sabato 22 gennaio 2011

Notizie Federali della Sera: 22 gennaio 2011

Sezione i padani lottano, sempre e comunque:
1. Belluno e l'autonomia: «Non siamo barboni».
2. Troppe spese, ecco i tagli del Comune di Udine.
3. Padova. I genitori serrano le fila: "Il piatto unico è una follia".
4. Firenze. "Non voglio che nostri figli siano badanti dei cinesi.

Sezione i terroni son semidei, ed insigni:
5. Cafone di Nusco» contro «ignorante».
6. Potenza. Intervista al presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Carrano.
7. Le vergini di Minosse e le minorenni di Silvio.


1. Belluno e l'autonomia: «Non siamo barboni». 22/01/2011 10:17. L'INTERVENTO DI SILVANO MARTINI. Dopo l'approvazione in Consiglio Provinciale a Belluno, l'iter che porterà i cittadini bellunesi a chiedere il passaggio della Provincia di Belluno dal Veneto al Trentino Alto Adige è avviato e il referendum si farà. Non mi sorprende la reazione, tra lo stupito e l'infastidito, che la decisione dei bellunesi ha provocato tra gli amministratori e tra i cittadini di Trentino e Alto Adige.  Conosco bene queste realtà per avere, io, entrambi i genitori trentini (valli di Non e Fiemme) e per il fatto che tutta la mia famiglia di origine e tutta la mia parentela vive in Trentino da sempre. In questo senso, le affermazioni del presidente della Provincia di Bolzano, Luis Durnwalder, che tratta la questione del referendum come una boutade dei bellunesi o quelle più sfumate di Lorenzo Dellai, che pur nel rispetto delle realtà confinanti, considera inattuabile l'ipotesi dell'incorporazione del Bellunese nella Regione Trentino Alto Adige-Südtirol, corrispondono in pieno alla necessità di questi ottimi amministratori di tutelare la speciale autonomia delle rispettive province. Vorrei che fosse chiaro ai cittadini delle due Province autonome che i bellunesi chiedono il trasferimento ad altra Regione per sopravvivere. Non chiedono lo statuto speciale di Trento e Bolzano, ma un altro tipo di autonomia provinciale, non desiderano condividere le risorse economiche e finanziarie delle due provincie autonome confinanti e non intendono interferire, in alcun modo, sulla loro autonomia.
I bellunesi sono ricchi in proprio ed esigono solo i trasferimenti dello Stato di cui già sono titolari e le risorse del loro territorio che da decenni sono sottratte loro a vantaggio di altri. La provincia di Belluno non vuole privilegi ma necessita di poter decidere liberamente del proprio futuro. I nostri amici del Trentino e del Sudtirolo non temano, i cittadini bellunesi non sono dei barboni che chiedono un posto alla mensa delle autonomie altrui ma vogliono poter decidere, in piena autonomia appunto, come, quando e in che modo usare le proprie risorse.
La storia del Bellunese dimostra, al di la di ogni ragionevole dubbio, che la mancanza di visione, progettualità e attenzione alla montagna, da parte della Regione del Veneto, sta portando questi luoghi e la gente che vi abita, alla rovina. Questo stato di cose deve finire. Ecco perché, Trentino e Sudtirolo non devono aver paura per il risultato del referendum che non è uno strumento per ottenere altro se non la nostra autonomia, l'autonomia della Provincia di Belluno. La buona amministrazione delle Province autonome è un modello a cui noi guardiamo con interesse perché essa ha rispetto per il territorio e ne promuove le specificità con un occhio di riguardo alla ruralità e alla sostenibilità del proprio sviluppo. Noi vogliamo che una Provincia di Belluno, autonoma e diversa, nella Regione Dolomiti, costituisse una risorsa e non un peso per la complessa realtà del territorio Dolomitico. Siamo certi che con l'amicizia e la collaborazione che deve contraddistinguere i rapporti di buon vicinato e nel rispetto della storia dei nostri popoli ce la faremo.
2. Troppe spese, ecco i tagli del Comune di Udine. Il bilancio preventivo 2011 approvato dalla giunta taglia di oltre 200 mila euro gli eventi culturali e turistici e le spese di illuminazione e riscaldamento per circa 1,2 milioni di euro. Nonostante ciò, la spesa corrente raggiunge i 124 milioni, 500 mila euro in più rispetto al previsionale 2010. Il sindaco: la situazione è difficile, ma non di lacrime e sangue
L’OBIETTIVO. «Puntiamo sulla manutenzione del patrimonio pubblico per rimettere in moto la micro-economia, andando incontro anche alle esigenze degli artigiani».
LE OPERE. Nel 2011 il Comune investe sul Museo di storia naturale, sulla pedonalizzazione di via Mercatovecchio, sul restauro dell’ex caserma Osoppo e sugli edifici scolastici
L’INVITO. Il vice sindaco Vincenzo Martines: «Il governatore Tondo inviti anche i tecnici comunali al tavolo sul federalismo comunale, porteranno un contributo importante». Più spese e meno investimenti. Questo il quadro che emerge dal bilancio previsionale 2011 approvato dalla giunta Honsell. Un bilancio che per salvaguardare i servizi sociali e scolastici, ma anche Friuli doc, taglia di oltre 200 mila euro gli eventi culturali e turistici e le spese di illuminazione e riscaldamento per circa 1,2 milioni di euro. Nonostante ciò, la spesa corrente raggiunge i 124 milioni, 500 mila euro in più rispetto al previsionale 2010, ai quali vanno aggiunti 13 milioni di quote capitali per mutui e prestiti. Gli investimenti, invece, scendono da 49 a 34 milioni di euro. «Udine lavora senza l’aiuto della Regione» ha sottolineato, ieri, il vice sindaco e assessore al Bilancio, Vincenzo Martines, prima di aggiungere: «Ho vissuto epoche in cui c’erano soldi e ce li davano ora, invece, i soldi sono pochi e non ce li danno. Udine merita un’a ltra attenzione». Quella di Martines è un’analisi politica che l’ha portato ad auspicare che «da qui in avanti ci possa essere un colloqui maggiore con Trieste. Anche se politicamente non viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda, con la Regione uno sforzo va fatto». Ma torniamo ai numeri.
La spesa corrente. La quadra è stata trovata grazie all’apporto delle Società partecipate (Amga, Net, Saf e Udine mercati) che garantiscono 5,2 milioni di euro quasi 3 in meno rispetto allo scorso anno quando da queste era stata attinta anche parte delle riserve. All’appello però manca quasi un milione di Bucalossi stimata per il 2011 in 500 mila euro. «Mi auguro che la previsione non debba essere ritoccata al ribasso» ha aggiunto Martines ricordando che la quota di avanzo di amministrazione, stimata in 300 mila euro, sarà utilizzata per coprire i maggiori costi derivati dal censimento, vale a dire 880 mila euro previsti anche tra le entrate come contributo una tantum, e dalle iniziative programmate per festeggiare il 150º anniversario dall’Unità d’I talia. «Stiamo facendo tutti un grosso sforzo» ha concluso il vice sindaco ricordando che la filosofia è stata quella di «mantenere inalterate le spese dedicate al sociale e di risparmiare migliorando l’efficacia dell’organizzazione interna».
Dello stesso avviso il sindaco, Furio Honsell: «Pur in una situazione difficile – ha fatto sapere – i cittadini potranno contare su servizi di qualità che in alcuni casi, come quelli scolastici, sono stati potenziati anche per compensare la riduzione delle risorse statali». Honsell, infatti, non accetta che si descriva il documento contabile come un bilancio di lacrime e sangue, al contrario: «Le ottimizzazioni messe in campo – assicura – riescono a supplire i maggiori costi».
Gli investimenti. Le opere pubbliche sono state ridotte all’osso. A farla da padrone sono il nuovo Museo friulano di storia naturale che si porta via 15 dei 34 milioni disponibili, la pavimentazione di via Mercatovecchio dove il Comune conta di investire 1,5 milioni, la messa a norma degli edifici scolastici e il restauro della palazzina comando dell’ex caserma Osoppo. «E’ un momento difficile per andare a incrementare i mutui» ha sottolineato l’a ssessore ai Lavori pubblici, Gianna Malisani, confermando l’a ttenzione anche per strade e marciapiedi di quartiere. A questo punto il bilancio, nella seduta del 31 gennaio, può essere sottoposto al vaglio del consiglio comunale.
3. Padova. I genitori serrano le fila: "Il piatto unico è una follia". «Meglio pasta in bianco, formaggio e patate lesse». Assemblea a Forcellini: si pensa a uno sciopero. PADOVA. Si sono ritrovati, si sono parlati, hanno scambiato con libertà le loro esperienze sulla questione del «piatto unico». Continueranno a confrontarsi attraverso il forum di una scuola: www.emmeinformatica.eu/cremonese. Hanno costituito un gruppo di lavoro per coordinare le richieste. Probabilmente il centinaio di mamme e papà preoccupati, che ieri sera hanno affollato la sala Nilde Iotti del centro civico Forcellini, chiederanno un incontro ai capigruppo del consiglio comunale.
I genitori dei ragazzi che mangiano in mensa potrebbero pure decidere uno sciopero... in bianco. In un giorno concordato gli alunni esibiranno, sul libretto scolastico, la richiesta di sostituire il «piatto unico» con pasta all'olio, formaggio e patate lesse.
L'incontro di ieri sera è servito soprattutto ai genitori per scambiarsi informazioni ed elaborare un documento di rivendicazioni nei confronti dell'amministrazione. «Quando ho ricevuto il foglietto giallo - ha esordito Manuela, "mamma preoccupata" - in cui l'assessore Piron mi comunicava che il menù era cambiato, non mi sono immediatamente allarmata. La preoccupazione è cresciuta pian piano, rilevando delle contraddizioni. Mi chiedo perché il Comune ci ha avvisato delle novità già ad ottobre».
Per Greta, mamma che da cinque controlla la qualità dei cibi alla scuola Ardigò, «i genitori sono stati informati a cose fatte. Insieme all'associazione Progetto Città abbiamo realizzato un dossier che è consultabile su www.progettocitta.blogspot.com. Siamo andati a scuola con la bilancia: abbiamo fatto i conti della serva e calcolato quanto pane, pasta e formaggio sono stati tagliati. Quando abbiamo segnalato la cosa, ci aspettavamo che il Comune ci dicesse: "Grazie, andiamo a verificare". Invece siamo stati derisi e additati "come genitori del centro che rompono le scatole". Voglio anche dire che la scheda di controllo, che prima era molto precisa e dettagliata, da gennaio è stata cambiata ed è diventata sommaria».
Claudia, un'altra mamma, chiede al Comune di aumentare il personale addetto alle verifiche: «E' possibile che solo tre addetti possano controllare il servizio di mensa in tutto il comune?».
Come mamma Silvia i controlli li fa da sei anni, alla mensa della Cremonese, all'asilo nido Arcobaleno e alla Tommaseo. «Io - racconta - ho mangiato otto volte cibi freddi e l'ho immediatamente segnalato al Comune e alla Sodexho. La pizza era gommosa come un pneumatico da camion, ma i bambini l'hanno comunque preferita alla pasta in bianco. Sono giorni che vedo alcuni alunni andare a casa dopo aver mangiato solo una pagnottella. Tre piatti unici la settimana sono inammissibili. Molti papà arrivano all'ora di pranzo, si portano a casa i figli e li riportano indietro dopo un'ora».
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2011/01/22/news/i-genitori-serrano-le-fila-il-piatto-unico-e-una-follia-3242503
4. Firenze. "Non voglio che nostri figli siano badanti dei cinesi": Renzi 'replica' alle scritte. Firenze, 22 gennaio 2011 - 'Renzi e Marchionne ruoli diversi stessa feccia', '28 gennaio sciopero generale rabbia sociale' e 'Marchionne infame e fascista'. E poi una stella a cinque punte e simboli anarchici. Queste scritte, apparse ieri su alcuni muri di via della Colonna, non hanno tuttavia scalfito il sindaco Renzi che, come riportato da un quotidiano locale, non fa passi indietro sull'apprezzamento dato all'ad di Fiat qualche giorno prima del referendum a Mirafiori.
'Al di là del simbolo odioso c'è un fatto politico. Se noi non portiamo gli investimenti sul territorio l'Italia diventa una Disneyland per nuovi ricchi. Non voglio che la prospettiva per i nostri figli - dice Renzi - sia quella tra l'essere cassintegrati e disoccupati. Non voglio che facciano i badanti dei cinesi''.
Il primo cittadino di Firenze lancia poi un nuovo 'piano' per la città, un documento economico-programmatico che si chiamerà 'Venti-Venti, cioè la città del 2020', e che coinvolga imprese, banche e privati. Renzi annuncia che non dovrà essere un tavolo al quale portare ''microinteressi'' perché, in quel caso, con le ''vecchie liturgie'', sarebbe solo''tempo perso. Quindi niente concertazione''. L'idea del sindaco, piuttosto, è quella di indicare ''obiettivi concreti: il rapporto tra Università e città, il rapporto tra sviluppo del territorio e incentivi fiscali - spiega -, il tema della notte, il manifatturiero e il sistema del credito, l'artigianato e la qualità della vita in città''.
5. Cafone di Nusco» contro «ignorante». Lite d’altri tempi tra Formica e De Mita. Scontro sul compromesso storico alla mostra del Pci. L'ex ministro barese: "Parli del Psi? Tornatene a Napoli. MILANO - Gli anni scivolano via, la passione no. E così può capitare che ci si ritrovi a litigare, con la veemenza di due giovanotti, su un’interpretazione storica. È accaduto ieri sera a Roma, dove Ciriaco De Mita e Rino Formica, rispettivamente 82 e 83 anni, hanno dato vita a un acceso siparietto alla Casa dell’Architettura che ospita la mostra dedicata ai 90 anni del Pci. Tema del dibattito: il compromesso storico.
L’ex presidente del Consiglio della sinistra dc (che Bettino Craxi definì «l’irresponsabile insolente») non accetta l’interpretazione di Formica sul perché non funzionò la strategia del compromesso storico. Per l’ex membro della segreteria socialista, infatti, «è fallito perché confliggeva con la democrazia compiuta dell’alternanza. Questa era la richiesta del Paese nella metà degli anni 70. La Dc, invece di essere una destra moderna, era un grande centro di matrice cattolica». Parole inaccettabili, per De Mita. Che davanti a un attonito Stefano Menichini, direttore di Europa e moderatore, e al presidente del Copasir Massimo D’Alema, è partito all’attacco dell’avversario dei vecchi tempi: «Posso assicurare che l’obiettivo della Dc era quella di creare, attraverso il compromesso storico, le condizioni per l’alternanza. La crisi cominciò perché il Psi pretendeva una guida indipendente dai rapporti di forza. È da ignoranti leggere la Dc come proiezione del Vaticano».
Ma Formica, offeso, subito sbotta paonazzo in viso: «Dai dell’ignorante a me? Senti chi parla. Tornatene a Napoli, anzi no tornatene a Nusco. Tu sei un cafone di Nusco». De Mita rilancia gelido: «Embè? Sei ignorante nel senso che non sai di cosa parli...». L’ex presidente dei Ds sorride silenzioso ma divertito dalla scena che gli si para davanti. I toni però si alzano. Anche fisicamente, i due si fronteggiano. Tanto da spingere un preoccupato Menichini a tentare di placarli con qualche pacca sulla spalla e ironizzando con il pubblico: «Se questo era il massimo degli scontri politici che si verificavano un tempo, pensate che differenza con quelli di oggi...». Ma proprio come avveniva ai vecchi tempi della competizione tra Dc e Psi alla fine, a sorpresa, ieri sera De Mita si avvicina a Formica: «Ho interpretato male la tua tesi, scusami...».
Senza rinunciare alla battuta: «Rino, ricordati però che io non sono mica una comare». Ed ecco così rispolverata l’antica «lite delle comari», già simbolo della conflittualità tra la Balena bianca e il Garofano, che il 5 novembre 1982 vide protagonisti lo stesso Formica e Beniamino Andreatta, ministri delle Finanze e del Tesoro nel governo Spadolini: il primo lo definì «una comare», il secondo «il commercialista di Bari esperto di fallimenti». A tarda sera, tornato a casa, Formica però già stemperava i toni: «Ciriaco mi ha chiesto scusa... Non ci siamo capiti sul revisionismo. Io sono stato ministro nel suo governo, lo conosco bene, anche se allora era più ossequioso. Conosco la sua arroganza. Solo che invecchiando è peggiorato: è diventato una cosa terribile». Angela Frenda
6. Potenza. Intervista al presidente di Confindustria Basilicata Pasquale Carrano. 22/01/2011 Nell’era Marchionne conta molto di più il presidente regionale di Confindustria che Emma Mercagaglia. Alla luce del voto di Mirafiori, Il Quotidiano della Basilicata ha intervistato Pasquale Carrano per meglio comprendere ragioni e aspettative della razza padrona lucana si nuovi modelli di organizzazione che dovrebbero cambiare lo stabilimento Fiat di Melfi. «Non un ricatto, bensì un patto». E’ da questo presupposto che parte il presidente della Confindustria lucana, Pasquale Carrano, nell’analisi di
quella “rivoluzione” Fiat nelle relazioni industriali a cui stiamo assistendo negli ultimi mesi. E che presto, dopo Mirafiori, così come
annunciato dall’Ad Marchionne, riguarderà anche Melfi. Alla luce dei
nuovi scenari che si vanno configurando per il nostro territorio,
prezioso è il contributo del numero degli industriali lucano per
comprendere meglio la partita che ci attende. «Mi auguro – spiega
Carrano – che Melfi non diventi il caso nazionale, se dovessero
prevalere le strumentalizzazioni politiche». Convinto che la posta in
gioco sia non solo l’aumento della capacità di competere delle aziende
del manifatturiero, ma la crescita di tutto il territorio, il
presupposto non può che essere uno: «Remare tutti dalla stessa parte».
Presidente, il referendum di Mirafiori ha fatto discutere e ha diviso
non solo la controparte ma l’intera opinione pubblica. Marchionne ha
ragione quando dice che se vogliamo competere a livello globale è
necessario rivedere il sistema di regole all’interno delle fabbriche?
In un’Italia bloccata e con le grandi difficoltà con cui il settore
dell’auto deve fare i conti, Marchionne non ha fatto altro che lanciare
un sasso nello stagno. E’ vero, per il bene del sistema produttivo
italiano, c’è bisogno di definire un quadro di regole nuove. Per dare
una risposta a questa esigenza il manager Fiat ha utilizzato un modello
di interazione al quale il sindacato non era abituato. Una cosa è certa:
in questi giorni, nella lettura del referendum di Mirafiori, si è
abusato troppo del termine ricatto, innescando una polemica che io trovo
paradossale. Quello proposto da Marchionne è invece un patto per dare
slancio al settore manifatturiero. Una parte del sindacato, per fortuna
quella prevalente, ha compreso il senso di questa sfida, importante per
l’intero Paese, e insieme alla maggioranza dei lavoratori, ha fatto sì
che per lo stabilimento di Torino ci sia un futuro di crescita.
Il senso della proposta di Marchionne è questo: voglio investire, ma chiedo
garanzie di governabilità all’interno delle fabbriche, attraverso regole
certe. Il tutto, chiaramente, è finalizzato all’aumento della
competitività…
7. Le vergini di Minosse e le minorenni di Silvio. 22/01/2011. di ALFONSO LORELLI. È convinzione ancestrale degli uomini già vecchi o prossimi ad esserlo, che fare sesso con donne giovani allontani la fine dell'esistenza; le vergini come elisir di lunga vita, proiezione dell'immortalità negata. E' la rimozione della morte che incombe contrapponendole il suo contrario; la procreazione, che è creazione della vita, sentita come ritorno dell'animo verso la gioventù. Come se il possesso delle vergini potesse rallentare la velocità della morte che incombe. Il più banale e diffuso commento degli anziani alla vista di una prosperosa giovinetta che mette in mostra tutte le sue forme è quasi sempre lo stesso: «Questa si che mi farebbe ritornare indietro di vent'anni!». Secondo un'antica leggenda Minosse, re di Creta, figlio di Zeus, sposo di Pasifoe figlia del Sole, era padre di Androgeo, Arianna e Fedra. Quando Androgeo sbaragliò tutti gli avversari ai giochi delle Panatenee, per vendetta venne ucciso dal re attico Egeo. Minosse per vendicare il figlio fece guerra agli ateniesi, li vinse ed impose loro di inviargli ogni anno sette fanciulli e sette fanciulle delle più nobili famiglie da dare in godimento al Minotauro, figlio-mostro nato dall'unione di Pasifoe con un toro e sempre assatanato di sesso virginale (maschile e femminile; i greci non facevano distinzioni). Fu la vergine Arianna ad aiutare Teseo nell'impresa di entrare nel Labirinto, inestricabile dimora del mostro costruita da Dedalo. Ucciso il Minotauro Teseo portò con sé Arianna nell'isola di Dia, la possedette e poi l'abbandonò per andare alla ricerca di altre vergini ed altre imprese. Una variante di questa leggenda tramanda che le vergini ateniesi erano messe a disposizione di Minosse e non del Minotauro, per farne oggetto di annuali orgie propiziatorie; che la forza di Teseo derivava dall'amore con fanciulle vergini; che tutti gli eroi antichi derivavano la loro forza da giovani ed illibate schiave (dall'Iliade: Briseide e Criseide per Achille ed Agamennone). In tutto il mondo antico la divinità era collegata alla verginità che dava forza ed intelligenza. In onore di Atena, dea della sapienza, della vittoria e della fortuna, venne eretto il Partenone (da Parthenos/vergine), tempio simbolo della sapienza, della forza e della bellezza di Atene. Anche nell'antico Testamento la lunga vita è legata alla “potentia generandi”, alla unione di uomini anziani o vecchi con donne giovani ancora nella condizione di generare. “Adamo all'età di 130 anni generò un figlio che chiamò Set; e dopo aver generato Set visse ancora 800 anni e generò figli e figlie”.” Set all'età di 105 anni generò Enos, visse fino a 905 anni e generò figli e figlie.” “ Noè all'età di 500 anni generò Sem, Cam e Yafet.” e così via elencando (Genesi-V). La longevità, la quasi eternità, si esprime attraverso la procreazione con giovani donne. La creazione attraverso l'amore è la sola cosa che accomuna l'uomo a Dio, lo fa diventare creatore di vita come Dio, lo indica, lo congiunge a lui nel paradigma del godimento sublime dell'essere. Anche nei paradisi delle religioni non cristiane ricorre il mito dell'immortalità legato al godimento infinito ed eterno, alla eterna giovinezza. Le gioie del paradiso, anche nel Corano, sono plasticamente rappresentate con immagini di eterna giovinezza; frutta odorosa in abbondanza, acqua limpida, fanciulle dai grandi occhi neri ( Uri), tutto per la gioia dei martiri della fede. Sempre i despoti si sono circondati di harem, lupanari, luoghi di godimento della carne, oltre ogni immaginazione ed oltre ogni possibilità per i poveri mortali, affogando in essi la loro paura della morte, sia di quella naturale che di quella dei congiurati e dei sicari sempre pronti ad ucciderli. Più forte era il loro potere dispotico più forte la paura di doverlo lasciare, più intenso il desiderio di godimento e di lussuria. Tiranni, dittatori, papi crapuloni, principi, feudatari con il loro “ius primae noctis”, hanno sempre dominato e governato anche attraverso il processo di identificazione, essere la rappresentazione vivente dei sogni e delle aspirazioni nascoste ed impossibili dei sudditi. Una di esse è sempre stata l'ars amatoria, la libertà sessuale condannata ed impedita dalle leggi ma consentita al sovrano che è o crede di essere al di fuori delle leggi. Lorenzo il Magnifico amava circondarsi di giovinette fiorentine non ancora sbocciate, perché, diceva” quant'è bella giovinezza /chi vuol esser lieto sia/ del diman non v'è certezza.” mentre il suo contemporaneo papa Alessandro VI Borgia amava festini ed orge con puttane, “voci bianche” ed anche con la sua bella figliola Lucrezia. Mussolini lasciava sempre aperta la luce di notte nelle sue stanze di piazza Venezia affinché il popolo potesse credere che egli lavorava per il bene del paese o faceva l'amore con le sue amanti. Non era vero ma lui voleva che il popolo pensasse così; ambedue le cose suscitavano ammirazione, rafforzavano il suo consenso di massa. Il consenso di popoli incolti e rozzi non si ottiene attraverso la rappresentazione della virtù e della sapienza dei governanti ma attraverso la sublimazione dei loro vizi e nefandezze estreme, del loro porsi al fuori di ogni legge e di ogni morale, proprio come vorrebbe essere il suddito-schiavo. Anche B. appartiene a questa genia di uomini-despoti che usano il processo di identificazione come “instrumentum regni”. La loro vita quotidiana come paradigma, mito, sogno dei sudditi osannanti ai quali, quando non si possono dare migliori condizioni di vita si distribuiscono sogni. Quando la miseria cresce aumentano le lotterie, i “grandi fratelli”, le “eredità”, le cosce al vento, i bunga-bunga. Probabilmente B., come tutti gli anziani della sua età, può fare l'amore non più di una volta a settimana, pur con tutti i supporti artificiali; ma far credere che sia un mandrillo capace di soddisfare tante giovani donne nella stessa nottata significa proiettare nell'immaginario represso dei sudditi creduloni la sua superiore potenza nella quale si annulla tutta la loro impotenza e le frustrazioni quotidiane di milioni di uomini e donne. E nella sua mente malata le ragazze che si immolato per soldi alla sua pretesa libidine soddisfano non tanto il suo appetito sessuale, ormai sporadico, bensì la sua fantasia di immortalità, come quella del leggendario Minosse. Purtroppo anche i suoi riti orgiastici e le vergini di corte interpretano e rappresentano un sentire collettivo e diventano “instrumentum regni”, come è già avvenuto per tanti despoti della storia. “Miti e riti s'usano a governar popoli rozzi” (Giordano Bruno).

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