrebbero trovare il modo di spendere quelle risorse» e creano ostacoli alle attività, nonostante le intese già raggiunte con la Regione, per alzare la posta in gioco avvalendosi di piccoli espedienti: primo fra tutti, il ritardo nelle pratiche più semplici, come il rilascio di un permesso a costruire che è di esclusiva competenza dei comuni.
Viggiano da 8,2 milioni di euro è passato a 11,2 milioni, ma salirà ancora. Soldi che andranno a gonfiare il suo già ricchissimo bilancio in attivo. Un comune di poco più di 3.000 abitanti, il cui numero è ormai stabilizzato, 1.198 famiglie, età media 41,4 anni, ma un reddito medio nel 2010 di 18.594 euro in crescita rispetto alle dichiarazioni presentate (nel 2005 era di 15.561). Il più ricco e invidiato Comune d’Italia con un piano triennale di opere pubbliche di oltre 40 milioni di euro. Ma per fare cosa? Impianti sportivi, un parco natatorio (non basta la piscina?), riqualificazione urbana (strade, marciapiedi, scorci di palazzi, ma quanto è grande il Comune di Viggiano, con tutte queste opere dovrebbe essere un gioiello, il più bello d’Italia), box interrati e parcheggi multipiano (ma non basta il mega parcheggio a più livelli vuoto sotto il santuario della Madonna Nera?). Ma i cittadini non possono lamentarsi: hanno buoni sport, contributi per gli studenti universitari, borse di studio, libri gratuiti o semigratuiti, non pagano la fornitura di gas (un beneficio raddoppiato per chi ha attività di impresa). Per la scuola di estetista una ragazza di Viggiano non paga nulla, una di un paese vicino paga tutta la rata. E poi i paradossi, nell’area industriale di Viggiano ancora non è completata la metanizzazione e l’area non è cablata, anzi lo è nella parte di competenza di Grumento Nova. Ma il Comune di Viggiano ha la sua rete web sul sito degno di una metropoli per la mole di informazioni. E tanti soldi in arrivo, troppi nei 4 comuni più ricchi del petrolio. Come i posti di lavoro legati allo sviluppo del giacimento della Val d’Agri e ai lavori al Centro Olio, ostaggio di autorizzazioni locali che non arrivano. Altri soldi da gestire, mentre le opportunità si creano per chi guarda al settore petrolifero in maniera globale e si apre a nuovi mercati, portando la propria esperienza in Mozambico e cerca di formarsi per fronteggiare le nuove esigenze del mercato.
Calvello, 2.000 abitanti, con una leggerissima flessione, un reddito medio di 15.800 euro, dopo il lungo tira e molla con l’Eni e la battaglia per l’area picnic, ha visto più che triplicare le sue royalty (da 654mila a oltre 2 milioni di euro) grazie al collegamento dei pozzi. Un ritardo di oltre 5 anni costato, però, alla Basilicata un declino non più recuperabile della produzione. Da circa 900 mila a circa 1,4 milioni di euro le royalty di Marsico Nuovo (circa 4.600 abitanti) con il suo Osservatorio ambientale e la sede del Parco; da 1,3 milioni a 1,8 le royalty di Grumento Nova (1.700 abitanti). Lieviteranno ancora con una popolazione che non sta subendo grandi flessioni e un reddito medio che sale. E il pianto dei ricchi continua mentre cercano di consolarsi sulle note di Gigi D’Alessio, l’unica tappa a Viggiano pagata ovviamente con quelle royalty (che strano!) facilmente spendibili nei comuni del petrolio per concerti, iniziative culturali, mostre varie, maarciapiedi e box auto e non per creare durature occasioni di sviluppo. Chissà cosa penserebbe il sindaco di Potenza che aveva fatto tanto per avere quei 28 milioni di euro necessari alla realizzazione del nodo complesso, che per ora rimane bloccato. Una somma, invece, alla portata di quei quattro ricchi comuni che piangono.

Tempa Rossa parte. Firmato l’accordo appalto da 70 milioni
di LUIGIA IERACE
Mentre ferve il dibattito sulla moratoria arriva la notizia che a Tempa Rossa, il secondo giacimento lucano dopo quello della Val d’Agri, partono i lavori. Proprio ieri, come confermato dalla stessa Total, la compagnia petrolifera ha firmato il contratto per l’affidamento dei lavori di preparazione del sito dove sarà realizzato il Centro Olio del giacimento lucano della valle del Sauro. L’offerta presentata dal raggruppamento temporaneo di imprese Aleandri spa (mandataria) e Impresa Bacchi srl (mandante), risultata prima classificata, è stata accettata e con la firma del contratto, possono partire le opere di sbancamento, per la preparazione delle aree e delle strade dove sarà costruito il Centro Olio che permetterà la messa in produzione di 50mila barili di petrolio al giorno, che si aggiungeranno ai quelli del giacimento dell’Eni in Val d’Agri. L’associazione di imprese si è aggiudicata i lavori per un importo a base d’asta di circa 70 milioni di euro e concluderà le opere a metà 2014. L’assegnazione dei lavori, dopo l’annullamento dei bandi precedenti relativi alla preparazioni del sito, alla Costruzione del Centro Oli e alle condotte, rappresenta il primo caso di applicazione delle norme dettate in materia di appalto dalla Commissione ne Europea nel 2011 per l’attività estrattiva in Italia consentendo alle compagnie petrolifere di avvalersi di una procedura di gara privata con vantaggi in termini di snellezza dei procedimenti, ma anche con la possibilità di attingere alle imprese locali, in possesso dei requisiti e delle caratteristiche richieste dalle norme interne alle compagnie.
E in questo caso è legittimo chiedersi quali sono stati i criteri di assegnazione scelti dalla Total? Forse la migliore offerta? Un forte ribasso? La Total (operatore in joint venture con la Shell, rispettivamente 75% e 25%) si limita a dire che con il via libera ai lavori civili si produrranno effetti sull’indotto locale ma non si sbilancia sui numeri. Certo è che questo è il primo dell’enorme investimento per il rilancio della produzione nazionale di idrocarburi del «Piano Passera» che materialmente parte dopo l’approvazione del Cipe: 1,6 miliardi di euro per la costruzione del Centro Olio, del Centro di stoccaggio del Gpl e del collegamento all’oleodotto «Val d’Agri-Taranto» per il trasporto del greggio fino alla raffineria. I pozzi per ottenere la produzione di 50mila barili al giorno sono 6, ma per assicurare un efficace sfruttamento del giacimento, il progetto ne prevede 8. I due nuovi pozzi Tempa Rossa Nord (TRN) e Gorgoglione Est (GGE), già previsti dal Cipe, «stralciati dalla Regione», potranno essere realizzati definita la nuova localizzazione, ma in accordo con la Regione. È quanto sottolinea la delibera del Cipe, rilevando che «i pozzi stralciati, a differenza dei pozzi autorizzati, sono pozzi di tipo esplorativo e non di sviluppo, e che per tanto tendono alla ricerca di nuove riserve non certe e non allo sfruttamento di riserve già accertate. Pertanto, vista la natura delle opere, oltre che la struttura dei ricavi legata a condizioni di mercato e oscillazioni della domanda internazionale e non alla mera disponibilità e numerosità dei pozzi in utilizzo, lo stralcio non incide sulla sulla sostenibilità economico finanziaria e sulla redditività complessiva dell’opera».
In sostanza, cosa vuol dire? Lo spiegano fonti ministeriali. «Il diniego della Regione a pozzi esplorativi non è un danno alle compagnie petrolifere, per le quali i pozzi esplorativi rappresentano un costo non remunerato, ma alla conoscenza del territorio e del giacimento e al suo miglior sfruttamento. All’estero la realizzazione dei pozzi esplorativi è condizione senza la quale non si procede all’estrazione. In Italia, le cose vanno diversamente. Insomma, è come quando da una botte viene tirato tutto il vino buono, sotto rimane quello meno “nobile”. È così con il petrolio, per questo si parla di “coltivazione” del giacimento e quando questa non avviene in modo corretto il rischio è di compromettere riserve importanti per il futuro del Paese». Allora sorge il dubbio: è stato un «no» della Regione a nuovi pozzi, anticipando la moratoria? «Fanno parte della vecchia concessione», dicono tranquilli dalla Total e confermano: «comunque quei pozzi non incidono sulla produzione».

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Lo Stato non paga, in crisi 7 aziende su 10
10.09.2012
CAGLIARI Sette imprese su dieci sono in sofferenza perché la pubblica amministrazione non le paga per i lavori già fatti. Lo sostiene Rete Imprese, cioè l’associazione delle maggiori organizzazioni del mondo produttivo. In Sardegna la massa di denaro “sottratta” al sistema è una percentuale che dovrebbe aggirarsi attorno al 5% del prodotto interno lordo. E’ un problema che imprese, Regione e banche stanno cercando di affrontare e che, nonostante gli accordi raggiunti, resta sulla carta. Il presidente della Confapi, Francesco Lippi, sostiene che le piccole imprese trainano lo sviluppo, eppure sono vilipese e strangolate dallo Stato. «Abbiamo presentato un progetto per rivedere tutto il sistema degli incentivi», spiega Francesco Porcu, segretario della Cna, «ma la cosa più importante è che la Regione cambi passo». Anche perché la mancanza di liquidità del sistema regionale difficilmente sarà colmata dal sistema bancario: l’accesso al credito è diventato sempre più complicato. «L'emergenza dura ormai da più di sei anni», afferma Luca Murgianu, presidente della Confartigianato, «occorrono riforme a costo zero, riequilibrio degli incentivi, sburocratizzazione del sistema e pagamenti certi e celeri». Senza una burocrazia “dal volto umano”, infatti, rischia di svilirsi qualsiasi tipo di progetto a cominciare dagli investimenti previsti per i piani di filiera e sviluppo locale, da Porto Torres alla Marmilla. Una scelta questa che, secondo l’assessore alla Programmazione, Giorgio La Spisa, può portare a una svolta perché «per la prima volta si abbandona la strada delle scelte calate dall'alto per concertare con i territori quali infrastrutture siano utili per lo sviluppo, mettendo a disposizione incentivi alle imprese anche per la formazione e riqualificazione del personale e per avviare azioni di sistema». I ritardati pagamenti sono una piaga, peraltro non censita ufficialmente, che danno adito a grandi paradossi perché da una parte lo Stato è un implacabile esattore attraverso Equitalia, dall’altro è un pessimo pagatore. Secondo i dati dell’European payment index in Italia le aziende devono attendere in media 180 giorni contro i 24 della Germania e i 41 della Francia. Medie che in Sardegna restano da sogno perché ci sono aziende che attendono il saldo della fattura da un anno. E qui s’innesca il paradosso: sulla fattura emessa, ovviamente, l’azienda che pure non ha intascato un euro per i lavori regolarmente svolti, deve pagare l’anticipo dell’Iva e poi il saldo. Inutile dire che molte imprese sono andate in crisi per questo motivo. L’epoca del “piccolo è bello”, quando i piccoli imprenditori venivano considerati i trascinatori del sistema, sembra finita. Non è un caso che la cassa integrazione sia arrivata anche nelle imprese artigiane.

Angeletti, perdiamo 1.000 posti al giorno
Ci aspettiamo mesi peggiori di quelli passati
09 settembre, 15:08
(ANSA) - ROMA, 9 SET - Per l'occupazione in Italia ci aspetta un autunno ''drammatico''. Lo ha detto il numero uno della Uil, Luigi Angeletti nel corso di una intervista a Tgcom24 sottolineando che ''stiamo perdendo 1.000 posti al giorno'' e che questa emorragia ''non si arrestera'. Ci aspettano mesi peggiori - ha detto - di quelli che sono passati''.


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