mercoledì 19 settembre 2012

(2) XIX.IX.MMXII/ Statistiche Garrone (quello scemo nel libro cuore).===Con la crisi, poi, gli italiani riscoprono in piacere di stare a casa e di preparare gustosi menu per parenti e amici soprattutto nei giorni festivi, durante i quali si raggiunge il record di oltre un'ora davanti ai fornelli (69 minuti). Per le donne italiane la preparazione dei pasti assorbe durante l'anno 21 giorni pieni (Censis).


LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Intesa sul microcredito, tra i partner la Campania
L'UNIONE SARDA - Economia: Turismo, più soldi dall'estero
Lavoro, cnel: i giovani i più colpiti dalla crisi, donne senza aiuti
Crisi, un italiano su tre abita con i genitori
Pressing Strasburgo su Italia, attuare riforme giustizia

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Intesa sul microcredito, tra i partner la Campania
19.09.2012 CAGLIARI La Regione punta sul microcredito. Lo ha fatto qualche anno fa con un fondo interamente gestito dalla Sfirs e destinato a finanziare anche quei progetti che, per vari motivi, non hanno riscontro da parte delle banche. Ieri c’è stata l’adesione da parte della Regione al protocollo d’intesa sul microcredito e la microfinanza. Su proposta dell’assessore del Lavoro, Antonello Liori, la giunta ha sottoscritto, assieme all’ente nazionale per il microcredito, la fondazione San Patrignano, all’Unione artigiani della Provincia di Milano e la Regione Campania, un accordo per la realizzazione di programmi e progetti di microimprenditorialità da finanziare con gli strumenti del microcredito e della microfinanza. «È un programma», ha spiegato l’assessore Liori, «con alcuni importanti obiettivi strategici. Creazione di nuovi posti di lavoro, sostegno alla nascita di microimprese e miglioramento delle capacità operative autonome. Con la collaborazione degli altri partner, realizzeremo programmi e progetti di microimprenditorialità, attività di formazione su microcredito, gestione d’impresa e realizzazione di business plan, oltre a iniziative congiunte di ricerca fondi per integrare il fondo di garanzia e sviluppo». Il programma, quindi, si aggiunge a quello già esistente e in capo alla Sfirs, la società finanziaria presieduta da Antonio Tilocca. «Con l’istituzione ed il buon successo del Fondo microcredito», ha aggiunto l’assessore, «la Sardegna ha avuto riconoscimenti a livello nazionale come buona prassi». Il Fondo microcredito Fse, gestito dalla Sfirs, è mirato all’integrazione sociale nel mercato del lavoro attarverso il finanziamento di iniziative imprenditoriali promosse da parte di categorie di soggetti con difficoltà di accesso al credito e in condizione di svantaggio, secondo la lezione di Yunus, premio Nobel, che per primo avviò il microcredito in Bangladesh.

L'UNIONE SARDA - Economia: Turismo, più soldi dall'estero
19.09.2012
È un bel gruzzolo di denaro quello che gli stranieri lasciano in Sardegna quando vengono in vacanza. Nei primi sei mesi dell'anno, secondo i dati Bankitalia elaborati dal Centro studi L'Unione Sarda, hanno speso 192 milioni di euro, il 15,7% in più del 2011 (170 milioni). Una nota positiva per una stagione turistica che quest'anno - stando alle stime degli addetti del settore - si chiuderà in perdita, con il 20% in meno di presenze e un fatturato in calo del 30%. I viaggiatori stranieri, più numerosi rispetto allo scorso anno (+11,5%), contribuiscono dunque a risollevare le sorti del turismo e a far sì che il saldo della bilancia dei pagamenti turistica sia positivo, a quota 95 milioni, dai 58 dello scorso anno. Si arriva a tanto considerando che, mentre la spesa degli stranieri cresce del 15,7%, quella dei sardi all'estero (97 milioni) diminuisce del 13,4% rispetto a gennaio-giugno 2011.
L'ANALISI I dati rispecchiano l'andamento della crisi che attraversa l'Isola: crisi che da una parte costringe le famiglie sarde a stringere i cordoni della borsa e a rivedere i programmi di ferie e, dall'altra, suggerisce agli operatori turistici di applicare prezzi inferiori al passato per attirare i vacanzieri, già tartassati dal caro-trasporti. Uno scenario alla luce del quale si spiega la contrazione della spesa complessivamente sostenuta dai sardi che vanno fuori (ben 15 milioni di euro in meno) e i costi più ridotti dei soggiorni in albergo, dove la tariffa media giornaliera è passata da 148 euro a 119 euro con un incremento (da 4 a 5) dei giorni di permanenza. Ed è proprio sui prezzi che il direttore del Centro studi Franco Manca invita a concentrarci: «Non possono certamente considerarsi elevati soprattutto se paragonati ad altre località turistiche specialmente estere». Alla faccia di chi snobba l'Isola, nella falsa convinzione che all'estero sia tutto meno caro.
CURIOSITÀ Come evidenzia il Centro studi l'80% dei 311 mila turisti stranieri è venuto nell'Isola per trascorrervi un periodo di vacanza, trattenendosi 7 giorni e spendendo circa 620 euro a testa (86 al giorno). Un anno fa, invece, erano arrivati dall'estero 279 mila turisti che, pur trattenendosi un giorno in più, avevano speso 25 euro in meno ciascuno. Dove vanno? In testa c'è la provincia di Cagliari (+36,3%), seguita da Sassari (+29,9%) e Olbia (+19,9%). Se dagli stranieri arriva tanta ricchezza, pur rappresentando solo il 20% dei “nostri” turisti, quanta potrebbe arrivarne dai ben più numerosi (l'80%) viaggiatori italiani? L'auspicio è che anche i connazionali vengano in Sardegna e spendano altrettanto. Altrimenti, se non passa lo straniero, saranno dolori. Carla Raggio

Lavoro, cnel: i giovani i più colpiti dalla crisi, donne senza aiuti
Il rapporto 2011-12 sul mercato segnala lo scollamento fra formazione e domanda di lavoro e la strutturale carenza di servizi per donne e famiglie
Roma - Il mercato del lavoro in Italia si trasforma con più lavoratori immigrati e più lavoratrici donne, spesso sotto inquadrate. La recessione non molla la presa, sale sopra la media europea il numero dei giovani ‘Neet’ che non studiano, non lavorano né cercano occupazione mentre aumenta in parallelo la percentuale degli anziani. Lo certifica il Cnel pubblicando il rapporto 2011-2012 sul mercato del lavoro in Italia. Invecchiamento demografico, femminilizzazione del mercato del lavoro a fronte di una “strutturale carenza di servizi pubblici di sostegno per le famiglie e per il lavoro delle donne”, vincoli all’espansione della spesa pubblica, abbandono delle attività manifatturiere a più basso valore aggiunto e cambiamento di regime della domanda al settore immobiliare. Sono questi i principali fattori di trasformazione del sistema produttivo del nostro paese entrato in una nuova fase di recessione. Fase che spinge il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro a chiedere una svolta sul versante delle produttività, senza la quale “potrebbero prevalere pressioni deflazionistiche sui salari e sui redditi interni, assecondate da politiche fiscali di segno restrittivo”.

 PARTECIPAZIONE E DISOCCUPAZIONE - All’incremento della partecipazione al mercato del lavoro (111 mila forze di lavoro femminili e 202 mila nuovi attivi immigrati), probabile effetto delle perdite di reddito familiare e del conseguente fenomeno del “lavoratore aggiuntivo”, fa eco il progressivo aumento del tasso di disoccupazione, cominciato dagli ultimi mesi del 2011. Si calcola che tra il 2011 e il 2020 il numero dei disoccupati aumenterà di oltre 1,5 milioni di persone per la popolazione d’età compresa tra 15-66 anni con una forte riduzione dei giovani attivi italiani (oltre 515 mila persone) e degli adulti fino a 54 anni, compensata dall’aumento dalla crescita della forza lavoro immigrata (oltre 1,3 milioni di persone) e soprattutto delle forze lavoro “anziane”.

 L’INVECCHIAMENTO E I ‘NEET’ - In un cinquantennio, aggiunge il Cnel, la percentuale di anziani passerebbe dal 15,3 per cento al 26.8 per cento della popolazione, determinando una riduzione del peso delle altre classi d’età dagli importanti effetti sui rapporti intergenerazionali. In particolare, “la partecipazione al lavoro delle persone di età avanzata risulta tuttora su livelli molto modesti nel nostro Paese, così come bassa è la loro occupazione”. Coloro che più hanno subito le conseguenze della crisi sono i giovani. Tra i più colpiti, quelli con un titolo di studio basso (-24,8 per cento tra chi ha solo la licenza media); i residenti nelle regioni meridionali (-19,6 per cento); i lavoratori a tempo indeterminato (-19,3 per cento) e quelli a tempo pieno (-17,9 per cento). In particolare il Cnel osserva “lo scollamento tra i risultati del sistema formativo e la domanda di lavoro, che va ad incrementare il fenomeno noto come over-education (lavoro a bassa specializzazione svolto da lavoratori con un livello di istruzione medio-alta)”. Il fenomeno, si legge nel report del Cnel, “finisce spesso per dar luogo a uno scarso livello di valorizzazione del capitale umano”. Aumenta, poi, il tasso di disoccupazione di lungo periodo, anche per i più giovani (15-24 anni): il 46,6 per cento sul totale della disoccupazione giovanile. Rimane sensibilmente superiore alla media europea la percentuale di NEET (Not in enployment, education or training): oltre 2 milioni di persone, 24 per cento tra i 25-29enni nel 2011, contro una media europea del 15,6 per cento. Di essi, circa un giovane su tre è totalmente escluso dal mercato del lavoro e al di fuori di qualsiasi percorso formativo. La percentuale aumenta con l’età: più frequenti tra i 25-30enni (28,8 per cento) che tra i 15-24enni (19,3 per cento), prevalentemente impegnati nel percorso scolastico. Nel Rapporto si evidenzia anche il crescente processo di femminilizzazione del mercato del lavoro con i cambiamenti nelle abitudini di consumo e le ripercussioni sul piano del welfare che esso comporta.   (ilVelino/AGV)
(red/dam) 18 Settembre 2012 15:52

Crisi, un italiano su tre abita con i genitori
Le donne riscoprono i fornelli ma la spesa si fa ancora sotto casa. Cresce il desiderio di 'fare comunità'
19 settembre, 11:03
ROMA - La crisi ha attivato la rete di protezione familiare caratteristica dell'identità nazionale con un terzo degli italiani (31%) che abita con la propria mamma. E' quanto emerge dal rapporto Coldiretti/Censis "Crisi: vivere insieme, vivere meglio", dal quale si evidenzia che se coabita con la madre il 31% degli italiani, il 42,3% ha comunque la madre che abita ad un massimo di trenta minuti dalla sua abitazione.

La solidità dei legami familiari - sottolineano Coldiretti/Censis - è confermata dal fatto che vive insieme con il padre oltre il 30%, mentre oltre il 40% vive a un massimo di trenta minuti a piedi dalla sua abitazione. Inoltre - continuano Coldiretti/Censis oltre la metà degli italiani (54%) ha i propri parenti stretti residenti in prossimità, a un massimo di mezz'ora a piedi della propria abitazione. Questo bisogno di vicinanza riguarda non solo i più giovani tra i 18 e i 29 anni (coabita con la madre il 60,7% e il 26,4% abita a meno di 30 minuti), ma anche le persone più grandi con età compresa tra i 30 e i 45 anni (il 25,3% coabita, il 42,5% abita nei pressi), e addirittura gli adulti con età compresa tra i 45 e i 64 anni (l'11,8% coabita, il 58,5% abita in prossimità). In sostanza - spiegano Coldiretti/Censis - l'evoluzione delle funzioni socioeconomiche, con il passaggio alla famiglia soggetto di welfare che opera come provider di servizi e tutele per i membri che ne hanno bisogno, spiega anche la tendenza a ricompattare, in termini di distanza dalle rispettive abitazioni, i vari componenti, anche quando non coabitano. "Spesso la struttura della famiglia italiana in generale, e di quella agricola in particolare, viene considerata superata - afferma il presidente di Coldiretti Sergio Marini -, mentre si è dimostrata, nei fatti, fondamentale per non far sprofondare nelle difficoltà della crisi moltissimi cittadini".

Con la crisi, poi, gli italiani riscoprono in piacere di stare a casa e di preparare gustosi menu per parenti e amici soprattutto nei giorni festivi, durante i quali si raggiunge il record di oltre un'ora davanti ai fornelli (69 minuti). Per le donne italiane la preparazione dei pasti assorbe durante l'anno 21 giorni pieni.

In media - sottolineano Coldiretti/Censis - dall'indagine emerge che annualmente ogni italiano dedica alla preparazione dei pasti un tempo pari a 11 giorni, che significa oltre sette ore alla settimana o 56 minuti al giorno nei giorni feriali che salgono ad oltre 69 minuti la domenica o nei giorni festivi. Un interesse che riguarda anche i maschi per i quali il tempo passato in cucina è di 8 giorni pieni all'anno. L'indagine - osserva Coldiretti - mostra che ancora oggi nelle famiglie italiane la cucina è donna, ma anche che torna ad avere un ruolo centrale nella vita delle famiglie italiane. Il rapporto evidenzia tra l'altro che 21 milioni di italiani dichiara di preparare alimenti in casa come yogurt, pane, gelato o conserve e, di questi, 11,2 milioni di persone lo fanno regolarmente. "L'attenzione alla cucina e alla qualità dell'alimentazione trova riscontro nel boom degli acquisti di prodotti locali a chilometri zero direttamente dagli agricoltori che garantiscono una maggiore freschezza e genuinità delle ricette", afferma il presidente di Coldiretti Sergio Marini. La riscoperta del 'fai da te' in cucina si riflette anche nel fatto - aggiunge il rapporto - che 7,7 milioni di italiani si portano al lavoro cibo preparato in casa, e di questi sono 3,7 milioni quelli che dichiarano di farlo regolarmente. Il 15% degli italiani si porta la "gavetta" o la "schiscetta" in ufficio per risparmiare, ma anche per essere sicuro della qualità del pranzo, o semplicemente perché preferisce ricordare sapori e profumi casalinghi.

Secondo l'indagine, poi, l'85 per cento degli italiani continua a fare la spesa alimentare quotidiana sotto casa, frequentemente nei piccoli e spesso antieconomici negozi di quartiere che tuttavia svolgono un rilevante ruolo sociale.  Dal rapporto si evidenzia che proprio la spesa è l'attività svolta dal maggior numero di persone nel raggio di 15-20 minuti a piedi dalla propria residenza.

Il crescente desiderio di fare comunità - sottolinea Coldiretti - è avvertito soprattutto dalle persone che vivono sole. In Italia sono 7,4 milioni e sono aumentate del 24% tra il 2006 e il 2011, con punte del +54% in Sardegna, +45% in Abruzzo, +42% in Umbria. Il momento di fare la spesa è quello più importante per parlare e stringere rapporti e supera addirittura le attività spirituali (il 76,6%), la visita medica (71,6%), la scuola per i figli (65,2%) e la cura del corpo (54,2%). "Un fenomeno di riduzione significativa dei negozi tradizionali - afferma il presidente Coldiretti Sergio Marini - determina quindi anche evidenti effetti negativi legati alla riduzione dei servizi di prossimità, ma anche un indebolimento del sistema relazionale, dell'intelaiatura sociale e spesso anche della stessa sicurezza sociale dei centri urbani". Nel tempo della crisi, oltre un italiano su due (54%), secondo il rapporto, preferirebbe inoltre vivere in un luogo dove le persone si conoscono e si aiutano, e pensa che vivere in comunità significhi stare meglio e migliorare la propria qualità della vita; il 28% vive già in un luogo simile e la percentuale sale al 47% nei piccoli comuni con pochi abitati (fino a 5mila). E' nelle campagne - conclude Coldiretti - che si registra una migliore qualità della vita grazie a una maggiore sicurezza sociale, alla buona alimentazione, a un ambiente più sano e alla semplicità nel costruire rapporti personali più duraturi.

Per confrontare prezzi e qualità dei cibi, poi, Il 29 per cento degli italiani dichiara di fare ricerche sul web. In particolare sono oltre 5,7 milioni a farlo regolarmente. Quello che è interessante - sottolineano Coldiretti/Censis - è la tendenza a formare community, aggregati di individui uniti da interessi, passioni, valori comuni. Così ci sono oltre 415 mila italiani che dichiarano di partecipare regolarmente a community sul web centrate sul cibo, e si sale a 1,4 milioni comprendendo coloro che lo fanno di tanto in tanto. C'è una potenza aggregatrice del cibo che si dispiega anche sul web - proseguono Coldiretti/Censis - e che si materializza in una pluralità di comportamenti e, tra questi, spicca la tendenza alla formazione delle community che danno continuità alle reti virtuali. Si tratta di una continuità che si esprime anche in forme di relazionalità materiale, che per quote significative vuol dire partecipazione a iniziative sui territori in cui vivono. "Una tendenza che è confermata dalle visite al sito www.campagnamica.it dove sono indicati gli appuntamenti con i mercati e le botteghe degli agricoltori di campagna amica che riceve una media di cinquantamila visite la settimana", rileva il presidente della Coldiretti Sergio Marini. Del resto, rileva Coldiretti, l'attenzione al cibo è connaturata agli italiani, come evidenzia il fatto che per il 57% della popolazione la distintività del proprio territorio regionale risiede nel cibo e nel vino e in generale nel patrimonio enogastronomico. Tale indicazione è seconda solo al patrimonio culturale, storico e artistico (60 per cento), ma è superiore al patrimonio paesaggistico (53,3 per cento) e al dialetto (41,6 per cento).

Pressing Strasburgo su Italia, attuare riforme giustizia
Commissario diritti umani, è questione di volontà non di soldi
18 settembre, 19:24
STRASBURGO - ''Le riforme che vengono richieste all'Italia per rimediare alla lentezza della giustizia, per integrare i Rom e affrontare in maniera diversa l'immigrazione non sono una questione di maggiori investimenti, ma di volontà e visione nell'implementare le misure necessarie''. Lo ha detto all'Ansa il commissario dei diritti umani del Consiglio d'Europa, Nils Muiznieks, che oggi ha pubblicato il suo primo rapporto sull'Italia in seguito alla visita che ha condotto nel Bel Paese lo scorso luglio.
Nel suo rapporto, Muiznieks osserva tra l'altro che l'intero sistema giudiziario e procedurale italiano va riformato a fondo e sottolinea che a cambiare deve essere addirittura "la cultura giudiziaria" del nostro Paese. Secondo il commissario, solo con una riforma radicale l'Italia potrà risolvere finalmente il problema della lentezza della giustizia: i processi lumaca, assieme al trattamento riservato ai Rom e ai migranti, per il commissario "sono fonte di gravi preoccupazioni in materia di diritti umani".
''In Italia ho percepito una vera volontà di voltare pagina rispetto al passato'', ha evidenziato oggi Muiznieks aggiungendo che c'e' ormai un consenso generale su fatto che cosi' non si puo' piu' andare avanti. ''Credo che ci si stia muovendo lentamente in questa direzione anche per quanto riguarda la questione dei rom'' ha detto il commissario che si augura che ci sia un vero desiderio di rompere con il passato e che questo desiderio si traduca in azioni concrete.
''Anche per i migranti credo ci sia una vera volontà di cambiare direzione ma resta molto lavoro da fare. Spero che il rapporto generi un dibattito in Italia e che sia utile a tutti coloro che nel paese ma anche al Consiglio d'Europa desiderano far avanzare le riforme necessarie'' ha concluso Muiznieks sottolineando che continuerà il suo dialogo con le autorità italiane.


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