Lo spettro dell'Eternit nei sogni di Riva
L'UNIONE SARDA - Economia: Polverizzati 1,2
miliardi
Crisi, S&P's taglia rating Spagna a BBB-
Spagna: a settembre inflazione annua vola a
+3,4%
Germania: a settembre inflazione annua +2,0%
Francia: a settembre inflazione -0,3%, su anno
cala a +1,9%
Grecia: Fmi pronto a concedere due anni in piu'
per risanamento
Bce: -4 mln posti lavoro dal 2008 Prezzi dei
carburanti mai così alti
Petrolio, «Eni raddoppierà le estrazioni»
In Senato
l’esultanza dell’ad Paolo Scaroni. Latronico e Viceconte favorevoli assieme a
Confindustria. Digilio annuncia «barricate», Bubbico pessimista: «Gravissimo»
11/10/2012 POTENZA - «Tutto quello che ripristina
un’autorità centrale ben venga. Per quello che riguarda il settore energia, le
modifiche fatte in passato al Titolo V le considero una tragedia greca, un
disastro assoluto». Se l’amministratore delegato di Eni non ha brindato alla
riforma della Costituzione presentata martedì sera in Consiglio dei ministri
dev’esserci mancato poco. Ma ieri pomeriggio, a margine dell’audizione davanti
alla commissione industria del Senato, il suo entusiasmo non si poteva
contenere, e lascia intravedere meglio di tante parole quello che attende la
Basilicata se il progetto di Monti e Passera dovesse andare in porto.
Sono state di tenore molto diverso le reazioni
al disegno di modifica della Costituzione presentato a Palazzo Chigi meno di 48
ore fa, dopo una lunga serie di indiscrezioni e anteprima filtrate nei mesi
scorsi. Il Governo ha deciso di provare a riportare a Roma la competenza
esclusiva in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia», che oggi è condivisa con le Regioni. Per i lucani vale a dire
petrolio, innanzitutto, e poi fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico.
Se si considera l’inclinazione del ministro
per lo Sviluppo Corrado Passera che ha già annunciato un ambizioso piano di
riduzione della dipendenza energetica nazionale, sbloccando le trivelle anche a
pochi chilometri dal litorale, all’amministratore delegato del cane a sei
zampe, Paolo Scaroni, non dev’essere apparso vero. A maggior ragione dopo
l’opposizione che si è levata soprattutto negli ultimi tempi da parte delle
Regioni, inclusa proprio la Basilicata che dopo gli accordi e le “magnifiche
sorti” disegnate a dicembre dal cosiddetto decreto “liberalizzazioni” a luglio
ha fatto una repentina marcia indietro varando una “moratoria” a ulteriori
intese per la ricerca e la coltivazioni di idrocarburi sul suo territorio. Sarà
per questo che Scaroni ha bollato come del tutto «insensato» fare discorsi
regionali in materia energetica, aggiungendo che «andare a dare responsabilità
alle Regioni lo considero uno dei tanti errori che abbiamo inanellato per non
realizzare opere in Italia».
Gli ha fatto eco dopo poco anche Confindustria
che in realtà per voce del suo presidente, Giorgio Squinzi, aveva già espresso
tutto il suo favore all’iniziativa del Governo martedì pomeriggio sostenendo
che il Titolo V della Costituzione «deve essere profondamente rivisto» per
togliere potere alle Regioni e diminuire i costi della politica a causa dei
«disastri che abbiamo sotto gli occhi giorno per giorno». Insomma «un passaggio
essenziale per rendere più efficiente il sistema istituzionale del nostro
Paese». Ha ribadito ieri il comitato di presidenza dell’associazione degli
industriali, esprimendo «forte apprezzamento per l’iniziativa legislativa, che
le imprese chiedevano da tempo», in particolare in tema di porti, aeroporti,
trasporti, comunicazioni, energia e commercio estero, per «assicurare regole
uniformi e processi decisionali più rapidi in settori fondamentali per lo
sviluppo economico del Paese». Con tanto di invito al Governo e alla forze
parlamentari a «un forte impegno per l’approvazione del disegno di legge entro
la fine della legislatura, che ritiene possibile e urgente».
In realtà il fronte politico è diviso e tra i
lucani presenti ieri sera in Senato si sono registrate opinioni opposte.
Favorevoli i pidiellini Viceconte e Latronico. Contrario Digilio ed
«esterrefatto» l’ex presidente Bubbico.
«L’amministratore delegato dell’Eni - ha
spiegato Cosimo Latronico - ha confermato che il potenziale della Val d’Agri è
molto elevato, e che Eni può raddoppiare le produzioni con benefici per la
regione, per lo Stato, in relazione al gettito fiscale aggiuntivo e per il
miglioramento della bilancia dei pagamenti (...) L’ad Scaroni ha ribadito che
la Basilicata ha il potenziale per diventare un polo petrolifero per i prossimi
20 /30 anni (...) La speranza è che da parte di tutti i soggetti interessati –
ha concluso Latronico - si possano realizzare azioni concordanti nel solco del
memorandum sottoscritto nei mesi scorsi da Governo e Regione, così da dare
corso all’attuazione dell’articolo 16 del dl liberalizzazioni con l’emanazione
dei decreti ministeriali per istituire un fondo permanente di sviluppo».
Nuove estrazioni, ben oltre i 25mila barili
d’incremento già previsti in Val d’Agri e i 50mila in arrivo dalla Valle del
Sauro, un maggiore gettito fiscale e interventi mirati per la promozione dello
sviluppo infrastrutturale e produttivo della regione Basilicata: questo lo
schema dell’ex decreto “liberalizzazioni” e dei pidiellini. «Faremo questa
revisione del dettato della Costituzione - ha confermato Guido Viceconte -
perché ci sono scelte che non possono essere demandate alle Regioni, impedendo
la realizzazione di impianti strategici di interesse nazionale».
Di tutt’altro avviso il senatore Egidio
Digilio, coordinatore regionale di Fli. «Scaroni ha gettato la maschera».
Sostiene Digilio. «Siamo di fronte alla testimonianza che intorno al petrolio
lucano si sono saldati, ai danni del nostro territorio e delle nostre comunità,
interessi politici sostenuti dal Governo Monti con le lobby petrolifere (...)
Un autentico oltraggio a chi rappresenta le Regioni e ha continuato a credere
nella concertazione con Eni sino a firmare il Contratto di sito. Piuttosto, si
prenda atto da parte del Governatore De Filippo come di tutti i partiti lucani
che è radicalmente cambiato per la Basilicata il quadro della questione
energetica e che pertanto la strategia del Memorandum, che mi ha visto unico
parlamentare lucano disertare la storica ed ormai inutile cerimonia della firma
e tenace oppositore, è sepolta».
Nel ricordare che “le avvisaglie nei mesi
scorsi non sono mancate come la minaccia del Ministro Passera, presa sotto
gamba, dell’adeguamento «agli standard nazionali della nostra normativa di
autorizzazione e concessione», che oggi prevede, a suo giudizio, «passaggi
autorizzativi lunghissimi», Digilio ha affermato che «più che evocare lo
spettro di Scanzano, che è una pagina storica irripetibile e va storicizzata a
quel contesto specifico, o allo spauracchio della lotta armata del popolo del
Niger, De Filippo forse mai come in questa circostanza dovrebbe avvertire il
dovere di un confronto con tutti i soggetti politici, istituzionali e sociali
per concordare cosa fare». Infine il
senatore ha annunciato «barricate» in
Commissione affari istituzionali dove il ddl del Governo approderà a breve.
«E’ un disegno gravissimo che segna la fine
dell’esperienza regionalista. Così succede in Italia dove si vive di eccessi:
prima c’è stata la corsa per poter chiamare qualcuno “governatore” di questo o
di quell’altro, ora si svuotano le prerogative delle Regioni, e magari tra 15
anni ci accorgeremo che stiamo sbagliando». L’ex presidente della giunta
regionale lucana, Filippo Bubbico, è pessimista quanto alla possibilità di
bloccare il progetto di riforma del Governo. «Possiamo anche darci agli
emendamenti - spiega Bubbico - ma le furbizie potranno salvare soltanto la
carriera personale di qualcuno, perché la sostanza non cambia. Di fronte agli
scandali che sono esplosi le Regioni avevano il dovere di riconoscere i propri
errori e pensare di concerto a una riforma. Invece hanno abdicato al Governo e
una volta rotta la diga mettercisi davanti non serve a nulla». L’unica nota di
speranza è lo scadere della legislatura. «Ma la questione si riproporrà anche
nella prossima». Conclude Bubbico. «La prospettiva è un commissariamento di
fatto, la trasformazione delle Regioni in agenzie al servizio dell’esecutivo, e
cambiarla sarà difficilissimo».
Lo spettro dell'Eternit nei sogni di Riva
di Carlo Bollino
C’è uno spettro che
aleggia sulla famiglia Riva prima ancora che sull’Ilva e sul suo futuro
industriale. E quest’ombra, scura e minacciosa, porta impressi sopra un nome e
una data: Eternit, 13 febbraio 2012. È il precedente del colosso industriale di
Casale Monferrato, e la dura sentenza emessa nei confronti dei suoi ex
proprietari, a sconvolgere infatti i sonni già agitati di Emilio Riva e dei
suoi figli. Perché se a Taranto venisse applicato lo stesso principio
giudiziario e processuale riconosciuto a Torino, per i proprietari del colosso
siderurgico rischia di prospettarsi una pesante condanna in sede penale. La
storia della Eternit è nota e antica. All’inizio del secolo viene inventato un
nuovo prodotto che sembra una rivoluzione. È un agglomerato di amianto e
cemento che si mostra duttile, economico (lo chiamano infatti il calcestruzzo
dei poveri) ma soprattutto indistruttibile, tanto che l’azienda che lo realizza
sceglie per prodotto e marchio il nome di Eternit, proprio perché richiama
l’eternità. Idea sinistra quanto inopportuna alla luce degli oltre 2100 morti
(e 800 ammalati) che gli vengono ufficialmente attribuiti.
Il fibrocemento ha
un problemino non da poco: l’amianto che lo compone è cancerogeno. La pesante
controindicazione viene scoperta a metà degli Anni ’60 ma la produzione va
avanti ancora per decenni, in barba ad ogni allarme. E prosegue praticamente
indisturbata fino al 1994 quando finalmente il cemento-amianto viene messo al
bando. La jattura riguarda anche Bari, perché pure qui la produzione a base di
amianto è andata avanti molto a lungo, almeno fino al 1985. La catastrofe
ambientale più grave avviene però a Casale Monferrato, in provincia di
Alessandria, dove la Eternit non soltanto produce amianto-cemento lasciando gli
operai in balìa delle micidiali polveri cancerogene, ma si dota di un potente
sistema di areazione che soffia sull’intera città micidiali nuvole contenenti
frammenti di amianto, sicchè le vittime di mesotelioma pleurico (una forma di
cancro ai polmoni quasi incurabile) insieme a quelle di asbetosi (altra forma
di malattia polmonare cronica sia pure meno letale del tumore) iniziano a
contarsi non più soltanto tra le maestranze della fabbrica, ma pure fra la
popolazione.
E già qui il
drammatico parallelo tra Eternit e Ilva sembra esserci tutto: consapevolezza
del pericolo, produzione che prosegue a dispetto dei rischi, sottovalutazione
delle misure di prevenzione, impatto ambientale sulla città, morti per cancro.
Con in più l’identico ricatto occupazionale che per anni spinge operai,
sindacati e istituzioni a chiudere entrambi gli occhi in cambio della garanzia
dei posti di lavoro. Cosa accade di diverso? Accade che il procuratore aggiunto
di Torino, Raffaele Guariniello, che si era già distinto in alcuni clamorosi
processi per reati ambientali e infortuni sul lavoro, tenta l’inosabile:
portare davanti a un tribunale i proprietari dell’Eternit per la strage da
amianto a partire dal 1966, anno in cui venne accertata la pericolosità del
materiale. L’istr uttoria, lunga e ricca di colpi di scena, ha il suo epilogo
nell’aprile del 2009, quando il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, 65
anni, e il barone belga Louis De Cartier de Marchienne, 91 anni, compaiono
davanti al tribunale di Torino accusati di responsabilità penali per le morti
provocate in 30 anni di produzione tra gli operai, ma anche tra gli abitanti
delle città vicine alle loro fabbriche.
Il 13 febbraio 2012
arriva la sentenza di primo grado: i due ex proprietari del colosso del
fibrocemento vengono condannati a 16 anni di carcere per "disastro
ambientale doloso permanente" e per "omissione volontaria di cautele
antinfortunistiche". Secondo i giudici estensori del verdetto «emerge
tutta l'intensità del dolo degli imputati, perché sia De Cartier che
Schmidheiny hanno continuato a produrre, né hanno ritenuto di dover modificare
radicalmente e strutturalmente la situazione, al fine di migliorare l'ambiente
di lavoro e di limitare per quanto possibile l'inquinamento ambientale».
Trent’anni di
omissioni tradotti in 32 anni di carcere. A pagina 571 delle motivazioni con
cui la corte ha condannato a risarcire gli abitanti di Casale Monferrato e
Cavagnolo-Brusasco contaminati dall’amianto della Eternit, si legge tra
l’altro: «Il collegio ritiene accertato che i casi di mesotelioma pleurico che
hanno colpito i cittadini residenti in tali comuni siano causalmente
ricollegabili all’esposizione ambientale ad amianto, a sua volta da
riconnettersi a quella incontrollata e indiscriminata diffusione di polverino e
scarti di produzione» da parte della fabbrica. Motivando invece le
responsabilità nei confronti degli operai ammalati, i giudici riconoscono
l’esistenza del «nesso causale tra la dolosa omissione di cautele
antifortunistiche contestate agli imputati, e la insorgenza delle patologie
absesto-correlate da inquadrarsi come malattie-infortunio».
Si arriverà a
dimostrare questo nesso causale anche tra fumi e polveri dell’Ilva e le
centinaia di morti da cancro registrate tra gli operai della fabbrica e gli
abitanti di Taranto? Il ministro per l’ambiente Clini - che pure ha plaudito
alla sentenza per l’Eternit - per Taranto dice invece che la prova manca. Le
tre class action lanciate a nome di decine di cittadini ammalati, e avallate
dagli esiti di alcune perizie, sembrano in realtà presagire un effetto-Eternit
anche per il capoluogo jonico. Mentre è appena iniziato un processo che
riguarda la morte di 15 operai uccisi dall’esposizione all’amianto delll’Ilva,
con accuse ai Riva identiche a quelle contestate ai padroni dell’Eternit:
disastro ambientale e omissione dolosa di cautela antifortunistiche. Un
parallelo inquietante che fa addensare sul futuro della famiglia Riva una nube
minacciosa almeno quanto quella che, ogni giorno, si staglia sui camini della
fabbrica oscurando l’orizzonte dell’intera città.
L'UNIONE SARDA - Economia: Polverizzati 1,2
miliardi
11.10.2012
L'ultimo colpo di
scure, quello arrivato martedì a notte fonda con la legge di stabilità, vale
circa 157 milioni di euro: 91 bloccati dal patto di stabilità, altri 25 in meno
sul fondo di perequazione per i comuni e le province e 41 tagliati invece sui trasferimenti
per la sanità. E sono solo una piccola parte rispetto al mare magnum dei tagli
subiti dalla Sardegna, facendo la somma di quanto deciso dal 2010 a oggi in
materia di contenimento della spesa regionale. Mettendo insieme il decreto
Salva Italia, la spending review e la legge di stabilità, le minori entrate per
la Sardegna, spiegano dagli uffici dell'assessorato regionale del Bilancio,
ammontano a 376 milioni di euro (somme che non si possono inserire nei bilanci
di competenza). Allo stesso tempo, il bilancio di cassa prevede accantonamenti
per il patto di stabilità che complessivamente toccano gli 826 milioni di euro.
Somme che la Regione ha nelle sue disponibilità ma non può spendere. Cosa
accadrà? «Avremo difficoltà a chiudere il bilancio per il 2013», spiega
l'assessore regionale del Bilancio Giorgio La Spisa, di rientro da Roma dove ha
partecipato a una riunione della Commissione Stato-Regioni proprio sui
provvedimenti adottati dal Governo. I TAGLI Nonostante la Regione, in virtù
della vertenza entrate e del pronunciamento della Consulta, possa oggi sperare
di avere una quantità consistente di risorse dallo Stato, in realtà questo
effetto verrà annullato dai nuovi provvedimenti e in particolare
dall'irrigidimento del patto di stabilità, che blocca la spesa, nonostante si
abbiano le risorse a disposizione. Le decisioni del Governo, per giunta, vanno
a sommarsi ai tagli imposti, a partire dal 2010, prima dal Governo Berlusconi e
poi dall'esecutivo guidato da Monti. Il che costringe la Regione a tirare
sempre più la cinghia. E il risultato è drammatico. I COSTI DELLA POLITICA Uno
dei provvedimenti che finirà per incidere sui conti e sull'autonomia della
Regione, inoltre, sarà il decreto sui costi della politica, nel quale sono
state inserite norme che con le spese degli organismi di rappresentanza hanno
poco a che fare. «È un provvedimento che finirà per incidere negativamente sui
bilanci delle Regioni a statuto speciale», osserva La Spisa. Il bilancio,
secondo quanto previsto dal decreto, dovrà essere sottoposto a un controllo
preventivo della Corte dei conti, che ne valuterà la congruità rispetto alle
misure di contenimento della spesa. GLI EFFETTI Il primo effetto di tutto
questo si vedrà nel bilancio 2013 della Sardegna. «Ci sono spese che non si possono
contrarre», spiega l'assessore La Spisa, «non possiamo non farci carico di
tutta una serie di interventi sul welfare, l'istruzione e gli ammortizzatori
sociali, solo per citare alcune voci». Alcune uscite, a iniziare dagli stipendi
dei dipendenti della pubblica amministrazione, non si possono toccare, perché
si tratta di diritti acquisiti. E a farne le spese, ma il confronto tra Stato e
Regione è ancora aperto, potrebbero essere le prestazioni legate ai servizi
alla persona, il diritto allo studio oppure le opere già programmate, con buona
pace delle imprese che vedranno ancora una volta allungarsi i tempi di
pagamento. Giuseppe Deiana
Crisi, S&P's taglia rating Spagna a BBB-
Outlook negativo,
"timori per recessione e stretta credito"
11 ottobre, 01:11
(ANSA) - NEW YORK,
11 OTT - L'agenzia Standard & Poor's ha abbassato ieri sera il rating della
Spagna di due scalini, a 'BBB-'. S&P's ha motivato il taglio con i timori
legati alla ''profonda recessione che limita le opzioni a disposizione del governo''
e la stretta del credito che condizione una eventuale ripresa. L'agenzia
inoltre mantiene nei confronti del Paese iberico un outlook negativo.
Spagna: a settembre inflazione annua vola a
+3,4%
11 Ottobre 2012 -
09:17
(ASCA) - Roma, 11 ott - Nel mese di settembre
l'inflazione in Spagna e' aumentata dell'1% su base mensile, su base annua sale
a +3,4% da +2,7% di agosto.
Red
Germania: a settembre inflazione annua +2,0%
11 Ottobre 2012 -
09:15
(ASCA) - Roma, 11 ott - Nel mese di settembre
l'inflazione annua in Germania e' scesa a +2,0% da +2,1& del mese di agosto.
Red
Francia: a settembre inflazione -0,3%, su anno
cala a +1,9%
11 Ottobre 2012 -
09:14
(ASCA) - Roma, 11 ott - Nel mese di settembre
l'inflazione in Francia ha registrato un contrazione mensile pari a -0,3%, su
base annua scende a +1,9% da +2,1 di agosto.
Red
Grecia: Fmi pronto a concedere due anni in piu'
per risanamento
11 Ottobre 2012 -
09:01
(ASCA-Afp) - Tokyo, 11 ott - ''Qualche volta
e' meglio un po' di tempo piu''', con quese parole il Direttore del Fondo
Monetario Internazionale, Christine Lagarde, ha aperto alla possibilita' che la
Grecia possa beneficiare di due anni in piu' per raggiungere gli obiettivi di
risanamento delle proprie finanze pubbliche e della propria economia.
Un'apertura che
raccoglie le richieste del governo ellenico.
''Lo abbiamo fatto per il Portogallo e per la
Spagna, andiamo a farlo anche per la Grecia. Ho piu' volte ripetuto come due
anni in piu' fossero necessari'' red/men
Bce: -4 mln posti lavoro dal 2008 Prezzi dei
carburanti mai così alti
ultimo
aggiornamento: 11 ottobre, ore 10:10
Roma, 11 ott. -
(Adnkronos) - Tra l'inizio della crisi economica e finanziaria nel 2008 e il
primo trimestre del 2012 il numero di posti di lavoro nell'area dell'euro si e'
ridotto di oltre 4 milioni di unita'. L'occupazione, infatti, e' diminuita del
2,8% rispetto al livello massimo del primo trimestre del 2008. E' quanto si
legge nel bollettino della Bce. Dal primo trimestre del 2008 al primo trimestre
del 2010, rileva l'Istituto di Francoforte, il tasso di occupazione e' sceso di
1,7 punti percentuali, al 64,2%. Nonostante la gravita' della crisi, osserva la
Bce, ''l'adeguamento dell'occupazione e' stato relativamente contenuto a
livello aggregato''. Nelle fase iniziali della crisi, spiega l'Istituto di
Francoforte, ''le imprese hanno mostrato una netta preferenza per forme di
flessibilita' interna, come la riduzione degli straordinari e il ricorso agli
accordi lavoro a orario ridotto, contribuendo a mitigare la correzione dei
livelli occupazionali (misurata in unita'). La riduzione delle ore lavorate
totali nell'area dell'euro (-4,5%) e' stata infatti sensibilmente piu' marcata
rispetto al calo del numero di occupati (-2,6%)'', tra il primo trimestre del
2008 e i primi tre mesi del 2010.
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