LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Savona:
«L’industria non è la modernità»
L'UNIONE SARDA - Economia: Le professioni più
utili per un futuro migliore
Fiat, Monti soddisfatto: l’auto è salva e non
ci hanno chiesto soldi
Grecia: 'buco' nei conti raddoppia. Esm punta a
2000 mld
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Savona:
«L’industria non è la modernità»
24.09.2012
CAGLIARI «Andai via
dalla Sardegna anche perché sostenevo che le miniere dovessero essere chiuse e
invece si decise per altre scelte». Lo ha sostenuto l’economista Paolo Savona,
ex ministro dell’Industria, ex presidente del Cis nell’era post Rovelli. «Il problema
sardo nasce da accordi europei», è la tesi di Savona, ed è il motivo per cui lo
Stato non può intervenire in Sardegna. «Se ci sveniamo per tener in vita tante
Alcoa», afferma Savona, «in Sardegna non avremo altre possibilità di sviluppo.
È chiaro che si deve offrire ai lavoratori un modello alternativo, una speranza
concreta. Non puoi riconvertire gli operai Alcoa come prestatori di servizi
turistici in poco tempo, ma devi reintrodurli gradualmente. Per troppo tempo si
è pensato che la modernità fosse l’industria. Puntiamo sulla formazione: ai
giovani dico di andar via dall’Italia, non è l’emigrazione di cinquant’anni fa,
è aprirsi ad un mercato del lavoro mondiale che offre possibilità a giovani
formati e preparati».
L'UNIONE SARDA - Economia: Le professioni più
utili per un futuro migliore
24.09.2012
È curioso che alcune
delle professioni più richieste in Italia trovino corrispondenza negli Stati
Uniti. Come il promotore finanziario o i cosiddetti day-trader, quelli che
giocano in Borsa anche solo per un giorno. Sarà perché la crisi insegna che i
pochi soldi a disposizione vanno gestiti e investiti bene. E se in America
cresce la figura dell'igienista dentale (maggiore è la popolazione annua,
maggiori sono i denti da curare, secondo una ricerca made in Usa), in Italia i
medici, meglio se con specializzazione, riescono a “sfondare”.
LE LAUREE CHE
FRUTTANO È così anche in Sardegna dove, secondo l'ultimo rapporto Almalaurea
sulla condizione degli universitari dell'Ateneo di Cagliari a tre anni dalla
laurea, i dottori in medicina e chirurgia con ulteriore specializzazione
svettano per tasso di occupazione: il 96% lavora a pochi anni dal conseguimento
dei titoli. Molto richiesti, sempre secondo Almalaurea, anche i farmacisti
(93,8% il tasso di occupazione, sempre a tre anni dal corso di studio), così
come i laureati in economia (89,8%). Dato in linea con il dossier Excelsior
(Unioncamere) relativo al terzo trimestre 2012 nella parte che riguarda le
lauree più richieste: un laureato in scienze economiche o legato a figure
formate dalla facoltà di Economia ha ottime chance di penetrare il mercato del
lavoro. A seguire, secondo Almalaurea, gli ingegneri, ma in questo caso trova
facilmente lavoro (l'88,8%) chi si presenta con la laurea magistrale, invece di
chi vanta anche il ciclo unico (79,5%), quello che ha corretto la precedente
riforma dei tre anni di laurea più i due di specialistica.
I MENO GETTONATI
Vita dura invece per gli avvocati, sarà che il mercato è saturo ma laurearsi in
giurisprudenza non garantisce granché se solo il 46,7% lavora dopo tre anni.
Così, se non si è portati per la medicina, l'economia, l'ingegneria, meglio
scegliere lingue e letterature straniere, utili in un mondo sempre più
globalizzato, oppure scienze politiche, in grado di offrire un ventaglio di
opportunità maggiori, o ancora, scienze della formazione, facoltà che consente
di diversificare la professione a seconda delle sfumature occupazionali più
richieste in quel campo.
LO SCENARIO Essere
versatili, seguire l'innovazione e riuscire a fare del proprio talento un punto
di forza premia. La crisi picchia duro e l'industria ne è l'emblema,
soprattutto in Sardegna (i casi Alcoa e Carbosulcis insegnano). La nuova fase
recessiva dell'economia italiana, iniziata nel terzo trimestre del 2011, è
proseguita e si prolungherà ancora. I primi barlumi di ripresa, come scritto
nella nota di aggiornamento al Def, documento di economia e finanza, si
vedranno non prima di gennaio-marzo 2013. È proprio lo stato recessivo
dell'economia e la prospettiva del suo prolungarsi nel tempo ad aver
indirizzato al peggio l'evoluzione del mercato del lavoro. Disoccupati in
crescita, ore di cassa integrazione in aumento, ingresso al mercato occupazionale
negato ai giovani. Sono le tre facce di questo inizio d'autunno. FIGURE PIÙ
RICHIESTE Cosa chiedono, allora, le aziende? Le prime dieci professioni
“Excelsior” più richieste tra il secondo e il terzo trimestre 2012 sono quelle
della formazione e della ricerca, il cui aumento è ovviamente legato alla
ripresa autunnale delle attività scolastiche e formative. Vi sarebbero poi le
professioni operaie dell'industria alimentare (ma anche queste fortemente
legate alla stagionalità) e le professioni specializzate dell'edilizia e della
manutenzione degli edifici. Si può quindi distinguere un altro gruppo, spiega
il dossier di Unioncamere, con variazioni congiunturali negative delle
assunzioni, ma in misura inferiore alla media, cosicché la loro quota sul totale
risulta in aumento. Le più importanti tra esse, per numero di assunzioni (tra 5
e 10 mila), sono risultate essere le professioni dei commessi e altro personale
qualificato di negozi ed esercizi all'ingrosso, il personale di segreteria e
dei servizi generali, gli operatori dell'assistenza sociale (domiciliare o in
istituzioni) e il personale qualificato della grande distribuzione. Si è
ridotta invece la quota sul totale delle assunzioni dei cuochi, camerieri,
personale non qualificato dei servizi di pulizia e alla persona, addetti
all'accoglienza, all'informazione e all'assistenza della clientela, autisti,
tecnici informatici, tecnici amministrativi, finanziari e bancari.
I MESTIERI A RISCHIO
Ci sono poi i mestieri che rischiano di scomparire. Nei prossimi 10 anni
secondo la Cgia di Mestre sarebbero a rischio estinzione molte professioni
manuali. Allevatori di bestiame nel settore zootecnico o braccianti agricoli,
per esempio, e una sequela di mestieri artigiani come i pellettieri, i
valigiai, i borsettieri, i falegnami, gli impagliatori, i muratori, i
carpentieri, i lattonieri, i carrozzieri, i meccanici auto, i saldatori, gli
armaioli, i riparatori di orologi, i tipografi, gli elettricisti, i sarti, i
tappezzieri, i parchettisti e i posatori di pavimenti. Mestieri artigiani che
la generazione mille euro non conosce più. Emanuela Zoncu
Fiat, Monti soddisfatto: l’auto è salva e non
ci hanno chiesto soldi
Vertice
governo-Lingotto, Palazzo Chigi: «Non si è assolutamente parlato della cassa
integrazione in deroga»
ROMA - «E’ andata
bene, l’auto resta in Italia e Fiat non è venuta a battere cassa. Ci siamo
capiti». Mario Monti, dopo un vertice-maratona di quasi sei ore, ha tracciato
questo bilancio. «Nessuna tensione, nessuno screzio», assicurano a palazzo
Chigi. Anche tra il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, e
l’amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne è scoppiata la pace a
quanto riferiscono fonti accreditate. «Guarda che dal Brasile io ti avevo fatto
i complimenti», ha esordito Passera all’inizio del vertice. E Marchionne:
«L’avevo capito, ma ho voluto sottolineare che una nostra parte del successo in
quel Paese è dovuto agli aiuti che riceviamo dal governo di Brasilia».
Ebbene, a sentire
ministri e collaboratori presenti al lungo incontro, questo sarebbe stato
l’unico riferimento del capo di Fiat agli aiuti di Stato. In un vertice
definito «serrato, tosto, senza fronzoli», Marchionne non «ha fatto un solo
accenno alla cassa integrazione in deroga» che potrebbe scattare in attesa di
una ripresa della produzione. E a palazzo Chigi parlano di «successo»: «Abbiamo
portato a casa un buon bottino», dice un ministro presente all’incontro.
«Marchionne non ci ha prospettato la chiusura di alcun stabilimento, non ci ha
chiesto finanziamenti e, appunto, non ha fatto richiesta di ammortizzatori
sociali. Noi ci siamo impegnati, attraverso il tavolo sulla produttività, a
rendere il sistema-Italia più competitivo e produttivo».
Da qui il respiro di
sollievo di Monti, che non aveva mai pensato di poter procedere ad «alcuna
forma di aiuti». In più, a sentire i ministri, Marchionne si è «espressamente
impegnato a portare negli stabilimenti italiani, attualmente sotto utilizzati,
altre produzioni». Probabilmente della Mazda, anche se non sono stati fatte
indicazioni specifiche. Ed è stato questo il tema cui Monti, Passera ed Elsa
Fornero hanno dedicato «più tempo e maggiore attenzione». Altro successo,
secondo l’entourage del premier, «è l’impegno di Marchionne e Elkann a rendere
l’Italia un ponte per l’export nei Paesi extra-europei. In particolare gli
Stati Uniti», dove Fiat può sfruttare la rete di distribuzione della Chrysler.
Raccontano che
durante «la lunga maratona negoziale», Marchionne abbia storto il naso solo
quando è intervenuto il ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca.
Forse per le sue perplessità sulla presenza del Lingotto nel Sud e la strategia
sindacale. Per il resto, il capo di Fiat ha sorpreso tutti con una lunga
esposizione (ben due ore, ricorrendo a grafici e diapositive) della situazione
dell’auto nel mondo. E soprattutto Passera l’ha interrotto per chiedere
«dettagli». «Non ci siamo bevuti tutti senza fiatare», dicono a palazzo Chigi.
Verso le otto, Monti
ha chiesto una pausa. Ha riunito i ministri e il sottosegretario Antonio
Catricalà nel suo studio e insieme hanno redatto il comunicato finale, frutto
di una mediazione con il comunicato portato da Fiat. Soltanto dopo, il premier
ha sottoposto il testo a Marchionne e Elkann. L’ad e il presidente di Fiat non
hanno avuto nulla da ridire. Anzi, in nome «dell’ottimo clima», hanno voluto
solo enfatizzare «l’impegno congiunto per l’export». «E’ la prima volta che
stiliamo un comunicato congiunto, non l’abbiamo fatto neppure con
Confindustria. Un segno del clima costruttivo», dice un collaboratore del
professore.
Grecia: 'buco' nei conti raddoppia. Esm punta a
2000 mld
Spiegel anticipa
troika;capitali privati per potenziare firewall
24 settembre, 09:29
(di Rosanna
Pugliese) (ANSAmed) - BERLINO, 24 SET - Il buco delle casse di Atene, secondo
la Troika, è il doppio rispetto a quanto preventivato: 20 miliardi di euro,
invece degli 11,5 stimati all'inizio. Dati che non distendono certo il clima
d'incertezza sulle sorti della Grecia. Anche il firewall eretto a protezione
dell'eurozona, però, potrebbe aumentare vigorosamente, arrivando a poter
contare su una potenza di fuoco fino a 2 mila miliardi di euro.
Forze quadruplicate
rispetto alle risorse a disposizione del Meccanismo di Stabilità Europeo Esm
(500 miliardi di euro) grazie ad un escamotage non del tutto nuovo: il
cosiddetto 'effetto leva'. E' lo Spiegel on line a rivelare le anticipazioni
dell'attesissimo rapporto della Troika sulla situazione finanziaria della Grecia.
Ma il settimanale tedesco anticipa anche le mosse allo studio nell'eurozona per
rendere possibile un "eventuale salvataggio di Spagna e Italia".
Che il buco del bilancio di Atene fosse
maggiore delle stime iniziali era già stato anticipato dallo stesso magazine
tedesco: nelle scorse settimane era infatti venuto fuori che il fabbisogno
finanziario era di 14 miliardi, 3 in più di quanto inizialmente preventivato.
Anche questi numeri però erano ancora parziali e le stime lievitano, insieme
alle richieste del governo greco, che reclamerebbe due anni di tempo in più per
il risanamento dei conti. Si tratta, come noto, di un tema estremamente
spinoso, proprio in Germania: Berlino ha già ripetutamente affermato di non
esser disposta a concedere proroghe ad Antonis Samaras, anche se
l'atteggiamento nei confronti di Atene si è visibilmente ammorbidito. "Più
tempo significa più soldi", ha detto però fino a qualche giorno fa il
ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. E una richiesta di nuovi
aiuti, al Bundestag, forse non passerebbe: non senza mettere in seria
difficoltà la maggioranza di Angela Merkel. Lo stesso ministro ha anche
rigettato ogni speculazione su un possibile nuovo taglio del debito greco,
mettendo in guardia da roumors definiti dannosi.
Sulla necessità di un potenziamento dell'Esm,
invece, Schaeuble è d'accordo. Anche perché l'ipotesi allo studio, secondo il
governo, non prevede affatto un aumento del contributo dei singoli Stati, e non
intaccherebbe le limitazioni recentemente ribadite dalla Corte Costituzionale
tedesca: il 12 settembre scorso, dando il via libera all'Esm (impugnato dalla
Linke e dalla Csu bavarese), i giudici di Karlsruhe hanno infatti stabilito che
la partecipazione di Berlino sia limitata alla quota di 190 miliardi di euro,
superati i quali si dovrà far ricorso nuovamente al voto in Parlamento. Per
potenziare l'Esm - senza intaccare i contributi degli Stati - si ricorrerebbe a
quell'effetto leva già messo a punto per il vecchio fondo Efsf: un meccanismo
che permette cioè di attrarre capitali privati, sottoposti a una percentuale di
rischio limitata. Sarebbe sempre il fondo ad assumere il rischio maggiore di
eventuali perdite su emissioni di Stati messi sotto attacco dagli speculatori.
L'idea è insomma quella di dotare il futuro Esm di uno strumento già approvato
per il suo predecessore, che però non compare nelle linee guida iniziali e che
andrebbe dunque 'aggiunto'. "Si tratta di mettere a disposizione del
Meccanismo di Stabilità lo stesso strumentario a disposizione dell'Efsf. E su
questo sono in corso delle consultazioni a Bruxelles", ha spiegato una
portavoce di Schaeuble. Ad opporsi, stavolta, è però la Finlandia, il che
potrebbe avere ripercussioni anche nel dibattito domestico tedesco. Il
confronto fra i partner, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, non si
annuncia comunque semplice nell'eurozona.(ANSAmed).
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