domenica 16 gennaio 2011

Notizie Federali della Notte, 16 gennaio 2011


Sezione vita a sbafo, triestinazzi di tutto il mondo unitevi!:
1. Trieste. Gli 84mila dipendenti pubblici costano tre miliardi.
2. Trieste. Pensionati ”beffati”. Roma chiede indietro il bonus di 150 euro.
3. Petacciato e Montenero di Bisaccia. Molise. Acqua contaminata, corsa ai risarcimenti: centinaia di adesioni.
4. Cisl: Sono state 1,2 miliardi le ore di cassa integrazione autorizzate nel 2010: il 31,7% in più rispetto all'anno precedente.

Sezione vita risolta, se trovi chi sgobba per te:
5. Ripartiamo tutti da Torino. di Gianni Riotta.
6. Fiat, Cgil: valuteremo ricorso magistrati.
7. Il tribunale di Bologna: “Riaprire Moto Morini per pagare i debiti”.
8. Roma. Il Patrimonio Stato perde 71,6 miliardi.

Sezione viva i forni di Torchiarolo:
9. Torchiarolo, Brindisi. Spegnete  tutti i camini domestici. Col cavolo.

1. Trieste. Gli 84mila dipendenti pubblici costano tre miliardi. L’esercito dei dipendenti pubblici del Friuli Venezia Giulia è tra i più pagati d’Italia. Nel quadro complessivo che sfiora i tre miliardi di euro (dati della Ragioneria generale dello Stato per il 2009), i più fortunati sono i lavoratori del comparto unico: guadagnano quasi tremila euro in più all’anno dei colleghi del resto d’Italia. di Marco Ballico. TRIESTE L’esercito dei dipendenti pubblici del Friuli Venezia Giulia perde qualche arruolato. Precisamente 298, passando dalle 85.239 unità del 2008 alle 84.941 (il 55% donne) del 2009. I più pagati, in un quadro di costi complessivi che sfiora i 3 miliardi di euro (+2,5% rispetto all’anno precedente), sono i magistrati: 130.605 euro all'anno. I più ”fortunati” sono invece i lavoratori del comparto unico: i 3mila regionali guadagnano quasi 3mila euro in più dei colleghi del resto d’Italia, i comunali quasi 1.500.
LE PRESENZE A dominare la classifica delle presenze, secondo la Ragioneria generale dello Stato che ha messo in rete il Conto annuale 2009, sono al solito scuola, sanità, amministrazione regionale ed enti locali. Ma si contano anche migliaia di lavoratori in divisa e ruoli ministeriali, a riconfermare la forte presenza pubblica (un residente su 13) in regione: la percentuale in rapporto alla popolazione rimane superiore al 7%.
I COMPARTI La scuola (21.425 persone, il 25,2% del totale), con un calo di 828 assunti nel 2009 (e la consueta stragrande maggioranza di donne, 17.056), rimane il settore più rappresentato. Oltre quota 20mila anche il servizio sanitario regionale: 20.586 lavoratori in aziende sanitarie, ospedali e distretti, con un incremento di 524 addetti rispetto al 2008, dato che, come un anno fa, contraddice le denunce del sindacato, della Cgil in particolare, sul presunto deficit di personale, soprattutto di infermieri.
LA PA A seguire ci sono gli operatori della pubblica amministrazione: tra Regione, Province, Comuni e Comunità montane si contano al lavoro nel 2009 in Fvg 16.036 persone (+161), la gran parte (15.753) con contratto di comparto unico, un regime che, nonostante i faticosi rinnovi, mantiene la paga media di un dipendente regionale non dirigente (36.605 euro medi all’anno) di circa 3mila euro più ricca di quella dei colleghi delle altre Regioni (33.724 euro) con contratto collettivo nazionale. Allargando il confronto anche ai dipendenti degli enti locali la differenza rimane comunque consistente: 1.430 euro in più (31.113 euro medi contro 29.683).
IN DIVISA Altri comparti molto frequentati sono i corpi di polizia (8.428 tra carabinieri, poliziotti, finanzieri e forestali) e le forze armate: a fine 2009 i militari in Friuli Venezia Giulia erano 8.106, con una presenza femminile di 184 divise. Caduti i confini, non cambiano troppo le cose. Se infatti i dipendenti pubblici regionali rappresentano il 2,6% dei 3.298.944 totali del Paese, le forze armate sono il 5,6% dei 145.239 effettivi italiani.
GLI STIPENDI Meno dipendenti ma costi sempre più alti per le casse pubbliche: siamo ormai al livello di oltre mezza finanziaria regionale. Se il Conto annuale 2008 parlava di un ammontare di 2.898.971.336 euro, nel 2009 si sfiorano i 3 miliardi: 2.970.756.188 euro. L’aumento, del 2,5% si spiega con gli scatti in busta paga.
LE MEDIE Con la consueta premessa che le cifre vanno maneggiate con prudenza perché gli addensamenti incidono, con la Ragioneria che fornisce comparto per comparto le retribuzioni medie pro capite, si vai dagli oltre 130mila euro all’anno dei magistrati ai 28.552 euro dei ministeriali. I lavoratori della scuola? Nel 2009 hanno superato mediamente quota 30mila euro.
2. Trieste. Pensionati ”beffati”. Roma chiede indietro il bonus di 150 euro. Lettere in cui si richiede la restituzione dei 150 euro che il governo aveva concesso tre anni fa come bonus fiscale. Sono mandate dall’Agenzia delle entrate a decine di pensionati a basso redditto. Non solo: prevedono una sanzione di 30 euro che, con gli interessi, raggiunge i 42,90. di Roberta Giani. TRIESTE «Gentile signore...». Le lettere, e ne stanno arrivando a decine (e più) nel solo Friuli Venezia Giulia, sono garbate. Ma i destinatari, in gran parte pensionati a bassissimo reddito, non apprezzano. Nemmeno un po’. E come non capirli? Quelle lettere a firma dell’Agenzia delle entrate richiedono la restituzione dei 150 euro che il governo aveva concesso ancora tre anni fa, come bonus fiscale, senza che nessuno (o quasi) chiedesse nulla. Non basta: quelle lettere, in aggiunta, prevedono una sanzione di 30 euro che, con gli interessi, raggiunge i 42,90 euro. La beffa, oltre il danno.  La vicenda inizia a ridosso del Natale 2007 quando il governo, con il decreto 159 a firma dell’allora ministro all’Economia Tommaso Padoa Schioppa, decide di erogare un bonus fiscale a sostegno dei contribuenti a basso reddito, i cosiddetti ”incapienti”: pensionati ma anche lavoratori dipendenti, co.co.co., co.co.pro. e lavoratori autonomi con un’imposta netta pari allo zero nel 2006. Detto, fatto: il bonus destinato alle fasce più deboli ammonta a 150 euro e viene pagato principalmente dai sostituti di imposta. I pensionati lo ricevono d’ufficio, attraverso l’Inps, già nella rata di dicembre: un piccolo ”dono”, comunque apprezzato e sicuramente già speso. Tre anni dopo, però, il dietrofont: lo Stato rivuole indietro quel bonus e, così almeno si legge nelle lettere, con l’aggiunta della sanzione e degli interessi. Il motivo? Diversi beneficiari, anche se l’Agenzia delle entrate non sa attualmente fornire il numero preciso «comunque molto ridotto», sono risultati al successivo controllo «fiscalmente a carico di altro contribuente» nell’anno d’i mposta 2006. Come tali, legge alla mano, non avevano diritto a percepire il bonus: «Ma è stato l’Inps a erogarmi di sua iniziativa i 150 euro ancora tre anni fa. Com’è possibile che adesso io ne debba restituire 192,9 all’Agenzia dell’entrate, compresa la sanzione del 30%, per un errore che l’Inps ha commesso?» si sfoga un pensionato triestino. Non l’unico, anzi: solo ai Caaf della Cgil, in Friuli Venezia Giulia, si sono sinora rivolte «almeno un centinaio di persone» preoccupate e indignate. Pensionati, in gran parte, ma non solo: «Avevo un contratto di co.co.co. e a fine 2007 ho ricevuto il bonus. Ma adesso risulta che, siccome ero fiscalmente a carico dei miei, non ne avevo diritto. E che pertanto devo pagare una multa del 30%» si lamenta una trentenne. L’Agenzia delle entrate, in verità, prevede uno sconto robusto sulla ”multa” a chi paga in fretta: «La sanzione sarà ridotta al 20% se effettua il versamento entro 30 giorni» recita, testuale, una delle lettere recapitate in queste settimane. E sempre l’A genzia consente anche la rateizzazione: «Anche in questo caso, versando la prima rata entro 30 giorni, la sanzione sarà ridotta». «È comunque una presa in giro. Non li abbiamo mica chiesto noi i 150 euro. Ce li ha dati l’Inps. Perché dobbiamo essere puniti?» insiste, arrabbiato, un pensionato friulano. L’Agenzia delle entrate risponde a distanza, con un comunicato stampa, rassicurando: garantisce d’aver già inviato «una nota agli uffici con la quale si chiarisce che è possibile procedere all’a nnullamento della sanzione per i pensionati che hanno ricevuto automaticamente il bonus dall’ente previdenziale, pur non avendone diritto, e non hanno presentato la dichiarazione dei redditi». Nulla da fare, invece, per chi ha confermato con la stessa dichiarazione di essere titolare del beneficio pur non avendone i requisiti. Tutti, va da sé, devono comunque restituire l’ormai ”famigerato” bonus.
3. Petacciato e Montenero di Bisaccia. Molise. Acqua contaminata, corsa ai risarcimenti: centinaia di adesioni. E’ partita bene la class action dell’Italia dei Valori, capace di raccogliere oltre 360 sottoscrizioni solo nelle prime ore fra Petacciato e Montenero di Bisaccia, dove nella mattinata di domenica è intervenuto Antonio Di Pietro. «Tutti possono aderire, sarà la magistratura a fare chiarezza ma i cittadini devono sapere che l’acqua che bevono è salubre». Gazebo anche in piazza Monumento a Termoli. Oltre 350 adesioni in meno di due giorni. E’ partita bene la class action dell’Italia dei Valori per far avere ai cittadini bassomolisani che aderiranno dei risarcimenti dovuti ai grossi disagi seguiti all’emergenza acqua dello scorso Natale. A mezzogiorno di domenica 16 ottobre l’Italia dei Valori aveva già toccato 360 adesioni, con grosse possibilità di incremento anche grazie al contributo del leader nazionale Antonio Di Pietro, intervenuto al gazebo allestito dal partito in piazza della Libertà. «Per aderire - ha commentato - non bisogna essere dell’Idv, né di centrosinistra>. La raccolta adesioni alla class action di Idv e associazioni di consumatori Arco e Lega è stata avviata già sabato 15 gennaio a Petacciato. «Abbiamo toccato 160 sottoscrizioni» ha riferito la coordinatrice cittadina di Montenero Simona Contucci. «E qui abbiamo superato le 360». Una cifra che andrà a salire, data la coda di cittadini pronti ad aderire in piazza della Libertà, nel feudo di Antonio Di Pietro e nel pomeriggio di domenica a Termoli, in piazza Monumento, a partire dalle 17. A dar manforte all’iniziativa dell’Idv è arrivato, proprio nel paese natìo, lo stesso leader nazionale. «Sarà la magistratura - ha dichiarato Antonio Di Pietro - a chiarire di chi sono le responsabilità dell’emergenza idrica. Penso sia giusto chiedere i danni, perché i cittadini devono sapere che quando aprono il rubinetto c’è qualcuno a monte che controlla che l’acqua sia buona». Secondo il parlamentare molisano «c’è stata anche una cattiva e tardiva informazione. Per aderire alla nostra iniziativa - ha concluso - non c’è bisogno di essere dell’Idv. Si può essere di destra o di sinistra, non importa». Di Pietro ha dimostrato poca voglia di parlare di politica regionale, soffermandosi invece sui temi nazionale quali lo scandalo Ruby e il referendum Fiat. A una precisa domanda sulla ricandidatura di D’Ascanio, Di Pietro ha risposto di non saperne nulla. Sulle ultime defezioni in casa Idv ha invece risposto che «l’unica fuoriuscita di persone elette nel partito è quella di Nicandro che tutti chiamavano il silente. Quindi non se n’è accorto nessuno». «La vicenda dell’acqua contaminata - ha detto il segretario regionale del partito Pierpaolo Nagni - si unisce a quella del Cosib e dei terreni inquinati nel Basso Molise. La matrice è sempre la stessa, quella del vertice politico regionale». (sdl)
4. Cisl: Sono state 1,2 miliardi le ore di cassa integrazione autorizzate nel 2010: il 31,7% in più rispetto all'anno precedente. Emerge dal rapporto dell'Osservatorio mensile sull'occupazione della Cisl. Resta sostanzialmente stabile, anno su anno, il numero delle domande di disoccupazione e di mobilità. Il tasso di diccupazione, a novembre, è salito all' 8,7%; tra i giovani (15-24 anni), nel terzo trimestre 2010, ha raggiunto il 28,9%.
5. Ripartiamo tutti da Torino. di Gianni Riotta. La storica vittoria dei sì al referendum di Mirafiori cancella le opposte propagande di questi giorni e onora i lavoratori della Fiat, tutti, quelli che si sono espressi a favore del piano Marchionne e quelli che lo hanno bocciato. Sottoposti a una pressione mediatica volgare, costretti da slogan senza criterio, "Se votate sì siete servi", "Se votate no siete comunisti", hanno deciso di testa loro, come chi conosce bene Torino, e i suoi operai e tecnici, non ha mai dubitato. Come faranno ora gli estremisti del no a dire che gli operai non ci stanno, visto che la metà ha accettato la svolta dell'innovazione? O proveranno a dire che l'han fatto "sotto ricatto", offendendo chi ha compiuto una libera scelta? Dall'altra parte i pasdaran del sì, e anche in questo campo ci sono stati eccessi di albagia, devono prendere atto che le tute blu si son spaccate, e a salvare la giornata per i riformisti son venuti i colletti bianchi, gli impiegati. A guardare ancora più da vicino la fabbrica – come è obbligatorio sempre, per chi di lavoro si voglia occupare davvero – si vedrà come i no abbiano prevalso, più largamente, nelle sezioni dove le mansioni restano più pesanti. L'accordo di Torino non è dunque una "vittoria della Fiat", un "successo personale di Marchionne", o il "debutto del giovane Elkann" come troppi dicono, applaudendo o fischiando. È la presa d'atto da parte della più grande fabbrica italiana, della capitale industriale del paese e della classe operaia più antica che, o si producono auto secondo lo standard mondiale di produzione di auto, o la produzione di auto si perde. Il resto son chiacchiere, il modello tedesco, i sogni meravigliosi di Olivetti, la Renault francese: se lo stesso Landini della Fiom andasse a guidare Mirafiori, presto dovrebbe fare i conti con Asia, America Latina, Europa e accettare le inesorabili regole globali.
Il successo chiama ora tutti a un grande senso di responsabilità, in un'Italia con un caos politico ancora aperto, un forte debito pubblico e nella crisi dell'euro che si stenta a governare. Marchionne ha, con una spallata, aperto la porta del presente. Ora occorre intraprendere un percorso che porti tutti, non solo la Fiat o Mirafiori, nel futuro. Ognuno dovrà fare la sua parte. Il governo, scuotendosi da una certa sonnecchiosa attesa. L'opposizione, mettendo da parte le faide, e ragionando sulle proposte di nuova rappresentanza.
La Confindustria che ha incoraggiato e difeso la battaglia di Fiat, ma che ora deve proteggere tutto l'esercito delle imprese, grandi e no, e impedire che il rancore di chi si sente battuto e non accetta la sconfitta, generi risentimenti in altre fabbriche e distretti. I sindacati che han vinto, la Cisl di Bonanni, la Uil, Ugl, devono tornare a dialogare con i battuti, perché altrimenti un sordo logorio prevarrà. La Cgil di Camusso che può vantare un no forte ma sconfitto, e chiedere dunque alla Fiom riottosa di non rinunciare alla rappresentanza per un velleitario puntiglio di ideologia. Altro che "firma tecnica". Qui si tratta, se Fiom non vuole lasciare i suoi sostenitori nel campo di Agramante della frustrazione, di stare bene dentro il conflitto del XXI secolo, ma ragionando. E infine la Fiat, che può dispiegare finalmente progetti, investimenti, nuovi modelli, governance, sinergia con la Chrysler, dimostrando che i critici più occhiuti hanno sbagliato e che Fabbrica Italia non è slogan, ma laboratorio.
Di questo parla lo scontro Fiat, di come l'Italia deve e può stare nel XXI secolo. E se inquadrate il voto di Mirafiori nel Dossier economia Italia che Il Sole 24 Ore ha preparato oggi, in esclusiva, con la Banca d'Italia, vedrete come un campione di 481 imprese rivendichi, a nome di tutta la manifattura italiana, il diritto di non essere lasciato solo nel mare della crisi.
Ascoltate le voci di chi non ha ai cancelli della fabbrica né telecamere, né politici in cerca di spot. Sentite il malessere profondo di chi deve, a sua volta, tentare di navigare nel mare della globalità ma non ha ancora sufficienti contatti internazionali. Ridurre al silenzio chi in Italia si ostina a produrre ricchezza e lavoro vanificherebbe perfino il risultato di Mirafiori: perché o entriamo tutti nell'industria della globalità, o non ci entra nessuno.
Cosa chiedono nel nostro Dossier economia Italia le aziende? Accesso al credito. Monitoraggio dei prezzi delle materie prime, di cui nessuno discute e ragiona da noi. Ancora riflessioni e innovazioni sul costo del lavoro. Un sistema fiscale meno punitivo. Difesa del personale qualificato, che i momenti negativi possono disperdere. Occhio all'inflazione. E naturalmente stabilità politica, ma non mascherata da una perenne rissa, giusto mentre la crisi divide l'euro e l'Europa. Sfogliare oggi questo giornale, dallo storico risultato di Mirafiori al grido di allarme delle aziende, illustra l'agenda del 2011 italiano. Avanti nei grandi stabilimenti con innovazione e investimenti, avanti nelle piccole e medie imprese che innervano di lavoro i territori. Senza fughe in avanti, senza attese di un passato che non tornerà: mai più. Dalla Fiat oggi si può davvero ripartire, per portare l'intero sistema della produzione italiana, il secondo in Europa, a ricreare occupazione per i giovani, sviluppo, ricerca, benessere. Se non ora, quando? twitter@riotta. 16 gennaio 2011
6. Fiat, Cgil: valuteremo ricorso magistrati. 16/01/2011 15:41. "Valuteremo se ricorrere alla magistratura" ma questo "non basta" perché "non si può affidare la rappresentanza sindacale" alla magistratura. Così il leader della Cgil, Camusso, all'indomani dell'esito del referendum di Mirafiori. "Una clausola che impedisce a un lavoratore di partecipare a uno sciopero è un tema che sicuramente arriva sino alla Corte costituzionale", dice alla trasmissione di Raitre 'In mezz'ora'. E spiega: "Siamo di fronte a dei diritti che non sono disponibili né a una impresa né a un sindacato".
7. Il tribunale di Bologna: “Riaprire Moto Morini per pagare i debiti”. Il Tribunale di Bologna ha ordinato di far ripartire la Moto Morini per realizzare a prezzi ribassati 45 nuove moto, assemblate con i pezzi rimasti in magazzino, per pagare i debiti. La decisione presa dal curatore fallimentare Piero Aicardi, riferisce Repubblica, ha permesso di richiamare una parte dei lavoratori in cassa integrazione, soprattutto donne, della storica casa motociclistica. Il compito – per la gioia dei collezionisti – è quello di assemblare 16 Scrambler, che saranno vendute a 6.360 euro, e 29 enduro Granpasso, con prezzi variabili tra 6.990 e 8.000 euro, come spiega il sito specializzato motoblog.it, ”franco fabbrica di Casalecchio di Reno e senza alcuna garanzia”. L’azienda fu fondata nel 1937 a Bologna da Alfonso Morini, ed il successo arrivò nel ’46 con la T125; la moto più venduta è stata la 3 1/2, nata nel ’72. A causa della crisi è stata posta in liquidazione fallimentare il 17 maggio 2010. Il prossimo marzo è prevista l’asta per vendere marchio e stabilimento al miglior offerente; si era gia’ fatta avanti la Nuova Garelli di Paolo Berlusconi, ma la trattativa non aveva avuto esito positivo. Tra i nuovi interessati che hanno contattato il Tribunale c’è  l’italo-canadese Stephan Franz. 16 gennaio 2011 | 14:15
8. Roma. Il Patrimonio Stato perde 71,6 miliardi. Rapporto della ragioneria generale del ministero dell'economia. (ANSA) - ROMA, 16 GEN - Il patrimonio dello stato ha perso 71,6 miliardi fra il 2005 ed il 2009. E' quanto indica il rapporto della ragioneria generale del ministero dell'economia. I dati evidenziano che le attivita', passate da 599.547 a 785.828 milioni di euro, hanno subito un incremento di 186.281 milioni, pari al 31,07%, mentre le passivita', passando da 1.953.595 milioni a 2.211.523 milioni, presentano un incremento di 257.928 milioni, pari al 13,20%.
9. Torchiarolo, Brindisi. Spegnete  tutti i camini domestici. L'unico acceso deve essere quello della centrale a carbone. di Tonio Tondo TORCHIAROLO - A Torchiarolo, 5200 abitanti, 600 camini, il fuoco non è passione o abitudine. «D’inverno, il fuoco fa compagnia» dicono i vecchi. Molte famiglie cuociono il pane sulla pietra del focolare. Mantengono gelose il ciclo della vita: lavorare la farina con l’acqua, farla crescere col lievito nella madia, e cuocere il pane al focolare. E’ «pane di Torchiarolo», dicono le donne. Con il lievito autoprodotto, la crosta dorata e senza crepe, la mollica alta e compatta. Di farina bianca, ma una volta c’era il pane nero di farina d’orzo. Si taglia a fette e non si sbriciola il pane di Torchiarolo. «Senza il fuoco - dice un anziano contadino - non sapremmo che fare: al fuoco prepariamo i pasti, la sera abbrustoliamo il pane e lo mangiamo condendolo con olio e pomodoro, il fuoco riscalda la casa». Il focolare unisce la famiglia, le storie si raccontano al focolare, i bambini amano il fuoco e gli adulti vigilano. Tutto questo, da domani, non si potrà fare più. Lo dispone un’ordinanza del sindaco, Giovanni Del Coco, deciso a combattere le polveri sottili, le microsostanze indicate con l’acronimo Pm10. «Otto giorni su dieci - rivela il sindaco -, i risultati dell’Arpa nella stazione di via Don Minzoni hanno registrato valori fuori norma. È la legna accesa, a casa e in campagna, dicono i tecnici dell’agenzia. Dopo, ai camini metteremo i filtri con i soldi della regione». Risultato: guerra ai camini, la legna non si brucia né in casa né in campagna. Accendere il fuoco è antico rituale. Anche i giovani raccontano l’intreccio tra la campagna, il fuoco, il pane e la vita delle famiglie. Intrecci sorprendenti che raccontano anche l’oggi e rivelano quello che resiste e quello che muore. Le cantine sociali sono chiuse e fanno pena con il loro stato di abbandono. Ma i frantoi no, continuano a lavorare. Partendo da Tuturano è una immensa distesa di olivi. Anche la grande centrale Federico II è circondata dalle piante secolari. La centrale, un gigante da 2500 megawatt, ha un camino, altissimo e con un diametro mostruoso. Da lì escono emissioni, lo scarto della combustione fra carbone e olio combustibile. Un solo grande camino, di fronte al quale i piccoli focolari del paese fanno tenerezza. Ma quello resta acceso. A Torchiarolo, sono 1500 gli ettari di ulivi. La provvista di legna è un obbligo per tutti, non solo per i contadini. Con il costo del metano alle stelle, anche il ceto medio, gli artigiani e gli operai riscaldano la casa in modo alternativo. Legna, trucioli, nocciolino: si chiamano biomasse e alimentano il fuoco, per cucinare e riscaldare. Sono tante le famiglie che hanno abbandonato il riscaldamento a gas e a gasolio e impiantato termocamini. Si torna al passato. Molti non sanno dell’ordinanza. Dice un signore seduto al bar: «Una decisione assurda, a casa mia il fuoco deve restare acceso, notte e giorno. Assistiamo un portatore di handicap, ma anche la mia stanza da letto è fredda. I soldi per tenere accesi i termosifoni non li abbiamo; il fuoco è l’unica soluzione. E poi, non sono i camini la causa del Pm10». A Torchiarolo ci sono tre forni, tutti a legna. Il più antico è Tarantini che, per riscaldare la pietra del forno, brucia le fascine dei residui di olivo. Si è fatto sempre così, da quando l’uomo ha imparato a cuocere il pane. Da Tarantini, le donne la mattina portano le forme di pane lievitato, con il loro segno, una croce oppure una lettera per riconoscerlo una volta uscito cotto dal forno. La legna d’olivo è profumata, brucia bene e, se il fornaio è abile, una volta pronta la brace ci butta sopra una manciata di salvia, lavanda o rosmarino. «Il forno non possiamo spegnerlo - dice Viola Tarantini che insieme alla sorella gestisce un altro forno-pastificio -, è a ciclo continuo, il pane lo prepariamo noi, con il lievito autoprodotto (un chilo di lievito alimenta dieci chili di pane)». Il forno brucia nocciolino. Via vai di gente, inevitabile parlare dell’ordinanza. Una signora ha un sospetto: a Nord abbiamo le centrali di Cerano e del petrolchimico, a Sud due sansifici nella zona di Squinzano, non penso che sia colpa dei camini. I forni sono come le piazze di un tempo. La gente parla: anziani, ragazzi, madri e figli, ricchi e poveri, dai forni ci passano tutti. «Torchiarolo non è quello di una volta - sottolinea un cliente -, alla centrale ci lavorano pochissimi del paese, i giovani vanno via e non tornano, la qualità della vita peggiora, a cominciare dall’aria che un tempo portava odori e profumi e ora puzza». Attorno alla stazione di via Don Minzoni, alla periferia di Nord Est, si respira un puzzo di bruciato o di ammuffito. «E’ sempre così - rivela una giovane signora -, l’estate e l’inverno. Non sappiamo da dove arriva». Ci sono due misteri, in questa storia. I valori del Pm10 vanno fuori scala da autunno a primavera, in modo più accentuato nei mesi invernali. L’altro mistero è che solo in una parte del paese i test sballano. La seconda stazione dell’Arpa, dalla parte opposta, sembra che non abbia rilevato anomalie. A gennaio il fuoco e la vita delle comunità entrano nei riti di autorigenerazione. A Novoli, questa sera viene accesa la fòcara, in onore a Sant’Antonio Abate, monaco eremita protettore degli animali, ma anche segno d’identità e di promozione. Il fuoco è catarsi. Non ci può essere festa senza fuoco, ogni festa porta il suo cibo e il suo pane. Anche a Torchiarolo, la tradizione resiste. Ma quest’anno il falò non sarà acceso. «Dispiace, ma dovremo rinviarlo» annuncia il sindaco. 16 Gennaio 2011
 

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