venerdì 25 febbraio 2011

Federali della Sera. Perché i potenti quando cadono si avviano velocemente alla fine senza neppure imboccare quel viale del tramonto tanto demonizzato e scongiurato. Si scoperchia un vaso di Pandora dal quale fuoriescono i mali di una società imbarbarita dalla crisi economica. Non dobbiamo rassegnarci, non dobbiamo voltarci dall'altra parte, non dobbiamo ritirarci, ma impegnarci concretamente per tenerli vivi. I segreti del nostro futuro federalista. 25 febbraio 2011.

Sezione contributi bonus ed esenzioni:
Bozen. Bolzano: morto Alcide Berloffa, uno dei padri dell'autonomia altoatesina.
Courmayeur. Entro il 24 marzo richieste di contributo per lo stato di calamità del luglio scorso.
Aosta. Misure anticrisi, domande dall'1 marzo.
Belluno. Belluno: la casalinga con i fondi segreti all'estero.
Belluno. Giro d'Italia a Belluno: «Questa vetrina ve la siete meritata».
Rovereto. Roveretani poveri, addio a sei negozi.
Mantova. La Costituzione per dare speranza al nostro futuro.
Mestre. Fisco, scoperti 650 milioni di evasione.
Modena. Il bilancio più difficile dal Dopoguerra.
 
Sezione vacuita’:
Roma. Dieci milioni per insegnare federalismo.
Reggio calabria. L’ascesa e la caduta dei dittatori.
Bozen. Bolzano: morto Alcide Berloffa, uno dei padri dell'autonomia altoatesina. Aveva 88 anni. Figura eminente della Democrazia Cristiana, aveva chiuso con la Suedtiroler Volkspartei il cosiddetto "pacchetto", lo Statuto fondato sul bilinguismo e sul riconoscimento dei gruppi etnici, che mise fine ad anni di tensioni causate dai separatisti sudtirolesi. BOLZANO. Si è spento all'età di 88 anni Alcide Berloffa, storico esponente della Democrazia cristiana altoatesina, uno dei padri dello Statuto di autonomia e del cosiddetto "pacchetto" che mise fine alle tensioni in Alto Adige causate dai separatisti sudtirolesi, concedendo alla Provincia di Bolzano l'ampia autonomia fondata sul bilinguismo e sul riconoscimento dei gruppi etnici.
Berloffa era ricoverato in gravi condizioni all'ospedale di Bolzano da alcuni giorni. Le condizioni del politico che per ben 22 anni è stato presidente della Commissione dei Dodici si sono aggravate nelle ultime ore. Berloffa è uno dei padri dello Statuto d'autonomia. Ha accompagnato tutto il percorso che dall'Accordo di Parigi ha portato al Pacchetto e alla chiusura della controversia con l'Austria.
«Se le era sentite Magnago per far passare le norme dalla sua Svp - raccontava all'Alto Adige - figurarsi noi, dentro una popolazione che non ne voleva neppure sapere di dover imparare l'altra lingua». Nella sua carriera ha dovuto subire l'accusa di essere un "traditore" degli italiani in Alto Adige. «Me ne hanno dette di peggio", raccontava. "Da Almirante che mi chiamava "onorevole Kartoffeln" in giù. Adesso rispondo con gioia: guardiamo all'Alto Adige oggi, alla pace e alla prosperità. Si poteva non fare quello che si è fatto? Anni difficili in cui tanta Svp non ne voleva sapere del Pacchetto, ancor meno degli italiani".
Un pensiero però l'ha sempre turbato. "Pensare alle migliaia di famiglie italiane arrivate in Alto Adige con il fascismo a cui era stato detto che tutto sarebbe stato facile e senza alcun prezzo, e poi finite, nel dopoguerra, in una nuova Italia e in una nuova Europa in cui tutto aveva un costo. La democrazia, innanzitutto. E dunque dover fare i conti con la maggioranza tedesca; e poi gli accordi internazionali, il ruolo dell'Italia. Così la gente si sentiva tradita. Da Roma, dal governo. Ma la colpa era della storia. Mi hanno dato un compito, c'erano degli accordi da attuare. Sarebbe stato facile mandare tutto all'aria. Lasciando stare le virgole posso dire che il nostro lavoro ha portato pace e benessere a tutti". (v.f.)
Courmayeur. Entro il 24 marzo richieste di contributo per lo stato di calamità del luglio scorso. Il prossimo 24 marzo scadranno i termini per la presentazione alla Regione delle richieste di contributo relative ai danni subiti in seguito alle precipitazioni piovose a carattere temporalesco di forte intensità, verificatesi a Courmayeur il 2 luglio scorso. Le richieste di contributo devono essere presentate direttamente dai cittadini interessati alla Direzione Protezione Civile - loc. Autoporto 7/A - 11020 Saint-Christophe utilizzando l'apposita modulistica disponibile sul sito internet della Regione (www.regione.vda.it protezione civile/contributi calamità-i.asp). Il comune di Courmayeur ha attivato un servizio di informazione e supporto agli utenti per il ritiro della suddetta modulistica e eventuali chiarimenti circa la compilazione e l’impostazione della documentazione richiesta. I cittadini interessati possono rivolgersi in Comune, presso l’Ufficio Segreteria, dott. Nadia Chenal, (n.chenal@comune.courmayeur.ao.it), preferibilmente previo appuntamento telefonico al numero: 0165-831347 o via mail.
Il danno per il quale si intende chiedere il contributo va stimato da un perito  (geometri, ingegneri, periti assicurativi, ecc.).
Aosta. Misure anticrisi, domande dall'1 marzo. 25/02/2011. AOSTA. Dall'1 marzo al 16 maggio è possibile presentare le domande per usufruire delle misure anticrisi previste dalla legge finanziaria regionale, che consistono nell'esenzione dal pagamento della Tarsu e della tariffa del servizio idrico integrato e nel "bonus energia".
Le domande possono essere scaricate attraverso i siti internet di Regione e Celva o ritirate presso i Centri di assistenza fiscale o ancora, per i residenti ad Aosta, presso lo Sportello unico degli Enti locali (Suel) di piazza Chanoux e attraverso il sito internet del Comune.
"Oltre alle informazioni contenute nella documentazione informativa - spiega il Comune di Aosta -, quanti abbiano beneficiato del "bonus energia", e/o delle esenzioni tributarie e tariffarie, per il 2009 e/o per il 2010, e per i quali la dichiarazione sostitutiva ISEE presentata sia ancora in corso di validità, non dovranno allegare alla domanda una nuova dichiarazione. In caso, invece, di prima richiesta, di dichiarazione ISEE scaduta o di variazioni nella composizione del nucleo familiare cui la stessa fa riferimento, occorrerà corredare la modulistica con la certificazione attestante l'ISEE del richiedente".
Lo Sportello Unico degli Enti Locali, situato a fianco dell'ingresso in municipio, resterà aperto, per il periodo di ritiro delle richieste, dal lunedì al sabato, dalle ore 8.30 alle 12. Per informazioni è possibile contattare il numero telefonico 0165 300362.
Belluno. Belluno: la casalinga con i fondi segreti all'estero. Denunciati in 26, un arresto per reati fallimentari, milioni recuperati. Nel 2010 la guardia di finanza ha scovato 73 evasori fiscali. BELLUNO. Dalla casalinga con i fondi in «paradiso» (fiscale) e finita nelle note liste Pessini e Falciani, al ricamificio che non ha dichiarato un milione e mezzo di redditi, alla azienda longaronese con casamadre in Lussemburgo alla quale sono stati recuperati 9 milioni di redditi non dichiarati, al professionista bellunese comunque pizzicato con irregolarità. Un pianeta «evasione fiscale» molto variegato quello affrontato dalla Finanza nel 2010 che ha scoperto 63 evasori totali (il 10% in più del 2009) e altri 10 paratotali (chi occultava il 50% del reddito). Ben 355,8 milioni di euro (il 62% in più del 2009) l'imponibile recuperata a tassazione. E sono 120,2 i milioni di euro (ben il 322,5% sul 2009) di Iva evasa. Ma c'è anche virtuosismo nel Bellunese: nel commercio dove scende di un punto, fermandosi al 4,4%, il dato sulle irregolarità riscontrate nella emissione di ricevute o scontrini. Si è intensificata l'anno scorso l'attività di verifica delle Fiamme gialle, anche con l'ausilio di controlli incrociati e soprattutto con il ricorso agli accertamenti bancari su persone soggette alle indagini. Attività tributaria che si è conclusa anche con la denuncia di 26 persone per 25 violazioni penalmente rilevanti accertate, un arresto per reati fallimentari. Di questi, 18 sono casi di dichiarazione fraudolenta, infedele o omessa, 5 casi di vere e proprie frodi fiscali con l'emissione e l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti; 2 quelli di distruzione della documentazione contabile obbligatoria. Molto di questo deve addebitarsi al «sommerso» d'azienda: i 73 evasori rappresentano il 17,7% in più del 2009 e in questo ambito sono state recuperate imponibili da tassare pari a 329,3 milioni di euro e Iva per 66,2 milioni di euro. C'è anche una scaletta dei settori economici nei quali si sono registrate le maggiori irregolarità: un quarto delle violazioni sono registrate nel commercio all'ingrosso e dettaglio (24,6%), poi attività manifatturiere (21,9%), edilizia (9,58%) e anche qualche professionista nella rete (6,84%). Lavoro nero. Lavoro nero o irregolare: almeno 2635 i soggetti controllati, ha spiegato il colonnello Mora, comandante provinciale (insieme con il tenente Coruzzi e il comandante di compagnia Mennella, nell'incontro di ieri). La lotta al lavoro nero e irregolare l'anno scorso ha consentito la scoperta di 112 posizioni lavorative non in regola, 98 totalmente in nero (+34,2% rispetto al 2009). Maglia «nera», cioè con maggiori irregolarità, i settori dei servizi di alloggio e ristorazione (42,3%), commercio all'ingrosso e dettaglio (19,2%), trasporto e magazzinaggio (7,7%) e attività manifatturiere (7,7%). Commercio e frodi comunitarie. Effettuati 3.797 controlli strumentali: 2.778 per la regolare emissione delle ricevute e degli scontrini fiscali, con il 4,4% di irregolarità; 834 sui documenti di trasporto delle merci; 185 rilevazioni di indici di capacità contributiva. Quanto alle frodi comunitarie, sono stati 4 gli interventi, mentre 74 quelli in materia di spesa pubblica, cioè prestazioni sociali agevolate o esenzioni di ticket sanitari.
Belluno. Giro d'Italia a Belluno: «Questa vetrina ve la siete meritata». Il patron Zomegnan: «E' una grande occasione per questa provincia». BELLUNO. Ditelo in... Giro. La corsa rosa è uno straordinario evento sportivo, ma anche un grande affare per chi ha la fortuna, la tenacia e i quattrini, per ospitare la carovana di corridori, dirigenti, tecnici e appassionati. Parole e note, come all'ultimo Festival di Sanremo, del patron Angelo Zomegnan, che ieri ha guidato il gruppo compatto di istituzioni, enti e associazioni, nel salone della Provincia. Due tappe sul territorio bellunese - la cronoscalata Belluno-Nevegal del 24 maggio e la Feltre-Sondrio del 25 - più il giorno di riposo e i passaggi tutti da seguire della Lienz-Zoncolan del 21 e della Conegliano-Gardeccia del 22. Piatto ricco per chi mangia pane e tubolari, ma anche per chi deve dare da mangiare e da bere a quelli che arriveranno: «Tutto ciò che avrete in questa settimana di Giro ve lo siete guadagnato», sottolinea Zomegnan, «nessuno vi ha regalato niente. E' il frutto dell'azione di chi si è dato da fare in questi mesi, anzi in questi anni, perché siamo già stati da queste parti: ricordo gli arrivi delle Tre Cime di Lavaredo, della Marmolada, di Palafavera e del San Pellegrino. Io sono sempre molto vicino alla vostra provincia, tanto è vero che vengo a passarci qualche giorno di vacanza. Vi assicuro che questa è una grande occasione e voglio chiamare per nome chi ha lavorato più di chiunque altro: Renzo (Minella), Italo (Mazzonelli) e Marco (Sartori). Grazie». Un Giro tira l'altro? Ci sarebbe un progetto pluriennale, nel cassetto di tutti i bellunesi. L'esperienza in Agordino e dintorni con Dolomiti Stars è stata molto positiva e ha avuto ricadute importanti, sia sul piano economico che dell'immagine: «Il progetto è partito nel 2002 e ha visto spesso la presenza del Giro da queste parti. Non so se ci saremo anche nel 2012, perché ogni edizione è figlia della precedente. Dipenderà da come andrà, posto che non ci sono motivi per pensare che ci siano dei problemi. So che qui si è lavorato e si continuerà a lavorare». La crono del Nevegal. C'è attesa soprattutto per la cronoscalata del 24, anche perché potrebbe essere decisiva per la classifica: «Vorrei dire di sì, ma devo dire di no. Mi spiego: abbiamo bisogno che il giro sia incerto il più a lungo possibile e francamente non sarebbe né bello né prorducente, se tutto fosse già deciso, quando mancano ancora sei giorni all'arrivo. Quello che si può già dire è che sara una frazione molto importante: 12 chilometri e 650 metri molto duri per tutti i corridori. Ma attenzione anche alla Feltre-Sondrio, che è una delle frazioni più lunghe e, quindi, importanti». Quanto porta il Giro. Sudore, fatica, adrenalina e anche un ritorno economico: «Non dimenticate che ogni giorno di Giro d'Italia porta un indotto di un milione e 700 mila euro. Senza dimenticare che potrete ospitare anche il riposo. Ci saranno 200 mila persone in giro: provate, solo per un momento, a pensare cosa significa se ognuna di queste si limita anche solo a un caffè. La verità è che, già adesso, non si trovano posti letto negli alberghi». Vetrina internazionale. Le Dolomiti patrimonio dell'Unesco saranno di nuovo delle dive televisive. Qualche numero, più o meno a spanne? «Ci saranno 160 paesi collegati in diretta televisiva, questo vuol dire un patrimonio di 10 milioni e mezzo di potenziali turisti». Qualche sassolino. Zomegnan ha trovato da ridire sulle anticipazioni dei giornali locali, come se i quotidiani Rcs ci beccassero sempre: «Certe cose, che poi magari non si verificano, ci possono mettere in difficoltà: si creano delle attese inutili».
Rovereto. Roveretani poveri, addio a sei negozi. 25/02/2011 08:47. ROVERETO - In tempi di saldi spesso sfugge l'offerta di ribassi affissa alle vetrine dei negozi. Quando però, le nuvolette colorate che indicano gli sconti (dal 10 al 40%) fanno bella mostra di sé sulle vetrate di una gioielleria l'attenzione viene catturata immediatamente. E, a indagare neanche troppo a fondo, si scoperchia un vaso di Pandora dal quale fuoriescono i mali di una società imbarbarita dalla crisi economica.
La gioielleria è la Michel di via Paoli, una zona - quella del centro commerciante naturale annunciato dal grande cartello in fondo a via Bezzi - che sta cancellando dalla propria geografia il commercio. Sono infatti numerosi i negozi che hanno abbassato le serrande o che stanno per farlo: il panificio e la fioreria di via Indipendenza, il negozio di scarpe di via Paoli e, appunto, l'orologeria.
La realtà che emerge non è solo amara ma per certi versi devastante. Perché i commercianti hanno sott'occhio la città ogni giorno e da loro arrivano input assolutamente negativi. La gente, in sintesi, è povera e, con l'assenza di soldi, ha perso anche il rispetto, la buona educazione, perfino la dignità. Tornando ai saldi, la mossa di Michel e Luciana non è certo promozionale.
«No, ce ne andiamo. Dopo un anno di niente abbiamo deciso di chiudere l'attività. La svendita ci serve per la merce che abbiamo acquistato l'anno scorso sperando di rilanciare il nostro commercio con altri 40 mila euro. Ma non è servito a nulla, i costi sono elevati e non possiamo stare qui a guardarci negli occhi e limitarci solo a pagare».
Mantova. La Costituzione per dare speranza al nostro futuro. Intervento di Maria Regina Brun in vista della serie di incontri in occasione del 150° dell'Unità d'Italia. di Maria Regina Brun. In occasione del 150º anniversario dell'Unità dell'Italia abbiamo ritenuto importante costruire, con altre realtà associative mantovane, un percorso di ascolto e ricerca "Nello spirito della Costituzione" perché vogliamo continuare il cammino di costruzione di un'altra Italia, un'Italia libera, democratica, rispettosa della dignità umana e solidale, che lavora per la giustizia e la pace e arrestare il declino del Paese evitando che i diritti sanciti nella Costituzione italiana siano scardinati.
L'impegno di "Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie" ha tra le finalità la promozione e la pratica dei diritti di cittadinanza, la cultura della legalità democratica, la giustizia sociale, la pace, la solidarietà e il rispetto dell'ambiente, il contrasto della diffusione dell'illegalità e del dominio mafioso del territorio. Non si può parlare di legalità e giustizia se non si affrontano i problemi che impediscono la piena fruizione dei diritti umani, se non viene pienamente riconosciuta l'uguaglianza e la dignità delle persone, in particolare di quelle più fragili e indifese, più esposte all'arroganza e ai soprusi dei prepotenti di turno, se non si affrontano i problemi relativi al lavoro, alla salute, all'abitazione, all'istruzione, all'inclusione sociale. In una società in cui prevale la cultura del potere, dell'illegalità, dell'egoismo, dell'indifferenza abbiamo il dovere di non rassegnarci a vivere in questo deserto di valori e di reagire: attraverso la Costituzione, la nostra Bibbia laica, riaccendiamo la speranza, la voglia di futuro, in particolare tra i giovani.
Pietro Calamandrei, uno dei padri costituenti, per far riscoprire loro il valore della Carta Costituzionale usò queste parole: "Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì col pensiero, perché lì è dove è nata la nostra Costituzione". E' tempo di ricordare l'amara lezione della storia, ciò che è avvenuto per l'affermazione vera dei valori fondamentali di libertà, di giustizia, di rispetto della dignità della persona umana. Il popolo italiano ha scelto allora la democrazia, la giustizia, la solidarietà e la pace che hanno creato il fertile terreno su cui è cresciuto un nuovo benessere. Ed è venuto il tempo di impegnarsi insieme per difendere la nostra Costituzione dai sempre più frequenti attacchi.
Dobbiamo impegnarci a difendere i valori costituzionali perché sono molto forti le tentazioni di stravolgerli e ciò purtroppo è comprovato sia dal riemergere nelle nostre comunità di atteggiamenti di indifferenza, prepotenza, rifiuto e ostilità verso i soggetti più deboli e/o diversi da noi, sia la tendenza a non rispettare pienamente le regole democratiche per interessi personali. I valori della Resistenza oggi sono in pericolo anche perché alcuni nostri politici considerano un ostacolo la divisione dei poteri istituzionali su cui si fonda la nostra giovane e fragile democrazia, mentre si assiste all'emanazione di provvedimenti legislativi che puntano all'indebolimento delle garanzie a tutela del rispetto della dignità umana in nome della sicurezza, delle garanzie a tutela dei diritti dei lavoratori in nome del profitto, al tentativo di limitare del controllo di legalità dei giudici in nome della privacy, oltre a una sempre più forte pressione per controllare e limitare libertà e diritto d'informazione.
Di fronte a questo, sull'esempio di coloro che hanno sacrificato le loro giovani vite per lasciarci in dono la libertà e la democrazia, non dobbiamo rassegnarci, non dobbiamo voltarci dall'altra parte, non dobbiamo ritirarci, ma impegnarci concretamente per tenerli vivi. Anzi, quei valori devono restare i nostri valori e delle generazioni future, i valori di donne e uomini che con essi stanno andando verso la mondialità, verso quel mondo animato da tolleranza, dialogo, incontro e accordi reciproci condivisi che, anche se molti ancora faticano ad accettare, si delinea davanti a noi.
"Se non ora, quando?": dobbiamo sottoscrivere e menzionare le parole di Calamandrei: "Ora e sempre Resistenza. Ora e sempre i valori della Resistenza. E ciò deve essere per tutti un ricordo e un impegno" e del giurista Gustavo Zagrebelsky: "La Costituzione è quella cosa che i popoli si danno nel momento in cui sono sobri, a valere quando saranno ubriachi".
Mestre. Fisco, scoperti 650 milioni di evasione. Record in provincia di Venezia, "capitale" regionale dell'evasione: in 245 non hanno mai pagato le imposte. Le Fiamme gialle hanno scovato nel 2010 anche 633 irregolarità nell’assunzione di lavoratori. MESTRE. La provincia di Venezia rimane, in Veneto, la patria dell'evasione. Sia in termine di numero di evasori che in termine di reddito non dichiarato. Su 848 evasori totali scoperti in Veneto, ben 245 risiedono legalmente nella nostra provincia. Mentre su 127 «soggetti parzialmente evasori», 33 sono veneziani. Non è chiaro se da noi si è più inclini a evadere o se sono più bravi gli uomini del generale Walter Manzon, comandante provinciale delle Fiamme Gialle, a scoprire i soliti furbi. I dati dell'attività della Guardia di Finanza veneziana per il 2010 sono significativi. Il principale fronte operativo è stato anche per lo scorso anno il contrasto all'evasione fiscale. Sono stati eseguiti 1.927 verifiche e controlli nei confronti di tutte le tipologie di contribuenti: dai soggetti di piccole, medie e rilevanti dimensioni ad artigiani e liberi professionisti; 278 gli evasori totali e paratotali individuati. Se si va al reddito sottratto alla tassazione la cifra supera i 578 milioni di euro. A questi sommando l'Iva non versata si raggiunge il tetto dei 650 milioni di euro non dichiarati all'Erario, con violazioni di ogni genere in materia di obblighi contabili. Per valutare il lavoro dei militari è utile il confronto con i dati relativi al 2009. Le verifiche e i controlli furono di poco superiori ai 2000 con oltre 200 evasori scovati, di cui 167 totali e 37 paratotali, che hanno permesso un recupero complessivo di imponibile sottratto a tassazione pari a quasi 362 milioni di euro. In sostanza lo scorso anno con meno verifiche sono stati scovati più evasori.
Sul fronte delle irregolarità nelle assunzioni di lavoratori scoperte 633 posizioni irregolari. Di queste 357 riguardano lacoratori completamente in nero. Di notevole valore l'attività in materia di danni erariali, con l'accertamento complessivo pari ad oltre 16,6 milioni di euro di danni al bilancio dello Stato. 65 le persone segnalate alla Corte dei conti. Nonché l'azione a tutela del bilancio degli enti locali, con particolare riguardo alla corretta destinazione dei benefici erogati dai Comuni, dalle Università o dalle Aziende sanitarie a favore dei cittadini richiedenti. Sono stati controllati 157 «soggetti» che hanno beneficiato di prestazioni sociali agevolate, tra le quali l'esenzione del pagamento del ticket. Controlli finalizzati a far emergere inefficienze, sprechi e malcostumi. «Particolare attenzione è stata poi posta alla tutela del regolare funzionamento del mercato dei beni e servizi», ha detto il generale Walter Manzon.
«È noto, infatti, che la contraffazione costituisce un fenomeno illecito che riverbera effetti negativi sotto l'aspetto economico, finanziario e sociale, tanto sulle aziende produttrici dei beni contraffatti (calo del fatturato), tanto sul regolare funzionamento dello Stato e del mercato: riduzioni delle entrate fiscali, sfruttamento di manodopera e pericolo per la salute dei cittadini», ha ricordato il generale. «Un impegno particolare è stato rivolto all'individuazione dei flussi di alimentazione dell'irregolare commercio, al fine di risalire ai produttori ed ai distributori delle merci poi rivendute nelle calli veneziane e nelle località balneari di maggior richiamo della provincia». Attività che ha permesso il sequestro di oltre 15 milioni di prodotti, tra falsi vetri di Murano, capi ed accessori di abbigliamento, calzature, oggetti d'oro e di bigiotteria, giocattoli, apparecchiature elettriche, materiale di cancelleria, lamette da barba, profumi ed altro, Lo scorso anno furono 7 milioni. Di tutto rispetto poi l'attività antidroga. Sequestrati oltre 3 quintali di sostanze stupefacenti (su un totale di 4 e mezzo nel Veneto).
Modena. Il bilancio più difficile dal Dopoguerra. Pighi: «Mai così penalizzati anche se virtuosi». Calo degli investimenti, salvagente della Fondazione per oltre cinque milioni di euro in spesa corrente, e un motto d'orgoglio per mettere in evidenza come un comune virtuoso sia comunque vincolato a colpe non sue. Un bilancio improntato al sociale, che guarda alla collaborazione pubblico-privato. MODENA. Dallo Stato 12 milioni di euro in meno. La manovra del Comune prevede 4 milioni di tagli e 8 milioni di entrate. Questa è la risposta a quello che Pighi ha definito come «il bilancio più penalizzato dal Dopoguerra ad oggi», presentato ieri in consiglio comunale. Calo degli investimenti, salvagente della Fondazione per oltre cinque milioni di euro in spesa corrente, e un motto d'orgoglio per mettere in evidenza come un comune virtuoso sia comunque vincolato a colpe non sue. Un bilancio improntato al sociale, che guarda alla collaborazione pubblico-privato. «Le risorse a disposizione quest'anno sono inferiori a quelle dello scorso anno; dal dopoguerra a oggi è la prima volta che avviene. Mai prima d'ora i Comuni sono stati così penalizzati. E per il prossimo anno sono previsti tagli ancora più pesanti». Chiaro e semplice Pighi nell'illustrare il bilancio: «Il Governo - ha detto il sindaco - ha deciso di scaricare sulla finanza locale quasi tutto il peso della manovra economica e, da qualsiasi parte si guardi, la coperta rimane sempre troppo corta, anzi piena di buchi». Il riferimento è ancora una volta all'immagine della gomma statale che cancella pezzi di città. «Il taglio è stato indifferenziato, senza distinguere tra buona e cattiva amministrazione, tra chi ha tenuto i bilanci in equilibrio e chi ha, invece, indebitato i propri cittadini per i prossimi 20 anni. Ma noi non siamo Roma o Catania, non abbiamo ingoiato miliardi di euro. Non abbiamo sprecato, regalato, nè assunto amici e parenti», ha continuato il sindaco ricordando che Modena è il Comune meno indebitato d'Italia, eppure «il patto di stabilità ci impone di avere sempre in cassa oltre 8 milioni di euro». La manovra sulle tariffe andrà a salvaguardare le fasce deboli: nessun aumento nei servizi sociali e rimodulazione di tariffe collegate all'istruzione. Tre le risposte attese quella sulle consulenze, calate sì di 700mila euro su 3 milioni ma ancora per certi versi discutibili: «Sotto questa voce ci sono insegnanti d'appoggio, d'inglese, persone impiegate nel sociale che non possiamo assumere e che hanno contratti di questo tipo per ruoli necessari. Questa riduzione è già rilevante e non ammette sprechi», ha spiegato l'assessore al bilancio Colombo.
Non poteva passare in secondo piano l'argomento Fondazione Cassa di Risparmio, vero salvagente di una spesa corrente deficitaria: «L'aiuto della Fondazione ammonta a oltre 5 milioni di euro, ed è in modo particolare rivolto al welfare. Un bilancio con tagli di trasferimenti di questa entità, per non sovvertire la natura dello stato sociale - spiega Colombo - si sostiene con entrate straordinarie, come l'uso delle concessioni edilizie nella spesa corrente o i contributi di altre istituzioni come la Fondazione. Certamente un contributo necessario alle nostre politiche ma, al tempo stesso, un elemento di criticità: non ce lo nascondiamo e non lo nascondiamo ai cittadini».

I tagli, spiega l'amministrazione, riguardano i contributi ad enti e associazioni e le spese per la qualità dei servizi, ma «il nostro non è e non deve diventare un welfare per pochi, questa città merita servizi all'altezza per tutti», ha assicurato il sindaco. In conclusione Pighi ha annunciato il prossimo cantiere degli Stati Generali dedicato all'economia e ha ricordato le priorità dell'amministrazione: «I servizi alla persona, la manutenzione, la costruzione di nuove scuole e lo sviluppo della mobilità dolce».
Roma. Dieci milioni per insegnare federalismo. I soldi agli atenei (uno del Nord e uno del Sud) saranno assegnati dal Ministero senza una gara pubblica. ROMA - Ai disfattisti accaniti contro la riforma dell’università di Mariastella Gelmini dev’essere sfuggito. E come a loro, dev’essere sfuggito anche a chi si lamenta che il federalismo fiscale rischia di essere un guazzabuglio difficile da capire per gli stessi amministratori locali. Ebbene, mentre la Cgil denunciava che le università italiane si vedranno ridurre quest’anno i fondi statali di 839 milioni e i poveri ricercatori restavano quasi all’asciutto, proprio nella riforma Gelmini è spuntato un finanziamento nuovo di zecca: due milioni l’anno per cinque anni. Totale, dieci milioni. Da destinare a uno scopo decisamente particolare: spiegare ai dirigenti degli enti locali i segreti del nostro futuro federalista. Ci credereste? Quei soldi, c’è scritto nell’articolo 28, servono al ministro per «concedere contributi per il finanziamento di iniziative di studio, ricerca e formazione sviluppate da università » in collaborazione «con le regioni e gli enti locali». Tutto ciò in vista «delle nuove responsabilità connesse all’applicazione del federalismo fiscale». Atenei, beninteso, non soltanto pubblici: potranno avere i quattrini pure quelli privati, nonché «fondazioni tra università ed enti locali anche appositamente costituite». E qui viene il bello. Perché dopo aver stabilito questo principio, la legge dice che non ci potranno essere più di due beneficiari, uno dei quali «avente sede nelle aree dell’obiettivo uno». Cioè nelle regioni meridionali ancora considerate sottosviluppate dall’Unione europea. Insomma, una norma fatta apposta per distribuire un po’ di soldi a una università del Nord e a uno del Sud. Le loro identità? La riforma Gelmini dice che a individuarle ci penserà il ministero. Quanto al modo che verrà seguito, è del tutto misterioso. L’articolo che istituisce il fondo prevede che «con decreto del ministero, da emanarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge », cioè prima del 29 maggio prossimo, «sono stabiliti i criteri e le modalità di attuazione delle presenti disposizioni». Aggiungendo però che sempre con il medesimo decreto «sono altresì individuati i soggetti destinatari». Perciò, se abbiamo capito bene, il 29 maggio sapremo quali saranno i due soggetti pubblici o privati scelti da Mariastella Gelmini, e perché. Senza una gara, né un concorso pubblico. Fatto piuttosto singolare, visto che al Fondo per la formazione e l’aggiornamento della dirigenza» possono accedere anche istituzioni private. A meno che, circostanza assai probabile, non si sappia già a chi devono andare i soldi.
Perché poi le università prescelte devono essere proprio due, di cui una al Sud? Forse che per un amministratore di Agrigento è più facile raggiungere, poniamo, Bari, anziché Roma? E per un sindaco friulano è più agevole recarsi in una città del Nord, come magari Torino, invece che nella capitale? Dove peraltro lo Stato già possiede proprie strutture create appositamente (e appositamente finanziate) per formare gli amministratori? Non esiste forse una meravigliosa scuola superiore di pubblica amministrazione, che peraltro ha sedi anche a Caserta, Acireale, Reggio Calabria e Bologna? E non disponiamo perfino di una magnifica scuola superiore di economia e finanza, la ex Ezio Vanoni, in teoria la struttura più idonea per dare lezioni di federalismo fiscale? Perché chi deve istruire gli amministratori locali su quella riforma, se non chi l’ha fatta? La verità è che questa storia emana un odore molto simile a quello della vecchia vicenda della Scuola superiore della magistratura, che Roberto Castelli aveva dislocato, oltre che a Bergamo e Latina, pure a Catanzaro: sede che il successore del ministro leghista, Clemente Mastella aveva poi dirottato nella sua Benevento. Odore, dunque, decisamente politico. Anche bipartisan, come vedremo. Imperscrutabile, infine, è il legame fra il ministero dell’Università e il federalismo fiscale. A meno che la riforma Gelmini non sia stata soltanto un pretesto. Lo ha sospettato, senza peli sulla lingua, Pierfelice Zazzera. Quando il 23 novembre del 2010 l’emendamento istitutivo di questo fondo per la formazione, recapitato all’improvviso in aula dalla commissione Cultura della Camera presieduta dall’azzurra Valentina Aprea, è stato messo ai voti, il deputato dipietrista ha fatto mettere a verbale: «In un momento in cui non si trova la copertura dei soldi previsti per i ricercatori, si trovano comunque due milioni per fare corsi sul federalismo fiscale. Mi sa tanto di lottizzazione politica dei finanziamenti o di qualche marchetta ». Sfogo inutile. L’articolo che fa spendere dieci milioni per questa curiosa iniziativa è passato con una maggioranza schiacciante grazie anche ai voti del Partito democratico, che pure ha bombardato la riforma Gelmini. È successo pochi giorni prima della clamorosa bocciatura rifilata invece all’emendamento presentato da Bruno Tabacci e Marco Calgaro che puntava a dirottare appena 20 milioni di euro dai lauti rimborsi elettorali destinati alle casse dei partiti alle buste paga dei ricercatori universitari. Anche in questo caso, con un aiutino dal centrosinistra. Sergio Rizzo
Reggio calabria. L’ascesa e la caduta dei dittatori. 25/02/2011. di FRANCO CIMINO. Come un virus, la protesta dei popoli sottomessi si diffonde. Dalla Tunisia all'Afghanistan, dall'Egitto alla Libia, scorre copiosa. Come sangue e sudore, urla di popolo e sferragliare di armi di Stato. I giganti che ritenevamo invincibili si sciolgono come statue di ghiaccio al primo sole di primavera. La misera fine di costoro dovrebbe primariamente interessare la psicologia più che la storia e la politica. Esperti e studiosi potrebbero scrivere un trattato sulla psicologia del potere oppure su quella delle dittature. Nel primo leggeremmo del perché i potenti quando cadono si avviano velocemente alla fine senza neppure imboccare quel viale del tramonto tanto demonizzato e scongiurato. Finiscono la vita tra sofferenze e decadenze psico-fisiche terribili. Se sono ancora giovani, li trovi invecchiati che è uno spavento. E brutti anche. Come non lo sono apparsi mai, quando invece brutti lo erano davvero. Il potere, come la giovinezza, contiene una sua forza che cambia la vista degli altri su chi lo detiene, rendendolo bello. Forte, invincibile. E intelligente, perché l'intelligenza ruvida che è nel potere, come un abito, veste chi lo esercita. Chi perde il potere perde se stesso e il contatto con la realtà. Gli manca l'aria, rapidamente non respira, soffoca. E muore. Muore davvero. Numerosi sono i casi che la storia ci consegna di regnanti disperati senza più regno. Ma i dittatori caduti in questi ultimi giorni, esprimono molto più emblematicamente il dramma del potere. Ben Alì, capo della Tunisia, deposto dopo vent'anni, sta morendo in un luogo nascosto. Mubarak, il rais dell'Egitto , si rifiuta di ricevere le ultime cure, imprigionato nella sua casa di Sharm el-Sheikh. Eppure entrambi avevano parlato in tv un attimo prima della rocambolesca fuga. Sembravano ancora sani, nei loro propositi di non rinunciare alla carica e di continuare a resistere. Solo Gheddafi, non ancora stanco del suo quarantennale potere corrotto e violento, ancora semina morte e distruzione intorno alla sua caduta. Pazzo, più pazzo di sempre. Cosa si aggiunge alla perdita di sé, al misconoscimento del proprio io lungamente sepolto sotto una personalità posticcia, maschera caricaturale del governante senza macchia e senza paura? Appunto queste due ultime due sensazioni, macchia e paura, si aggiungono come forza dirompente. Sono le uniche emozioni che essi provano. I dittatori caduti sentono il peso schiacciante, improvviso, di una responsabilità grave nei confronti del proprio popolo, fatta di lutti, sangue, tormenti e privazioni. E la paura matta di dover pagare duramente per tutto questo, secondo quella legge della vendetta immediata ritorsivamente veicolata sulla rabbia incontenibile della ribellione. C'è, ma non centralmente, anche la propria, di rabbia, nel non essere riusciti a portare con loro milioni di banconote e tonnellate di oro, diamanti e gioielli pervicacemente nascosti in posti segreti del proprio regale palazzo. Sì, perché i potenti hanno l'intelligenza del potere ma la stupidità dello stupido, attraverso la quale ripongono più fiducia nel classico tesoretto sotto la “mattonella” che non nei titoli bancari e immobiliari miliardari sparsi in tutto il mondo. Il secondo trattato sulla psicologia collettiva nella dittatura, riguarderebbe l'atteggiamento che assume il popolo nei confronti del potere assoluto. Questo fenomeno, sebbene risulti avvantaggiato dal primo lavoro, avrebbe maggiori difficoltà di interpretazioni. La caduta dei potenti, specialmente se tiranni, la loro disperata reazione e la conseguente perdita del proprio essere, il terrore che hanno del proprio popolo prima sottomesso, rivela per intero la loro pochezza morale e la loro mediocrità culturale. Lo erano prima in questo modo non certo lo sono diventati, di sicuro non può averli ridotti così la caduta del regime. Qui allora sorge il dramma principale. Riguarda il perché i popoli si lascino abbindolare da uomini mediocri e da questi si facciano condurre dritti dritti nella dittatura. Cambiano le epoche, gli uomini sono diversi, ma il popolo è sempre uguale. Tralasciamo anche qui i tempi più lontani. Restiamo alla “contemporaneità” degli ultimi cent'anni, fermiamo lo sguardo sulle regione le più diverse di questo nostro mondo, ancora tanto immobile sul piano morale e politico quanto avveniristico su quello tecnologico. In Europa Hitler, Mussolini, Francisco Franco, i colonnelli greci e Salazar in Portogallo più qualche timido accenno di populismo e autoritarismo in Francia. Il Sudamerica dei militari golpisti degli anni Settanta- Ottanta. E i paesi orientali , dalla Cina all'Unione Sovietica, apparentemente casi a parte e singolari. E poi la Cambogia, la Thailandia, la Birmania. Infine i paesi arabi e africani, quasi tutti. Insomma, c'è più mondo sottomesso a regimi dittatoriali che uomini liberi. La storia non insegna e non corregge, non educa e non ribalta le culture e le coscienze. Così il terrore ritorna con la malvagità dell'animo umano e la sua potente volontà di sterminio. L'uomo sempre uguale dentro un popolo che non cambia, trasferisce le sue paure, le difficoltà del vivere quotidiano, la sua ansia per il futuro nell'uomo forte che rappresenta il sogno di potenza, sua e della nazione. L'uomo forte utilizza l' ignoranza della gente - ieri - e la forza di persuasione del pensiero unico massmediale - oggi - per addomesticare le coscienze, indirizzandole verso obiettivi forzati. Quali per esempio, l'odio per il nemico di rimpetto, le vendette dei torti subiti dalla nazione, la sete di gloria e di potenza, il diritto a costruire l'impero, fondato sui fasti del passato e sulle ricchezze naturali di oggi. Per questi miraggi di potenza - benedetti dalla parola di Dio di cui il popolo ne diviene messaggero e il capo il suo profeta - i popoli sopportano tutto e accettano un qualsiasi rais, un qualsiasi mediocre colonnello che si faccia imperatore. Accettano di essere comparse di uno psicodramma collettivo, che si alterna tra la farsa e il crimine, tra la fedeltà a Dio e la pretesa di un solo uomo di rappresentarlo carpendogli i poteri dell'onnipotenza. Per fortuna i dittatori sono troppo presi da sé e non hanno occhi per la realtà. Per fortuna che sono anche stupidi e lasciano il popolo morire di fame. Per fortuna sono ignoranti e non capiscono che la rete oggi è un sistema che prima ancora del pensare induce le persone a comunicare. La fame e Internet si sono dati appuntamento nelle piazze e lì vi hanno trovato la gente. Milioni di persone che non ce la fanno più a vivere senza lavoro e senza libertà, mentre i pochi governanti e i loro familiari si giocano la grande ricchezza rubata al loro popolo. La ribellione è iniziata un mese fa con quel ragazzo che si è dato la morte a Istanbul. Con le settimane è diventata rivolta. Contagiosa da trasformarsi in rivoluzione. Inarrestabile. Travolgente tutto quel vecchio potere che trova dinanzi a sé. I governi cadono, i dittatori sono cacciati e moriranno in esilio. I popoli si faranno liberi. Ma che ne sarà di loro se quanti in passato avrebbero potuto aiutarli e invece si sono fatti amici dei dittatori, per denaro o stupida compiacenza, ignoranza o fanatismo, li lasceranno soli? Si alleeranno ancora con il primo venuto? Questa è la domanda che l'umanità intera deve porsi.
 

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