domenica 16 gennaio 2011

Notizie Federali della Sera, 16 gennaio 2011

Sezione fiat lux:
1. Fiat. Referendum, vince il sì con il 54%. 16 gennaio, 11:53.
2. Torino. De Benedetti, grazie a Marchionne.
3. Trento. BELLUNO IN TRENTINO. Rossi: «Decidiamo noi».
4. Belluno. Il governatore Luca Zaia: «Non siete degli ex veneti ma veneti in difficoltà».

Sezione ecce homo:
5. Milano. AIUTO MI STANNO UCCIDENDO.
6. Venezia. È malato e lavora, i giudici: ha ragione.
7. Aosta. Le prostitute valdostane tre le prime per evasione fiscale.
8. Bolzano. Test antidroga per 10mila lavoratori.
9. Il sì al referendum di Mirafiori "avrà ripercussioni positive anche per le aziende valdostane".
10. Milano. In una notte 183 graffiti. Imbrattata un'intera zona. Da piazzale Bacone a via Plinio. I residenti: vergogna.

Sezione ciuccia a sbafo:
11. Tremila in corteo a Tolmezzo per dire no all’elettrodotto.
12. L’ex miniera di Cave del Predil inquina il Danubio con piombo e zinco.
13. Stradella, Pavia. Discarica di amianto lungo il Versa. Centinaia di lastre abbandonate sul greto del torrente, la Forestale indaga.
14. Inps, disperazione a Lecce per 5.000 pensioni bloccate.
15. Che tempo che fa a Matera?

Sezione giuro non ho capito che cacchio dice:
16. Puglia. Più pane per tutti? Si può dando il potere alla terra.


1. Fiat. Referendum, vince il sì con il 54%. 16 gennaio, 11:53. di Amalia Angotti. TORINO - La lunga notte del referendum si chiude all'alba di sabato con la vittoria del sì: dopo uno scrutinio durato circa 9 ore, con un vero e proprio testa a testa, l'accordo su Mirafiori, firmato dalla Fiat con Fim, Uilm, Fismic e Ugl, passa con il 54% di voti favorevoli. Decisivo il voto degli impiegati. "Una scelta coraggiosa", la definisce l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne che ringrazia i lavoratori e parla di "svolta storica", mentre il presidente John Elkann invita "ad archiviare le polemiche" e garantisce "il pieno e convinto sostegno della famiglia". Ora si rispettino gli impegni sull'investimento, dicono il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi e il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Plaude all'esito del referendum anche la presidente degli industriali, Emma Marcegaglia che rilancia il "patto di New York" con Marchionne, per chiudere in tempi brevi la partita Confindustria-Fiat: "appena faremo il contratto auto rientrerà".La Fiom però non demorde, "gli operai - dice - non ci hanno lasciati soli": per il segretario generale, Maurizio Landini, sarebbe "un atto di saggezza riaprire una trattativa", mentre Susanna Camusso, leader della Cgil, sostiene che il voto di Mirafiori ha bocciato "la possibilità di governare la fabbrica senza il consenso dei lavoratori". Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, chiede di rispettare l'esito del referendum, ma anche il disagio degli operai.Al voto, iniziato con il turno delle 22 di giovedì, partecipano in tanti: in tutto 5.154 lavoratori, il 94,8% degli aventi diritto.
Un'affluenza record, superiore a quella di Pomigliano. Il sì ottiene 2.735 voti, pari al 54,05%. A votare no sono invece in 2.325 (45,95%), 59 le schede nulle e bianche.Nei primi seggi scrutinati, quattro del reparto montaggio e uno della lastratura, dove la Fiom è tradizionalmente forte, prevale il no. Poi il ribaltone, grazie soprattutto al voto dei colletti bianchi: al seggio 5, quello degli impiegati, votano a favore dell'accordo 421 dei 441 presenti. Ma anche nel conteggio complessivo dei soli operai, il sì prevale anche se soltanto per 9 voti. Fra le oltre 4.500 tute blu, al montaggio e alla lastratura si registra il 53% di no, mentre i sì sono prevalenti al reparto verniciatura. Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, parla di "vittoria del sì inequivocabile e importante", per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti "hanno vinto le ragioni del lavoro".L'attesa, però, è lunga una notte intera. Davanti al cancello due, simbolo dei 2 giorni di passione per lo stabilimento storico della Fiat, ci sono operai, militanti sindacali degli opposti schieramenti, ex dipendenti, giornalisti, fotografi e troupe televisive. E non manca un piccolo 'giallo', quello del seggio 8, dove la scomparsa di una cinquantina di schede costringe la commissione elettorale a controllare il voto. Anche la fase finale dello spoglio, a vittoria del sì già acquisita, è carica di tensione, tra urla e spinte che causano un lieve malore a un rappresentante della Fiom.Qualche isolato sostenitore del 'no' brucia le bandiere dei sindacati favorevoli all'intesa. Mirafiori ora, dice Marchionne, ha un futuro. Quello immediato, però, non è facile. La produzione nelle prossime settimane sarà a singhiozzo a causa della cassa integrazione: lunedì la fabbrica resterà completamente ferma, da martedì a giovedì si lavorerà regolarmente, mentre venerdì saranno in fabbrica soltanto gli addetti della linea della Mito. Dopo gli scontri delle ultime settimane e della notte del referendum, a Torino il vescovo, Cesare Nosiglia, celebra una Messa della riconciliazione e del dialogo.
2. Torino. De Benedetti, grazie a Marchionne. Ha salvato la Fiat dal baratro. (ANSA) - TORINO, 16 GEN - Carlo De Benedetti ringrazia l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che, afferma l'imprenditore, ''ha preso la Fiat in un momento di baratro e l'ha salvata''. De Benedetti, che partecipa alla manifestazione con cui Piero Fassino apre la campagna per la sua candidatura a sindaco di Torino, ha sottolineato che nel settore auto non c'e' futuro senza collaborazione internazionale, e Marchionne e' stato capace di cogliere l'opportunita' con la Chrysler.
3. Trento. BELLUNO IN TRENTINO. Rossi: «Decidiamo noi» TRENTO - Il referendum per trasformare la Provincia di Belluno in Provincia autonoma di Belluno nella regione autonoma Trentino - Alto Adige si farà. Le firme, 17.500, ci sono; il consiglio provinciale bellunese si è espresso in grandissima maggioranza, 22 voti su 24 (la Lega si è spaccata), per il via libera al voto. I bellunesi, come prevede l'articolo 132 della Costituzione, hanno diritto a votare ma sarà poi il Parlamento, in questo caso con la procedura prevista dalle leggi costituzionali, ad approvare o no, al di là dell'esito referendario, la fusione di Belluno con Trento e Bolzano.
«Tecnicamente - afferma l'ex parlamentare dei Verdi, Marco Boato che presentò un disegno di legge per far passare Lamon al Trentino - l'aggregazione è possibile, ma non lo è politicamente». Affermazione fondata su fatti concreti: il no di Luis Durnwalder , il presidente della Provincia di Bolzano, è secco. Per lui e per l'Svp solo Cortina e l'Ampezzano avrebbero il «rango» per unirsi alla nostra regione.

Lorenzo Dellai ha detto che la strada per dare una risposta alle richieste autonomiste bellunesi è quella della creazione di un sistema di autonomie alpine. Dal Patt, invece, arriva un no secco. Cortese ma deciso.
«La nostra Autonomia - afferma il segretario del Partito, Ugo Rossi - ha ragioni storiche e di identità specifiche, che non possono essere confuse con le aspirazioni di altri territori. Certo, e su questo sono concorde con quanto ha detto il presidente Dellai, dobbiamo avere una giusta attenzione alle tendenze autonomiste, soprattutto a quelle che vengono da territori alpini. Con Belluno c'è una certa vicinanza culturale ma voglio ribadire che nessun cambiamento di confini può avvenire senza il nostro accordo. Nulla potrà accadere senza il nostro consenso».
4. Belluno. Il governatore Luca Zaia: «Non siete degli ex veneti ma veneti in difficoltà». BELLUNO. Venezia lontana, Venezia matrigna. E' qualcosa di più di una sensazione diffusa, è praticamente una certezza, supportata adesso anche da 18.000 persone che hanno firmato per andare via dal Veneto e da Venezia. Sostenute ora, queste firme, da un parere favorevole di quasi tutto il consiglio provinciale. E il Veneto? E Venezia? Luca Zaia, governatore da dieci mesi, si trova tra le mani la patata bollente di una intera provincia che se ne vuole andare. «Se vogliono un capro espiatorio, sono qua. Ma non è questo il punto» esordisce Zaia. «Prima di tutto non sono veneziano, vengo da un paese di confine, come Godega di Sant'Urbano e capisco perfettamente cosa voglia dire essere al confine con una provincia e una regione più ricche (noi con il Friuli). Conosco bene e capisco le preoccupazioni dei bellunesi, il loro disagio. Ma se chiedete ad un veronese, o ad un rodigino o un trevigiano cosa pensano di Venezia, se ritengono che a Venezia si conoscano i territori e le tante diverse esigenze, tutti risponderanno la stessa cosa che dicono da tempo i bellunesi: "lì non sanno niente, non ci considerano, non conoscono il nostro territorio"». Magari i bellunesi si sentono e sono ben più lontani, si ritengono tagliati fuori, la vera periferia dell'impero. «Da parte mia, come governatore del Veneto, non c'è assolutamente dimenticanza nei confronti di Belluno o della montagna. Noi portiamo avanti le istanze di tutti. E c'è un consiglio regionale eletto, dove ci sono anche i consiglieri bellunesi, che si fanno sentire. E la mia amministrazione lavora per tutto il territorio veneto, senza dimenticare nessuno». Ma il desiderio di andarsene, poggiato su un disagio profondo, è una realtà. «Io capisco questo disagio. Non parlino a me di referendum. Sono stato l'antesignano delle richieste di autonomia. Nel 1998 abbiamo raccolto 160.000 firme per la provincia autonoma di Treviso e le abbiamo portate a Roma. Proprio per questo capisco i bellunesi. Ma dico anche che se si chiede ad un veronese o a un rodigino se vuole avere l'autonomia per la sua provincia, la risposta sarà unanime. E' lapalissiano, ma è anche un bel segnale. E' il segnale che i veneti vogliono l'autonomia». Una regione Veneto autonoma? «Siamo maturi per avere l'autonomia, vogliamo essere padroni a casa nostra. Tutto il Veneto vede le disparità che ci sono con le province vicine, autonome. Noi dal mio paese guardiamo al Friuli, lì allungano ogni anno le piste, fanno nuovi impianti, gli alberghi sono sempre un cantiere. E tu sei al di qua della barricata. Capisco fino in fondo il disagio dei bellunesi, noi paghiamo lo scotto di una politica lunga un secolo». Qualche colpa ce l'ha la Regione, non solo lo Stato. La Regione potrebbe dare già adesso molto al Bellunese. «E lo farà. Prima di tutto con lo statuto regionale. A luglio la bozza è stata depositata, ora è in discussione, nei primi mesi di quest'anno verrà approvata. Nello statuto è prevista la specificità per il Bellunese. Va anche detto che le competenze non bastano, ci vogliono i soldi». Appunto, i bellunesi attendono da anni che questo sia riconosciuto. C'è già stato un tentativo di statuto, abortito nella passata legislatura. E non tutti erano d'accordo nel dare a Belluno di più». «Adesso noi ci battiamo per questo. Ai bellunesi però le cose vanno dette in maniera chiara. O c'è un modello spinto di federalismo fiscale o i soldi non ci saranno. Le casse sono vuote, i soldi sono finiti». Torniamo un momento allo statuto. La specificità bellunese passerà questa volta? «E il consiglio regionale che decide, non Luca Zaia. La maggioranza vuole dare maggiore specificità al Bellunese, questo è sicuro». C'è un'altra strada per avere più competenze, autonomia e soldi nelle zone periferiche, nelle Province, l'applicazione dell'articolo 116 della Costituzione. «E' una strada che è stata percorsa dalla passata amministrazione. Oggi è oggetto di approfondimento da parte di una commissione in cui è presente il professor Antonini, che è presidente della Commissione nazionale sul federalismo. La commissione presenterà una piattaforma negoziale con le richieste che la Regione presenterà allo Stato». Ma torniamo ai soldi, alla polpa di tutta questa partita. «E' il nostro obiettivo. Noi dobbiamo poter riavere sul nostro territorio le tasse che versiamo. Sapremo noi come usarle. E' il federalismo che ci salverà». Il federalismo: qualche settimana fa sul Corriere abbiamo pubblicato i numeri del federalismo municipale, cioè i trasferimenti che arriverebbero ai Comuni. Ebbene, su 69 comuni solo 18 avrebbero soldi in più rispetto ad ora (tutti comuni già messi bene economicamente, quelli turistici per intendersi). Gli altri 51 otterrebbero soldi in meno dallo Stato. Bisogna stare attenti quando si parla di federalismo come soluzione di tutti i problemi. «Ripeto le parole dette dal Capo dello Stato Napolitano: il federalismo non è una scelta. Se noi guardiamo i singoli tasselli, i numeri, può essere che qualche conto non torni, che sia necessario fare degli aggiustamenti. Ma dal federalismo abbiamo tutto da guadagnare. Faccio un esempio: sarà mai possibile che in tutta Italia ci siano 6.000 forestali (in Veneto sono 450) e nella sola Sicilia ce ne siano 27.000? Se introduciamo i parametri dei costi standard ci saranno tot forestali per tot boschi». Un federalismo che non ha tempi brevi, ha invece tempi lungi. E a Belluno intanto dicono: noi stiamo morendo. «Abbiamo difficoltà a gestire l'imbianchino a casa nostra e poi ci riteniamo premi Nobel per spiegare i tempi delle riforme. Le grandi riforme hanno bisogno di tempi lunghi e questa è una grande riforma». «Sì ma intanto i bellunesi che fanno? «Io sono al loro fianco, la Regione è al loro fianco». Dove sono i risultati? «Sono al governo da 10 mesi, stiamo amministrando l'impossibile, lo faccio credendoci. Io ritengo il Bellunese la mia seconda terra, certo se hanno bisogno del capro espiatorio, sono qui». I bellunesi si ritengono traditi dalla Lega nord, che a livello locale appoggia le spinte referendarie (come quelle dei comuni ed ora della Provincia) e poi a livello nazionale, i ministri per intenderci, dice no alle forme di autonomia chieste dal territorio. «La verità sta nel mezzo. Il referendum è un grande segnale, per il quale vanno ringraziati i bellunesi. Ma la soluzione è il federalismo fiscale. Proviamo a fare una domanda diversa ai bellunesi: volete restare in un Veneto autonomo o andare nel Trentino Alto Adige? Sono sicuro che risponderebbero di voler restare veneti ma con le forme di autonomia che hanno i trentini. Io sono sempre stato per l'autodeterminazione e non mi scandalizzo se qualcuno vuole rendere pubbliche le proprie idee. Ma se non arriva il federalismo, allora avremo in Veneto una guerra tra poveri». Meno autonomia per i nostri vicini e un po' più per noi? «No, io non sono contro l'autonomia del Trentino Alto Adige, mi batto per averla anche per il Veneto. A chi vive nel disagio, si deve rispondere con un progetto di autonomia e di federalismo. Le tasse che vengono prodotte qui, devono restare qui. E le competenze passano attraverso la disponibilità delle risorse». E' questo il messaggio che lei rivolge ai bellunesi, che tra non molti mesi potrebbero decidere di lasciare il Veneto? «Io ringrazio i bellunesi, perchè con la loro iniziativa tengono alta la discussione. I bellunesi non sono ex veneti, sono veneti che si sentono in difficoltà. A questi veneti daremo risposte».
5. Milano. AIUTO MI STANNO UCCIDENDO. MILANO 16 GENN. 2011 - Buon giorno mi chiamo Zuccotti Piero Luigi sono nato a Milano il 27/12/1949, praticamente ho trascorso la mia gioventù a Porta Venezia, perciò la città la conosco abbastanza bene e due volte alla settimana ci torno, da Rho, per fare un giretto in corso Buenos Aires ed alcune volte mi reco al cimitero di Lambrate oppure al centro commerciale di Bonola o al mercato di Fauscè. Logicamente utilizzo il metrò per risparmiare benzina e la fermata più vicina è quella di Molino Dorino. Da dieci anni sono pensionato ed invalido (al 50%) per doppia sostituzione valvolare e HO 3 CERTIFICATI MEDICI E 3 ANALISI DEL SANGUE CHE ATTESTANO CHE NEL PERIODO OTTOBRE-DICEMBRE 2010 SOFFRIVO DI IPOTIROIDISMO SUBCLINICO TSH 18 POI TSH14 DOVUTO AL CORDARONE che mi hanno tolto per fortuna!! (FARMACO PER IL CUORE) IN CURA TUTTORA CON EUTIROX 25 MG.(TUTTO DOCUMENTABILE) INOLTRE In 43 anni di guida ho preso solo 2 multe: ciò per far meglio comprendere il soggetto. DOPO QUELLO CHE MI E' CAPITATO DAL 23 DICEMBRE 2010 IN POI, POSSO DIRE CHE LA MIA EX CITTA' E' DIVENTATA UNA FABBRICA DI MULTE INGIUSTE. HO LA POSSIBILITA' DI DIFENDERMI DALLA INCAPACITA' E DAL NON BUON SENSO (PER NON USARE ALTRI TERMINI)? Mi sono visto notificare dalle poste il giorno prima di Natale una multa di 88 euro perchè circolavo, ripreso dalle telecamere, nella corsia riservata ai mezzi pubblici al metrò di Molino Dorino, poi un'altra il 31/12/2010 , poi un'altra il ...... e così via ( ringrazio di tanta bontà) Visto che nel periodo ottobre - 23 dicembre , ho percorso una ventina di volte la corsia, stanno arrivando 20 multe ( 88x20) =1720 euro Perchè aspettare quasi tre mesi per farmi pervenire la raccomandata? Ripercorrendo il tragitto , ho constatato: la segnaletica è inadeguata contraddittoria e fuorviante (una trappola) e che in buona fede si possa passare. Questo ,del resto è il parere di molti incappati nello stesso problema. (Ho nominativi di alcuni e numeri di telefono) Inoltre è forse l'unica fermata del metro che non permette la sosta per accompagnare qualcuno. E' giusto questo modo di operare ed infierire, ma che sistema è?. Ma perchè non si è capaci neanche di fare dei segnali stradali idonei e applicare la legge in modo giusto e con buon senso? E' questi il futuro di Milano? rovinare famiglie con il mutuo da pagare, pensionati, poveri lavoratori ecc... Spero in un vostro interessamento ED AIUTO perchè oltre a essere malato di mio, MI STANNO UCCIDENDO GRAZIE PIERO LUIGI ZUCCOTTI UN AGENTE MI AVREBBE FATTO LA MULTA UNA VOLTA SOLA! MA FORSE COSTA TROPPO! E' MEGLIO STARSENE AL CALDO! OGGI AL MERCATO NE HO CONTATI 22 A FARE ? (GLI STRAORDINARI)
Qui sotto la risposta del comune. Egr. Sig. Zuccotti, a proposito di buon senso ci permetta di citare Francoise de La Rochefoucauld secondo il quale "troviamo che siano di buon senso soltanto le persone che la pensano come noi". Il cittadino sanzionato tende a invocare sempre il buon senso ritenendosi ingiustamente colpito, raramente ammetterà la sua colpa. Le leggi e i codici non parlano di tolleranza e buon senso, termini questi peraltro piuttosto soggettivi .Tenga presente che, secondo le norme vigenti, nessun appunto può essere mosso all'agente che applica in termini rigidi la legge. L'applicazione del cosiddetto "buon senso" è consentita solo a certi organi specificamente preposti, come il Prefetto o il Giudice di Pace, e che hanno poteri discrezionali e ai quali, come previsto dalla legge, è Sua facoltà inoltrare ricorso scritto ai verbali in oggetto secondo le modalità sugli stessi indicate, allegando ed esponendo tutti gli elementi che giudicherà utili ad un positivo esito dello stesso. Distinti saluti, Redazione Polizia Locale
6. Venezia. È malato e lavora, i giudici: ha ragione. American standard perde l'appello a Venezia. Risarcimento confermato all'ex lavoratore. TRICHIANA. L'American standard aveva ingaggiato anche un investigatore privato per fotografarlo mentre governava il fieno durante la malattia, ma ora anche la Corte di appello di Venezia gli dà ragione: l'azienda ha operato un licenziamento ingiusto. Così Mario Dal Magro ottiene per la seconda volta ragione: nel 2003 non andava licenziato in tronco. E l'indennizzo di 93mila euro è confermato, più le spese stavolta. La storia nasce dalla malattia di Dal Magro (che con la moglie ha un'azienda agricola a Pranolz): durante un periodo di assenza l'azienda avrebbe accertato che svolgeva attività su un campo, rigirava fieno e rastrellava. American Standard (ex Ceramica) sguinzagliò anche un'agenzia privata di investigazioni e foto cantavano: «Sei in malattia, ma lavori» disse American Standard. Licenziato in tronco. Ma il tribunale di Belluno nel 2006 ha disposto il reintegro del lavoratore, e con sentenza dell'11 gennaio scorso la Corte di appello di Venezia ha respinto il ricorso del datore di lavoro, condannandolo a pagare anche le spese. Due perizie disposte d'ufficio dai giudici dei due gradi di giudizio, hanno affermato che per la malattia di Dal Magro (una artropatia psoriasica) un minimo di attività fisica era meglio che star fermi, sicuramente meglio che stare nel seminterrato aziendale, reparto levigatura pezzi, che era il suo ambiente di lavoro. Nel 2006 la prima sentenza del tribunale di Belluno che reintegra il lavoratore: Dal Magro, visto il clima in azienda e considerata l'opportunità dettata dalla legge, decise all'epoca di essere indennizzato. Circa 93mila euro di risarcimento per quel licenziamento senza giusta causa. «Dal Magro contestava all'azienda quella decisione, atteso che soffriva e soffre ancora di psoriasi» spiega il suo difensore Fabio Capraro, del Foro di Treviso, che ha seguito il caso con il collega Paladin. «Come accertato in sede medico legale, quel tipo di attività sul campo non c'entrava nulla con la sua malattia, anzi i medici
hanno precisato che quel tipo di attività fisica leggera, era opportuna. Il medico nominato dalla Corte di appello ha confermato la perizia già disposta dal tribunale dicendo che una lieve e occasionale attività fisica era positiva, anzi consigliata: il riposo assoluto non è di beneficio per queste patologie, un blando esercizio fisico è opportuno per ridurre la limitazione funzionale dovuta alla malattia. Dal Magro non era «falsamente in malattia e faceva un altro lavoro», come sosteneva l'azienda: lui era in malattia ma gli avevano consigliato un blando esercizio fisico. E poi ha dato una mano alla moglie che ha un'azienda agricola». Una volta ottenuta la sentenza di reintegro, il lavoratore ottenne la possibilità di optare per la soluzione economica e non è più rientrato in fabbrica. Chiese l'indennizzo: nel 2006, a fine causa optò per l'indennità sostitutiva della reintegra e la ex Ceramica pagò 93mila euro. Ma la stessa multinazionale fece ricorso in appello in quanto riteneva di poter rientrare dei 93mila euro in caso di sentenza favorevole. L'azienda ora potrebbe andare per Cassazione ma la perizia del prof. Giovanni Bartolucci (medicina del lavoro dell'Università di Padova) parla chiaro: l'attività extra lavorativa dell'uomo non ha portato aggravamento e non ha avuto ruolo sull'andamento dell'artropatia psoriasica.
7. Aosta. Le prostitute valdostane tre le prime per evasione fiscale. Su cento solo sei dichiarano il reddito da lavoro autonomo. Stimate circa 500 donne in attività in Valle d'Aosta. 16/01/2011   AOSTA. Il dato è uno di quelli che fa sorridere e al tempo stesso scalpore. Solo 6 prostitute su cento che esercitano il mestiere più antico del mondo denunciano al fisco i propri redditi. Secondo una ricerca dell'Associazione contribuenti prostitute, escort e hostess immagine: niente fattura in 9 casi su 10. Nel 2010 hanno evaso 1,2 miliardi di euro, + 12,7% rispetto al 2009. «In Italia il 92% delle prostitute non rilascia la ricevuta fiscale nonostante la Cassazione abbia ritenuto tassabili i proventi» denuncia Vittorio Carlomagno presidente dell'Associazione Contribuenti Italiani. «Il fenomeno è in costante crescita e né il redditometro, né lo spesometro riusciranno ad arginare questo malcostume». La classifica dell'evasione vede al primo posto le prostitute di Venezia con 97%, seguita da Genova con il 96%, Milano con il 95%, Aosta con il 94%, Roma con il 93%, Verona con il 91%, Napoli con il 90%, Palermo con il 88%, Torino con il 87% e Bari con il 85%. Complessivamente la classifica dell'illegalità fiscale - relativa sia a coloro che non hanno emesso fattura, sia a coloro che, emettendola, hanno maggiorato del 20% il compenso pattuito - stilata da Lo Sportello del Contribuente, vede al primo posto le prostitute, con il 92,3% degli evasori, seguite dalle escort (90,9%) e dalle hostess immagine (87,4%). Secondo alcune ricerche in Valle d’Aosta sono circa 500 tra trans e prostitute coloro che esercitano, in prevalenza ad Aosta e Saint-Vincent, ma ci sono significative presenze anche a Courmayeur, a Cervinia e a Cogne. Più in generale «l'evasione fiscale è diventato lo sport più praticato dagli italiani. Nelle discussioni di tutti i giorni, supera finanche il calcio - continua Carlomagno -. Abbiamo sempre sostenuto che i proventi della prostituzione devono essere tassati, così come stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 20528/10». Secondo l'indagine effettuata da KRLS Network of Business Ethics per conto dell'Associazione Contribuenti Italiani, 9 italiani su 10 chiedono più rigore nella lotta all'evasione fiscale: l'89% del campione giudica ancora insufficiente l'impegno del Governo nella lotta all'evasione fiscale, definendolo "poco" (47%) o "per niente efficace" (43%), a fronte del 10% di opinione contraria; un'azione inefficace è segnalata più diffusamente tra gli uomini (88% rispetto al 82% tra le donne), tra gli anziani (84%), e nel campione del Nord (91% rispetto al 78% nel Centro e al 86% nel Sud). Serve una riforma seria del sistema fiscale italiano, incentrata sul rispetto dei diritti del contribuente, l'introduzione di modelli di fiscalità dissociata e differenziata ed una contabilizzazione per cassa del recupero dell'evasione fiscale fatta al momento della sua effettiva riscossione e non prima. piero.minuzzo@gmail.com
8. Bolzano. Test antidroga per 10mila lavoratori. di Valeria Frangipane. BOLZANO. Ancora pochi giorni e poi scatteranno in tutto l'Alto Adige i test antidroga sul posto di lavoro in tutte le aziende con dipendenti che svolgono mansioni considerate a rischio. La prima stima degli esperti parla di diecimila persone che potrebbero essere interessate dalle verifiche a tappeto e che, mai come in questo periodo, farebbero bene a stare alla larga da hashish, marijuana, cocaina ecc. (i controlli verranno effettuati su oppiacei metaboliti, cocaina metaboliti, cannabinoidi, amfetamina/metamfetamina e metadone). Nel mirino della normativa chi conduce veicoli stradali con patente C, D, E, chi guida taxi, personale addetto alla circolazione di treni o navi, autisti di mezzi pubblici, controllori di volo, mulettisti, gruisti, escavatoristi e ancora tutti coloro che lavorano a contatto con gas tossici o fuochi d'artificio. Dal 21 gennaio partono così anche in provincia i controlli sull'uso di droga visto che anche l'Alto Adige ha recepito - buono ultimo - l'accordo Stato-Regioni del 30 ottobre 2007 (Trento l'ha fatto un anno fa) - tralasciando però tutta la parte della normativa sui controlli antialcol. Gli accertamenti - precisa una nota dell'Asl - riguardano lavoratori e lavoratrici che svolgono mansioni a rischio e che quindi potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza, l'incolumità e la salute proprie e di terzi: «L'eventuale positività agli accertamenti sanitari, comporterà pesanti conseguenze sia per i lavoratori (che si troveranno a perdere il posto di lavoro o ad avere a che fare con una sua momentanea sospensione) che per i datori di lavoro», chiamati a pagare multe. Ma come funzioneranno i controlli? La ditta dovrà comunicare al medico del lavoro competente quanti dipendenti ha in azienda che svolgono mansioni a rischio e poi sarà il medico a decidere i controlli, che avverranno a sorpresa e si baseranno in una prima fase sull'esame delle urine e, solamente successivamente, sull'esame dei capelli. Considerata la delicatezza delle verifiche occorre seguire una procedura scrupolosa per evitare errori medici o metodologici e, nel contempo, garantire la dignità e la riservatezza del lavoratore che rischia di essere penalizzato pesantemente anche per l'uso occasionale di hashish (la più resistente alle analisi anche dopo settimane). Il dipendente dovrà essere informato con un preavviso non superiore ad un giorno. In caso di accertamento di tossicodipendenza il medico informerà il datore di lavoro che provvederà a sospendere il dipendente dalla mansione a rischio e lo invierà ad ulteriori accertamenti presso le strutture sanitarie. In caso di esito positivo anche a questo controllo il lavoratore verrà quindi inviato al Sert per ulteriori accertamenti.
9. Il sì al referendum di Mirafiori "avrà ripercussioni positive anche per le aziende valdostane". La presidente di Confindustria Valle d'Aosta ha commentato i risultati del referendum nello stabilimento Fiat. 16/01/2011. AOSTA. "La vittoria del sì al referendum sull'accordo per il rilancio dello stabilimento Fiat di Mirafiori è un segnale chiaro che la linea di Marchionne (foto da internet) e quindi di tutta l'azienda torinese, sugli investimenti e sulla governabilità delle fabbriche, è stata compresa e poi favorevolmente votata dalla maggioranza dei lavoratori della Fiat". Monica Pirovano, presidente di Confindustria Valle d'Aosta, commenta così, in una nota, l'esito del referendum (423 contro 412 i sì) sulla riorganizzazione del lavoro nello stabilimento torinese. La presidente di Confindustria VdA "sottolinea, inoltre, come il risultato positivo del referendum non potrà che avere ripercussioni positive anche nei confronti di tutte quelle aziende valdostane che a diverso titolo producono o collaborano con la Fiat". Secondo Pirovano, "il rischio di un abbandono del paese da parte di molti imprenditori è reale, proprio per le oggettive difficoltà di poter applicare nelle fabbriche, un modello di sviluppo e produttivo che in altri paesi europei esiste già, senza che i lavoratori si sentano lesi nei propri diritti". Infine, la presidente "auspica che dopo il risultato referendario le parti sindacali in causa, sia quelle favorevoli che quelle contrarie, trovino la disponibilità a trattare per poi giungere ad un accordo". Ma cosa prevede l'accordo? Le pause passano da 40 a 30 minuti complessivi (tre pause di 10 minuti) a fronte di un aumento di retribuzione di 32,47 euro al mese; la mensa potrà essere spostata a fine turno quando la fabbrica andrà a regime (nel 2012); sarà chiesta la cassa straordinaria per tutto il personale dal 14 febbraio 2011 per un anno; saranno organizzati corsi di formazione per i lavoratori in c.i.g. con frequenza obbligatoria. Un altro capitolo dell'accordo riguarda l'assenteismo: dal luglio 2011 se non si sarà raggiunto un livello di assenteismo inferiore al 6% medio (ora è' all'8%) i dipendenti che si assenteranno per malattie brevi (non oltre i 5 giorni) a ridosso delle feste, delle ferie o del riposo settimanale per più di due volte in un anno non avranno pagato il primo giorno di malattia. Dal 2012, inoltre, se l'assenteismo non sarà sceso sotto il 4%, i giorni di malattia non pagati saranno i primi due. Sui turni: a regime si lavorerà su 18 turni (tre turni al giorno su sei giorni) con una settimana di sei giorni lavorativi e la successiva di quattro giorni. Il diciottesimo turno sarà retribuito con la maggiorazione dello straordinario. Gli addetti alla manutenzione e alla centrale vernici lavoreranno su 21 turni (sette giorni su sette) mentre per i dipendenti addetti al turno centrale (quadri, impiegati e operai) l'orario sarà dalle 8.00 alle 17.00 con un'ora di pausa non retribuita. Con l'aumento dei turni si avranno circa 3.500 lordi annui in busta paga in più. Sono state previste 120 ore di straordinario obbligatorio ogni anno (15 sabati lavorativi) contro le precedenti 40. Infine, torneranno le Rsa (Rappresentanze sindacali aziendali) al posto delle Rsu. La Fiom, che non ha siglato l'accordo, è quindi esclusa. Marco Camilli
10. Milano. In una notte 183 graffiti. Imbrattata un'intera zona. Da piazzale Bacone a via Plinio. I residenti: vergogna. MILANO - Un intero quartiere sfregiato, devastato. In una sola notte i writers hanno colpito con 183 tags. Palazzi e serrande, senza risparmiare centraline telefoniche, tende e pergole di alcuni esercizi commerciali. Graffiti enormi, anche sessanta per cento centimetri. Da via Farneti, a viale Abruzzi, via Plinio e via Eustachi. Scritte che però non sono sfuggiti ai cittadini del comitato apolitico Abruzzi-Piccinni, collaboratori del progetto Milano Quartiere Pulito. E, dopo il blitz dei graffitari, sono scattate le foto. Quarantadue in via Farneti, 21 in viale Abruzzi, 28 in via Plinio, 92 in via Eustachi. «Il fulcro delle scritte - spiega Fabiola Minoletti, presidente del comitato - è tra via Eustachi e piazzale Bacone. E le «firme» sono Hers, Nsa, Clsk's, Blak, Rugna». Gli imbrattatori hanno colpito la scorsa settimana, nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 gennaio. Indisturbati. Rapidi e invisibili. Senza essere ripresi da telecamere o da pattuglie delle forze dell'ordine che, si dice, monitorizzano la zona.
Ci hanno pensato però i cittadini. Hanno raccolto il materiale fotografico e lo hanno inviato alla polizia locale che si occupa di degrado urbano. «Anche la mia abitazione - sottolinea Andrea Amato, segretario dell'associazione nazionale antigraffiti - è stata indirettamente colpita. È un episodio molto grave: una decina di ragazzi sono riusciti in una sola notte a fare danni ingenti. Se si pensa che per pulire una tag, ci vogliono 20 euro al metro quadro e che di solito si deve pulire la facciata (300 euro), il conto è presto fatto: è uno scherzetto da 55 mila euro. E chi ha fatto il danno riesce sempre a farla franca». Quindi una frecciata al Comune: «L'amministrazione non fa nulla. In tre anni ha speso per il ripristino delle facciate 24 milioni di euro, senza risolvere il problema. Non solo. C'è stata una sentenza del Tar che ha bloccato l'Amsa, preposta per la pulizia, così ha immobilizzato tutto. E quindi i vandali vanno a nozze».
Anche noi ci siamo calati nei panni dei detective. Seguendo il percorso delle 183 tags, abbiamo osservato che nella zona Eustachi-Bacone c'è un sorprendente numero di «firme» ricorrenti: Zoor, Bsc, Crash. Su una serranda c'è la tag di Zoor, abbinata a BSC (Bacone Special Crew). E la Bacone Special Crew, come recita Internet, è un gruppo musicale i cui componenti hanno delle sigle che, guarda caso, si ritrovano come tags in questa zona. Ma non è tutto. Su You Tube esiste anche un loro filmato musicale: «BSC, scontro frontale (Blain) ft Shaley e Kat», nel quale appaiono persino veloci flash delle loro tags. Nel loro sito esistono anche fotografie che ritraggono volti associati a tag. Una strana coincidenza che non sarà certo sfuggita a chi è preposto al contrasto del fenomeno. «Noi - dice Fabiola Minoletti - ci siamo già attivati e abbiamo cancellato 21 graffiti in viale Abruzzi. Anche in via Eustachi, due custodi hanno ripulito le scritte sulle loro facciate. A prescindere da chi pensa che tutto ciò sia un arte, per noi è stato uno sfregio gratuito che sicuramente lascerà dei segni nel tempo, deteriorando l'immagine del quartiere». Michele Focarete 16 gennaio 2011
11. Tremila in corteo a Tolmezzo per dire no all’elettrodotto. Successo del corteo organizzato dai Comitati contro la linea elettrica, ma anche per difendere acqua e lago di Cavazzo: presenti tutti i sindaci della valle del Bût. di Antonio Simeoli. TOLMEZZO. Quando don Di Piazza, carnico di Tualis, dal palco davanti al Municipio ha citato le Beatitudini, la Carta dei diritti dell’uomo e gli articoli della Costituzione si è levato un boato dai tremila che avevano pacificamente invaso il cuore di Tolmezzo per dire ancora no all’elettrodotto Wurmlach-Somplago e per «dare un calcio ai prepotenti che cercano di sfruttare la Carnia solo per fare quattrini» per usare le parole di uno dei “ fari del corteo”, Renato Garibaldi vestito col tricolore. Le parole del parroco di Zugliano, però, sono quelle che hanno raggiunto meglio il cuore della gente. «Di sviluppo della montagna hanno parlato e straparlato - ha detto Di Piazza rivolgendosi ai politici - ma nessuno ha avviato una progettualità seria. Ora ci presentano un progetto di pochi che va a vantaggio di pochi, con la politica ancora una volta lontana dalla gente». Parole forti, sintesi del pensiero dei tremila che dalle 13.30 hanno raggiunto il ponte di Caneva per poi marciare verso piazza XX Settembre. Un corteo rumoroso, ma composto. I tamburi cadenzavano l’ incedere della folla, i cartelli lo arricchivano, così come tantissimi giovani o famiglie intere. «A 74 anni non ho mai visto una cosa del genere» ha commentato un altro leader dei Comitati, l’e x sindaco di Cavazzo Franceschino Barazzutti. Uno che è stato protagonista della Ricostruzione e che ora si sta battendo per difendere il territorio e con esso anche tanti valori dell’epopea post-sisma. E nel mirino dei manifestanti, come era prevedibile, non sono finiti tanto gli imprenditori Burgo-Fantoni-Pittini, bensì i politici che in Regione dovranno decidere se dare il via libera all’impianto da 35 milioni, considerato proprio dagli industriali indispensabile per la sopravvivenza delle loro imprese.  Un cartello su tutti: «No all’elettroTondo». Basta questo a descrivere l’aria che si respirava ieri a Tolmezzo contro il presidente della Regione, non certo profeta in Patria, nonostante più volte abbia detto che il via libera al contestato impianto sarà dato solo se parte della ricchezza generata si fermerà nei comuni interessati: o contro il fischiatissimo sindaco di Tolmezzo Dario Zearo (che osservava la manifestaizone dalla finestra del suo ufficio) a favore dell’impianto e “reo” secondo gli organizzatori di aver tenuto lontani la Parrocchia e i coro della città dalla manifestazione con la minaccia di chiudere i rubinetti dei contributi. Ma il messaggio che è arrivato dal corteo è stato chiaro: quassù la gente non è contro il progresso, sempre usando le parole di Garibaldi, «ma è contro quelli che confondono il progresso con la speculazione». Insomma, la linea elettrica, nonostante il progetto preveda l’eliminazione di oltre cento tralicci vecchi e l’arrivo di compensazioni per almeno undici milioni, è vista come un sopruso. E la gente non crede più alle promesse di posti di lavoro o risorse che rimangano sul territorio perchè troppe volte è stata scottata dalle promesse. L’elettrodotto è visto come l’ulteriore calcio dei prepotenti alla gente della Carnia, la politica come un’entità astratta, lontana anni luce dalla gente. Per questo i carnici, che in piazza hanno cantato con trasporto il loro inno, quello di Mameli e hanno ricordato l’anniversario della nascita di uno dei padri della Costituzione, il senatore Michele Gortani, hanno tirato una linea, invalicabile: l’elettrodotto dovrà essere solo interrato. Visto il corteo e le idee chiare della gente, chi la valicherà dovrà mettere in preventivo una cosa: quassù di voti ne prenderà ben pochi. E non è mai una cosa da poco.

12. L’ex miniera di Cave del Predil inquina il Danubio con piombo e zinco. Accordo di programma tra lo Stato e la Regione per mettere in sicurezza i fiumi del Friuli Venezia Giulia. di Martina Milia. UDINE. Un accordo di programma tra Regione e Stato per mettere in sicurezza i fiumi del Friuli Venezia Giulia. È quello che sta perfezionando l’assessore all’Ambiente Luca Ciriani, un accordo che conterrà risorse anche per ulteriori interventi nella cava del Predil. Le ex miniere, infatti, sono ritenute responsabili dell’inquinamento del fiume Danubio. «I lavori fatti in questi anni – spiega il Commissario Luciano Baraldo – hanno ridimensionato di molto il problema. Entro la fine di quest’anno sarà ridotto del 90 per cento».
Un patto Stato Regione per sistemare i fiumi del Friuli Venezia Giulia, protagonisti dei recenti episodi di alluvione. Grazie all’a ccordo di programma che l’assessore Luca Ciriani sta definendo con il Ministero dell’Ambiente - «credo che nell’arco di un paio di settimane potremo chiudere l’intesa» – saranno reperite le risorse per contrastare il rischio idrogeologico in regione. Risorse che la Regione, da sola, non potrebbe mai reperire.
La stima. Il “conto” fatto dalla Protezione civile stima che alla regione servirebbero, per interventi strutturali e di prima emergenza, circa 300 milioni di euro. Sorvegliati speciali, tra i fiumi, ci sono Tagliamento e l’Isonzo, oltre a Meduna, Livenza, Noncello, Torre e rispettivi affluenti. Con una finanziaria che all’ambiente ha destinato complessivamente 47 milioni e 21 alla protezione civile, investimenti con risorse proprie sarebbero impensabili. Ma il Friuli Venezia Giulia non si è perso d’animo e ha aperto la sua negoziazione con lo Stato.
Il commissario. L’accordo di programma, oltre a mettere nero su bianco compiti e interventi possibili, sancirà il bilancio a disposizione. Si parla di molte risorse, ma l’assessore Ciriani non anticipa nulla. Proprio perché lo Stato aprirà il portafoglio, intende nominare un commissario che coordini gli interventi e verifichi che i fondi siano spesi nel rispetto dell’a ccordo quadro.
Cave del Predil. L’accordo comprenderà anche nuove risorse per la bonifica dell’ex complesso minerario Cave del Predil, il cui recupero è sotto tutela commissariale da quando è stata varata la legge 2 del 1999.
Le miniere di piombo e zinco furono chiuse all’inizio degli anni ’9 0. Famosa, nella storia del bacino estrattivo, è la galleria di Bretto, lunga più di 4 chilometri (realizzata ai primi del ’900) per permettere il deflusso delle acque di percolazione. Il tunnel collegava la valle del Rio del Lago con quella dell’Isonzo e allo stesso tempo il bacino idrografico del Danubio con quello dell’A driatico.
Il problema dell’inquinamento del Danubio «è antico – spiega il commissario straordinario Luciano Baraldo – ma gli interventi che abbiamo fatto in questi anni sono riusciti a ridurlo di molto. La finanziaria regionale stanzia 1,5 milioni per l’i mpermeabilizzazione dei bacini sotterranei e questo darà una risposta importante al problema. Con il nuovo stanziamento statale, invece, sarà alzata di un metro la scogliera lunga1,2 chilometri perchè, durante le recenti alluvioni, l’acqua aveva raggiunto il limite. E’ un intervento precauzionale».
13. Stradella, Pavia. Discarica di amianto lungo il Versa. Centinaia di lastre abbandonate sul greto del torrente, la Forestale indaga. di Pierangela Ravizza. STRADELLA. Una vera e propria discarica abusiva, con una quantità di materiale sicuramente pari a quello di un tetto di condominio o forse due. Pericolose lastre e detriti in amianto, infatti, sono stati abbandonati in riva al torrente Versa. In parte sono finiti in acqua. Lo ha scoperto la Guardia Forestale di Zavattarello, su segnalazione di un cacciatore, alla periferia nord di Stradella ed al confine con il comune di Portalbera: il fatto è accaduto lungo il Versa e a poca distanza dall'area abitata di via Bianchi.
La Forestale ha già inviato un dettagliato rapporto alla polizia locale di Stradella, alla Provincia e alla Regione Lombardia. L'area in cui è stato rinvenuto il deposito abusivo di lastre in amianto, infatti, pare sia di proprietà demaniale. Da decidere, quindi, a chi spetta l'onere e la competenza dello smaltimento, anche se viene sottolineata l'urgenza dell'intervento. «Considerando dove sono accatastate lastre e detriti - rileva Arturo Gigliotti, comandante della Forestale di Zavattarello, competente per territorio - c'è il rischio evidente che, in caso di piene del torrente Versa, non improbabili vista la stagione, il tutto possa essere trascinato ulteriormente a valle o finire in Po».
I primi rilievi hanno consentito di accertare la presenza di tracce di ripetuti passaggi di camion al punto che, considerata anche la mole di quanto accastatato ed abbandonato (oltre un centinaio di lastre), non si esclude che lo scarico possa essere stato effettuato a più riprese. Probabile anche che il tutto risalga a diverse settimane or sono e comunque allo scorso anno in quanto, almeno in questi giorni, sarebbe stato alquanto difficile, dato il fondo infangato, percorrere con un camion a pieno carico la stradina sterrata che porta al luogo in riva al torrente Versa. Si tratta, quindi, di un vera e propria discarica abusiva con pesanti oneri di smaltimento a carico dell'ente o degli enti che dovranno provvedere alla bonifica.
Non è neppure il primo caso del genere considerato che, poche settimane fa, un'analoga segnalazione per la presenza di detriti in amianto abbandonati in riva al Po era pervenuta dai comuni di Campospinoso e Albaredo. Soprattutto nell'area fra Broni e Stradella è ancora discretamente diffusa ed a livelli preoccupanti la presenza di amianto su tetti e strutture di case e locali ad uso magazzini o per attività arrtigianali ed industriali. Il processo di bonifica prosegue ad opera di aziende specializzate che, in qualche caso, come l'Aeffe di Andrea Frustagli, con sede a Stradella, avevano lanciato anche «campagne promozionali» a prezzi ridotti, con recupero e smaltimento autorizzato del materiale pericoloso, in maniera integrale e completa.

14. Inps, disperazione a Lecce per 5.000 pensioni bloccate. LECCE - Più di cinquemila domande di invalidità civile sono ferme negli uffici dell'Inps di Lecce dal mese di ottobre. Si tratta di altrettanti esiti dei verbali di visita medica effettuati dalle commissioni della Asl di Lecce a cittadini che hanno richiesto il riconoscimento dell’invalidità civile. Insieme alle nuove richieste, però, ci sono pure pratiche di revisione sanitaria che aspettano. Ecco perché molti utenti sono disperati: da tre mesi non ricevono più la pensione di invalidità (260 euro mensili) o l’indennità di accompagnamento (480 euro circa al mese).  «Sappiamo che i verbali sono bloccati a Lecce ma non conosciamo i motivi», si sono sentiti rispondere gli utenti che si sono rivolti all’ufficio Invalidi civili del distretto sanitario per chiedere informazioni sulla propria pratica. Stessa risposta dai responsabili dei patronati e dei sindacati dell’hinterland, che hanno dovuto persino accogliere le vibranti proteste dei clienti-soci. «La situazione è grave –denuncia Cesare Dell’Angelo Custode, responsabile territoriale Federpensionati- Confsal Nardò, che ha sollevato il caso – migliaia di cittadini aspettano una risposta». Il problema, fanno sapere dall’Istituto salentino, è legato all’avvio della procedura telematica per le domande di invalidità civile previsto per legge da gennaio 2010, con l’obiettivo di ridurre tempi di decisione ed erogazione dell’assegno d’invalidità, all’interno di un’ottica generale di semplificazione e informatizzazione della burocrazia. Per questo, su disposizioni della direzione centrale dell’ente, da qualche mese l’Inps di Lecce sta inviando i verbali delle visite effettuate dalle commissioni mediche della Asl a Milano, presso una società di Poste Italiane per il formato digitale. Da qui il rallentamento delle procedure, che non si sbloccheranno, a essere ottimisti, prima di un paio di settimane.  [fla.serr.] 15 Gennaio 2011
15. Che tempo che fa a Matera? Risponde gruppo di volontari. di PASQUALE DORIA. «E tutta colpa del colonnello Edmondo Bernacca. Ai più giovani forse questo nome non dice molto, forse niente. Personalmente ho iniziato a familiarizzare con millibar e isobare attraverso il piccolo schermo, dove ogni sera questo distinto signore, con grande semplicità di linguaggio, presentava le previsioni del tempo. Il mio interesse, in realtà, si accendeva durante l’inverno. Insomma, lo confesso, se Bernacca diceva che sta per arrivare la neve, anche a basse quote, festeggiavo, significava niente scuola e divertimento assicurato». Enzo Scasciamacchia, oggi ha 33 anni ed una laurea in fisica. Da quando era ragazzino ha sviluppato un interesse per la meteorologia che lo ha portato, inizialmente con due amici, a sviluppare una passione che nel tempo è diventata materia di studio e di ricerca sul territorio. Un territorio specifico, Matera centro. La base è in via Nazionale. Sul terrazzo dell’abitazione dei suoi genitori e nella sua stanza, altezza sul livello del mare 400 metri. Ci sono altre stazioni simili, in forza al Parco della Murgia, all’Alsia e a Miglionico, ma tutte esterne al centro abitato, nessuna in centro. I tre amici hanno iniziato a febbraio del 2008. Volontariato puro e spese vive a proprio carico. Parte la stazione meteorologica. Uno dei tre è anche esperto di internet e, allora, ad aprile parte l’acquisto di un dominio e nasce meteomatera.it, forse il più consultato portale meteo di Matera. Il successo incoraggia ad u n’aggregazione spontanea di dieci altri appassionati, che oggi sono diventati trenta, si ritrovano nell’Associazione Meteo Basilicata (Amb). In testa ai loro interessi c’è sempre il volontariato, ma anche lo studio, lo sviluppo e la diffusione delle scienze meteorologiche e climatologiche nel nostro territorio, nonché la tutela e la valorizzazione della natura e dell’ambiente. Su, in terrazza, Scasciamacchia avverte che non c’è roba spettacolare. Ma con un certo orgoglio mostra la strumentazione di una stazione wireless. Realtà nuova per la città, perchè si tratta di una tipologia urbana, l’unica di questo tipo a Matera. Il metereologo indica la dotazione di un sensore termoigrometrico schermato per misure di pressione, temperatura e umidità dell'aria che è arrivato a Matera direttamente dagli Stati Uniti a costo di grandi sacrifici economici, perchè da queste parti non c’era nulla di simile sul mercato. Ma funzionano con regolarità anche i rilevamenti che avvengono ogni 15 minuti tramite un sensore anemometrico per misure di direzione e velocità del vento e un sensore pluviometrico per misure di quantità di pioggia precipitata. Ovviamente non manca la consueta banderuola che indica visivamente in quale direzione soffia il vento. Il tutto, tramite un gioco di fili è collegato ad un consolle in casa di Scasciamacchia, dove vengono composti i meteogrammi, le tabelle consultabili on line, sul sito in cui è possibile aggiornarsi ogni tre ore su temperature, pioggia, vento, umidità, pressione, oltre a poter disporre di scheni con i valori mensili massimi, minimi e medi (estremi mensili). Informazioni ottenute mediante l'elaborazione e la successiva sintesi dei dati registrati e diffusi senza nulla chiedere in cambio, tutto gratis. Tra le iniziative che qualificano le attività dell’associazione, sempre senza fini di lucro, ultimamente spicca lo studio micro-climatico sul nevaio più meridionale dell'Appennino italiano, a oltre 2.000 metri sul livello del mare. In collaborazione con l'ente Parco nazionale del Pollino, il Comune di Castrovillari e l'Associazione onlus Meteo Web, procede il monitoraggio delle temperature massime e minime della dolina che ospita il nevaio del monte Pollino, il cui deposito di neve persiste ben oltre la stagione invernale. I dati dello studio, primo nel suo genere, saranno disponibili nell'estate 2011.14 Gennaio 2011
16. Puglia. Più pane per tutti? Si può dando il potere alla terra. di Giorgio Nebbia. L’aumento del prezzo delle cipolle in India è soltanto un volto di una crisi molto più vasta che vede altri focolai di tensione nella Tunisia oggi in tragico subbuglio e in Algeria, dove sono aumentati i prezzi del pane e dell’olio, e in altri paesi che non ricevono attenzione da parte dei mezzi di comunicazione ma che devono affrontare anch’essi continui e inesorabili aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari. Tali aumenti derivano dalla coincidenza di vari fenomeni apparentemente non collegati, come l’aumento della popolazione, l’aumento della richiesta di alimenti in seguito ai miglioramenti economici di alcune fasce di popolazione, e la graduale diminuzione o insufficiente aumento della produzione agricola.
Considerazioni economiche ed ecologiche mostrano che un aumento della popolazione e del benessere portano a un eccessivo sfruttamento delle terre agricole che a sua volta fa rallentare la disponibilità e aumentare i prezzi degli alimenti. Le carestie alimentari si sono verificate continuamente nella storia umana, dai tempi dei Faraoni, ai tempi biblici, e poi nel Medioevo e in tempi recenti. La famosa carestia in Irlanda fu dovuta all’attacco di parassiti alle coltivazioni di patate e all’esportazione delle poche patate rimaste verso l’Inghilterra che poteva pagarle a prezzi elevati. L’aumento dei prezzi dei cereali nel Nord Africa è provocato anch’esso dalla crescente richiesta di cereali da parte dei paesi con più alto livello economico e anche in parte dall’uso di cereali come materie prime per la produzione di carburanti alternativi alla benzina, soprattutto alcol etilico prodotto dal mais; diminuisce così la disponibilità di cereali alimentari per i paesi poveri.
Facendo i conti si vede che, in assoluto, la disponibilità di cereali e di altri alimenti sarebbe sufficiente per sfamare a prezzi accettabili la popolazione terrestre esistente, e che le carestie locali derivano dalla ingiusta e ineguale distribuzione delle derrate alimentari essenziali. Alcuni hanno molti alimenti, alcuni addirittura troppi e devono fare i conti con un eccessivo consumo, e altri, la maggior parte, non ha alimenti sufficienti. Circa un quarto dei cereali prodotti nel mondo sono destinati all’alimentazione del bestiame che fornisce carne e latte e uova, cioè proteine pregiate, ai paesi ricchi del mondo. Come si vede il problema è, nello stesso tempo, merceologico e morale. Entro certi limiti è possibile aumentare la produzione agricola dei vari paesi; con cautela, però. Ad esempio l’aumento dell’impiego di fertilizzanti fa aumentare un poco le rese agricole, ma nello stesso tempo altera il ricambio delle sostanze nutritive dei terreni e alla fine la fertilità diminuisce. Le proposte di coltivare a piante alimentari le terre liberate dalle foreste, producono disastri; da una parte i terreni messi a nuova coltura spesso si rivelano esposti ad erosione e dopo poco perdono la fertilità originale; in secondo luogo vengono distrutte le foreste che hanno un ruolo importante perché rallentano gli effetti negativi del riscaldamento planetario in atto. Le proposte di aumentare le rese agricole usando piante geneticamente modificate, i cosiddetti OGM, hanno l’effetto che tale aumento richiede un maggiore uso di fertilizzanti con le conseguenze già dette, e inoltre le conseguenze delle modificazioni genetiche sulla vita vegetale, animale, e alla fine umana sono ancora poco chiare. Si vede continuamente che basta un cambiamento nella qualità dei mangimi alimentari, per esempio l’uso di farine contenenti scarti di origine animale, molto meno costose di quelle di origine vegetale, può diffondere malattie impreviste.
Le carestie possono anche derivare dal fatto che le popolazioni povere producono troppo poco gli alimenti locali per mancanza di acqua, di conoscenze e, soprattutto, di tecniche di conservazione che pure sono note, ma costose e restano inaccessibili ai paesi arretrati. Ci sono poi problemi morali: molte terre che erano sufficienti ad una produzione alimentare di sussistenza per le popolazioni locali, per i contadini che sapevano come ottenere cibo sufficienti per le proprie comunità, sono state acquistate per grandi allevamenti di animali o per coltivazioni intensive di piante economiche, vantaggiose solo per i capitali dei paesi industriali, investiti in nuove forme quasi-coloniali di latifondo, e le popolazioni locali, prive degli alimenti tradizionali, non sono in grado di pagare gli alimenti di importazione. Ma, si sa, le considerazioni morali non abitano nei trattati di economia e di finanza.
Si pensi infine alla stessa situazione italiana in cui molte colture sono state abbandonate davanti alla concorrenza straniera, senza peraltro far niente per modernizzare le produzioni e la distribuzione; ricordo quando gli imprenditori pugliesi producevano mandorle e altri prodotti che esportavano in tutto il mondo e che ora dobbiamo importare. Avremmo potuto fare meglio nei rapporti internazionali, a livello europeo, avremmo potuto potenziare la cultura e l’economia agricola, senza rincorrere l’illusione di attività industriali? Penso all’abbandono delle terre coltivabili coperte con distese di pannelli solari nel nome di un breve guadagno immediato che cesserà quando finiranno gli incentivi; così resteremo senza le utili energie rinnovabili e con terre desolate. Soprattutto nel Mezzogiorno, faremmo bene a pensare come utilizzare le terre disponibili per produzioni agricole che creano ricchezza per noi perché sono utili ad altri, in Italia, in Europa e nel mondo. Tutto il potere alla terra. 16 Gennaio 2011
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=396755

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