giovedì 11 novembre 2010

Pompei, fragile gioiello che perde 3 milioni l'anno


Scritto da: Sergio Rizzo alle 16:18 - 11/11/2010
L'architetto Luciano Di Sopra ricorda bene ciò che accadde nel 1981. Non fosse altro perché in quel periodo lui, l'autore del piano di ricostruzione del Friuli terremotato, era sulla cresta dell'onda. Ricorda che quando gli diedero l' incarico di fare un progetto per Pompei era ministro dei Beni culturali il repubblicano Oddo Biasini. Ricorda che riuscì a ottenere 100 miliardi dal Fio, il fondo per gli investimenti e l'occupazione. Cento miliardi: più di 170 milioni di euro di oggi. Ricorda poi che quando i denari arrivarono, ministro era Vincenzo Scotti, lo liquidarono senza troppi complimenti: «Architetto, si accomodi. Non abbiamo più bisogno di lei». E il progetto? Nel cassetto. E i soldi? Boh... Perché a Pompei, per dire come il problema venga da lontano, è successo anche questo. Nessuno stupore, dunque, che qualche anno fa, fra le incessanti grida di dolore per lo stato degli Scavi, abbiano scoperto che la Soprintendenza al cui vertice è stato per quasi tre lustri lo stimato archeologo Pier Giovanni Guzzo, aveva in cassa 79 milioni inutilizzati. Ma non poteva essere diversamente. Quella che governa le aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Oplontis, Boscoreale e Castellammare di Stabia è una Sovrintendenza «speciale». Al pari, per intenderci, di quelle di Roma o Firenze. Significa, semplificando, che ha grande autonomia contabile: i soldi che incassa li può investire nel sito. E siccome negli anni spendeva circa un terzo degli incassi, ecco svelato l'arcano. Colpa della sabbia negli ingranaggi degli appalti, delle lungaggini burocratiche nei processi decisionali e di altro ancora. Magari, chissà, anche di frizioni ai vertici, dove a un certo punto il Soprintendente era stato fiancheggiato da un dirigente amministrativo. Una specie di manager che si occupava degli appalti, stilava i contratti... Fatto sta che ogni anno il tesoretto aumentava sempre più. Fino ad arrivare, appunto, a sfiorare 80 milioni (7 euro a persona). Che fine hanno fatto? Una trentina se li è ripresi il ministero al tempo di Roco Buttiglione. Quaranta, in un colpo solo, sono stati trasferiti d' autorità alla Protezione civile che ha finanziato così le opere realizzate in deroga alle norme ordinarie dal commissario Marcello Fiori. Operazione, manco a dirlo, che ha diviso gli esperti anche per le modalità con cui è stata fatta. Chi però ne deduce che in un luogo unico del pianeta come quello si facciano soldi a palate, come sarebbe normale in qualunque altro Paese del mondo, è completamente fuori strada. Anche se può sembrare un'assurdità, gli Scavi di Pompei ed Ercolano sono economicamente in perdita. Lo sono nonostante la modesta entità degli investimenti: 7 milioni l' anno su 22 circa di incassi dai biglietti. In questo calcolo però non c'è il personale, che non è a carico della Soprintendenza ma del ministero dei Beni culturali. Ma poco importa: sono sempre soldi della collettività. I dipendenti sono 524 e costano 18 milioni di euro. Se consideriamo questa voce, allora per pareggiare i conti mancano all'appello 3 milioncini tondi. E pensare che l' area archeologica sarebbe perfino pesantemente sotto organico, stando almeno al sindacalista della Uil Gianfranco Cerasoli: «C'è uno studio del ministero secondo il quale servirebbero 872 addetti alla vigilanza invece dei 312 attualmente in servizio». Tiriamo le somme. Per arrivare a 872 «vigilanti» bisognerebbe fare altre 560 assunzioni, con il risultato che la spesa per il personale raddoppierebbe. E anziché di 3, il buco sarebbe di 20 milioni. Il tutto mentre la Soprintendenza ha lì in servizio appena 9 (nove) archeologi e tre restauratori. Il presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali Andrea Carandini, nominato dal ministro Sandro Bondi a febbraio 2009, dice che l' assenteismo dei custodi è «incredibile». E lamenta un'ovvia conseguenza, la piaga delle guide abusive. Cerasoli replica che per la carenza di organico i custodi «non vanno in ferie da due anni». Comunque sia, la situazione generale di Pompei è sotto gli occhi di tutti. Se volete una spiegazione del perché l'area archeologica più grande e sorprendente del mondo sia visitata ogni anno da metà dei turisti che entrano al centro Georges Pompidou di Parigi (tre milioni contro sei), eccola: mancanza dei servizi decenti (avete visto i parcheggi?), contesto ambientale difficile, ricettività a dir poco scadente. Secondo una classifica stilata da The European House-Ambrosetti la Campania è al quintultimo posto in Italia per numero di visitatori ai siti archeologici in rapporto al numero degli abitanti, alla pari con la Calabria. Anche per questo sarebbe ingeneroso caricare la croce soltanto sulle spalle dei sovrintendenti, che qualcuno dipinge (non sempre a torto) come una corporazione potentissima abbarbicata alla poltrona. Sulla quale, però, finiscono inevitabilmente per scaricarsi tutte le tensioni. Come dimostra il memorabile siluro sparato cinque anni fa a Guzzo dal senatore di An Luigi Bobbio, che non contento di averlo marchiato come uomo del governatore diessino della Campania Antonio Bassolino ha raccontato che sua moglie Rosanna Cappelli era consigliere di amministrazione della società che gestisce il bookshop di Pompei, la Electa Mondadori (incarico peraltro nel quale è stata riconfermata ad aprile 2010). Ma in un mestiere così delicato certe ruvidezze della politica sono da mettere nel conto. Ora si vorrebbe risolvere la questione, come ha già segnalato tempo fa il Giornale dell' arte, separando le funzioni di tutela della Sovrintendenza (affidata fino al 31 dicembre a Jeannette Papadopoulos) da quelle di gestione, da assegnare di nuovo a un manager, stavolta però di una Fondazione privata. «Il cuoco non può stare contemporaneamente in cucina e gestire la sala», ha tagliato corto il direttore del ministero Mario Resca. Naturalmente, crisi di governo permettendo. Sergio Rizzo Fonte: http://laderiva.corriere.it/2010/11/pompei_fragile_gioiello_che_pe.html

L'Espresso pubblica la lista di «investimenti» del sito nel periodo di bondi, profili e fiori
Pompei, i soldi ci sono. Ma li spendono per transenne, sondaggi e divise di autisti
Ben 724 mila all'Università di Tor Vergata per lo «sviluppo di tecnologie sostenibili». Ottantamila euro impiegati per una visita di Berlusconi, poi saltata.
NAPOLI - I soldi sono pochi. Pochissimi. La coperta è corta. Il ritornello che accompagna le sventure di Pompei ha sempre lo stesso testo. Eppure, come riferisce L'Espresso, i quattrini scorrono a fiumi nel sito archeologico. Spesso però si tratta di iniziative che suonano futili rispetto alle urgenze di restauro e conservazione dell'inestimabile patrimonio. Per una visita del presidente del Consiglio, per esempio, furono previsti «sessantamila euro» come risulta alla voce contabilità del commissariato. Vanno aggiunti 11 mila euro per la «pulizia delle aree di visita del Presidente del Consiglio» e 9.600 euro per «l'accoglienza». La spesa venne giustificata come promozione culturale. Ma Berlusconi a Pompei non ci metterà mai piede.
L'ELENCO - I giornalisti claudio Pappaianni e Emiliano Fittipaldi elencano anche una lunga serie di investimenti intrapresi sotto Bondi, quindi dal 2008, e nel periodo dei commissari Renato Profili e Marcello Fiori. La lista comprende di tutto: 12 mila euro pagati per rimuovere 19 pali della luce; 100 mila per il «potenziamento dell'illuminazione» delle strade esterne al sito; 99 mila finiti a una ditta che ha rifatto «le transenne». «Oltre 91 mila euro sono andati a un Centro di ricerche musicali per l'installazione di planofoni (strumenti per la diffusione del suono nello spazio), e 665 euro sono serviti a cambiare le serrature di un punto di ristoro. Quasi 47 mila euro sono serviti per metter in piedi l'evento "Torna la vite". E poi le convenzioni: «547 mila euro sono stati spesi per un progetto intitolato "Archeologia e Sinestesia" curato dall'Istituto per la diffusione delle Scienze naturali, altri 72 mila sono state dati all'associazione Mecenate 90 (presidente onorario Gianni Letta, presidente Alain Elkann) per un'indagine conoscitiva sul pubblico, e ben 724 mila all'Università di Tor Vergata «per lo sviluppo di tecnologie sostenibili».
CENTOMILA EURO ALLA LAV - Ancora: sempre secondo quanto scrive il settimanale la Protezione civile elargì alla Lav ben 102 mila euro per l'arresto dell'incremento dei quadrupedi. Infine, il commissario Fiori spese 1.668 euro per i nuovi arredi del suo ufficio e 1.700 euro per la divisa del suo autista.
Redazione online - 11 novembre 2010
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