domenica 27 febbraio 2011

Federali della Sera. Non è possibile bocciare 38 primari su 40. I dati sono poco credibili. Se ci ritengono inefficienti e costosi ci chiudano! Non perdono occasione per farsi riconoscere. 27 febbraio 2011.

Sezione pioggia di soldi:
Bozen. Toponimi in Alto Adige, la svolta del presidente del Cai: «La Vetta d'Italia diventi Vetta d'Europa».
Bozen. I medici: «Basta attaccare l'ospedale di Bolzano».
Trento. Pioggia di soldi per i dipendenti provinciali.
Mori. Trento. Comune di Mori, stop all'uso gratuito delle palestre.
Udine. L’Udc, no a questo federalismo: «Penalizza famiglie e imprese».
Udin.  I medici: basta burocrazia, vogliamo curare.
Trieste. Reati contabili: denunce in calo.

Sezione Prodi si è fermato ad analizzare la questione italiana:
Treviso. Corsi finti ai ciechi, sostituite le Onlus della Nicoli.
Padova. In Salone la Lega manda solo la Serato.
Cittadella. Padova. Le multe puntellano il bilancio.
Bologna. Prodi: Italia ultima ruota del carro, ripresa solo dal 2015.
Firenze. Avamposto Santa Maria Nuova.
Bozen. Toponimi in Alto Adige, la svolta del presidente del Cai: «La Vetta d'Italia diventi Vetta d'Europa». di Antonella Mattioli. BOLZANO. «Se come pare non si trova un accordo sulla Vetta d'Italia, per me andrebbe bene rinominarla in Vetta d'Europa. L'idea mi sembra buona». Giuseppe Broggi, presidente del Cai, approva il compromesso, proposto nei giorni scorsi dai Verdi, per uscire dall'impasse: a quanto parte nella commissione mista Provincia-governo sui cartelli di montagna si sarebbe trovata l'intesa su tutti i 1.525 toponimi attualmente solo in tedesco, eccetto che per la Vetta d'Italia, nome simbolo della montagna che si trova in fondo alla Valle Aurina. «A metà marzo - anticipa Broggi - affronterò la questione nella riunione del comitato direttivo del Cai dove siedono tutti i presidenti delle venti sezioni. È giusto che sia quell'organismo ad esprimersi in merito».
Di cartelli di montagna e di Vetta d'Italia si è parlato a margine degli «stati generali» di Cai, Alpenverein e Sat: i rappresentanti delle tre associazioni si sono incontrati ieri a San Michele all'Adige. La notizia dell'apertura fatta dal presidente del Cai è stata accolta senza particolare entusiasmo dal presidente della giunta provinciale Luis Durnwalder che si è limitato ad un laconico "vedremo". Quindi ha aggiunto: «Adesso che la commissione ha ultimato il lavoro ne discuterò direttamente con il ministro Fitto».
L'Avs cosa pensa: potrebbe accettare di rinominare Glockenkarkopf in Europas Gebirge? Il presidente del sodalizio Georg Simeoni ha la bocca cucita: «Non dico nulla. Parlerò quando ci sarà il documento ufficiale, prima non avrebbe senso». ANPI. La denominazione Vetta d'Europa trova l'appoggio anche dell'Anpi del Trentino e dell'Alto Adige, del Forum trentino per la pace e del Punto Pax Christi di Bolzano. In un documento congiunto, le quattro organizzazioni, auspicando che si ponga "rimedio alla volontà sopraffattrice della dannosa dottrina del fascista Tolomei", affermano di trovare "apprezzabile la proposta dei Verdi di concludere positivamente ogni disputa sui toponimi, cambiando anche il nome alla Vetta d'Italia con Vetta d'Europa - Europas Gebirge".
Per le associazioni "il ritorno al nome originario della montagna di Glockenkarkopf sarebbe la modifica più logica ma sarebbe comunque un bene che si trovasse una soluzione unificante, denominando la vetta con un nome di pace". I NOMI. Per quanto riguarda il lavoro svolto dalla commissione partitetica sui cartelli di montagna è emerso che dei 1.525 toponimi attualmente solo in tedesco un 45% tornerebbe ad essere bilingue, mentre per un altro 45% vi sarebbe l'indicazione anche in italiano solo di malga o maso; per il rimanente 10%, che si riferisce a piccole località, non sarebbe stata trovata la dizione in italiano e quindi resterebbe monolingue.
LO STELVIO.
Nell'incontro di ieri a San Michele all'Adige Broggi, Simeoni e Piergiorgio Motter (Sat) hanno parlato della gestione del Parco dello Stelvio. Ribadita nella sostanza da tutte e tre le organizzazioni alpinistiche la non contrarietà alla legge che ha di fatto suddiviso il parco in tre realtà amministrative, ma è stata evidenziata la necessità di creare una regia unica. Cai, Alpenverein, Sat si sono trovati d'accordo nel dire no all'ipotesi di far pagare un pedaggio agli automobilisti che nei 20 giorni estivi di maggior flusso turistico transitano sui passi dolomitici. La proposta alternativa dei tre Club è che vengano invece chiusi, dalle 10 alle 16, con l'organizzazione da parte delle strutture turistiche di un adeguato servizio di bus navetta. Una soluzione questa che dovrebbe servire a ridurre traffico e inquinamento.
Bozen. I medici: «Basta attaccare l'ospedale di Bolzano». «Lo studio sui costi colpisce i reparti, solo una scusa per tagliare risorse». di Valeria Frangipane. BOLZANO. Reparti sottoutilizzati e troppo costosi rispetto al numero di prestazioni erogate. Lo studio Pasdera mette in croce l'ospedale. Dopo la protesta dei primari «non è possibile bocciare 38 primari su 40», medici e infermieri difendono il San Maurizio: «Che non sia una scusa per toglierci risorse». In queste settimane i primari vanno a ridiscutere il budget 2011 e la spada di Damocle dello studio commissionato dalla Provincia ad Alberto Pasdera, esperto di management sanitario, agita chi lavora in corsia. Il pensiero è unico: «Che non credano, mostrandoci quattro dati, di venirci a chiedere ulteriori sacrifici».
Giulio Donazzan (primari Anpo) difende tutti i colleghi: «I dati sono poco credibili. Se ci ritengono inefficienti e costosi ci chiudano!». Il sindacato degli ospedalieri Anaao e gli infermieri del Nursing Up chiedono di vedere quanto prima i fantomatici dati. Così Claudio Volanti, segretario Anaao: «Non si capisce perché assessorato e Azienda continuino a nasconderli. Ma di cosa hanno paura?». Per il sindacato l'Azienda se intende legarli al budget dovrà mostrarli per forza, a strettissimo giro di boa. Paolo Bernardi, vicesegretario Anaao, difende dalle critiche l'ospedale di Bolzano.
«Qui si lavora, eccome. Da noi pretendono l'alta chirurgia, i centri di riferimento, ci costringono ad accettare ricoveri prolungati perché mancano posti letto sul territorio, ricoveri bis e tris con sovraccarico di personale medico e infermieristico, ci massacrano obbligandoci ad abbattere le liste di attesa per visite divisionali di primo livello - che altrove non possono neanche accedere alla prenotazione ospedaliera ma vengono eseguite dagli specialisti ambulatoriali e nei distretti - e, alla fine, ci vengono pure a spiegare che costiamo troppo. Scusate ma non ci stiamo. Appena ci mostreranno i numeri dello studio andremo alla verifica perché non è possibile paragonare cose diverse e poi spiegarci che sprechiamo. Ci piacerebbe sapere come sono stati confrontati i costi del personale medico che a livello nazionale lavora 34 ore la settimana (4 di aggiornamento) contro l'orario provinciale di 40 ore (non sono previste nel nostro contratto le 4 ore di aggiornamento settimanali, uno dei motivi per cui non abbiamo firmato l'ultimo contratto). Ci piacerebbe verificare anche come sono state paragonate le singole prestazioni che solo in Alto Adige vengono svolte quasi esclusivamente in ospedale. Nelle altre regioni esiste - infatti - un forte sistema parallelo di sanità convenzionata con numerosi posti letto per post-acuti e una importante rete territoriale imperniata sui distretti che da noi non si vede e che noi medici chiediamo da tempo». Anche Massimo Ribetto, segretario del Nursing Up che rappresenta più di mille infermieri in tutto l'Alto Adige, teme che lo studio Pasdera provochi ricadute pesanti ed ulteriori tagli di personale: «Già gli infermieri sono sottostimati e sovraccarichi di lavoro, che non venga fuori che Bolzano largheggia perché non è vero. A tutt'oggi abbiamo sofferenze davvero importanti in Medicina, Chirurgia ed Anestesia ed in generale chi lavora in ospedale corre parecchio».
La richiesta che arriva dall'Ordine dei medici è una sola: «Se vogliamo liberare l'ospedale dal sovraccarico e renderlo più efficiente dobbiamo spostare alcune prestazioni sul territorio». Così l'Anaao: «Il direttore sanitario Oswald Mayr ci aveva garantito che l'assessorato avrebbe presentato il piano entro Natale. Tra poco è Pasqua, visto nulla».
Trento. Pioggia di soldi per i dipendenti provinciali. 27/02/2011 08:59. TRENTO - Il via libera, seppur in maniera indiretta, è arrivato dal governo Berlusconi che, esaminando la costituzionalità della legge finanziaria provinciale per il 2011, la numero 27 dello scorso 27 dicembre, ha deciso di impugnare la norma davanti alla Corte costituzionale soltanto l'aspetto concernente la riduzione dell'Irap. È stata quindi ritenuta invece legittima norma che consente alla Provincia di stanziare, per il triennio 2011-2013, 50 milioni di euro per l'implementazione del «fondo per la riorganizzazione e l'efficienza gestionale».
Si tratta delle risorse con cui, vista l'impossibilità di rinnovare il contratto per il settore del pubblico impiego, si intende incentivare il personale della Provincia e degli enti locali, legando la loro distribuzione alla produttività. «Attraverso questo fondo - conferma l'assessore al personale Mauro Gilmozzi - la giunta provinciale ha la possibilità di accompagnare, con un sistema di incentivazione adeguato, il processo di progressivo adattamento della complessiva struttura organizzativa provinciale (Provincia - Comunità - Comuni) alle esigenze di efficientamento, di maggiore economicità e di accresciuta efficacia che la difficile situazione economico-finanziaria globale, impone anche a noi».
Era stato grazie alla previsione di questo fondo nella legge finanziaria che nell'autunno scorso la giunta provinciale era riuscita a placare le ire dei sindacati della funzione pubblica. Cgil, Fenalt, Cisl e Uil avevano convocato tre assemblee partecipatissime in cui i dipendenti pubblici avevano manifestato la loro rabbia per il mancato rinnovo dei contratti, nonostante il blocco fosse stato imposto a livello nazionale dalla manovra Tremonti per il contenimento della spesa pubblica. E la Fenalt era arrivata anche a proclamare lo sciopero con tanto di manifestazione in piazza Dante davanti alla sede della Provincia autonoma. Ora l'ultimo ostacolo potrebbe essere rappresentato dalla Corte costituzionale che dovrà decidere sul ricorso presentato dalla giunta provinciale contro l'articolo 9, primo comma, della manovra Tremonti (legge 122/2010) in cui si prevede che per il triennio 2011-2013 il trattamento economico dei dipendenti pubblici «non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva».
Mori. Trento. Comune di Mori, stop all'uso gratuito delle palestre. 27/02/2011 10:05. MORI - Sarà pure la «Cittadella dello Sport», ma Mori non può più permettersi di essere un'anomalia nella gestione degli impianti sportivi; il Comune del gelso è infatti l'unico della Vallagarina in cui le società sportive non pagano l'uso delle strutture. A causa delle nuove norme sulla finanza locale volute dal governo, che impongono severi limiti sulla spesa corrente, ora per la giunta comunale è diventato necessario ripensare la politica moriana per i servizi e quindi anche la gestione dei campi comunali e delle palestre.
«Il Comune - spiega Maria Viola Tonolli, assessora al Bilancio - sta studiando la situazione ma di sicuro non possiamo rimanere un'anomalia anche perché questa unicità genera un eccesso di utilizzatori degli impianti». Il principio, già inserito nella bozza del bilancio, è quindi che i cittadini dovranno partecipare alla copertura delle spese per i servizi a domanda individuale, come le attività sportive e le colonie estive. «Le risorse trasferite al Comune dallo Stato e dalla Provincia sono in costante calo - spiega l'assessora - per questo va aumentata la compartecipazione dei residenti alle spese. Per poter assicurare i servizi essenziali è necessario che quelli secondari si autofinanzino in modo significativo».
Tradotto in linguaggio comune? Per quanto riguarda l'utilizzo delle palestre quindi, la commissione sport studierà nel regolamento una nuova formula per la concessione degli impianti, prevedendo la possibilità di far pagare l'utilizzo delle strutture. «Non sappiamo ancora come questo principio verrà applicato - spiega l'assessore allo Sport Stefano Barozzi - ma di sicuro ci saranno delle categorie meritevoli di maggior tutela, come i bambini, per cui rimarranno le agevolazioni». Un assaggio della compartecipazione richiesta ai cittadini è la ginnastica per anziani che quest'anno ha visto raddoppiare il costo per gli utenti, passando da 20 a 40 euro l'anno. Questione che ha sollevato aspre polemiche e un duro intervento di Civettini. «Ma non può essere il Comune ad accollarsi tutti i costi dei servizi a domanda individuale - spiegano i due assessori -, dobbiamo individuare una compartecipazione equa per consentirci di continuare a fornire questo genere di opportunità a tutti i nostri cittadini». Insomma: basta con le palestre gratis, e prepariamoci a sborsare. Anche se questo potrà essere un problema per le società sportive più piccole.
Udine. L’Udc, no a questo federalismo: «Penalizza famiglie e imprese». di Ilaria Gianfagna. Compagnon: preoccupati per le tasse. La replica di Gottardo (Pdl): genera responsabilità negli amministratori. UDINE. L’Udc del Friuli Venezia Giulia è contro «questo federalismo». «Non sappiamo quanto costa, ma soprattutto rischia di aggravare le condizioni economiche delle famiglie». L’allarme è stato lanciato ieri dal coordinatore regionale Angelo Compagnon durante un convegno organizzato a palazzo Kechler. «Il Friuli Venezia Giulia, regione a statuto speciale di fatto, gode già del federalismo», ha fatto notare Compagnon, aggiungendo: «Non siamo contro il federalismo a priori, ma l’attuale ha troppi punti oscuri».
La preoccupazione va in particolare a tre tributi: la tassa di soggiorno, la tassa di scopo (che i Comuni potranno istituire per finanziare le opere pubbliche) e l’Imposta unica municipale. «Il nostro contributo al federalismo – ha aggiunto l’assessore all’istruzione Roberto Molinaro – consiste in 370 milioni l’anno, che si possono pagare diversamente, facendoci carico di nuove competenze legislative. Ma noi non sappiamo ancora se ci conviene. Non conosciamo le conseguenze vere del federalismo sul bilancio regionale».
La legge. A restituire un quadro legislativo, ieri, ci ha pensato il docente di diritto amministrativo all’Università di Udine, Leopoldo Coen. «Mentre Berlusconi si dice contrario alla Patrimoniale – ha spiegato - di fatto con questo tipo di federalismo ne introduce due: le tasse di scopo e l’Imu». Bisognerebbe quindi modificare il modo in cui si concepisce l’autonomia economica delle Regioni. «Il federalismo fiscale – ha aggiunto Coen – parte dal presupposto che ci sia un’autonomia fiscale sulle entrate e sulle uscite. In questo caso il potere decisionale delle entrate è accentrato, mentre la responsabilità di spesa ricade sulla Regione».
Il Pdl. «Il Federalismo fiscale – ha commentato a distanza il coordinatore regionale Pdl, Isidoro Gottardo – genera autonomia e più responsabilità quindi per forza una migliore consapevolezza da parte di chiunque amministri che avrà meno alibi e dovrà rendere conto ai cittadini delle conseguenze del proprio operato». Gottardo si rivolge a chi teme il federalismo, che potrebbe portare a più spese e più tasse. «Significa dare per scontato – ha spiegato - di non essere in grado di contenere la spesa pubblica e di rendere più efficiente quella che esiste». In Regione il Federalismo potrebbe essere motivo di ripresa economica, secondo Gottardo. «Noi del Pdl soprattutto in Fvg – ha concluso – ringraziamo il governo per la maggior autonomia che ci sta concedendo come richiesto dal presidente Tondo e siamo certi che questa terra, da questa autonomia, darà ulteriore dimostrazione di saper creare occasioni di sviluppo e di lavoro per i propri cittadini ed i giovani in particolare».
Confartigianato. «Il nuovo testo del decreto sul federalismo municipale rischia di far aumentare la pressione fiscale locale sulle imprese». Lo afferma il presidente di Confartigianato Udine, Carlo Faleschini, citando uno studio di Rete Imprese Italia, secondo il quale si assisterebbe ad un aggravio fiscale sugli immobili strumentali delle imprese pari a circa 3 miliardi. «Sarebbe un pesante aumento per il sistema delle imprese – ha aggiunto - già gravato da una pressione fiscale più elevata rispetto alla media europea. Il federalismo fiscale che ci piace – ha aggiunto - ma ci aspettiamo che i Comuni, nell’ambito di un’autonomia tributaria, riducano l’aliquota base dello 0,3%, con un risparmio d’imposta per le imprese pari a 1,4 miliardi di euro».
Elezioni. A margine del convegno si è discusso anche di politica. Compagnon, ha detto che per l’Udc Roberto Antonione potrebbe essere un buon candidato a sindaco di Trieste. Imemdiata la replica di Dressi: «Chiedo ai possibili alleati del centrodestra maggior rispetto per gli organi democratici del Pdl e sulla scelta del candidato sindaco di Trieste.
Udin.  I medici: basta burocrazia, vogliamo curare. L’appello: dopo i certificati adesso ci chiedono persino di diventare ispettori fiscali. UDINE. Un appello deciso quello formulato dall’Ordine dei medici di Udine che dice un secco no al nuovo ruolo del camice bianco come controllore fiscale: «Dopo i certificati adesso ci chiedono persino di diventare ispettori fiscali verificando le esenzioni dal ticket per basso reddito dei propri pazienti, ci rifiutiamo di svolgere questo compito che di certo non spetta a noi che siamo chiamati a curare le persone, non a diventare agenti del fisco», afferma il presidente dell’Ordine, Luigi Conte, a margine dell’incontro sulla gestione del rischio rivolto a chirurghi ed odontoiatri. «Sta per abbattersi contro di noi un’altra colata di “burocrazia pesante”; mentre il medico di famiglia non è abilitato per esenzioni relative a neoplasie (tumori), malattie della tiroide e altro, cioè gravi patologie che comportano l’esenzione di diritto, in pratica gli tolgono competenze professionali e lo trasformano in vigile fiscale: tutto questo è inaccettabile», aggiunge.
Non lavoriamo per il fisco, ma per il bene delle persone - La reazione della categoria è ferma: «Dobbiamo dire basta a questo meccanismo che ci impedisce, di fatto, di assolvere alla nostra missione che è quella di curare le persone e salvare vite umane, non certo quella di spulciare fra dichiarazione dei redditi e autocertificazioni, tutte procedure che devono essere svolte non dai medici bensì da Asl, Inps e servizi sociali dei Comuni». Pertanto l’Ordine domanda che vengano bloccate immediatamente simili richieste.
«Forse non si comprende che quale deve essere la nostra specifica attività professionale: stanno togliendo tempo e risorse alle attività di diagnosi e terapia, squalificando la prestazione del medico, snaturando la nostra professione e minando il rapporto di fiducia con i pazienti», prosegue il presidente che osserva come gli obiettivi di risparmio sono raggiungibili in altro modo e con altri mezzi e non di certo trasformando i medici in agenti per conto del fisco. L’Ordine denuncia la divaricazione fra gli «scopi della medicina e quelli dell’apparato sanitario, con una costante delegittimazione dei contenuti scientifici e metodologici propri della medicina e di conseguenza anche del medico».
E ancora: «L’intrusione massiccia e inutile della burocrazia nel nostro esercizio professionale oltre il ragionevole sta gradatamente privando la classe medica del controllo della propria attività professionale». «Il politico e il manager – afferma Conte - sia di settori sanitari che non-sanitari sembra ignorare che la domanda di medicina che sta dietro alle parole come “umanizzazione”, “relazione”, “informazione”, “consenso informato”, “sicurezza”, “contenzioso legale”, “personalizzazione”, “centralità del malato”, richiede un vero rovesciamento della scala delle priorità perché non si tratta più di limitarsi a razionalizzare/razionare l’organizzazione e l’offerta sanitaria indipendentemente dai contenuti e dalle qualità dei medici che vi operano». L’organizzazione e l’interazione dei servizi e delle figure professionali sanitarie coinvolte – conclude - «devono essere finalizzate solo agli obiettivi di salute e non ad altre esigenze del sistema».
Trieste. Reati contabili: denunce in calo. di Beniamino Pagliaro. TRIESTE. Cresce il numero dei procedimenti conclusi, ma è in calo, soprattutto nei mesi recenti, quello delle segnalazioni alla Procura: il bilancio della Corte dei Conti sul 2010 fotografa una situazione in evoluzione. Tra riforme federali e crisi del debito, il ruolo della magistratura contabile, che deve tenere d’occhio bilanci e spese delle amministrazioni pubbliche e delle tante società pubbliche, è sempre più delicato.
L’inaugurazione. La cerimonia di ieri per l’avvio del nuovo anno giudiziario, solenne e arcaica, è servita soprattutto a fare il punto sull’operatività della Corte dei Conti. Oltre ai numeri di bilancio, è emersa la preoccupazione dei magistrati per una riforma del funzionamento interno. Sul fronte dello scenario politico – nel senso “alto” del termine –, la magistratura contabile guarda con apprensione ai controlli preventivi soppressi proprio nel momento in cui lo Stato sposta verso gli enti locali scelte e poteri importanti.
L’attività. Nel 2010, la Corte ha condannato al risarcimento di complessivi 15,3 milioni: un dato inferiore a quello del 2009, quando la somma ammontava a 36 milioni. Il totale dei danni erariali da risarcire sono comunque “gonfiati”, negli ultimi anni, dal peso della vicenda quote latte. Nel 2009 ben 35 dei 36 milioni erano collegati al mancato versamento dei contributi per lo sforamento delle quote imposte sulla produzione di latte. Nel 2010 la sentenza di condanna sulle quote latte ha pesato per 12 milioni sui complessivi 15. Nel corso dello scorso anno la sezione ha trattato in udienza 35 giudizi di responsabilità di cui 29 sono stati definiti. Di questi, 22 sono stati risolti con sentenza, di cui 18 con condanna, due con assoluzioni e due con la cessazione della materia del contendere. I giudizi di responsabilità pervenuta alla sezione nel corso del 2010 sono cresciuta del 53%, dai 26 del 2009 ai 40 del 2010. È cresciuto del 29% il numero dei giudizi trattati, dai 27 del 2009 ai 35 del 2010, e del 52% il numero dei giudizi definiti, dai 29 del 2009 ai 29 del 2010. Le denunce pervenute alla procura regionale 809, in leggero calo rispetto al 2009. Di queste 185 sono pervenute da privati cittadini, 230 da enti locali, 394 da amministrazioni dello Stato. Nel corso dell’ultimo anno i fascicoli archiviati sono stati 546 di cui 88 senza istruttoria e 458 a seguito di un’azione istruttoria.
L’appello. E proprio il procuratore regionale Maurizio Zappatori, protagonista delle cronache degli ultimi tempi con le sue inchieste, ha fatto partire un invito a cittadini e amministratori pubblici. L’obiettivo è quello di tenere alta la guardia: la Corte dei Conti «deve fare affidamento sul senso civico dei cittadini e sul senso di responsabilità dei funzionari pubblici» per lavorare al meglio, anche alla luce dei «controlli preventivi soppressi» e dei «poteri sempre più ampi» degli amministratori locali, lasciati «senza un vero confronto con organi di controllo indipendenti». «Il controllo preventivo - ha spiegato - è oggi limitato dalla normativa vigente ai provvedimenti ministeriali più importanti», mentre le Regioni e gli enti locali sono stati tagliati fuori dai controlli, soppressi, o trasferiti «da organi di controllo indipendente ad organi i cui componenti sono nominati dagli stessi enti controllati».
Corto circuito. «Si è diffuso - ha osservato Zappatori - il fenomeno dei controllati che controllano il controllore». Questa situazione ha determinato, secondo Zappatori, il fatto che i pubblici amministratori «agiscono come dei trapezisti cui sia stata tolta la rete di sicurezza», proprio nel momento in cui lo Stato sta trasferendo funzioni alle Regioni. Ecco perché, ha sottolineato il procuratore, «é rimesso allo spirito d’iniziativa dei cittadini la segnalazione dei danni». E su questo punto, al termine della cerimonia, Zappatori ha fatto notare che «le segnalazioni stanno calando in maniera netta soprattutto negli ultimi mesi». La causa del calo, ha spiegato, potrebbe essere motivata alla «diminuzione di fatti dannosi, ma anche – ha concluso – da uno scoraggiamento da parte di cittadini o amministrazioni».
Treviso. Corsi finti ai ciechi, sostituite le Onlus della Nicoli. Coinvolte dallo scandalo sulla presunta truffa ai danni della Provincia, l'Onlus A.Mi.De.Vi. e l'associazione Sphera, entrambne diretta da Paola Nicoli, a fine mese lascieranno l'incarico di assistenza ai disabili sensoriali alla cooperativa sociale Società servizi di Mestre. di Federico de Wolanski. Questa la decisione della Provincia che in piena bufera ha chiuso il bando di gara in tempi record.
Il servizio verrà svolto «alle stesse condizioni di quello attuale», spiegano i tecnici della Provincia, e con l'obbligo di rilevare tutti i contratti in essere e prestare servizio fino a giugno, quando finirà l'anno scolastico e verrà meno la necessità di assistenza scolastica che costituisce gran parte dell'attività oggetto dell'incarico.
Agli studenti ciechi o ipovedenti aiutati fino ad oggi dalle due associazioni della Nicoli verranno garantiti servizi per lo steso numero di ore e, sopratutto, gli stessi corrispettivi pattuiti per la realizzazione dei progetti approvati all'inizio dell'anno scolastico.
Alla gara indetta dalla provincia non appena rescisso il contratto con la Nicoli avevano partecipato anche i genitori dei ragazzi disabili riuniti in un'associazione seanza scopo di lucro: Stella del Mattino».
Ed è proprio a loro che l'ufficio Sociale del Sant'artemio aveva deciso di affidare il servizio ma avviati i primi incontri tecnici per definire come effettuare i servizi di assistenza, ecco sorgere i problemi. Troppi gli oneri e le richieste per garantire adeguata assistenza senza essere un'associazione collaudata.
Di qui la rinuncia, formalizzata giovedì dall'intera assemblea dei genitori, e il passaggio dell'incarico alla cooperativa veneziana. Sono ora in corso le procedure formali di affidamento dei servizi, accordi che permettaranno alle famiglie di affidarsi alla nuova coop oppure alle altre associazioni già convenzionate con la Provincia, che con A.Mi.De.Vi e Sphera effettuvano i servizi per i disabili.
Nel frattampo continua l'indagine interna per accertare l'entità della presunta truffa ai danni della Provincia. Si parlava di soli 20 mila euro, ma i numeri sono cresciuti.
Padova. In Salone la Lega manda solo la Serato. Il 150º dell'Unità d'Italia: «Non c'è proprio niente da festeggiare». di Enrico Albertini. Nessun consigliere, assessore, sindaco. Solo Luisa Serato, presidente del consiglio provinciale, rappresenterà la Lega Nord il 16 marzo (ore 18, Palazzo della Ragione), nella riunione dei parlamentini di Comune e Provincia.  «NIENTE DA FESTEGGIARE». «E' una celebrazione che non sentiamo, non c'è niente da festeggiare: la mia posizione è in linea con quella della Lega - spiega la Serato - Ho un forte senso delle istituzioni, per questo non posso né voglio mancare. Ho anche valutato l'opportunità di partecipare, ma voglio rispettare la decisione presa a maggioranza. Dai consiglieri provinciali in commissione Cultura, dove la Lega si è astenuta, perché sono la presidente di tutti». Alla Serato non pesa dover portare da sola il vessillo del Carroccio: «Il volere dei consiglieri viene prima di tutto, quindi mi sto adoperando per mettere in piedi tutto. Si tratta di un'autocelebrazione, davanti alla quale allargo le braccia». Intanto si sono riuniti i capigruppo di Provincia e Comune (leghisti a parte), nel tentativo di formulare un documento condiviso da far approvare il 16: appuntamento rimandato fra dieci giorni.  «UNA VERGOGNA». Alberto Salmaso, capogruppo Pdl in Comune, spiega: «Mi pare un'occasione persa, per una volta ci si poteva unire tutti quanti attorno al tricolore. Il Carroccio ormai fa parte delle istituzioni in molti posti, dal Parlamento in giù. Una scelta politica che sarà giudicata dagli elettori». Sul fronte del centrosinistra spicca l'Idv, con il capogruppo Fabio Scapin: «Una scelta vergognosa che manca di rispetto a Paese e Costituzione. Se nei consigli non ci vogliono stare, si dimettano». Marina Mancin, capogruppo di Sel a Palazzo Moroni, commenta: «La nostra Costituzione è così democratica che permette loro di non venire. Ne avessero scritta una loro, temo non ci sarebbe stata questa possibilità». Anche Fabio Rocco, capogruppo Pd in Provincia, condanna la scelta: «Questa è una decisione non federalista, ma secessionista. Oltretutto nei luoghi di potere e nelle istituzioni che dicono non li rappresentino ci stanno eccome, per i loro interessi materiali. Non perdono occasione per farsi riconoscere, mi dispiace moltissimo».
Cittadella. Padova. Le multe puntellano il bilancio. Per il Comune valgono oltre 2 milioni l'anno, ma sono in calo e molti non pagano. CITTADELLA. Le multe calano a Cittadella, uno tra i Comuni italiani che puntano maggiormente, in sede di bilancio, sulle entrate da sanzioni stradali. E i multati faticano a mettere mano al portafoglio, rinviando di anno in anno il pagamento. Nel 2007, la polizia locale di Cittadella, ora distretto Pd1A, aveva staccato multe per 2,7 milioni di euro.  Nel 2010, il quadro è decisamente cambiato: gli indisciplinati hanno portato nelle casse comunali 2 milioni e 300 mila euro, ma almeno 600 mila riguardano multe di anni precedenti che non erano ancora state riscosse. Fatti due conti, in tre anni si è registrata una diminuzione di 1 milione di euro. Il merito va anche ai 20 tabelloni lungo la tangenziale sud-ovest, all'altezza della rotonda di Borgo Treviso, lungo le Rive, agli incroci semaforici, all'entrata delle frazioni, che si accendono quando si supera il limite dei 70 all'ora.  I risultati si erano già registrati al momento dell'installazione, con una diminuzione di multe del 40%: «Un dato significativo» aveva commentato il comandante dei vigili, maggiore Antonio Paolocci.  «Meno multe vuol dire che meno automobilisti superano i limiti, quindi maggiore sicurezza sulle strade» aveva detto il sindaco-deputato di Cittadella, Massimo Bitonci. Ben visibili con i loro due metri e mezzo di altezza per uno e mezzo di larghezza, i tabelloni sono dispositivi "originali", nel senso che non segnalano la velocità del veicolo in transito. In caso di andatura oltre il limite lampeggia solo una scritta luminosa «70 km/h» e sotto compare un inequivocabile «rallenta». La ditta perugina che si è occupata dei lavori ha portato la città murata quale esempio di questi prototipi. I tabelloni sono alimentati dal fotovoltaico e tramite una centralina possono anche contare il numero di veicoli che transitano sulla strada. 
Bologna. Prodi: Italia ultima ruota del carro, ripresa solo dal 2015. L'ex Presidente del Consiglio: «Reale il rischio che per noi non finisca mai, bisogna muoversi subito». BOLOGNA - «Per ora» l'Italia è «l'ultima ruota del carro» nell'affrontare la crisi economica. Lo ha detto l'ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, a conclusione del Festival «Manifutura» di Bologna, l'iniziativa promossa dalla fondazione Nens di Vincenzo Visco e Pierluigi Bersani.
«PAESE LENTO» - Dopo un dibattito con Gunter Verheugen, già commissario europeo per le Imprese e l'Industria all'interno della Commissione Barroso I, Prodi si è fermato ad analizzare la questione italiana.
Il paese, a suo parere, è il «più lento tra i grandi paesi come ripresa. Speriamo di cambiare rotta perché qui veramente il problema di una crisi che non finisce più è reale». «Se continuiamo così - ha aggiunto - per riprendere il livello di prodotto nazionale che avevamo prima della crisi» bisogna aspettare «al 2015. Attenzione, se non ci muoviamo perdiamo sette anni».
Firenze. Avamposto Santa Maria Nuova. Pronto Soccorso, quanti problemi. Strumenti e locali inadeguati per la struttura del centro storico. Firenze, 27 febbraio 2011 - QUI pronto soccorso di Santa Maria Nuova, avamposto sanitario del centro storico. Ha professionalità qualificate, qualche macchinario che va a singhiozzo e sta facendo il conto alla rovescia di un trasferimento che al momento, per scaramanzia, nemmeno i dirigenti vogliono collocare temporalmente. Si sussurra di due mesi, mancherebbero ancora pochi apparecchi da riacquistare dopo l’incendio, così medici e infermieri stringono i denti. A volte non solo loro. «Sono andato al pronto soccorso di Santa Maria Nuova venerdì alle 12,45 — racconta un paziente — Fare i consueti controlli preliminari è stata un’esperienza: per un elettrocardiogramma è stato buttato via un sacco di carta perché l’apparecchio non tracciava bene; la macchina multiparametrica, che serve per misurare le funzioni vitali, non riusciva a stampare per cui hanno dovuto scrivere i dati a penna. Devo dire che però c’è un personale fantastico, capace e gentile». «Mi stupisce che possa essersi verificato un problema di questo genere — replica il primario del Dea Alfonso Lagi — al pronto soccorso vengono effettuati circa 150 elettrocardiogrammi al giorno, di apparecchi ne abbiamo dieci e di macchinari multiparametrici ne abbiamo otto...». C’è chi attribuisce qualche défaillance al trasferimento che si fa attendere. Un senso di precarietà non viene nascosto, sia pure a denti stretti: neanche i nuovi spogliatoi per il personale, che dovevano essere consegnati a dicembre, non sono pronti. «Stanno ultimando i lavori di impermeabilizzazione del cortile — risponde l’Asl — saranno presto disponibili». Di certo il pronto soccorso di Santa Maria Nuova vive una situazione particolare anche per la tipologia di assistenza che deve fornire. Trincea sanitaria nel centro storico, il 50 per cento dell’utenza è composto di turisti, spesso stranieri, e di pendolari per lavoro. Poi ci sono i barboni, spesso in cerca più di un tetto che di vere e proprie cure sanitarie. «Essendo in centro siamo più esposti a certi fenomeni — conferma Alfonso Lagi — Quando sarà aperto il nuovo pronto soccorso, potremo separare l’utenza maggiore da quella minore e la gestione sarà più semplice».
Fenomeno a sé e in preoccupante crescita, l’ubriachezza dei giovanissimi, specialmente stranieri. Nelle notti del week end non è raro che ne capitino anche sei o sette per volta. «Ma anche avere a che fare contemporaneamente con due o tre pazienti delle etnie più disparate non è semplice: c’è la barriera linguistica e il problema della specificità geografica di certe patologie — sottolinea Lagi. Fortuntamente abbiamo le addette all’accoglienza che sanno due o tre lingue e che effettuano un primo filtro e che tutto il nostro personale sanitario conosce l’inglese». Se qualcuno pensa che sia esagerato parlare di avamposto, non conosce i resoconti di alcuni pazienti. «Mercoledì sera contemporamente c’erano cinque ragazze americane in stato pietoso perché avevano esagerato con l’alcol», racconta L.M. «La prima impressione arrivando è quella di essere caduti in un suk arabo, dove girano a caso decine di persone — scrive Piero Quercioli — Nel corridoio otto pazienti dormono tutti vestiti, qualcuno dice che ha freddo ma freddo non è. Nella sala d’aspetto una signora peruviana aspetta da otto ore, altri ubriachi sono lì e forse non sanno dove andare ma in questo casino sovraumano nel giro di due ore mi hanno fatto tre analisi, una misurazione e un prelievo: non male. E la mattina dopo un medico mi fa il quadro clinico completo e mi prenota una tac necessaria per risolvere i miei problemi. E’ una medicina di guerra, prevale l’ammirazione per chi fa questo lavoro in condizioni impossibili e alla fine produce risultati. Facile criticare il pronto soccorso: provateci voi». Qualche lamentela arriva anche in relazione al reparto di medicina B. «Mia madre ha novant’anni, è ricoverata da cinque giorni e a Medicina B manca il riscaldamento — protesta un’utente — Dopo ripetute richieste, giovedì hanno portato una stufetta. Fra l’altro hanno dovuto fare perfino le pulizie tenendo le finestre chiuse perché altrimenti l’ambiente si sarebbe raffreddato troppo. Ditemi se è accettabile». Di laura gianni

 

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