domenica 23 settembre 2012

(2) XXIII.IX.MMXII/ Il paese dei cachi, dei santi in paradiso, e meridionali imbecilli.===Cachi: In questo autunno 'caldo' sul fronte prezzi, solo il 3 per cento degli italiani teme la ripresa dello spread, mentre il 48 per cento guarda con preoccupazione al caro-benzina e il 25 per cento ai rincari del carrello alimentare.---Santi in paradiso: Benedetto Sorino: Proprio oggi è il genetliaco. Se fosse ancora in vita, Moro compirebbe 96 anni. Agli atti c’è «un suo miracolo», testimoniato con firma in calce da monsignor Francesco Colasuonno.---Meridionali imbecilli, Alberto Selvaggi: Ora direte: scusa, ma di quest’altra idiozia della ragazzagna che ti sei inventato, a noi che ce ne importa? Semplice: alcune ragazzagne mi molestarono mentre ero in bici in corso Vittorio. Altre mi hanno spintonato perché indossavo un casco rosa sulla moto. Adesso la mia vendetta è compiuta: tenete da dire qualcosa?


Moro beato, via alla causa agli atti c'è un «miracolo»
Ecco la «ragazzagna»  un po’ finetta e tafagna
Benzina fa paura a 48% italiani, solo 3% teme spread

Moro beato, via alla causa agli atti c'è un «miracolo»
di Benedetto Sorino
BARI - Se i politici cercano un santo cui votarsi, forse tra non molto lo avranno davvero: per Aldo Moro, lo statista democristiano ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di prigionia, è stato compiuto, giovedì scorso, il primo passo verso il processo di beatificazione con il via libera all’inchiesta diocesana.
Proprio oggi è il genetliaco. Se fosse ancora in vita, Moro compirebbe 96 anni. Agli atti c’è «un suo miracolo», testimoniato con firma in calce da monsignor Francesco Colasuonno.
Dopo il «nulla osta» del cardinale Agostino Vallini, vicario del papa, che ha proclamato Moro «servo di Dio», in breve tempo il presidente del tribunale diocesano di Roma (sede competente perché lì s’è svolta la tragica vicenda), ha introdotto la causa, acquisendo gli atti del «supplice libello sulla fama di santità». La documentazione è stata fornita dal Postulatore, Nicola Giampaolo, rutiglianese, uno dei pochi laici ad aver superato l’apposito corso postlaurea in Vaticano, diventando una sorta di «avvocato» di candidati all’empireo della beatitudine per conto della stessa Santa Sede.
L’iniziativa, avviata nel maggio scorso in presenza del cancelliere della Curia metropolita barese, Paolo Bux, è della Fondazione dei Centri studi Aldo Moro e Renato Dell’Andro, guidata dall’ingegner Luigi Ferlicchia, già assessore regionale dc, nonché fedelissimo dell’artefice del compromesso storico e fervente promotore di attività tese ad onorarne la memoria.
Alla raccolta di firme per la «fama di santità» hanno aderito il vescovo della diocesi di Monopoli-Conversano, Domenico Padovano, personalità politiche e istituzionali nuove e del passato recente, dal prefetto Mario Tafaro al presidente del Consiglio regionale, Onofrio Introna, dal sindaco barese Michele Emiliano al presidente della Provincia, Francesco Schittulli fino a una lunga serie di democristiani di lungo corso: Pietro Pepe, Enzo Sorice, Michele Bellomo, Emanuele Martinelli e Stefano Bianco per citare solo alcuni dei più noti.
Al di fuori del «perimetro» pugliese, s’è speso per la causa Gian Mario Spacca, il presidente della Regione Marche (a Montemarciano è nata Eleonora Moro Chiavarelli) e l’on. Elio Rosati di Caserta. Si sono mossi il rettore della basilica di Loreto, e quello di Pompei e molte altre autorità religiose.
Qualcuno dirà: perché porre la celeste aureola proprio su Moro, e non su altre vittime del terrorismo, il giornalista Carlo Casalegno, ad esempio, o l’operaio Guido Rossa, oppure al di là dell’Atlantico, il grande Martin Luther King? Il primo requisito è quello di una fede cristiana e cattolica forte e inconfutabile, e ciò spiega perché sia stato già aperto un analogo procedimento nei confronti di Giorgio La Pira e Alcide De Gasperi in «fama di virtù» (per il giurista Vittorio Bachelet, come Moro giustiziato dalle Br, s’è in attesa del nulla osta).
Il secondo elemento probante riguarda direttamente Moro ed è il martirio avvenuto, dicono Ferlicchia e il Postulatore, in «odio alla fede». Lo statista è morto, a loro dire, per mano di killer armati da un’ideologia vetero-comunista in guerra contro il cristianesimo. Il corollario, sottolinea Giampaolo, «è un modello di vita, soprattutto per la politica italiana la quale necessita dell’apporto di nuovi dirigenti ancorati ai grandi valori che Moro ha saputo perfettamente rappresentare».
È stato comunque il «pontiere» o «pacificatore» tra tradizione cattolica e comunista. «Non è esatto - risponde il Postulatore - poiché lui antevedeva e insieme a Paolo VI fu protagonista del disegno, poi realizzato compiutamente da Giovanni Paolo II, di un allargamento della fede alla Russia e a tutti i Paesi dell’Est europeo. Risiede qui la ragione profonda del suo assassinio. E la Populorum progressio è l’enclica più politica fatta da Paolo VI, si vocifera che la parte iniziale sia stata redatta proprio da Moro».
Il requisito principale per la beatificazione è comunque quello dei miracoli. Ferlicchia nel suo libro ricorda la testimonianza di monsignor Francesco Colasuonno, originario di Grumo Appula, che organizzò l’incontro tra Gorbaciov e Wojtyla e venne poi nominato cardinale in pectore dallo stesso Giovanni Paolo II. Era nella nunziatura apostolica in Mozambico quando un gruppo di guerriglieri l’assaltò, distruggendola, e uccidendo chiunque incontrassero. Rinchiuso in una stanza, dove era al muro un quadro di Moro, Colasuonno si raccolse a pregare, invocando il suo aiuto. «È lui il mio santo», disse dopo aver raggiunto la salvezza.

Ecco la «ragazzagna»  un po’ finetta e tafagna
di ALBERTO SELVAGGI
Mi pare il caso che ogni barese abbia coscienza di ciò che lo attornia e non nota. Perciò questa domenica illustrerò un esemplare classificato dagli antropologi, ma anche dagli etologi, da cinque o sei anni o poco più: la «ragaz-zagna».
Il termine, inserito nelle piramidi evolutive senza il trattino, assomma la barese di giovane età con la zagnaggine infusa. Ora, come il principio scoperto da Stevino prova, i due veicoli comunicanti, al pari dei vasi danno vita a un’unica superficie equipotenziale, che è appunto la ragazzagna. Non avete capito? Non sapete che cosa si intenda per equipotenziale né se questo Stevino canti in coppia con Giorgia o con Pàup (Pupo)? Be’, io neppure.
La ragazzagna, liberta affrancatasi dal tamarrume, non è mica brutta. Anzi, parrebbe bella, se davvero lo fosse. Sfoggia con sfacciataggine i suoi numeri. Questo è il primo elemento per riconoscerla. Esibisce copertoni (seni) inguainati in top con bolero che lo rassodano tanto da renderlo contundente all’urto. Lo stesso dicasi per lu deretano (posteriore) smutandato che espone sotto ai cinturoni nella forma mandolinesca o cassinoide (da Nadia Cassini, sexy diva ‘70 celebre per i glutei), compresso da tessuti al limite dell’arresto per incitazione allo stupro. Le gambe, depilatissime, palestrate a misura, le mena su e giù per le piazze come sciabole di fuoco. Il resto lo fanno maglie con trasparenze floreal, piercing, strass e rossetti oral. Mastica gigomma ma non sputa.
Il sorriso della ragazzagna – sì, devo dirlo – è fisso e insolente. Sostiene cioè lo sguardo di chiunque. Perché ella è sicura. Perché affronta la vita col petto in fuori e con la fronte pronta al tuzzo. Anche il volto ha mica brutto. Piacevole, di solito. E quando imperfetto attraente sempre di un qualcosa di erogeno, o di comunicativo tout-court. Da cui si desume che la ragazzagna piace più delle femmine comuni.
Sulle unghie di piedi-mani predilige smalti vivi non allucinatori. Ha un look curato all’ossessione, ma tradisce sempre qualche impulso tafagno: la taccazza, il tatuaggio delle dive americane peggiori. Perfino questi handicap la ragazzagna sa volgere a uso: la sua estroversione imminchionisce anche il maschio di famiglia colta. Ella, cana (cagna) com’è, rifulge di sesso d’alta tensione. Potente faticatrice, è capace di inanellare 4-5 climax, pur nelle estemporanee copule. E sembra non si dia pensiero di vocalizzarle al mondo.
La ragazzagna si limita all’urlo gastematore e allo spintone nelle contese amorose con figliole di uguale natura. Ma arriva alla stampata ripetuta alle cannelle (una l’ho vista presso il Fortino all’azione) se pesca una ventenne o trentenne comune.
Balla caraibico, da un po’ anche hip hop, ma sa adattarsi e apprezzare anche il tango degli snob: «Faccio tango – pronuncia –, mi dà molta passione».
Pur covando linguistici obbrobri sfodera una parlantina corretta se occorre. È aggressiva, sfotte i maschi per sedurli, ma col suo uomo sa essere dolce: «Tonio mi piace perché è tenerissimo». Il 63,5% delle ragazzagne fuma. Forse. Il 36,2% ha genitori separati con i quali intrattiene un buon rapporto. Forse. A scuola e all’università non è ciuca. Sul lavoro svelta e coscienziosa, anche se sul principale scatarra di brutto: «È ‘nu kin d’ mm…».
La ragazzagna è rintracciabile soprattutto nella movida di Bari vecchia. Ma batte con minigonna cacciatora altre zone. Va in vacanza in luoghi esotici su offerte last-minute che ramazza dal web con abilità prodigiosa. È in queste occasioni che tradisce il fidanzato; prediletti sono il nordico e il negroide. In patria è meno frequente la cornificazione: «Ci tengo a questa storia». Ma, se cerviata a sua volta, alla scoteca si vendica subito: «Ciao bello, come ti chiami?». «Kevin, perché?». «Mi accompagni al bagno?».
Ora direte: scusa, ma di quest’altra idiozia della ragazzagna che ti sei inventato, a noi che ce ne importa? Semplice: alcune ragazzagne mi molestarono mentre ero in bici in corso Vittorio. Altre mi hanno spintonato perché indossavo un casco rosa sulla moto. Adesso la mia vendetta è compiuta: tenete da dire qualcosa?

Benzina fa paura a 48% italiani, solo 3% teme spread
Coldiretti, in autunno 'caldo' 5% preoccupato da spese scuola
23 settembre, 13:31
ROMA - In questo autunno 'caldo' sul fronte prezzi, solo il 3 per cento degli italiani teme la ripresa dello spread, mentre il 48 per cento guarda con preoccupazione al caro-benzina e il 25 per cento ai rincari del carrello alimentare. E' quanto emerge da una sondaggio condotto sul sito www.coldiretti con l'arrivo dell'autunno, dal quale si evidenzia peraltro che il 5 per cento è preoccupato dall'aumento delle spese scolastiche, mentre il 19 per cento non risponde o indica altri timori. Si tratta della dimostrazione che la crisi da finanziaria è diventata economica: la necessità per le famiglie di far quadrare il bilancio con le spese quotidiane, in cui energia e cibo incidono maggiormente, vince - sottolinea Coldiretti - sulle preoccupazioni relative all'andamento degli indici finanziari.
Il fatto che la speculazione sui mercati finanziari faccia dunque meno paura di quella sul cibo e sulla benzina significa che - sostiene Coldiretti - occorre intervenire urgentemente a sostegno della ripresa dell'economia reale. La crisi ha infatti svuotato il carrello della spesa con il crollo degli acquisti di latte del 7 per cento e di olio del 5 per cento, ma anche di pesce (-4 per cento), carne di maiale e vino (-2 per cento), frutta, pasta e carne di manzo (-1 per cento), secondo le analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primo semestre. In particolare l'Italia e il suo futuro - conclude Coldiretti - sono legati alla capacità di tornare a fare l'Italia, cioé di essere l'Italia della grande creatività, delle piccole e medie imprese agricole, artigiane, manifatturiere che poi sanno crescere e conquistare il mondo, ma anche capaci di valorizzare il territorio, offrendo opportunità economiche ed occupazionali che la grande industria spesso non è più in grado di dare.


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