venerdì 3 dicembre 2010

Imprese sarde, ripresa lontana

Industria in crisi: 5600 addetti in meno in 5 anni - 03.12.2010
 Confindustria chiamata a un ruolo da protagonista. Note dolenti: industria troppo legata alla tradizione e turismo in ritardo. 

La Sardegna resta ferma al palo. L'uscita dalla crisi è lontana per le imprese sarde, la ripresa non è certo dietro l'angolo. La negativa congiuntura economica pesa su tutti i settori produttivi, tanto più in una regione dove le carenze infrastrutturali sono accentuate, con un deficit di strade, ferrovie e impianti energetici superiore alle altre regioni meridionali. 
DATI La Sardegna che vien fuori dal terzo Rapporto su Impresa e competitività - presentato ieri a Roma dall'Associazione studi e ricerche del Mezzogiorno e dall'Osservatorio banche imprese (Obi) - non gode di buona salute, con un'industria che perde colpi e occupati (dal 2004 a oggi 5600 addetti) e che contribuisce sempre meno a far crescere la ricchezza dell'Isola. Il tasso di disoccupazione in Sardegna svetta al 13,3 per cento nel 2009 (17% in provincia di Sassari), cresciuto dell'1,2 rispetto al 2008, risultando inferiore solo a quello della Sicilia e pari a quasi il doppio di quello nazionale (7,8%). «Il quadro è drammatico», taglia corto il presidente regionale di Confindustria Massimo Putzu, volato nella capitale per assistere alla presentazione dell'indagine realizzata sulle otto regioni del Mezzogiorno, dall'Abruzzo in giù. «Possiamo parlare di una marcata deindustrializzazione - denuncia Putzu - il contributo dell'industria sarda al Prodotto interno lordo regionale diminuisce anno dopo anno, si registra una spaventosa emorragia di posti di lavoro, non si cresce e non c'è capacità innovativa».
SETTORI Il settore agricolo conferma il suo ruolo trainante nella formazione del valore aggiunto («con un peso del 3,5% superiore al valore medio del Mezzogiorno e dell'Italia»), mentre l'industria in senso stretto, nonostante i numerosi investimenti degli ultimi anni, non fa passi avanti: la sua capacità di creare “ricchezza” nell'Isola, secondo il Rapporto, è scesa al 10,54% del Pil contro il 13,05 del 2004. Nel Rapporto si dice che il settore delle costruzioni si trova ancora in una forte fase recessiva e che il turismo, pur avendo subito meno gli effetti della crisi, sconta un forte ritardo nell'adeguarsi alle nuove esigenze. «Siamo di fronte a un'impresa - sottolinea il numero uno di Confindustria Sardegna - che affronta la crisi agendo sul fronte dei costi di produzione, attraverso la riduzione del personale, specie meno professionalizzato». E non bastano a risollevare il sistema il settore delle concerie e del cuoio, l'industria del sughero o agroalimentare delle produzioni dei carciofi, citate nell'indagine.
STRATEGIE «Siamo di fronte a imprese di piccole dimensioni e per lo più a conduzione familiare - dice ancora Putzu - poco propense a far crescere la struttura organizzativa e che, di fronte alla tempesta, rinunciano a investimenti essenziali per affrontare il futuro». Ma il sistema produttivo è anche lo specchio della società e del suo “capitale umano”. «Solo la Puglia sta peggio di noi, che oltrettutto abbiamo il più alto tasso di giovani disoccupati, il 44,7% nel 2009, e di abbandoni scolastici: dobbiamo investire sui giovani, perché solo con ragazzi istruiti, abituati agli scambi, con esperienze di stage, capaci di parlare più lingue, si può intravedere la strada della ripresa». CARLA RAGGIO
Fonte:
http://www.regione.sardegna.it/j/v/491?s=154839&v=2&c=1489&t=1


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