martedì 15 febbraio 2011

Dall’Unione europea, 15 febbraio 2011

Politica ed economia:
1. Draghi: crescita solo con la stabilità, la Germania è un esempio per tutti.
2. L'austerità fiscale frena l'economia portoghese.

Finanza e debiti sovrani:
3. Schauble: un tetto al debito inserito nella Costituzione, la Germania salverà l'euro
4. L'Eurogruppo trova l'intesa sul fondo salvastati. Cinquecento miliardi a partire da metà 2013.
1. Draghi: crescita solo con la stabilità, la Germania è un esempio per tutti. di Tamburello Stefania Corriere della Sera di martedì 15 febbraio 2011, pagina 31. ROMA — La Germania? «Un esempio da seguire: ha migliorato la sua competitività attuando delle riforme strutturali». E poi: «L'Italia non è un paese a rischio» e l'Euro «può sopravvivere solo se l'Unione monetaria garantisce stabilità e prosperità». ll governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, parla a tutto campo sul futuro dell'euro e dell'Europa, sulle regole da fissare e sui compiti della politica monetaria in una lunga intervista con il quotidiano Frankfurter Allgmeine Zeitung. Sullo sfondo, anche se nell'articolo la questione non viene mai citata, c'è l'appuntamento della nomina alla presidenza della Banca centrale europea che Jean-Claude Trichet lascerà in novembre. Draghi è il principale candidato alla poltrona, dopo l'abbandono di Axel Weber, che si è dimesso dal vertice della Bundesbank aprendo l'incognita sulla futura scelta tedesca per il vertice di Eurotower. Draghi che ieri è stato definito dal Financial Times d'uomo giusto per guidare la Bce, presenta dunque nell'intervista le sue credenziali di banchiere centrale dalla forte vocazione europea e dalla rigorosa fiducia nei compiti di tutela della stabilità dei prezzi della Banca centrale europea. «L'euro è una storia di successo, ha portato vantaggi a tutti», dice. Ma perché abbia un futuro, aggiunge, «occorre il contributo di tutti per la stabilità». Due sono secondo il governatore italiano i pilastri della costruzione europea: la disciplina di bilancio con «regole semi-automatiche e controlli forti» e la crescita economica che va accelerata attraverso la realizzazione di riforme strutturali. Si potrebbe pensare, dice Draghi, a regole come quelle di Maastricht Così «un paese potrebbe chiedere all'altro perché avete ancora un'età pensionabile di 57 anni invece che di 67 anni o più come altri?». Sui temi più specifici di politica monetaria Draghi ribadisce che è «assolutamente normale» che i debiti sovrani abbiano prezzi differenziati sul mercato.
E alla domanda sulle possibili reazioni ad un eventuale rialzo dei tassi di interesse, se esiste un tasso unico per 17 paesi, risponde che bisogna «muovere da due principi»: che il compito della Banca centrale è «di salvaguardare la stabilità dei prezzi» e che «una crescita sostenibile è possibile solo se basata sulla stabilità». Ciò vuol dire che «non serve neanche ai paesi deboli una crescita di quelli forti se questa è accompagnata dall'inflazione». Sull'Italia il governatore spiega poi che «non è a rischio» perché d'indebita-mento delle famiglie e delle imprese è tra i più bassi in Europa. La struttura industriale è molto diversificata e pertanto resistente. Il bilancio delle partite correnti è in equilibrio». Il deficit durante la crisi non è aumentato come 11 commento L'intervento Per il Financial Times «Draghi è l'uomo giusto per guidare la Bce»: così ieri • titolava il commento firmato da Wolfgang Muenchau. Quali sono i requisiti necessari, si chiede il quotidiano britannico, -per guidare la Bce? Deve essere una persona «con un mix unico di qualità: un banchiere centrale (...) in grado di tenere testa a leader europei di primo piano . Inoltre, «deve essere un rappresentante credibile all'esterno, anche verso gli investitori globali . Fra i candidati rimasti «ce n'è uno, sfortunatamente solo uno, che soddisfa un set minimo di questi criteri» ed è «Mario Draghi» in altri paesi e la durata media del debito pubblico (salita a sette anni e tre mesi) «ci protegge da problemi di finanziamento». E poi sbagliato considerare l'Italia simbolo di instabilità perché «c'è stato un cambiamento fondamentale» almeno «da quando il governo Prodi ha introdotto nel 1997 un severo programma di convergenza per essere nell'Unione monetaria sin dall'inizio». Anche se ora «abbiamo bisogno di regole severe per ridurre l'indebitamento e anche di maggiore crescita. Infine Draghi risponde a chi lo ritiene vicino alla cultura Usa: «Mi sento molto europeo. Ho dedicato grande parte della mia vita all'Europa», ricordando il ruolo di sherpa italiano nelle trattative di Maastricht nel '91. Stefania Tamburello
2. L'austerità fiscale frena l'economia portoghese. DI FRANCESCO NINFOLE L’economia portoghese ha subito una contrazione dello 0,3% nel quarto trimestre rispetto ai precedenti tre mesi. Il dato, rivelato dall'istituto nazionale di statistica Ine, è in linea con le attese. Su base annua, il pil è risultato comunque in aumento dell' 1,2%. Quanto all'intero 2010, l'economia portoghese è invece cresciuta dell' 1,4%, dopo il -2,5% del 2009 e leggermente al di sopra del 1,3% previsto dal governo. A frenare la crescita del pil nel quarto trimestre (per la prima volta negativo nei 12 mesi) sono stati il rallentamento della domanda interna e quello degli investimenti, per effetto delle misure di austerità introdotte dal governo. «L'economia portoghese eviterà la recessione nel 2011 grazie alle esportazioni, che riusciranno a compensare la debole domanda domestica», ha detto Fernando Teixeira dos Santos, ministro delle Finanze, prima dell 'Eurogruppo di Bruxelles. «Per quest'anno ci aspettiamo che il settore delle esportazioni continui a essere dinamico come lo scorso anno». Dos Santos ha precisato che il dato relativo all'ultimo trimestre del 2010 è legato all'impatto negativo dei tagli fiscali. Ieri lo spread dei titoli portoghesi a 10 anni si è allargato da 407 a 414 punti base, livello comunque lontano dal record di 484 toccato a novembre. Il Portogallo è considerato da molti analisti come il principale candidato a ricevere il sostegno Ue-Fmi, dopo Grecia e Irlanda. Lisbona, secondo quanto assicurato dal premier Josè Socrates, dovrebbe chiudere il 2010 con un deficit attorno al 7%: l'obiettivo è arrivare al 3% nel 2012. Mercoledì andranno all'asta titoli a 12 mesi per circa 1 miliardo di euro. Nel frattempo però l' agenzia del debito riacquisterà titoli a 1 anno con scadenza a aprile e giugno. «Per convincere i detentori di bond a vendere, Lisbona potrebbe doverli sovrapagare», ha spiegato Peter Chatwell di CreditAgricole. Secondo Chatwell, qualora l'agenzia del debito dovesse riuscire a riacquistare un ammontare sufficiente di titoli di Stato, «gli investitori dovrebbero essere più fiduciosi sulle possibilità del Portogallo di evitare un default». Intanto la Bce ha smentito di aver acquistato bond governativi la scorsa settimana. Il governo cinese ha invece più volte garantito l'interesse per i titoli portoghesi. Lisbona si muove anche per evitare i rischi che arrivano dal settore bancario: verranno effettuati tre stress test all'anno sugli istituti bancari, secondo quanto reso noto da Diario Economico, aggiungendo che i risultati del primo round verranno inviati alla Banca centrale portoghese alla fine di questo mese.
Gli stress test valuteranno le politiche di gestione del rischio delle banche e prenderanno in considerazione diversi scenari per identificare i punti deboli dei loro modelli di business. Dove necessario, gli istituti dovranno anche fare proposte sulle eventuali azioni correttive da adottare. Buone notizie sono arrivate ieri dalla produzione industriale a dicembre, che in Portogallo è aumentata del 3,8% rispetto al mese precedente, un livello inferiore solo a quello della Slovenia Dato in discesa dello 0,1%, invece, per 1'Eurozona e nella Ue-27. Crescono sopra la media europea l'Italia e la Francia ( 0,3%). Su base annua, la produzione industriale è aumentata in tutti gli Stati membri ( 5,4% in Italia), con l'eccezione di Grecia (-5,2%), Malta (-3,1%) e Spagna (-0,1%).
3. Schauble: un tetto al debito inserito nella Costituzione, la Germania salverà l'euro - "Fissare un tetto al debito nella Carta Costituzionale, la via tedesca funziona". Repubblica di lunedì 14 febbraio 2011, pagina 19. di Tarquini Andrea. BERLINO - Il piano francotedesco non è un diktat, ma può essere la ricetta per salvare l'euro. Lo dice il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schàuble, leader dei conservatori democratici europei, alla vigilia della riunione di oggi dell'Eurogruppo. Il Patto di Competitività non è un tentativo di rafforzare l'influenza tedesca nella Ue? «No. La crisi ci ha insegnato che dobbiamo affrontare il problema delle differenze di competitività. Noi abbiamo avanzato proposte, ed è sempre la vecchia storia. Se Francia e Germania evocano un tema, vengono criticate. Se non lo fanno, vengono criticate. Ci sono molti malintesi. Il nostro non e’ un diktat, chiarisco: ognuno avanza proposte, poi ne discuteremo insieme» Chiede un sì al piano in cambio di più finanziamenti al Fondo salva Stati? «Solo con un pacchetto globale possiamo trarre le giuste conclusioni dalla crisi. In tre campi: rafforzamento del Patto di Stabilità e crescita, miglioramento della competitività in tutti i Paesi membri, creazione di un meccanismo sostenibile di aiuto, quale avremo da metà 2013 con la cosiddetta stabilizzazione europea. Se andremo avanti in tutti questi tre campi, convinceremo i mercati finanziari che l'euro resterà stabile. La solidarietà è richiesta a tutti i 17 Paesi dell'Eu-rozona. A volte sembra, invece, che debba ricadere solo sui Paesi che hanno causato pochi problemi. Non può essere così. Ognuno contribuisca secondo le sue possibilità. E il dibattito su un rafforzamento del Fondo lancia segnali totalmente sbagliati ai mercati: parlando di necessità d'agire a breve termine su questo punto, attizziamo le speculazioni in singoli Paesi membri». Ha senso introdurre in altri Paesi limiti al debito come in Germania? «Sul tema ho letto definizioni assurde, come "germanizzazione imposta". Non vogliamo imporre un modello ad altri. Ma con il tetto costituzionale al debito abbiamo fatto buone esperienze. Sarebbe bene se altri volessero farne uso. Problemi recenti, per esempio in Grecia, sarebbero stati evitati meglio. L'esperienza tedesca mostra che è possibile una riduzione del deficit che stimoli la crescita». Alcuni Paesi mediterranei (Grecia, Portogallo, Spagna, Italia) affrontano situazioni di bilancio critiche. Quanto è grande il rischio di una spaccatura dell'Unione monetaria? «Siamo sulla buona strada verso la soluzione dei problemi dell'anno scorso. Abbiamo sempre detto che l'euro non è in pericolo. Non ci sarà una spaccatura dell'Eurozona. Ma per ridurre i pericoli dobbiamo lavorare sui tre punti che ho già enunciato: Patto di Stabilità, competitività, meccanismo di stabilità europeo. Io poi ho sempre pensato che bisogna guardare con occhio critico in casa propria prima di criticare gli altri. Anche la Germania oltrepassa i criteri del Patto. Il nostro debito globale, sebbene non come in altri Paesi, è ancora alto». Ma il deficit francese è doppio di quello tedesco, la crescita tedesca ben superiore a quella italiana. Può reggere l'euro? «La Francia si è impegnata a ridurre il deficit sotto il 3% entro il 2013. Ogni Paese deve fare i suoi sforzi, anche il ministro delle Finanze tedesco ha molto lavoro. Ma l'Eurozona ha una bilancia commerciale equilibrata. Nel 2010 poi l'import tedesco da altri Paesi Ue è cresciuto più dell'export tedesco verso quegli stessi Paesi. La nostra crescita è ora dovuta più alla domanda interna che non al commercio estero. Gli sviluppi favorevoli in Germania aiutano le altre Nazioni europee, non le danneggiano. Siamo stati l'anno scorso un po' una locomotiva della crescita. Non mi sento nella posizione di dovermi scusare per questo nostro ruolo». Altri Paesi potranno darsi forza strutturale come la Germania? «Perché non dovrebbero? Perciò, contro le differenze di competitività, proponiamo un processo di benchmarking. Ora in Germania abbiamo una buona situazione economica, ma all'inizio dello scorso decennio affrontavamo molti problemi. Li abbiamo risolti. Adesso altri hanno dei problemi, ma anche loro li risolveranno». Non c'è il rischio che qualche Paese debba uscire dall'euro? «Se guardiamo a quanti cambiamenti la Grecia è riuscita a realizzare, notiamo risultati che un anno fa ci sarebbero sembrati impossibili. La Grecia ha ancora enormi sfide davanti a se, ma bisogna avere anche un po' di rispetto per quanto ha fatto nell'ultimo anno. Il problema è che 15 anni fa non potevamo prevedere che la interconnessione dei mercati finanziari, 15 anni dopo, nell'era della globalizzazione, avrebbe raggiunto tali dimensioni da portare alti rischi di contagio: anche da difficoltà di un Paese membro piccolo, come la Grecia».
Quanto è alto il rischio inflazione in Europa? «Terremo sotto controllo il rischio inflazione. La Bce continua ad avere quale dovere prioritario la stabilità del denaro, e svolge questo compito a meraviglia». Che cosa deve fare la Bce contro il rischio inflazione? «Rispettiamo l'indipendenza della Banca centrale, non le diamo consigli. Trichet avverte giustamente, di tanto in tanto, che il valore interno ed esterno dell'euro è rimasto stabile dalla sua nascita. L'euro è in media più stabile di quanto lo sia stato il marco tedesco. E confido che sarà così anche in futuro». Si riparlera’ di eurobond, quale ruolo avrà il Fondo salva stati? «Non occorre agire ora per rafforzare il Fondo. Ma entro fine marzo dobbiamo discutere del meccanismo di stabilità permanente e accordarci sui suoi compiti. Quanto agli eurobond, nell'attuale costruzione dell'Unione monetaria non si può abbandonare lo stimolo di tassi diversi all'interno del Patto di Stabilità».
4. L'Eurogruppo trova l'intesa sul fondo salvastati. Cinquecento miliardi a partire da metà 2013. dal nostro inviato Adriana Cerretelli. Nessuna decisione era attesa e nessuna c'è stata. Tranne una: la scelta unanime del belga Peter Praet come nuovo membro del direttivo della Bce in sostituzione dell'austriaca Gertrude Tumpel-Gugerell che scadrà a fine maggio.
«I lavori sono in corso però non ci sarà accordo su niente finché non si sarà accordo su tutto» ha ricordato ieri sera, al termine della riunione dei ministri finanziari dell'Eurogruppo (raggiunti in coda dai 27 dell'Ecofin) il presidente Jean-Claude Juncker affermando che «la situazione sul mercato dei debiti sovrani resta preoccupante mentre la ripresa economica si consolida».
Al centro delle discussioni il pacchetto globale di riforme per rispondere in modo efficace alla crisi dell'euro: patto di stabilità rafforzato con parametri più stretti (ma indigesti a Italia e Grecia) per il debito pubblico, Fondo europeo di stabilizzazione più ricco e flessibile e infine patto di competitività promosso dalla Germania.
Per quest'ultimo il momento della verità arriverà al vertice straordinario dei 17 capi di governo dell'area euro l'11 marzo. Dopo di che nuova riunione dei ministri dell'Eurogruppo il 14: dovrebbe essere quella decisiva. In caso contrario Juncker ha annunciato che ne convocherà un'altra il 21. Il tutto per poter chiudere come previsto con un'intesa complessiva al vertice Ue del 24-25 marzo.
Si è discusso di tutto ieri, a cominciare dal fondo salva-Stati attuale e futuro. Nel caso dell'ESM, il meccanismo europeo di stabilizzazione che decollerà a metà 2013, Juncker ha annunciato l'accordo per «dotarlo di una capacità di erogare prestiti per 500 miliardi, una cifra da rivedere regolarmente almeno ogni due anni».
Per il resto sono stati valutati i pro e i contro di tutte le diverse opzioni sul tavolo. Anche se il tedesco Wolfgang Schauble ieri ha ribadito che «i mercati sono così stabili che non c'è ragione di decidere sul rafforzamento a breve dell'Efsf», i ministri hanno discusso su come portare a 440 miliardi effettivi (contro i 250 attuali) la capacità dell'attuale facility di erogare prestiti.
Sembra che l'aumento delle garanzie di stato per tutti sia la strada più probabile. Sulla flessibilità dei margini di azione del fondo, permane il no tedesco all'ipotesi di acquisto dei bond sovrani sul mercato secondario. Aperta invece quella di interventi sul mercato primario e di prestiti ai paesi in crisi per operazioni di buy-back. Si è parlato anche dello riscadenziamento dei prestiti concessi a Grecia e Irlanda e di un eventuale taglio dei tassi di interessi dal 5 al 4%. «Nella riforma dell'EFSF va inclusa la possibilità di ridurre i tassi per garantire la sostenibilità del debito» ha sottolineato il commissario Ue Olli Rehn.
Anche se ufficialmente non era sul tavolo perché alla sua formulazione sta lavorando il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy in vista del vertice dell'11 marzo, il patto di competitività tedesco-francese non poteva non irrompere nelle discussioni di ieri sera. Visto che la Germania condiziona alla sua adozione il proprio via libera all'aumento delle risorse del fondo salva-Stati.
«Vedremo al vertice i contenuti di questo patto. E allora decideremo anche quale sarà il suo reale valore aggiunto» ha precisato Juncker, platealmente ostile a un'iniziativa che nasce fuori dal quadro comunitario, targata dall'egemonismo tedesco-francese». Perfino l'olandese Jan Kees de Jager, noto rigorista, ha fatto trapelare apertamente il suo dissenso: «Anche l'Olanda ha le sue idee sulla competitività. Non si vede perché dovremmo accettare il diktat dei franco-tedeschi».
 

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