venerdì 24 dicembre 2010

Governo, Ruini: Stabilità è un bene per il Paese. Ma anche le riforme

Roma, 24 dic (Il Velino) - “La stabilità è certamente un bene per il Paese. Quindi è opportuno che ogni forza che può farlo contribuisca. I modi possono essere tanti. Certo la stabilità non è l’unico bene: accanto a essa c’è la capacità di fare riforme. Entrambe, stabilità e riformabilità, rimandano allo stesso problema: una guida che possa essere stabile ma anche in grado di prendere decisioni”.


 
Così oggi, in un’intervista al Corriere della Sera firmata da Aldo Cazzullo e Gian Guido Vecchi, il cardinale Camillo Ruini commenta l’attuale situazione politica italiana, lanciando segnali che, por quanto di carattere generale non possono non alludere al momento che vivono governo e maggioranza. “Viviamo un periodo di velocissimi mutamenti in tutto il mondo- aggiunge subito dopo Ruini - . Ogni paese, ogni persona è costretta ad adeguarsi in tempi rapidi. Questo è forse il più grande problema del nostro tempo: nel Vaticano II, con la Gaudium et spes, si dice che la caratteristica del tempo presente è il mutamento. Era vero nel ’ 65; lo è molto di più nel 2011. E questo richiede una certa agilità. È vero fino a un certo punto che il nostro Paese sia poco stabile. È più vero che è lento nel prendere decisioni”. Il Cardinale poi affronta la questione delle riforme strutturali del nostro Paese. “Il problema della debolezza istituzionale dell’esecutivo c’è fin dall’inizio, dal ’ 48 - spiega -. Anche al tempo di De Gasperi ricordo che ci fu una serie di suoi governi. Da molti anni questa mia personale valutazione mi ha portato a consigliare, a chi veniva a parlare con me, di trovare la maniera per rafforzare l’esecutivo: sempre nel rispetto della distinzione dei poteri dello Stato. Credo che il bipolarismo, come tutte le forme politiche - continua Ruini -, abbia pregi e svantaggi. La Chiesa non ha competenza a intervenire su una o l’altra forma; io posso dire una parola a titolo personale, non di più. Il bipolarismo è un tentativo di adattare all’Italia, e alla molteplicità dei suoi soggetti politici, uno schema che consenta l’alternanza e una certa governabilità. Un modo di adeguare il bipartitismo a una realtà complessa come la nostra”.

Alla domanda degli intervistatori sul suo punto di vista circa un accordo tra cattolici e Pdl l’alto prelato replica che “è improprio parlare di un accordo tra i cattolici e il Pdl: molti cattolici sono nel Pdl o lo sostengono, altri lo avversano o comunque non lo amano. L’accordo a cui vi riferite è nel novero delle cose possibili. Ciò che può contribuire alla stabilità politica è opportuno. Ma non tocca a me dare indicazioni operative che non mi competono”. Poi chiarisce la sua personale opinione sul cosiddetto berlusconismo. “Queste due categorie, berlusconismo e antiberlusconismo, non servono a molto, per comprendere le dinamiche ecclesiali - dice - . Non è mai stato un problema per noi, né in un senso né nell’altro. Se vogliamo decifrare la linea della Chiesa nel lungo periodo, è abbastanza semplice: basta approfondire le parole di Giovanni Paolo II a Palermo, nel novembre ’ 95. Il Papa disse che l’unità dei cattolici non era più intorno a un partito ma a contenuti essenziali e vincolanti; mentre per il resto ci poteva essere un pluralismo anche tra i cattolici. Questa è sempre stata la linea su cui ci siamo mossi”. Ruini chiarisce infine che i valori essenziali del cattolicesimo non possono essere ascritti a priori alla destra piuttosto che alla sinistra? “Se si chiede alla Chiesa di dare lei stessa questo giudizio - sottolinea -, ricadremmo nello schema precedente, quello dell’unità politico-partitica dei cattolici. Noi non diamo indicazioni di voto. E credo che questo sia apprezzato dall’opinione pubblica: la gente preferisce che noi indichiamo alcuni obiettivi ed essere poi lei a giudicare della congruenza delle forze politiche con ciò che diciamo. E naturalmente, anche tra la gente, non tutti tengono conto delle nostre indicazioni”.
(red) 24 dic 2010 08:3
asterisco.
Parigi val bene una Messa: un regalo di sessanta milioni di euro esentasse val bene un appoggino.


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