venerdì 11 febbraio 2011

Federali della Sera Confederata. Il calice amaro sangallese potrebbe lasciare in bocca un retrogusto dolce, e Gaetano sbottò: non me lo aspettavo. 11 febbraio 2011.

Sezione Forza Luis International:
1. San Gallo, Svizzera. L’insegnamento dell’italiano, fra soldi e coesione.
2. Bozen. Durnwalder più rispetto, dall'Italia hai avuto tanto.
3. Bozen. No dell'Alto Adige all'Unità d'Italia, proteste dei turisti via e-mail.
4. Trento. Recupero dell’evasione, c'è un crollo del 12%.

Sezione quelli del nord-est:
5. Belluno. Belluno: «No ai tagli di fondi nei trasporti».
6. Trieste. L’Europa ”riabilita” i nuovi sconti sui carburanti.
7. Conegliano. Crisi Electrolux, chiuderà metà fabbrica.
8. Padova. Padova città per vecchi", contro i divieti notturni ragazzi scatenati nella rete.

Sezione Goethe, da Sondrio:
9. Reggio Calabria. E Gaetano sbottò: ''...e non me lo aspettavo...''
10. Reggio Calabria. La faccia tosta del superministro venuto dal Nord.

Sezione opinion makers medio-logici:
11. Federalismo dal Sud. Proposta al Nord.
12. In Italia la magistratura non sarà mai riformabile.
1. San Gallo, Svizzera. L’insegnamento dell’italiano, fra soldi e coesione. Di Luca Beti, swissinfo.ch. L’italiano rischia di sparire dalle aule dei licei del canton San Gallo. Il governo propone di sopprimere l’insegnamento della lingua del sì come materia specifica. La Svizzera italiana si mobilita e coalizza per difendere il plurilinguismo nazionale.
La notizia è piombata come una mannaia. Nel Medioevo erano le teste a rotolare, questa volta a finire sotto l’ascia del risparmio è l’italiano. Il governo del canton San Gallo ha proposto, per motivi finanziari, l’abolizione dell’italiano come materia specifica nei licei cantonali. Questa decisione permette al cantone di risparmiare 250'000 franchi all’anno e fa parte di un pacchetto di 54 misure di risparmio, di cui cinque concernono i licei.
Vittima dei risparmi. Stando a Martin Gehrer, membro dell’esecutivo e responsabile del dipartimento delle finanze, per il canton San Gallo si prospettano infatti due anni – dal 2012 al 2014 – di cifre rosse. In questo lasso di tempo il deficit cantonale dovrebbe aggirarsi tra i 257 e i 320 milioni di franchi. Così, cifre alla mano, l’esecutivo ha deciso di sopprimere l’italiano come materia specifica nei cinque licei cantonali. «L’italiano è scelto da circa il 5%, lo spagnolo dal 17% dei liceali. Mi dispiace, ma l’esecutivo deve risparmiare», spiega a swissinfo.ch Christoph Mattle, responsabile dell’ufficio dell’educazione del cantone San Gallo. Questa misura entrerà in vigore a partire dall’anno scolastico 2012/13, sempre che il parlamento approvi il risparmio di 100 milioni di franchi durante la sessione primaverile. «Chi ha scelto l’italiano come opzione specifica potrà continuare a seguire le lezioni fino agli esami di maturità. Tale opzione sarà soppressa completamente soltanto tra quattro anni. In futuro, gli studenti avranno la possibilità di impararlo scegliendolo come disciplina fondamentale o facoltativa e di presentarsi agli esami di maturità», illustra Mattle.
Effetto domino? Nella Svizzera italiana si è assistito inizialmente con incredulità e poi si è reagito con indignazione alla proposta dell’esecutivo sangallese. Così, canton Ticino, Pro Grigioni Italiano e Coscienza Svizzera si sono uniti formando un fronte comune per difendere la minoranza linguistica anche Oltralpe, per salvare il plurilinguismo elvetico e la coesione nazionale. Anche l’Associazione dei professori svizzeri d’italiano (ASPI) si è mobilitata e ha lanciato una petizione on-line contro l’abolizione dell’italiano come opzione specifica nei licei sangallesi. Donato Sperduto, presidente dell’ASPI, teme infatti che la soluzione adottata da San Gallo «possa fungere da modello per altri cantoni». Timore condiviso da Bruno Moretti, professore ordinario di linguistica italiana all’università di Berna: «San Gallo potrebbe servire da rompighiaccio e potrebbe legittimare altri cantoni a prendere una decisione analoga».
Italiano: superato il momento peggiore. Che la lingua del sì stia perdendo sempre più terreno a nord delle Alpi non è una novità. I dati statistici indicano infatti che sono sempre meno gli svizzeri – se si esclude la Svizzera italiana – a parlare italiano. Si è passati da circa il 12% del 1970 al 6% del 2010, stando almeno alle stime. Questo calo è da addebitare all’avvenuta integrazione dei figli e nipoti dei migranti, arrivati dalla Penisola. Da alcuni anni le statistiche indicano tuttavia «un bilancio migratorio della popolazione italiana positivo: sono più gli italiani che raggiungono la Svizzera di quelli che la lasciano», puntualizza Moretti. Il quadro sul numero degli allievi che scelgono di studiare l’italiano è invece molto frammentario. Nella Svizzera romanda pare non esista il problema dell’insegnamento dell’italiano nei licei. «Nella parte germanofona del paese varia da liceo a liceo. In alcuni istituti scolastici tiene molto bene, in altri è crollato. In generale lo spagnolo attira di più dell’italiano», illustra Donato Sperduto che basa le sue osservazioni su un’indagine non rappresentativa condotta dall’ASPI. Il condirettore dell’Istituto di lingua e letteratura italiana all’università di Berna Bruno Moretti ha l’impressione tuttavia che il momento peggiore sia stato superato. «Negli anni Ottanta – illustra Moretti – l’italiano ha goduto di grande popolarità, perdendo poi terreno nei confronti delle lingue dell’America latina e del rock. Ora sembra che la fase negativa si stia attenuando. Certo, la decisione di San Gallo non è ideale per diffondere una moda».
Soldi e coesione nazionale. Malgrado tutto, il calice amaro sangallese potrebbe lasciare in bocca un retrogusto dolce. Infatti, ha rinsaldato la coesione dei difensori dell’italianità e questo, specialmente se non ci si fermerà alla mera protesta, potrebbe avere degli effetti positivi sul plurilinguismo e sulla coesione nazionale. «La crisi costringe a pensare a nuove soluzioni e idee. L’italiano non va più inserito in una posizione di concorrenza con le altre lingue insegnate a scuola, che hanno a disposizione armi più seducenti, ma deve proporre idee innovative», afferma Moretti, riferendosi alla proposta di introdurre nelle scuole un modulo della durata di una settimana, un “Curriculum minimo di italiano”, capace di avvicinare i giovani all’italiano come lingua straniera con metodologie all’avanguardia nell’insegnamento.
È indubbio che la decisione del canton San Gallo contrasta con l’idea di una Svizzera rispettosa delle minoranze e con la politica linguistica della Confederazione, promossa anche dalla legge sulle lingue entrata in vigore il primo gennaio 2010. Fintanto, tuttavia, che i cantoni godranno di un’ampia autonomia in ambito di educazione e le loro scelte saranno prese mettendo sul bilanciere soldi e coesione nazionale, be’, il plurilinguismo uscirà sempre con le ossa rotte. Luca Beti, swissinfo.ch
2. Bozen. Durnwalder più rispetto, dall'Italia hai avuto tanto. 11/02/2011 08:35. L'INTERVENTO DI BOATO. Ha suscitato molto scalpore nei giorni scorsi il «No» di Luis Durnwalder alla partecipazione della Provincia autonoma di Bolzano, l'Alto Adige-Südtirol, alle celebrazioni romane per i 150 anni dell'Unità d'Italia: «Noi ci sentiamo una minoranza austriaca e non siamo stati noi a scegliere di far parte dell'Italia». Sono bastate dunque poche parole per riaccendere un dibattito che si trascina da quasi un secolo (dalla fine della prima guerra mondiale nel 1918, per l'esattezza) e che ha attraversato tutta la storia repubblicana, dal 1946 in poi.
Alexander Langer, il fondatore dei Verdi italiani, era un sudtirolese di madrelingua tedesca, che ha insegnato a tutti di saper superare non solo le barriere linguistiche, ma anche i muri mentali, attraversando le frontiere fisiche e ideologiche e cercando di capire in primo luogo «le ragioni dell'altro». Proviamo, dunque, in primo luogo a capire «le ragioni di Durnwalder», che non è un pericoloso estremista e nazionalista etnico, ma un leader politico e istituzionale al governo della sua Provincia autonoma da più di due decenni (dalla fine della guerra fredda, nel 1989) e che in questo periodo storico ha fortemente stemperato le contrapposizioni tra i tre principali gruppi linguistici: il gruppo maggioritario tedesco, il gruppo minoritario italiano e la più piccola minoranza ladina (spesso erroneamente assimilata ai «tedeschi», avendo invece una storia millenaria che li precede). Il «vizio d'origine» sta nell'annessione all'Italia - a seguito della prima guerra mondiale e della dissoluzione dell'impero asburgico - non solo del Trentino, ma anche del Sudtirolo (rivendicazione che neppure il «martire» irredentista e socialista Cesare Battisti, impiccato dagli austriaci nel 1916, si era mai sognato di fare, immaginando invece un confine a Salorno, cioè al confine tra l'area linguistica italiana e quella tedesca). È pienamente comprensibile, pertanto, che - sia pure a quasi un secolo di distanza - i cittadini sudtirolesi di madrelingua tedesca sentano ancora come propria «patria» (Vaterland) l'Austria e rivendichino come propria «Heimat» il Sudtirolo, pur essendo al tempo stesso a pieno titolo cittadini dello Stato italiano e riconoscendosi quindi nella Costituzione repubblicana.
Una Costituzione che all'art. 6 recita «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche» e che all'art.116 riconosce al Trentino-Alto Adige e ad altre quattro regioni «forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale» e che, sempre all'art.116, nel 2001 (su mia proposta) ha inserito nel testo costituzionale anche il nome tedesco «Südtirol» a fianco del nome italiano (ma di origine napoleonica e ripescato durante il fascismo) di Alto Adige. Oltre a tutto, c'è anche il paradosso che, certo, si festeggiano del tutto legittimamente i 150 anni dell'Unità d'Italia, ma nel 1861 l'attuale Trentino-Alto Adige era ancora parte integrante dell'Impero austro-ungarico, e ciò fino al 1918, cioè oltre mezzo secolo dopo. Se ancora oggi nella memoria storica e anche familiare dei sudtirolesi di lingua tedesca pesa la forzata «annessione» all'Italia del 1918 e la durissima oppressione del regime fascista (con il sistematico tentativo di cancellazione della loro identità linguistica e socio-culturale), è necessario tuttavia ricordare tutte le tappe che hanno segnato la storia di questa terra e della sua particolarissima autonomia nella fase storica post-fascista e repubblicana, dopo la seconda guerra mondiale.
In estrema sintesi: nel 1946 l'Accordo Degasperi-Gruber, il patto che è a fondamento ancora oggi dell'autonomia sudtirolese e del suo «ancoraggio» internazionale (tanto che per due volte, nel 1960 e '61, la questione sudtirolese fu portata dall'Austria all'Onu, con l'apertura di una vertenza che si concluse definitivamente solo nel 1992, con la concessione della «quietanza liberatoria» da parte dell'Austria - potenza tutrice - all'Italia); nel 1948, varato dall'Assemblea costituente dopo la promulgazione della Costituzione repubblicana, il primo Statuto speciale di autonomia; nel 1969 il cosiddetto «Pacchetto» di misure a favore dell'Alto Adige, a seguito della vertenza all'Onu e del periodo terroristico; nel 1972 il secondo Statuto speciale di autonomia (con il recepimento di molte misure previste dal «Pacchetto»); nel 1992 la fine della fase di attuazione del secondo Statuto, con la conseguente «quietanza liberatoria» da parte dell'Austria; nel 2001 la terza riforma dello Statuto (riforme riguardanti sempre anche il Trentino); lungo tutti i decenni dal 1972 ad oggi, una serie ininterrotta di «norme di attuazione» (dello Statuto di autonomia) che hanno sempre più rafforzato le competenze legislative e amministrative delle due Province di Trento e Bolzano, che godono di una autonomia istituzionale e finanziaria che non ha pari né in Italia né in Europa (ma anche nel resto del mondo).
Questa rapida rassegna storico-istituzionale permette, alla fine, di sollevare comunque qualche interrogativo sulla scelta di Durnwalder, dopo averne riconosciuta la legittimità storica e culturale. Ha scritto mercoledì Paolo Campostrini sul quotidiano Alto Adige: «Ai sudtirolesi non può essere chiesto di amare l'Italia per legge. Ma sono state proprio le leggi di questa Italia che hanno consentito a tre generazioni di altoatesini di amare la terra che li ha accolti e ad altrettante di sudtirolesi di godere di un autogoverno senza pari. Ed è questa l'Italia che ricorda i suoi 150 anni». Durnwalder risponde: «Nutro il massimo rispetto verso i sentimenti di chi vuole festeggiare, ma nessuno può essere costretto a festeggiare una cosa quando non se la sente».
È vero, ma la responsabilità istituzionale è qualcosa che va al di sopra e al di là dei sentimenti (e anche dei risentimenti…): e a Roma (dove tanto spesso dialoga e contratta con i Governi di ogni colore) Durnwalder potrebbe, o avrebbe potuto, rappresentare con dignità e orgoglio una terra che nell'ambito dell'Italia repubblicana e costituzionale, rappresenta un modello esemplare di autogoverno democratico che non ha pari al mondo, neppure al di sopra del confine del Brennero. «Ohne Grenzen - Senza confini» proclamava proprio al Brennero vent'anni fa Alexander Langer. Anche senza confini mentali, da una parte e dall'altra.
Marco Boato Già Presidente dei Verdi del Trentino e parlamentare per più legislature.
3. Bozen. No dell'Alto Adige all'Unità d'Italia, proteste dei turisti via e-mail. Gli albergatori: "Temiamo disdette". Reazioni da tutta la penisola alla decisione della Svp di non partecipare ai festeggiamenti: "In Alto Adige ci siamo sempre trovati bene, ma questo è troppo". BOLZANO. «In Alto Adige ci siamo sempre trovati bene, ma disapproviamo il fatto che la Provincia abbia deciso di non partecipare alle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità di Italia». Viaggia via mail la protesta dei turisti italiani dopo l'annuncio del governatore Luis Durnwalder che la sua giunta (guidata dalla Svp, ma anche con il Pd a rappresentare gli italiani) non parteciperà alle celebrazioni per i 150 dell'Unità d'Italia in quanto "non c'è nulla da festeggiare".
Decine le mail arrivate all’Azienda di soggiorno di Bolzano e all’a ssessore provinciale al turismo Hans Berger _ che di mestiere fa l'albergatore _ contro la decisione della giunta provinciale di disertare tutte le celebrazioni per il 150º anniversario dell’Unità d’Italia, a partire dalla mostra sulle eccellenze territoriali delle Regioni in programma a Roma dal 26 marzo a fine luglio al Vittoriano e a Castel Sant’Angelo.
.Il timore tra gli operatori turistici della zona è che dopo le proteste, scatenate da una decisione rimbalzata con fragore a livello nazionale, possano arrivare le disdette oppure potrebbe succedere che clienti affezionati alle montagne dell’Alto Adige quest’estate scelgano un’altra meta.
«Purtroppo il rilievo dato a livello nazionale alla notizia - commenta il presidente dell’Azienda di soggiorno Dado Duzzi - ha provocato la dura reazione dei turisti italiani che contestano il fatto che l’Alto Adige non festeggerà l’anniversario dell’Unità d’I talia. Speriamo che la protesta si fermi allo sfogo via mail: il timore è che certe scelte possano creare disaffezione. Non possiamo permetterci di perdere clienti».
Reazioni simili a quelle di oggi si erano registrate nel 2009 per la segnaletica di montagna sempre più monolingue. Poi però tra i turisti italiani e l’Alto Adige era tornato il sereno. Adesso la nuova crisi che gli operatori turistici sperano non si traduca in un divorzio.
Mail di protesta sono arrivate anche a Berger, assessore e albergatore, ma nel caso specifico la contestazione è indirizzata a lui in quanto responsabile del turismo.
«Purtroppo - commenta l’assessore - a livello nazionale è passato il messaggio che la Provincia è contro i festeggiamenti. Non è così. Semplicemente abbiamo deciso di non parteciparvi attivamente, massima libertà però per tutti di aderire. Anzi, ritengo che gli italiani facciano bene a festeggiare». Berger è convinto che le polemiche si smorzeranno presto, perché “chi viene qui da anni conosce l’ambiente, sa cosa pensa la gente e non si fa influenzare dalle polemiche”.
La verità è che le mail dei turisti preoccupano. Il turismo, pur avendo risentito meno di altri settori della crisi, in questa stagione - forse per la prima volta - sembra meno brillante che in passato. «In questo momento - ammette Berger - abbiamo zone che soffrono perché sono quasi vuote e altre che vanno molto bene. Dobbiamo rassegnarci all’idea che con il 2010 la crescita è finita. Del resto, non si poteva pensare di continuare ad aumentare le presenze». Il presidente degli albergatori Walter Meister invita alla cautela: «Qualche segnale di crisi c’è, ma per i bilanci bisogna attendere la fine della stagione».
Sulla polemica in atto non si sbilancia ma conta sull’effetto Durnwalder: «Qualsiasi cosa si faccia non si riesce mai ad accontentare tutti, ma so che il presidente gode della stima degli italiani. Alla fine questo prevarrà su tutto il resto».
4. Trento. Recupero dell’evasione, c'è un crollo del 12%. 11/02/2011 09:04. TRENTO - L'anno scorso l'Agenzia delle entrate di Trento ha recuperato dall'evasione fiscale 74 milioni 708 mila euro. Rispetto al 2009, quando gli incassi balzarono a 84 milioni 869 mila euro, il calo è di quasi il 12%. La diminuzione registrata, pari a 10 milioni, non è compensata dal recupero di evasione contributiva ottenuto dall'Inps, che ha visto i suoi incassi crescere dell'11%.
Per quanto riguarda invece Equitalia, la società pubblica regionale di riscossione, gli introiti 2010 riscossi in Trentino Alto Adige scendono da 109 a 102 milioni. Il Trentino questa volta non fa una gran figura a livello nazionale. Ieri Agenzia delle entrate, Equitalia e Inps hanno presentato a Roma i risultati nazionali della lotta all'evasione 2010. Complessivamente dai tre enti sono stati incassati 25,4 miliardi, con crescite a due cifre per quasi tutte le voci.
Tra le regioni, la Lombardia vede i recuperi fiscali salire da 2,5 a 2,7 miliardi, il Lazio da 978 milioni a 1,5 miliardi, il Veneto da 600 a 733 milioni, l'Emilia Romagna da 627 a 672 milioni. Cali si segnalano in Piemonte, Liguria e, appunto, a Trento e Bolzano. In Trentino l'Agenzia delle entrate incassa 28,1 milioni da ruoli, contro i 39,2 milioni del 2009.
5. Belluno. Belluno: «No ai tagli di fondi nei trasporti». In un documento si chiede a Venezia di razionalizzare «dove si spreca». BELLUNO. Un documento condiviso, da Provincia, sindacati e associazioni di consumatori, per chiedere a Venezia una diversa pianificazione dei tagli al trasporto pubblico locale. E' il risultato dell'incontro che ha fatto seguito allo sciopero proclamato dai sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Faisa Cisal) per difendere e salvaguardare un servizio che, come è stato ribadito anche ieri, «è già stato razionalizzato al massimo, e non può essere sottoposto a ulteriori decurtazioni», hanno detto a più riprese i rappresentanti delle rsu di Dolomiti bus ieri mattina. Lo sciopero è iniziato alle 9.30 col raduno dei manifestanti, circa 300, in piazza Duomo. Davanti a Palazzo Piloni sono state spiegate le motivazioni, quindi i rappresentanti sindacali sono stati ricevuti dall'assessore ai trasporti Silver De Zolt. Contestualmente il presidente della Provincia Gianpaolo Bottacin incontrava alcuni degli autisti e la stampa, per ribadire l'interesse della Provincia a «puntare a non tagliare nulla in questo territorio», ha detto. Dal tavolo di confronto è emerso il documento che sarà inviato a Venezia, ai consiglieri regionali Bond, Toscani e Reolon, ai capigruppo del consiglio regionale, al presidente della II Commissione Andrea Bassi e per conoscenza al presidente del consiglio Ruffato, a Zaia, Chisso, Ciambetti e Finozzi. Si vuole evidenziare a tutti i soggetti che in questi giorni stanno discutendo il bilancio, che «le caratteristiche morfologiche e orografiche del nostro territorio non consentono ulteriori decurtazioni nel settore. In ogni caso, eventuali tagli a livello regionale impongono una diversa pianificazione degli stessi, che non possono e non devono essere spalmati indistintamente su realtà provinciali che non sono fra loro uguali», si legge nella lettera. In pratica si chiede di tagliare dove si può, e non in una provincia e in un'azienda (Dolomitibus) che sono virtuose. «La montagna è già penalizzata sotto molti punti di vista, non si può accettare anche questo», ha detto De Zolt. Il taglio, se dovrà esserci, sia in altre realtà, come Venezia, che «da sola si mangia il 60% delle risorse messe a disposizione dalla Regione per il trasporto pubblico locale», ha spiegato Rudy Roffarè della Cisl. «Il restante 40% deve essere suddiviso fra le altre province». Soddisfatti anche i sindacati: «Siamo dovuti arrivare a fare una manifestazione per ottenere di essere convocati», ha detto Renato Bressan (Cgil), «ma almeno lo abbiamo ottenuto, ed è questa l'unica cosa che conta». Insieme al tavolo permanente sulla mobilità, istituito ieri.
6. Trieste. L’Europa ”riabilita” i nuovi sconti sui carburanti. Bruxelles sconfessa Roma: «Sono in regola». La Serracchiani attacca: «Governo superficiale». L’eurodeputata del Pd ha chiesto un parere alla Ue sulla legge impugnata «La risposta è incoraggiante. Ora la giunta difenda cittadini e benzinai». TRIESTE. La Regione li approva. Roma, tirando in ballo l’Europa, li condanna. Ma l’Europa, ”sconfessando” Roma, li assolve: i nuovi sconti sui carburanti, quelli che dovrebbero far risparmiare sino a 13 centesimi al litro sulla benzina e sino a 9 centesimi al litro sul gasolio, almeno «a prima vista» non violano il diritto comunitario. Parola di Bruxelles. Perché mai, allora, Palazzo Chigi li ha impugnati davanti alla Corte costituzionale? Sembra una commedia degli equivoci, non lo è: i nuovi sconti - diventati legge, su input di Roberto Asquini e Danilo Narduzzi, l’estate scorsa - sono ancora congelati. Appesi a una sentenza. Eppure, a sorpresa, la commissione europea riaccende le speranze degli automobilisti con una lettera ufficiale e autorevole. Il mittente è Gert Jan Koopman, il numero due della direzione generale alla Concorrenza, il «responsabile speciale» per gli aiuti di Stato. Il destinatario è Debora Serracchiani, l’eurodeputata del Pd, l’artefice della contromossa in difesa di cittadini e benzinai.
A dicembre, mentre la Regione decideva di resistere alla bocciatura del governo ”amico”, l’eurodeputata ha infatti chiesto direttamente a Bruxelles se i nuovi sconti fossero compatibili con il diritto Ue. Non un’impresa impossibile, ma Serracchiani è stata l’unica a farlo. L’Europa, con il suo superesperto in aiuti di stato, ha vagliato la legge ”incriminata” e diramato il verdetto. Necessariamente informale - perché «lo Stato italiano non ha notificato la misura» e «nessuna denuncia è stata ricevuta» - ma sicuramente incoraggiante: la legge regionale, scrive l’alto euroburocrate, stabilisce riduzioni sui prezzi alla pompa che vengono «concesse a privati cittadini e onlus» e sono più «elevate per veicoli a bassa emissione e beneficiari localizzati in aree svantaggiate».
Ma le misure in favore dei privati «non configurano in linea di principio aiuti di Stato» né li configurano quelle in favore delle onlus purché non esercitino attività economiche o non ricevano più di 200mila euro di contributi in tre anni. Non basta: nemmeno le altre misure sembrano violare alcunché. Certo, ”mister Concorrenza” non chiarisce se i nuovi sconti rispettano anche i diktat sulle accise, demandando la risposta alla direzione competente, ma ce n’è comunque abbastanza per ”sognare” l’happy end. E arrabbiarsi: «La risposta ci fa sperare e ci rende ottimisti. Ma ci fa molto preoccupare perché squarcia il velo sull’improvvisazione con cui si muove il governo» afferma Serracchiani.
E incalza: «Quale Paese europeo sarebbe stato animato da un tale eccesso di zelo nell’adempiere a un dettato della Ue che risulta lesivo per una Regione senza nemmeno chiedere il parere preventivo a Bruxelles?». Alla faccia del federalismo, insomma, Roma conferma l’approccio «da padrona». E adesso? Serracchiani non ha dubbi: «La Regione alzi la voce con il governo, come si aspettano cittadini e gestori. Io spero d’aver dato una mano».
7. Conegliano. Crisi Electrolux, chiuderà metà fabbrica. L'azienda ufficializza al sindacato: cinquecento esuberi, Sacconi convoca le parti. CONEGLIANO. Entro il 2014 l'Electrolux quasi dimezzerà la fabbrica di Susegana, portandola dai 1296 posti di oggi a 500. Ieri, infatti, l'azienda ha annunciato 370 esuberi, che vanno ad aggiungersi ai 115 residui del piano di ristrutturazione 2008. Già lunedì le prime due ore di sciopero. «Ci opporremo ai licenziamenti» anticipano i sindacati. Il ministro Sacconi ha convocato le parti. La situazione è così pesante che il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, prima ancora che i sindacati glielo chiedano, ha convocato le parti «per un esame congiunto delle proposte di riorganizzazione industriale e di ridimensionamento dell'occupazione». Sacconi ricorda infatti che le proposte discusse ieri tra Eleectrolux e sindacati, in trattativa a Mestre, «intervengono a breve distanza da precedenti accordi e quindi a maggior ragione richiedono un confronto approfondito per garantire il futuro delle localizzazioni produttive in Italia e dei relativi livelli occupazionali». Il «gigante del freddo» prevede 580 esuberi in Italia nei due stabilimenti di Porcia e Susegana. Ma che diventano più di 800 con quelli residui. I nuovi sono 370 a Susegana e 110 a Porcia, i precedenti (quelli del piano 2008) sono 115 a Susegana, in scadenza a marzo, e 110 a Porcia. «L'azienda ha spiegato che a causa della crisi si è trovata a dover ritarare occupazione e produzione su livelli più bassi», ha riferito Gianluca Ficco della Uil, sottolineando tuttavia la notizia dell'«ingente piano di investimenti per i prossimi tre anni». Per Susegana, in particolare, l'azienda ha deciso di concentrare la produzione solo sui frigoriferi ad incasso e sta valutando di delocalizzare in Ungheria una parte della produzione di quelli a libera installazione. Nello stabilimento trevigiano l'Electrolux si trova costretta a scendere dai 945 mila pezzi del 2008, a 730 mila, dopo aver chiuso l'anno scorso con 820 mila frigo. «Inattesa è stata la concorrenza veemente - spiega Michele Zanocco della Fim - dei produttori cinesi, turchi, coreani, che in alcuni paesi europei sono riusciti a conquistare addirittura il 30% del mercato dei frigoriferi di minor prezzo, limitandosi al momento ad un 10% in Italia, Ma la tendenza è di aggredire anche il cosiddetto alto di gamma». Il piano sarà meglio spiegato nell'incontro programmato fra le parti per il 21 febbraio. Oggi, intanto, inizieranno a Susegana le prime proteste, con grandi cartelloni affissi all'ingresso dai delegati Rsu. Lunedì le prime due ore di sciopero. «Siamo disponibili ad entrare nel merito del piano - conclude Zanocco - ma non ad accettare proposte di licenziamento».
8. Padova. Padova città per vecchi", contro i divieti notturni ragazzi scatenati nella rete. Sotto tiro c'è il sindaco Zanonato, che ha firmato l'ordinanza per ripulire via Bernina, all'Arcella, da spacciatori, ladri, incivili che insozzano strade e marciapiedi, imponendo la chiusura all'una a una discoteca e il divieto di somministrare bevande e cibi a tre circoli. PADOVA. Voglia di divertimento da una parte e linea dura contro il degrado dall'altra: sono gli opposti fronti su cui si sta consumando la diatriba fra Flavio Zanonato e i giovani che stanno tempestando la sua bacheca in Facebook. A ispirare la singolar tenzone è l'ordinanza che il sindaco, rivestiti i panni dello sceriffo, ha emanato tre giorni fa per ripulire via Bernina, zona Arcella, da spacciatori, ladri, incivili che insozzano strade e marciapiedi di pipì e vomito.
Nel mirino del popolo della notte il contenuto "punitivo" del provvedimento che impone la chiusura all'una alla discoteca Love e il divieto di somministrare bevande e cibi ai circoli E-Style, Unwound e Mappaluna. Città per vecchi, pulizia etnica, città di spettri: si sprecano nelle critiche dei ragazzi scenari deprimenti per l'immagine di Padova. Contro il sindaco anche chi lavora nei locali, preoccupato di perdere il posto.
Ma Zanonato è irremovibile: «Devo tutelare i diritti dei residenti». E si appella all'articolo 41 della Costituzione, che recita: «L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
Giovani agguerriti. «Io che ho vent'anni dovrei passare il sabato sera a giocare a canasta? - chiede Luisa Torchio - Locali e discoteche fanno girare l'economia, non sarebbe il caso di incentivare la cosa, invece che bloccare tutto ogni volta? E' questa una città per vecchi che appena si lamentano scatta l'ordinanza? Poi non si stupisca se i giovani scappano».
«Smetta di fare ordinanze senza senso - rincara Jennifer Sforza - siamo stanchi di tutto quello che ci proibisce. Non tagli le gambe a posti tranquilli e che finalmente propongono cose diverse a costi ridotti».
I ragazzi difendono a spada tratta l'offerta di svago dei circoli di via Bernina: «Questi locali sono la storia del divertimento di Padova e non c'è motivo di adottare la politica del proibizionismo. La città offre sempre meno alternative - si lamenta Elisa Fais - non siamo noi giovani a rubare nelle auto e a spacciare». «E' la solita soluzione comoda - accusa Giacomo Bosello - perché altre sarebbero impegnative». «La chiusura alle 23 dei locali in centro - fa notare Gianni Ratti - ha consegnato piazza delle Erbe agli spacciatori».
Lavoratori preoccupati. «Che alternativa ci propone Signor Sindaco a noi dipendenti dei locali? - chiede Pamela Burcovich del Love - E gli affitti, gli artisti, i clienti affezionati e le migliaia di euro spese? La sua ordinanza tutela solo una parte dei cittadini. Ha un'alternativa per quelli come me che di questo lavoro vivono?». E del resto è diffusa fra "gli amici" in rete del primo cittadino l'idea che il suo provvedimento provocherà danni all'economia locale con conseguente impoverimento della città.
Sindaco risoluto. «In quella zona di Padova - risponde Zanonato ai ragazzi che lo hanno contattato in Facebook - vivono centinaia di famiglie che hanno dei diritti che devono essere tutelati. I circoli aprono ma non risolvono problemi tipo i parcheggi, hanno una frequentazione sovradimensionata rispetto alle strutture a disposizione. Spesso in questi locali sono presenti numeri incompatibili con le norme di sicurezza. Sollecitati dai residenti, che hanno raccolto 400 firme, abbiamo monitorato la zona e documentato problemi come la presenza di droga, rumori fino alle 5 di mattina, grande consumo di alcol, vomito e pisciate sulle strade. Non credo - rimane convinto Zanonato - che i giovani nella loro grande maggioranza si divertano sballandosi e ubriacandosi, ma i responsabili sono stati avvisati che dovevano cambiare e non hanno provveduto. Non è vero che a Padova non ci sono opportunità di divertimento per i giovani - sottolinea il sindaco - per fare un esempio è una capitale della musica pop e rock».
Le proposte. Secondo i giovani, al di là dell'odiata ordinanza, qualcosa potrebbe fare l'amministrazione comunale per ridurre il degrado e limitare i problemi legati alla presenza di locali molto frequentati in via Bernina: mezzi di trasporto pubblici notturni per evitare il caos parcheggi, ma soprattutto inviare pattuglie delle forze dell'ordine per scoraggiare gli spacciatori, i ladri e gli esagitati che si sballano a suon di alcol e droga e usano le strade come latrine.
9. Reggio Calabria. E Gaetano sbottò: ''...e non me lo aspettavo...'' Mercoledì 09 Febbraio 2011 23:13. di Giusva Branca - Il mio amico Gaetano è sbottato: "Porca miseria, và, porca miseria!...e non me lo aspettavo..." - ha sussurrato leggendo la dichiarazione del Ministro Tremonti al suo arrivo in treno a Reggio Calabria.
"Raggiungere Reggio Calabria in treno è complicato" - ha detto il Ministro, il quale in un incredibile sforzo di astrazione e, al tempo stesso, di straordinaria sintesi è riuscito anche ad elaborare anche un pensiero più complesso: " Da Milano a Roma ci si impiega poco più di tre ore, da Roma a Reggio molto di più" ha sentenziato Tremonti al termine di estenuanti studi e valutazioni compiuti durante il trasferimento verso Sud.
Il mio amico Gaetano, francamente, non se lo aspettava proprio: e chi sarebbe mai riuscito, al posto del Ministro, a pervenire a conclusioni così nette e straordinariamente innovative?
D'altra parte - ho provato a spiegare al mio amico Gaetano - non è che si diventa Ministri così, per nulla.
Per fare i Ministri bisogna dimostrare di avere delle doti particolari (per fare le Ministre altre, ma questa è un'altra storia che è meglio non toccare perché il mio amico Gaetano è sensibile sul tema e poi si agita e gli succedono delle strane cose...).
Ora, dicevamo, il mondo d'improvviso cambia; è come se Tremonti, audace e sagace titolerebbe l'antico quotidiano, avesse varcato le colonne d' Ercole e scoperto un mondo.
Un mondo diverso (ma fatto di sesso, cantava Rino Gaetano...no, non è una mania, piuttosto un riflesso condizionato quando parlo di politica...e poi quello è un altro Gaetano, uno che ci manca tanto, non il mio amico). Un mondo ignoto a chi, unto dal Signore (e speriamo non da altro...), decide della vita e della morte di queste regioni di un Sud che, diciamocelo ( come ama dire un altro Ministro), ha un pò rotto le palle con le sue istanze.
"Ma veramente ora questi si sono messi in testa che possono scocciarci con le loro lamentele?" avranno detto mille e mille volte riferiti al Sud nei Consigli dei Ministri assortiti (per location, argomenti e optional fuori ordinanza).
Stavolta, però, Tremonti ha voluto prendere in mano la situazione e rendersi conto di persona di quanto piagnoni siano questi sudici (nel senso di uomini del sud, per carità, come nordici sono quelli del nord).
E allora ha avuto la geniale pensata di montare su un treno per arrivare a fine corsa e sentenziare che il viaggio, in effetti è lungo...
"Ma" - ha timidamente detto a mezza voce il mio amico Gaetano - "non era più facile consultare un orario ferroviario?"
Gaetano, te lo devo proprio dire: sei un cretino!
Solo ora che lo ha detto il Ministro il viaggio ha assunto i crismi di un trasferimento troppo lungo, quanto detto da altri non conta. D'altra parte, caro Gaetano, sai cosa rispose il notabile alla moglie che lo aveva colto in flagranza di adulterio e che gli chiedeva conto del suo incredibile negare?
"E secondo te i tuoi occhi valgono più della mia parola...?".
Ora, però, Gaetano, io ti conosco e so che tu ti lasci travolgere dall'ottimismo e ti aspetti che Tremonti adesso faccia analoga operazione con la A3.
Devi avere pazienza, in fin dei conti anche Cristoforo Colombo per scoprire l'America ebbe bisogno di svariate spedizioni...
10. Reggio Calabria. La faccia tosta del superministro venuto dal Nord. 11/02/2011. di FRANCO LARATTA. Il superministro dell'Economia, uomo forte del Governo italiano, ha improvvisato l'altro ieri un tour in treno, viaggio in seconda classe per fare colpo, al fine di “ verificare le condizioni dei Trasporti in Calabria”. A noi, per la verità, è sembrato il preavviso di una imminente campagna elettorale di un candidato premier. Cioè: Tremonti prepara la discesa in campo dato che il Cavaliere è ormai inservibile. Ma tant'è! Tremonti, qualche giorno prima di partire, ha ovviamente avvisato l'Amministratore delegato di Trenitalia, Moretti, che a sua volta ha provveduto a sistemare alla meglio le stazioni, a far riaprire qualche biglietteria, a 'sgomberare' la linea da possibili altri treni. Con il superministro anche il segretario generale della Cisl, Bonanni, e della Uil Angeletti (poi qualcuno dovrebbe spiegarci cosa ci sono andati a fare, e perchè non c'era il segretario della Cgil, e anche quello dell'Ugl). Tremonti, dicono le cronache, si è informato di orari e pulizie (sul bagno del suo treno mancava l'acqua: tranquillo Ministro, non è un caso: manca sempre, e i bagni sono eternamente sporchi o intasate, e le carrozze vecchie e sporche!, se lo lasci dire da chi utilizza sempre il treno) e ha commentato che è della classe politica meridionale degli ultimi 30 anni, accusata di essere responsabile del disastro del sud, dei ritardi della crescita, dell'assenza di infrastrutture ecc ecc. Ora Ministro, vabbè che i meridionali, politici o comuni cittadini, sono incapaci, corrotti e ignoranti, ma certe cose sono davvero insopportabili. Intanto perchè ferrovie, strade, autostrade,porti e aereporti sono direttamente o indirettamente gestiti dal Governo centrale che nomina presidenti, amministratori delegati e consigli di amministrazione. E decide le risorse finanziarie da investire per mantenere i mezzi di trasporto e le infrastrutture. Ma, in ogni caso, lei sig Ministro, dov'è stato negli ultimi 15 anni? Cosa sa dei 100 miliardi di euro- i cosiddetti FAS, stanziati nel 2007 dal Governo Prodi) destinati al rilancio delle aree sottoutilizzate del Paese, che oggi sono come scomparsi? Di quei 100 miliardi, lei ha rapinato ben 30 miliardi, per destinarli a tutt'altri scopi, violendo la loro destinazione, favorendo comuni in fallimento (di destra) e gli allevatori leghisti che la Comunità europea aveva pesantemente sanzionato. Cosa ne sa lei dei 500 milioni di euro che il governo Prodi aveva stanziato, sempre con la Finanziaria 2007, per l'ammordenamento delle strade provinciali di Calabria e Sicilia? Lo sa bene, perchè quei 500 milioni di euro sono stati sottratti alle due Regioni non appena il governo Berlusconi si è insediato nel 2008, e destinati a tutt'altro scopo! Non sa nulla , sig. Ministro, della proposta di legge Meta (firmata da me e dagli altri colleghi della Commissione Trasporti della Camera, che prevedeva l'acquisto di 1000 treni per i pendolari che viaggiano quasi in carri bestiame? La legge, che si finanziava con 1 cent dalle accise sui carburanti, approvata in Commissione, è stata bloccata dal governo mentre l'Aula la stava definitivamente votando quasi all'unanimità! Di cos'altro vogliamo parlare sig. Ministro? Del Piano per il Sud (alla sua quarta approvazione in Consiglio dei ministri), della sua tanto sbandierata Banca per il Sud, della Salerno-Reggio Calabria alla quale lei ha tolto ingenti risorse, dell' Anas che lei umilia e mortifica impedendole perfino di gestire l'ordinaria amministrazione? O vogliamo parlare del Ponte sullo Stretto, che lei lo sa benissimo ma sta zitto per non urtare il Principale, non si farà mai per mille motivi che qui omettiamo? Veda sig. ministro, lei è l'ultima persona che può prendere un treno per il sud, farsi un giro, rilasciare le solite dichiarazioni spiritose, e farci pure la morale! Lei è il responsabile dei furti di Stato e delle rapine perpetrate con le sue finanziarie al Mezzogiorno. Lei è parente stretto a Bossi e al clan leghista, che finanzia abbondantemente e sempre ai danni delle aree deboli del Paese, considerate dal suo governo come 'un cancro da estirpare'. Sig. Ministro, se davvero pensa che il sud sia messo male, come del resto lo è, che non ha infrastrutture adeguate, non ha mezzi di trasporto efficienti, non cresce ma scivola sempre più verso il fondo, ricordi che alla fine di questa legislatura, lei, Berlusconi e la sua squadra, sarete stati al governo per 14 degli ultimi 20 anni. Ben 14 anni. E questo, vorrà pur significare qualcosa. Buon viaggio con le Frecce Rosse che, numerosissime, portano da Roma al nord del Paese. A noi del sud rimane ancora qualche vecchio convoglio spostato dal nord verso il sud per trasportare merci e bestiame! Ed ecco perchè, sig. Ministro, per una volta le devo dar ragione: sì, è vero quello che lei dice. Al sud i moscerini sono più veloci dei treni. Perchè da noi i treni ad Alta Velocità arrivano appena a Salerno; perchè le linee ferrate sono le stesse degli anni '50 del secolo scorso; perchè nessun investimento nelle infrastrutture ferroviarie è mai stato fatto da lei e dai governi di cui ha fatto parte dal '94 ad oggi. E mi consenta di aggiungere che se i velocissimi moscerini del sud dovessero mai capitare su un treno che da Reggio Calabria porta a Taranto, di sicuro non ne uscirebbero vivi!! p.s.: Le ha mai detto qualcuno, sig. ministro dell'Economia, che da circa 6 mesi, dopo le 17 non c'è più alcun treno che da Roma parte per il sud del Paese?
11. Federalismo dal Sud. Proposta al Nord. di LINO PATRUNO. Dunque il presidente lombardo Formigoni ha detto basta. La sua Regione è stanca di pagare al resto del Paese e vuole un federalismo vero. Risposta generica a chi gli chiedeva quale sia questo federalismo vero. Forse quello tipo <i soldi nostri ce li teniamo noi>. O, come dicono i leghisti, <noi vogliamo solo portarci a casa il federalismo>. Portarci a casa, molto chiaro. Un riforma spacciata nell’interesse di tutto il Paese. Anzi, dirò di più, soprattutto del Sud. Se la portano a casa loro.
Formigoni, che è persona civile, ha spiegato l’ultimatum: per la prima volta dal 1995 è diminuito il reddito delle famiglie in Italia. Quindi sono necessarie meno tasse, altrimenti si vivrebbe sempre peggio. Per la legge della logica, federalismo significa quindi meno tasse.
Vero per vero, federalismo significa invero un’altra cosa: ciascuno si tiene le sue tasse sul suo territorio, e lo Stato si prende solo la piccola parte per i servizi a suo carico, diciamo sicurezza, giustizia e dintorni. Invece questo federalismo è falso perché lo Stato rinuncia a poco del suo ma riduce di molto quanto versa ora ai territori. E i territori devono ricorrere a loro nuove tasse per avere gli stessi servizi, stante la riduzione del versamento dello Stato. Per la legge della logica, il risultato è l’aumento delle tasse.
Ma in questo federalismo fin troppo fiscale, nel senso di senza limiti per il fisco, senza risposta è la principale domanda: chi paga il debito pubblico, il terzo al mondo. Che ogni anno costa 80 miliardi in soli interessi. Ecco perché lo Stato non può rinunciare al suo. Ma quelli che vogliono portare <il federalismo a casa> hanno sempre fatto finta di niente. Anzi dicono che vogliono tenersi <i loro soldi>.
Allora, visto quanto ci tengono al federalismo (ma nell’interesse del Sud, sia chiaro) facciamo una proposta. Loro che lo spasimano, insomma il Nord, si paghino una tassa patrimoniale con la quale si dimezza il debito. Dopo di che tutte le Regioni siano a statuto speciale, tipo Sicilia e Val d’Aosta, che trattengono quasi tutte le loro tasse. Così lo Stato non avrà più bisogno di conservare le sue, almeno all’attuale livello, cioè il più alto d’Europa. Solo così il federalismo sarà più vero. E non significherà aumento delle tasse. Ovvio che ci vorrà sempre il fondo di perequazione a favore delle regioni che partono in svantaggio. Quel fondo del quale i prodi Bossi e compagni non parlano. E sul quale un Sud con gli attributi non dovrebbe farsi beffare. Perché è troppo comodo aver creato in 150 anni gli attuali divari e poi dire: bene, da ora in poi chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, facciamo il federalismo e ciascuno per conto suo.
Graziamo Formigoni di qualche cifra interessante, ma già nota a queste colonne. Se dai più ricchi ai meno ricchi scendono ogni anno 50 miliardi, dai meno ricchi ai più ricchi salgono ogni anno 70 miliardi in loro prodotti e servizi acquistati. Ecco perché vogliono il federalismo e non la secessione, mica fessi. E lasciamo stare anche il dato della Banca d’Italia (prego accedere in Internet) sul debito delle amministrazioni locali nel novembre 2010: Nord 48 milioni di euro, Sud più isole 34 milioni. Ma a responsabilizzarsi a spendere meno deve essere il Sud. E lasciamo stare i soldi della sanità, che vanno più al Nord che al Sud perché lassù hanno più vecchi: i giovani sono pregati di non prendersi mai il raffreddore. E lasciamo stare la spesa dello Stato, sorpresa: maggiore al Nord che al Sud, cioè di più dove serve meno (prego accedere in Internet, ministero di Tremonti).
E però, federalismo o no, non può continuare così. Con l’Italia unita ma mai disunita da un divario simile. Allora c’è il piano per il Sud. Non il primo e chissà se l’ultimo. Centomila miliardi, diventati 70 mila perché una fetta se ne è già andata al Nord per le multe dei lattai leghisti e compagnia bella. Soldi non nuovi ma messi insieme perché non spesi, soprattutto perché comparivano e scomparivano, il Sud li chiedeva e il governo non li dava. E ora da spendere come dice il governo, perché voi Regioni meridionali non ne siete capaci. Federalismo statale. E per grandi progetti, basta con queste spese un po’ qui un po’ lì e alla fine non cambia niente.
Mettiamo: l’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari. Mettiamo la superstrada jonica che unisca finalmente Puglia, Basilicata e Calabria, scientificamente divise dovesse funzionare insieme un Sud i cui confini furono disegnati dai prefetti sabaudi soprattutto per indebolirlo. Ma se dicono che le opere sono immediatamente cantierizzabili, si aprano domani i cantieri, senza far passare l’anno e mezzo passato dall’ultima volta. E magari, un Sud con gli attributi si faccia sentire al di là di centrodestra o centrosinistra. Altrimenti ha ragione Formigoni: si tenga il federalismo, rimanga Sud e ora davvero basta, ché lorsignori si sono rotti.
12. In Italia la magistratura non sarà mai riformabile. di Sergio Luciano. Qual è l'unico modo per imporre regole stringenti a un gruppo di energumeni sperando che le rispettino? Far sì che l'applicazione di queste regole sia automatica e che le sanzioni per chi non le applica lo siano altrettanto. Perché se, invece, la vigilanza sul rispetto delle regole e l'irrogazione delle sanzioni viene affidata a un altro gruppo di energumeni, l'esito non può che essere uno: la rissa permanente. È quel che sta accadendo in Italia tra politici e magistrati da una ventina d'anni, dall'esplosione di Tangentopoli in poi. Politica e magistratura sono, innanzitutto, due agguerritissime lobby, e poi sono due poteri dello Stato, divisi dalla Costituzione e dai punti di vista, eletti gli uni, selezionati per (inefficiente) concorso gli altri, fisiologicamente portati a diffidare reciprocamente. La classe politica, sderenata per un buon 60% dalle flagellanti inchieste di Tangentopoli e gongolante per il restante 40% (l'opposizione comunista e paracomunista) per l'illusione di poter succedere agli uscenti in virtù di Mani pulite che poi così pulite non erano, nel '93 sbracò, mutilandosi di quell'immunità parlamentare che più di tanti processi brevi, legittimi impedimenti e pasticci vari era bastata fino ad allora a tutelare gli eletti dai togati. Da quel momento in poi, il pool di Borrelli e Di Pietro prima, e i suoi epigoni dopo, hanno bersagliato Berlusconi con una tale valanga di inchieste che, se non provano la persecuzione lamentata dal Cavaliere, provano almeno l'incapacità professionale degli inquirenti, che hanno sperperato tempo biblico e risorse faraoniche per non concludere niente. E il Cavaliere ha replicato allo stesso modo, reiterando ogni sorta di tentativo di riforma, compresa la sacrosanta separazione tra le carriere, senza mai quagliare niente, neanche nelle lunghe fasi di schiacciante maggioranza. Come se ne esce? Solo istituendo un meccanismo di «bonus-malus» per il quale i giudicanti siano, finalmente, costituiti in gruppo separato dagli inquirenti ed entrambi siano selezionati automaticamente nel procedere delle loro carriere, non in base all'anzianità o alle protezioni politiche, ma in base ai risultati della loro azione: percentuale di rinviati a giudizio e poi condannati, per i pm; giudizi di primo grado confermati dal secondo e terzo grado per i giudicanti e così via. Ma non illudiamoci: non si farà neanche questa. Perché almeno una cosa giusta Berlusconi, in materia, l'ha detta: la magistratura oggi è una casta che riesce a non assumersi mai la responsabilità dei suoi atti. E tenterà di sabotare sempre e comunque qualsiasi riforma che le contestasse questa inammissibile prerogativa.
 

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