venerdì 30 agosto 2013

XXX.VIII.MMXIII – Francesco Ridolfi: Perdere il lavoro è un dramma, trovarlo un miraggio---Istat. Il numero dei disoccupati, pari a 3.075.000, è in ulteriore aumento su base tendenziale (13,7%, pari a +370.000 unità). L'incremento, diffuso su tutto il territorio nazionale, interessa in oltre la metà dei casi le persone con almeno 35 anni. Il 55,7% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più.---Udin, oltrepadania est. Si parte dalla lingua per tutelare la cultura – evidenzia Fontanini in sintonia con le parole del professor Gianfranco D’Aronco – perché la lingua è la prima espressione di un popolo, della sua visione del mondo, è l’elemento dal quale poi si originano letteratura, produzioni teatrali e appunto cultura. Di più si deve fare per tutelare le lingue minoritarie diffuse in Friuli Venezia Giulia: il friulano, la cui comunità di parlanti è quella prevalente a livello statale tra le lingue minoritarie, ma anche la minoranza tedesca e quella slava.

Più di un calabrese su cinque è un disoccupato 
In Sicilia persi 84 mila posti di lavoro. Sale la disoccupazione: 21,6percento                                                                                                          Qualità dei prodotti siciliani sarà sempre più garantita
L'UNIONE SARDA - Economia: Settanta milioni in tasca
Istat. Occupati e disoccupati
istat. Inflazione:ad agosto frena all'1,3%, ad agosto 2012 era al 2,6%
Udin, oltrepadania est. Fontanini: lingua friulana alla base dell’autonomia



Più di un calabrese su cinque è un disoccupato
Perdere il lavoro è un dramma, trovarlo un miraggio
Il tasso di disoccupazione al termine del secondo trimestre del 2013 è salito per la Calabria al 21,5% con un aumento di quasi due punti rispetto all'anno precedente è un gap quasi doppio rispetto alla media nazionale. Un vero e proprio esercito di circa 145 mila unità che per lo Stato non ha alcuna occupazione.
di FRANCESCO RIDOLFI
CATANZARO - L'ultimo rapporto dell'Istat sui livelli trimestrali di occupazione e disoccupazione traccia un disegno devastante per la Calabria che sfonda il tetto del 20% tra i disoccupati toccando addirittura il 21,5%. Questo vuol dire che più di un calabrese su cinque abile al lavoro in questo momento ufficialmente non ha alcuna occupazione. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno l'aumento è stato di 1,7 punti percentuali. 
Ma il livello dei disoccupati non è la sola notizia negativa che giunge dall'analisi dei dati messi a disposizione dall'istituto di statistica nazionale. Cala, infatti, anche il tasso di attività delle persone comprese tra i 15 e i 64 anni passando dal 51,9% al 49,%, questo vuol dire che più delle metà delle persone ricomprese nel range analizzato risulta essere inattivo (ossia né studente né lavoratore) e se poi andiamo a verificare nel medesimo range di età quello che è il tasso di occupazione scopriamo che in un anno la percentuale degli occupati calabresi è scesa di 2,5 punti percentuali (ben più dell'aumento del tasso di disoccupazione) passando dal 41,5 percento del secondo trimetre 2012 all'attuale 39%.
Insomma, il lavoro in Calabria diviene sempre di più un miraggio e continuano ad aumentare quelli che il lavoro non ce l'hanno ponendo la Calabria al terzo posto dopo la Campania (21,9%) e la Sicilia (21,6%) tra le regioni con il più alto tasso di disoccupazione con quasi il doppio del dato nazionale (12%) poco meno di 2 punti percentuali in più rispetto al dato medio del Meridione (19,8%).
Per capire meglio il livello di occupazione in Calabria appare opportuno analizzare i dati in termini assoluti piuttosto che percentuali. In questo caso scopriamo che un anno fa la Calabria contava 705 mila unità di forza lavoro scene a 674 mila quest'anno. La diminuzione delle persone abili al lavoro (in larga parte dovuta a nuovi flussi migratori) non ha portato molto giovamento al livello occupazionale. Infatti, se nel secondo trimestre 2012 gli occupati calabresi erano 565 mila con 140 mila persone in cerca di occupazione, oggi gli occupati sono scesi a 529 mila unità mentre il numero di coloro che sono in cerca di lavoro è salito a 145 mila persone. Questo vuol dire che in un anno, per varie ragioni, 26 mila calabresi non sono più considerati facenti parte della forza lavoro perché hanno raggiunto i limiti di età della pensione o perché emigrati. Un ulteriore impoverimento della potenzialità produttiva di una regione che non riesce più a dare ai suoi cittadini occasioni di costruire una prospettiva lavorativa stabile.Per quanto riguarda i settori in cui gli occupati calabresi sono attivi si evidenzia come la stragrande maggioranza sia impegnata nel settore dei Servizi che impiega 396 mila persone di cui 286 mila unità di lavoratori dipendenti e 110 mila di lavoratori autonomi, a seguire l'industria dove i lavoratori sono 79 mila (55 mila dipendenti e 24 mila indipendenti), infine l'agricoltura impegna 54 mila persone di cui 42 dipendenti e 11 mila indipendenti.
venerdì 30 agosto 2013 13:43

In Sicilia persi 84 mila posti di lavoro. Sale la disoccupazione: 21,6 per cento                                                                                                                                                                                                                                     
PALERMO. Persi 84 mila posti di lavoro in Sicilia nell'arco di un anno, con il tasso di disoccupazione che schizza al 21,6 per cento, peggio fa solo la Calabria col 21,9%.
È quanto emerge dal bollettino trimestrale dell'Istat che mette a raffronto il dato del secondo trimestre del 2012 con quello del secondo trimestre del 2013.   
 Nello stesso periodo dell'anno scorso il tasso di disoccupazione era del 19,4 per cento, in 12 mesi è cresciuto di 2,2 punti.
Il tasso dei senza lavoro oggi risulta maggiore della media del Mezzogiorno (19,8 per cento), oltre il doppio di quella delle regioni del Centro (10,8 per cento) e quasi il triplo del Nord Italia (8,1 per cento).   
In calo gli occupati in Sicilia: da un milione 422 mila a un milione 338 mila con il tasso che varia dal 41,9 per cento al 39,8 per cento, mentre aumento le persone in cerca di lavoro, da 342 mila a 368 mila (+26 mila).
Complessivamente, la forza lavoro risulta in diminuzione: da un milione 764 mila a un milione 706 mila.

Qualità dei prodotti siciliani sarà sempre più garantita
Cartabellotta: Si apre nuova pagina. Calabrese: Salto di qualità
di gmi/sic - 30 agosto 2013 12:53
fonte ilVelino/AGV NEWS
E' stato siglato un accordo tra l'assessorato regionale delle Risorse Agricole e Alimentari e l'Istituto regionale del Vino e dell'Olio in base al quale verrà affidata all'Irvos la gestione del Laboratorio “Analisi e Servizi per la Certificazione in Agricoltura” (A.S.C.A.) ubicato nel comune di Ispica. Nato dieci anni fa, su proposta dell'attuale assessore al ramo, Dario, Cartabellotta, per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari siciliani, oggi l'Asca, ribattezzato come “Laboratorio IRVOS di Ispica”, sta avviando un sistema di valutazione, caratterizzazione, monitoraggio (chimico-fisico e biologico-molecolare), controllo e garanzia della qualità dei prodotti agroalimentari siciliani.
 “Con l'affidamento all'Istituto dei compiti e delle funzioni in atto svolte dal laboratorio A.S.C.A.– afferma l'assessore delle Risorse Agricole e Alimentari, Dario Cartabellotta - si chiude un'esperienza e contestualmente si apre una nuova pagina con la quale, grazie all'attività di ricerca, innovazione tecnologica, formazione professionale degli operatori del mondo agroalimentare siciliano, si potrà generare il miglioramento delle produzioni aziendali della nostra terra. Viticoltori ed enologi, già dai prossimi giorni – prosegue Cartabellotta – potranno portare i propri prodotti presso il laboratorio Irvos per effettuare le analisi con il wine scanner ed a partire dalle prossime settimane saranno disponibili anche le analisi per il settore dell'ortofrutta”. Per il commissario straordinario dell'Irvos, Giorgio Calabrese, invece, "l'acquisizione di questo laboratorio, unico accreditato dall'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), consentirà sia all'assessessorato che all'Istituto di fare un salto di qualità, non più a livello nazionale, ma internazionale. Questo laboratorio – conclude - riprenderà il suo percorso, interrotto per motivi tecnici, dando riscontro all'intelligente opera dell'assessore Cartabellotta nell'espandere l'operatività internazionale della Sicilia in campo agroalimentare”.

L'UNIONE SARDA - Economia: Settanta milioni in tasca
30.08.2013
La scomparsa dell'Imu vale quasi settanta milioni di euro. È questo il risparmio dei sardi che dall'anno prossimo non pagheranno più la tassa sulla casa. Secondo i dati forniti dal Centro studi L'Unione Sarda, su 465 milioni versati complessivamente nel 2012 per l'imposta municipale sugli immobili, il 15% - ossia 69,4 milioni di euro, 162 euro per abitazione - è stato infatti pagato dai proprietari di prime case. «Non è una cifra enorme, ma è una voce di bilancio importante per molti piccoli comuni», commenta Cristiano Erriu, presidente regionale dell'Anci. «Per questo ci attendiamo una compensazione da parte del Governo, attraverso maggiori trasferimenti statali. Altrimenti, non riusciremo a far quadrare i conti».
IL PIANO Insomma, il governo ha deciso: l'Imu dal 2014 sparirà, nel frattempo arriverà la service tax, l'imposta sui servizi comunali, ispirata ai principi del federalismo fiscale. «Questa novità ci piace, perché nasce con il giusto spirito, secondo cui il cittadino paga in corrispondenza di un servizio ricevuto», continua Erriu. «Resta però la necessità di un chiarimento del Governo su come gli enti locali potranno recuperare quelle entrate perdute. Il gettito Imu sulle prime case è l'unico che rimane interamente ai comuni, mentre quello proveniente da attività produttive e da altri immobili - esente dall'abolizione - viene diviso con lo Stato». Duro Mauro Contini, sindaco di Quartu: «Ora tutte le responsabilità vengono scaricate ai territori. Cambia tutto e niente, se non che le tasse avranno un bel nome inglese».
GLI AFFITTI Stesso discorso per Stefano Tolu, presidente regionale di Apci, l'associazione proprietari casa e immobili: «Va bene abolire l'Imu, ma non vorremmo che ritorni sotto le vesti della service tax. Il che non cambierebbe la sostanza delle cose, cioè quella di un'imposizione insostenibile per le famiglie». Per Stefano Tolu c'è un altro problema. «L'intervento sull'Imu non riguarda le seconde case: ciò significa che la tassa continuerà a pesare sulle abitazioni in affitto e quindi sugli inquilini». A Cagliari, spiega Tolu, «su un totale di 65.717 abitazioni, circa 47.885 sono occupate dai proprietari, mentre 12.654 abitazioni sono concesse in locazione. In altre parole», puntualizza il presidente di Apci, «c'è il rischio che la domanda di abitazioni da parte di un'intera fascia intermedia di popolazione resti insoddisfatta. Occorre una svolta», avverte Tolu, «altrimenti i proprietari, come sta già succedendo, preferiranno vendere o tenersi le case vuote piuttosto che affittarle».
LE IMPRESE Ma se le famiglie tirano un sospiro di sollievo, le imprese si lamentano. Per loro l'Imu rimane. «Fra le aziende sarde c'è molta insoddisfazione», sottolinea Bruno Marras, rappresentante regionale di Rete Imprese Italia, la confederazione che raccoglie Cassartigiani, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti. «Ci aspettavamo un intervento diverso. Non un'eliminazione completa dell'Imu, ma di una sua parte, magari lasciando l'imposta sugli immobili di pregio. In questo modo, sarebbero rimaste risorse per ridurre il carico fiscale che grava sulle società».
L'ALLARME Per Marras, l'Imu sugli immobili, in gergo tecnico strumentali, delle imprese sta distruggendo le piccole imprese della Sardegna. «Un piccolissimo negozio di valore catastale di 56 mila euro nel 2012 ha dovuto pagare mediamente 850 euro di Imu, con un aumento di 480 euro, ossia un incremento medio del 132% rispetto al 2011», lamenta Marras. «Si tratta di un autentico salasso. Nei periodi di crisi», conclude il rappresentante di Rete Imprese Italia, «i tributi che pesano maggiormente sull'economia delle aziende sono quelli che prescindono dalla produzione del reddito. E di certo gli immobili non rappresentano un accumulo di patrimonio».

Istat. Occupati e disoccupati
Nel secondo trimestre 2013 si accentua la diminuzione su base annua del numero di occupati (-2,5%, pari a -585.000 unità), soprattutto nel Mezzogiorno (-5,4%, pari a -335.000 unità). La riduzione degli uomini (-3,0%, pari a -401.000 unità) si associa a quella delle donne (-1,9%, pari a -184.000 unità). Al persistente calo degli occupati più giovani e dei 35-49enni (rispettivamente -532.000 e -267.000 unità) continua a contrapporsi la crescita degli occupati con almeno 50 anni (+214.000 unità).
Prosegue la riduzione tendenziale dell'occupazione italiana (-581.000 unità), mentre si arresta la crescita di quella straniera (-4.000 unità). In confronto al secondo trimestre 2012, tuttavia, il tasso di occupazione degli stranieri segnala una riduzione di 3,5 punti percentuali a fronte di un calo di 1,2 punti di quello degli italiani.
Nell'industria in senso stretto prosegue la flessione dell'occupazione, con una discesa tendenziale del 2,4% (-111.000 unità), cui si associa la più marcata contrazione di occupati nelle costruzioni (-12,7%, pari a -230.000 unità). Per il secondo trimestre consecutivo, e a ritmi più sostenuti, l'occupazione si riduce anche nel terziario (-1,0%, pari a -154.000 unità).
Non si arresta il calo degli occupati a tempo pieno (-3,4%, pari a -644.000 unità rispetto al secondo trimestre 2012), che in quasi metà dei casi riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (-2,5%, pari a -312.000 unità). Gli occupati a tempo parziale aumentano in misura minore rispetto al recente passato (1,5%, pari a +59.000 unità); peraltro la crescita riguarda esclusivamente il part time involontario.
Per il secondo trimestre consecutivo, e con maggiore intensità, cala il lavoro a termine (-7,2%, pari a -177.000 unità), cui si accompagna la nuova diminuzione dei collaboratori (-7,0%, pari a -32.000 unità).
Il numero dei disoccupati, pari a 3.075.000, è in ulteriore aumento su base tendenziale (13,7%, pari a +370.000 unità). L'incremento, diffuso su tutto il territorio nazionale, interessa in oltre la metà dei casi le persone con almeno 35 anni. Il 55,7% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più.
Il tasso di disoccupazione trimestrale è pari al 12,0%, in crescita di 1,5 punti percentuali rispetto a un anno prima; per gli uomini l'indicatore passa dal 9,8% all'attuale 11,5%; per le donne dall'11,4% al 12,8%. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale al 37,3% (+3,4 punti percentuali), con un picco del 51,0% per le giovani donne del Mezzogiorno.
Dopo sette trimestri di discesa, torna ad aumentare il numero di inattivi 15-64 anni (+1,2%, pari a 172.000 unità), a motivo sia di quanti cercano lavoro non attivamente sia di quanti non cercano e non sono disponibili a lavorare. L'aumento in più di nove casi su dieci riguarda gli uomini, e coinvolge soprattutto i giovani di 15-34 anni.

istat. Inflazione:ad agosto frena all'1,3%, ad agosto 2012 era al 2,6%
30 agosto, 11:25
(ANSA) - ROMA, 30 AGO - Crolla l'inflazione nell'Eurozona: 1,3% gli aumenti dei prezzi ad agosto su base annuale, secondo la prima stima di Eurostat. A luglio l'inflazione era all'1,6% mentre nello stesso mese del 2012 era a 2,6%. Cibo-alcol-tabacco il settore con i prezzi in maggior aumento (3,3%), giù l'energia (-0,4%), stabili i beni di consumo (0,3%) mentre salgono moderatamente i servizi (1,5%).

Udin, oltrepadania est. Fontanini: lingua friulana alla base dell’autonomia
Il presidente della Provincia di Udine: necessario tutelare anche tedesco e slavo «Sulla specialità si è assistito alla decadenza del ruolo di Regione e Consiglio»
UDINE. «Specialità e tutela della lingua sono elementi centrali per far valere l’autonomia del Fvg oggi, ma soprattutto in prospettiva. Per questo motivo su entrambi sono necessari maggiore impegno e concretezza». Così il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, si inserisce nel dibattito sull’autonomia della nostra regione (il riferimento è all’articolo sull’autonomismo uscito ieri sul Messaggero Veneto, ndr) di cui quest’anno ricorrono i 50 anni, argomento che affronta la rassegna culturale “Dulinvie” in programma, oggi e domani, a palazzo Morpurgo.
«Riguardo all’esercizio della specialità da parte del Fvg – rileva Fontanini – negli ultimi anni abbiamo assistito a una decadenza del ruolo della Regione e in particolare del Consiglio regionale. La volontà di applicare il tema del decentramento, così forte al momento della costituzione, si è gradualmente indebolita trasformando l’assemblea regionale in un ente amministrativo mentre invece il ruolo dovrebbe essere ben più “alto”, cioè quello prettamente legislativo e di indirizzo». Tra gli obiettivi più rilevanti raggiunti, Fontanini ricorda la legge 10 degli anni ’80 attraverso la quale la Regione attribuiva agli enti locali territoriali (Province e Comuni) tutta una serie di competenze in diversi settori tra cui quello culturale. «Una Regione che dunque delegava alle istituzioni locali il ruolo operativo e amministrativo per concentrarsi su strategie, programmi, visioni», commenta Fontanini auspicando che «il Consiglio regionale ritrovi questa dimensione». E tra i perni sui quali si fonda l’autonomia del Fvg, la presenza delle lingue minoritarie ricopre senza dubbio una posizione di rilievo. «Si parte dalla lingua per tutelare la cultura – evidenzia Fontanini in sintonia con le parole del professor Gianfranco D’Aronco – perché la lingua è la prima espressione di un popolo, della sua visione del mondo, è l’elemento dal quale poi si originano letteratura, produzioni teatrali e appunto cultura. Di più si deve fare per tutelare le lingue minoritarie diffuse in Friuli Venezia Giulia: il friulano, la cui comunità di parlanti è quella prevalente a livello statale tra le lingue minoritarie, ma anche la minoranza tedesca e quella slava. Dopo l’approvazione della legge 29/2007 – aggiunge Fontanini – non si registrano interventi di rilievo in materia e questo dimostra una disattenzione nei confronti di una parte fondante la nostra identità. La lingua è un elemento centrale, è la base della cultura che, in senso autonomista, è la cultura del nostro popolo, con un patrimonio ricco da valorizzare e preservare. Come ha indicato il professor D’Aronco, la condotta da seguire è quella volta alla difesa della lingua, da introdurre ancor più massicciamente nelle scuole, per dare futuro a un’identità che, altrimenti, rischia di perdersi in una società che è e sarà sempre più multiculturale e globalizzata».



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