mercoledì 16 febbraio 2011

Federali della Sera. Quali saranno le linee guida che ispireranno l'attività nei prossimi mesi? Muro anti-Sud e bon de chauffage. Venezia: Il governo ci ha fatto una sgarberia. 16 febbraio 2011.

Sezione bon de chauffage:
1. Bozen. Apologia del fascismo, a giudizio due bolzanini: «Fecero il saluto romano».
2. Bozen. Toponimi in Alto Adige, Pd e Pdl: no al blitz Svp.
3. Aosta. Un limite di reddito per il "bon de chauffage".
4. Trieste. Guerra delle frequenze televisive, tv slovena fa causa a Mediaset.
 
Sezione Venghino signori sul mille proroghe:
5. Venghino signori sul mille proroghe.
6. Vicenza. Alluvione, altri soldi.
7. Venezia. Fondi sanità, Zaia alza il muro anti-Sud.
8. Milano. Multe cancellate per soldi, tre vigili indagati per corruzione, abuso e truffa.
9. Reggio Emilia. La povertà si misura in carati.
10. Imperia. Pochi i contributi per il ripristino dei muri a secco.
11. Scoperti in Puglia 450 evasori totali».

Sezione sgarbo a Venezia:
12. Sicilia. Dove li mettiamo? Lasciamoli in Sicilia. Al nord abbiamo le imprese.
13. Lampedusa. I lampedusani: siamo noi i veri extracomunitari.
14. Venezia. "Cie, sgarbo a Venezia". Orsoni contro il governo.
1. Bozen. Apologia del fascismo, a giudizio due bolzanini: «Fecero il saluto romano». La difesa: non può essere considerato un reato. Altri due giovani hanno patteggiato davanti al giudice. di Susanna Petrone. BOLZANO. Dovranno rispondere di «Apologia del fascismo», reato previsto dalla «legge Scelba», il leader di Casapound Bolzano Andrea Bonazza, 29 anni, così come Mirko Gasperi, 20 anni. I due, infatti, erano stati denunciati il 10 febbraio 2009 alla fine della marcia in ricordo delle vittime delle foibe, perché insieme ad altri due ragazzi avrebbero fatto il saluto romano. Bonazza e Gasperi, difesi dall'avvocato bolzanino Roberto Keller, hanno rifiutato il patteggiamento, perché a loro avviso il saluto romano non sarebbe un metodo fascista. Marco Cleva, 28 anni, e Marco Pomella, 25 anni, invece, hanno deciso di patteggiare rispettivamente 1.000 euro e 730 euro. Il giudice Claudio Gottardi ha dunque rinviato a giudizio Bonazza e Gasperi, come richiesto dal sostituto procuratore Luisa Mosna, e il processo - in abbreviato - si terrà il 26 aprile. La legge «Scelba» sancisce il reato commesso da chiunque «fa propaganda per la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzare del disciolto partito fascista, oppure da chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». L'avvocato Keller sottolinea che «all'interno della stessa legge viene ricordato che ogni caso va giudicato singolarmente». E aggiunge: «I miei clienti sottolineano che non può essere definito un metodo fascista il loro comportamento».
2. Bozen. Toponimi in Alto Adige, Pd e Pdl: no al blitz Svp. Durnwalder vuole una norma di attuazione, dubbi anche nella Stella alpina. BOLZANO. Luis Durnwalder punta al colpo di mano sulla toponomastica attraverso una norma di attuazione. E' l'ultima novità di un periodo tesissimo sul fronte dei temi sensibili per i gruppi linguistici. Reazioni indignate e trasversali nel mondo italiano, con il deputato Pdl Giorgio Holzmann che avverte il governo: «Se passa una porcata del genere me ne vado». Sulla stessa linea il consigliere provinciale Maurizio Vezzali (Pdl): «A Roma stiano attenti. Questa sarebbe l'ultima goccia». L'assessore provinciale Christian Tommasini (Pd) anticipa: «Ipotesi di cui non vogliamo neppure sentire parlare».
Ma voci negative o imbarazzo emergono anche nella Svp, a conferma di un periodo effervescente, con fronti che si definiscono in vista della gara sulla successione.
Durnwalder ha pensato di sondare il governo sulla possibilità di varare una norma di attuazione che ricalchi l'accordo sottoscritto a settembre con il ministro Fitto sui cartelli di montagna. Acquista ora una luce diversa quel passaggio nel testo che prevede «il mantenimento nella loro dizione originaria, in lingua tedesca e/o ladina, dei nomi storici». Un lasciapassare per la sfoltita alla toponomastica in italiano.
Durnwalder durante l'ultima seduta della Parteileitung della Svp ha lanciato l'idea e chiesto ai deputati Zeller e Brugger, componenti della Commissione dei 6, di verificare se ci sono margini di manovra con il governo. Se è stato concesso il via libera sui monumenti fascisti, negato perfino da Prodi, perché non provare con la toponomastica? Con una norma di attuazione così, la successiva legge provinciale sarebbe solo una presa d'atto.
L'indiscrezione è però trapelata e come minimo è stato bruciato l'effetto sorpresa. Gelidi i due ambasciatori incaricati. Così Siegfried Brugger: «Mi sembra una ipotesi poco percorribile. La competenza sulla toponomastica è del consiglio provinciale. Il nostro ruolo non è risolvere con norme ciò che spetta alla Provincia». Zeller aggiunge: «E' poco probabile che ci sia assenso del governo. Ancora meno probabile se l'iniziativa viene divulgata prima ancora che Roma ne sappia qualcosa». Esasperato il senatore della Stella alpina Oskar Peterlini: «La politica non si fa con i muscoli. La Svp vuole diventare un partito anti-italiani, Durnwlader vuole distruggere la sua immagine? Si deve avere la pazienza e la dignità di trattare, senza scavalcare».
Proprio ieri i consiglieri provinciali di lingua italiana di tutti i gruppi da Unitalia al Pd, riuniti a Trento per il consiglio regionale, si sono incontrati ancora una volta per concordare una linea comune sul disegno di legge della toponomastica che verrà inserito nell'ordine del giorno del consiglio provinciale di marzo. La notizia dell'ipotesi di colpo di mano attraverso il governo ha messo tutti di pessimo umore, ma il gruppo rilancia la trattativa. «La toponomastica non può essere decisa dal ministro Fitto», sintetizza Alessandro Urzì (Fli). Riassume Tommasini: «L'obiettivo è ottenere sei mesi di sospensione della discussione in aula non per prendere tempo, ma per trattare con la Svp e arrivare a un testo condiviso». Precisati ieri i punti da chiarire, proseguono Vezzali e Urzì, tra cui la necessità di avere una commissione paritetica e non con prevalenza di membri di lingua tedesca, discutere le modalità di voto e i requisiti dei componenti. Sulle modalità di voto, prosegue Tommasini, «la mia proposta e del Verde Dello Sbarba è che la commissione decida insieme, non per gruppi separati, ma con forme di maggioranza qualificata per garantire tutti». (fr.g.)
3. Aosta. Un limite di reddito per il "bon de chauffage". 16/02/2011. AOSTA. L'erogazione del "bon de chauffage" per l'anno 2011 sarà condizionato dal reddito familiare. «Stiamo elaborando i criteri per l'assegnazione del bonus. La novità è rappresentata dal fatto che verrà fissato un limite di reddito per avere diritto al bonus, ma sarà un limite elevato» ha dichiarato a "La Stampa" l'assessore regionale alle Attività produttive, Ennio Pastoret, confermando con queste parole le ipotesi formulate già nei mesi scorsi. Secondo quanto riportato dal quotidiano, il "tetto" si aggirerebbe sui 50.000 euro. Ciò «metterà a disposizione dei redditi più bassi qualche risorsa in più - ha spiegato l'assessore - e permetterà di andare, seppure non di molto, oltre i 300 euro per i nuclei familiari fino a tre componenti e oltre i 350 previsti per le famiglie con più di tre componenti». Meno praticabili le ipotesi di erogare il contributo sulla base di criteri come altitudine e ubicazione degli immobili: ««Il ragionamento è ancora aperto - ha spiegato Pastoret, ma ci sono difficoltà oggettive che rendono difficile trovare nuovi parametri praticabili». Come spiegato ancora da La Stampa, l'iter per ottenere il contributo non subirà modifiche.
4. Trieste. Guerra delle frequenze televisive, tv slovena fa causa a Mediaset. Le emittenti d'oltreconfine oscurate da quelle italiane del "digitale terrestre". Chiesto al Gruppo italiano un risarcimento di 500mila euro: "Usa illegalmente un nostro canale". di Mauro Manzin. TRIESTE. Tra Italia e Slovenia è guerra. Guerra dei segnali televisivi. Migliaia di sloveni che vivono nelle aree al confine con l'Italia, infatti, dalla metà della settimana scorsa non possono più seguire i programmi delle emittenti televisive slovene a causa delle interferenze illegali, secondo le autorità competenti di Lubiana, di alcune emittenti italiane. E una tv ha addirittura denunciato il colosso Mediaset.
Come riferisce il quotidiano ”Dnevnik” di Lubiana, da mercoledì scorso la trasmissione nella zona di confine con l'Italia è passata a nuove frequenze che permettono una migliore diffusione del segnale digitale. Queste frequenze però, secondo Miran Dolenec, direttore dell'azienda pubblica slovena per le telecomunicazioni della tv di Stato, vengono illegalmente adoperate dalle emittenti italiane.
«Da anni assistiamo al comportamento scorretto degli italiani che illegalmente usano le nostre frequenze, ma in passato gli abbonati sloveni avevano solamente dei disturbi nella ricezione, mentre adesso, con la nuova tecnologia, o non riescono a vedere niente o possono seguire solo i canali italiani» ha spiegato. Secondo lui, «l'Italia viola il piano sull'uso delle frequenze deciso a livello internazionale». Interferenze e disturbi seri sono iniziati lo scorso dicembre quando il Friuli-Venezia Giulia è passato al digitale.
Secondo la stampa, in passato non è stato possibile risolvere simili problemi con l'Italia, poichè «l'Italia nell'assegnazione delle frequente tv e radio adopera criteri e regolamenti propri, che non sono stati adeguati alle norme internazionali ed europee». Simili interferenze sono state registrate anche in Istria e in Dalmazia, ragione per la quale dopo che non c'è stata risposta dalle autorità competenti italiane, la settimana scorsa ha reagito il Ministero degli esteri di Zagabria con una lettera al ministro Franco Frattini. 
Già nel settembre 2009 è stata sporta una denuncia in materia da parte della società Dometes proprietaria delle rete televisiva Sponka Tv contro Mediaset in quanto la messa in onda dei programmi di Italia 1 provocava disturbi al segnale dell’emittente slovena.
Domates ha chiesto a Mediaset, di proprietà del premier Silvio Berlusconi, un risarcimento danni pari a 500mila euro. «Abbiamo denunciato Mediaset - spiega il direttore di Sponka Tv Matjaz Dodic - perché usava illegalmente un canale digitale riservato, in base a uno specifico contratto, alla nostra televisione. Stiamo ancora aspettando una risposta alla nostra azione legale».
Da rilevare però che anche la controparte italiana si lamenta, soprattutto il settore radiofonico. Nei tribunali giacciono infatti diverse denunce da parte di emittenti italiane che operano sulle non regolamentate frequenze internazionali perché vengono regolarmente disturbate dal segnale sloveno.
5. Venghino signori sul mille proroghe. La parola "proroga" sa di ufficio pubblico, scartoffie e burocrazia; fedele al suo campo semantico, il «milleproroghe» era nato come provvedimento tranquillo e un po' grigio, che a cavallo d'anno s'incaricava di aggiustare il calendario della nostra macchina amministrativa e offrire un po' di tempo in più ad adempimenti che non hanno mai viaggiato alla velocità della luce. L'ingigantimento del milleproroghe è in corso da anni, ma la sua edizione 2011 tocca un record. A dicembre era poco più di un'esile tabellina, al Senato ha imbarcato di tutto ed è diventato un po' manovra finanziaria (dalle riforme fiscali su fondi immobiliari e banche alle tasse su cinema e calamità) e un po' legge omnibus, che mentre si occupa del foglio rosa per i motorini riorganizza la Consob e ferma la liberalizzazione delle società locali. Senza dimenticare, naturalmente, di distribuire mance, aumentando i politici locali a Roma e Milano e rinnovando la solita triste sanatoria sui manifesti elettorali. Un'evoluzione inevitabile: se il parlamento non scrive più le leggi, ma si limita a ratificare le scelte governative, è ovvio che sui pochi treni che passano salga di tutto.
6. Vicenza. Alluvione, altri soldi. «Ma segnalate opere». REGIONE. Zaia attende l'ufficializzazione di altri 60 milioni dal “milleproroghe” e ci sarà anche il potere di introdurre accise sulla benzina. L'avviso: «Controlli ai privati». «Ho chiesto ai Comuni di indicare interventi-simbolo per il recupero di strutture pubbliche da affidare a maxi-donatori»: finora solo 4. Antonella Benanzato. VENEZIA. Per l'emergenza alluvione in Veneto sono in arrivo, dal fondo per le Regioni, una sessantina di milioni di euro (30 più 30) da spalmare tra il 2011 il 2012. Cifra alla quale si aggiungerebbero altre risorse, se il Veneto lo riterrà, derivanti da un altro emendamento passato al Senato nel decreto "Milleproroghe": la possibilità per le Regioni in stato di emergenza di decidere aumenti dei tributi, delle addizionali e dell'imposta regionale sulla benzina. Lo ha annunciato il presidente veneto Luca Zaia ieri nella tradizionale conferenza stampa post-Giunta.
«L'emendamento sulle accise - ha spiegato il governatore - introduce il principio dei territori nei quali si sono verificati grossi cataclismi, come è stato nella nostra regione l'alluvione del novembre scorso. Avvalersi di questo strumento significa avere fieno in cascina da uno a cinque centesimi da investire sul territorio. In ogni caso, discuteremo la questione a Roma».
OBIETTIVO: L'ASSICURAZIONE PER LE CALAMITÀ. Zaia ha poi fatto sapere di essere al lavoro con un "attuatore" degli interventi post-alluvione sul fronte delle assicurazioni e mutualità. «È inutile nascondersi che le risorse statali per la calamità sono sempre più esigue, per questa ragione puntare sulle assicurazioni per le calamità è un'importante assist sul quale concentrarsi per il futuro».
CONTROLLI ANTI-FURBETTI. Proseguono i controlli da parte della Regione e della Guardia di finanza su aziende e cittadini che hanno presentato le richieste per il risarcimento danni. «Le verifiche continuano - ha informato il presidente - per evitare che qualcuno presenti richieste per danni inesistenti. Rivolgo quindi un caldo invito affinché vengano presentate dichiarazioni veritiere».
Il governatore, a fronte, degli avvertimenti ha comunque assicurato che al momento non ci sono "furbetti" ma ha lanciato un avvertimento facendo capire che qualche campanello di allarme c'è: «Non vorrei che qualcuno avesse chiesto risarcimenti per una frana di anni precedenti spacciandola come opera dell'alluvione...». Finora Palazzo Balbi ha erogato a empi di record 150 milioni di euro per l'alluvione (di cui 50 per i lavori dei Geni civili provinciali) «per garantire efficienza»: le risorse stanziate, ha puntualizzato Zaia, «vengono erogate dai Comuni ai quali è demandato stabilire le quote. Verificheremo con la Guardia di Finanza e i periti la qualità degli interventi».
RACCOLTI 4,2 MILIONI: «INDICATEMI OPERE PUBBLICHE-SIMBOLO DA RECUPERARE». Capitolo opere simbolo con arrabbiatura del presidente. «Mi ha amareggiato constatare - ha chiarito il governatore - che qualcuno abbia detto che Zaia invoca "opere simbolo" per l'alluvione come se si trattasse di finanziare opere d'arte: non è assolutamente così. È chiaro che non hanno capito niente».
Facendo un passo indietro, il 15 gennaio scorso la Regione Veneto ha scritto ai Comuni colpiti dall'inondazione per chiedere se avessero opere-simbolo che potessero essere finanziate dai cosiddetti "grandi donatori" che hanno raccolto somme importanti ma chiedono poi di poterle impegnare in interventi visibili: certamente, non opere d'arte ma infrastrutture danneggiate come Centri per anziani, asili, scuole, o campi sportivi, sui quali potesse essere posta una targa con il nome del benefattore.
«La settimana prossima - ha annunciato Zaia - spero di portare il titolare di una donazione di quasi un milione di euro, che chiede che il suo nome possa essere posto su un'opera simbolo». La solidarietà per l'alluvione ha superato i 4 milioni di euro e questo riempie di gioia il presidente Zaia. «Abbiamo raggiunto i 4,2 milioni di euro di donazioni, la prossima settimana raggiungeremo sicuramente i 5 milioni e abbiamo finora quattro segnalazioni di opere».
La somma complessiva per le donazioni è determinata dagli 1,8 milioni di euro giunti tramite sms e dagli 1,8 milioni di euro versati sul conto corrente aperto dalla Regione pro alluvionati, ai quali si aggiungono i contributi tramite assegni versati direttamente nel conto corrente del Commissario aperto presso la Banca d'Italia.
7. Venezia. Fondi sanità, Zaia alza il muro anti-Sud. SCONTRO A ROMA. Il Veneto sa che senza accordo decide il Ministero. «Solidarietà sì, ma no al criterio della differenza di reddito tra Regioni: noi i redditi li controlliamo...» VENEZIA. Il Veneto dice "no" al criterio sulla deprivazione proposto dalle regioni del Sud per ricalibrare le risorse del fondo sanitario nazionale. Un punto fermo lo ha messo il presidente veneto, Luca Zaia. Tra l'altro la Regione ha voce in capitolo, visto che presiede con l'assessore Luca Coletto la Commissione nazionale per la sanità. Zaia, che oggi è di nuovo a Roma per discutere la questione, fa intendere di lasciare poco margine di negoziazione: «Il Veneto ha una posizione di diniego assoluto e opposizione al cosiddetto criterio della deprivazione - mette in chiaro il governatore leghista - perché significherebbe introdurre un criterio che suddivide le risorse in base al reddito medio pro-capite per affermare una sorta di equazione: più povertà uguale più rischi di malattie e quindi più soldi per la sanità. Non è accettabile. Non ci faremo prendere in giro».
Il presidente Zaia è più che mai motivato a dare battaglia su questo fronte e a portare a casa il più possibile per il Veneto. «Noi facciamo parte della linea di pensiero che se non si toglie la deprivazione non abbiamo intenzione di raggiungere un'intesa e non firmeremo, per cui ci adegueremo a quanto prescritto dal ministero». Sulle posizioni delle altre regioni (quelle del Sud hanno già annunciato più volte che faranno fronte compatto), una terza via è quella proposta dalle Marche che invita a una mediazione. «È da dimostrare - replica agguerrito il governatore - se le altre regioni siano disponibili a un compromesso. Se non si raggiunge un'intesa col Veneto - avverte - non va avanti la trattativa. Siamo disponibili a negoziare ma senza criterio della deprivazione. Se passa la deprivazione vogliamo ridiscutere tutto noi».
Perché se fosse applicato questo criterio, ha proseguito Zaia, «cambierebbe l'entità dei costi standard e noi chiederemmo l'introduzione di altri parametri, oltre a quello delle epidemiologie, dell'età della popolazione, della povertà, ovvero anche il criterio dello stress da partita Iva o da mancanza cronica di infrastrutture da Pm10». Poi Zaia si rivolge ai cittadini per far comprendere meglio l'orientamento "nordista".
«Deprivazione, in soldoni - spiega - significa che dovremmo dare più soldi per la sanità alle regioni che hanno i redditi pro-capite più bassi, ma non funziona così. Qui da noi - è l'eloquente valutazione - si fanno tanti controlli per i redditi, forse si dovrebbero fare anche in giro per l'Italia». In ogni caso il governatore ha auspicato che «non scoppi l'ennesima guerra tra poveri'» e ha confermato che da parte del Veneto «vi sarà un diniego assoluto all'applicazione della deprivazione», anche perché «questo criterio non dispone di nessun supporto scientifico» e il Veneto, in una tale situazione, rischierebbe di perdere tra i 70 e i 200 milioni di euro.
«Il Veneto - attacca anche il segretario veneto dell'Udc, Antonio De Poli - non si può permettere di perdere una porzione dei fondi destinanti alla Sanità. Siamo già la Regione del Nord trattata peggio». A.B.
8. Milano. Multe cancellate per soldi, tre vigili indagati per corruzione, abuso e truffa. Perquisiti uffici e abitazioni: le contravvenzioni cancellate dai computer, a volte con un finto pass per invalidi. MILANO - L'amico giusto al posto giusto. E la contravvenzione, per un divieto di sosta o per chissà quale altra violazione, si perde tra i computer del sistema informatizzato della Polizia municipale - quello delle procedure sanzionatorie - tanto che dove dovrebbe arrivare, magari in Prefettura per la decisione finale sul ricorso presentato, la multa in realtà non arriverà mai. Svanita nel nulla, polverizzata. Praticamente cancellata. È anche per questo che ieri mattina tre vigili urbani di Milano, due agenti e un commissario aggiunto, sono stati buttati giù dal letto all'alba e si sono visti recapitare avvisi di garanzia per reati che variano dalla corruzione all'abuso d'ufficio, dalla truffa al falso ideologico. «Siamo colleghi...», si sono subito presentati gli inquirenti scelti dalla sezione dei vigili urbani che lavora alla procura della Repubblica. E in un attimo è iniziata una lunga perquisizione nello loro abitazioni, nei loro uffici - in via Friuli 30 e in piazza XXV Aprile numero 6 - e anche nelle case di alcune persone a loro vicine. Alla fine sono stati sequestrati computer, qualche cd e qualche agenda, chiavette usb e, almeno in un caso, anche soldi in contanti per quattromila euro. Scatoloni di materiale che nelle prossime ore dovrà essere analizzato con attenzione e valutato alla luce degli elementi che l'accusa, coordinata dal sostituto procuratore Grazia Colacicco, ha raccolto in mesi di indagini seguite da vicino anche da Tullio Mastrangelo, il comandante della polizia municipale di Milano. Nei guai sono finiti l'agente Damiano Borchielli, 50 anni, in servizio all'Ufficio Cosap (ufficio concessioni suolo aree pubbliche) di piazza XXV Aprile; Giulio Bergamasco, 42 anni, in servizio al Settore procedure sanzionatorie, ufficio esposti e ricorsi del Comune di Milano, in via Friuli; e Danilo Lorini, 62 anni, commissario aggiunto in forza sempre in via Friuli. Quest'ultimo è indagato in concorso per abuso d'ufficio perché avrebbe evitato a un amico del collega Borchielli il pagamento di un verbale di oltre 4mila euro rimediato per avere esposto abusivamente una pubblicità non autorizzata dal Comune. Per gli altri due vigili, invece, il quadro è più intricato. Dietro compenso di denaro - l'accusa ritiene il 30% del valore del verbale che i privati avrebbero dovuto pagare alle casse di Milano - avrebbero inserito fuori termine nel sistema informatico dei vigili decine e decine di ricorsi degli amici che poi si sarebbero in qualche modo smarriti nel dedalo dell'iter burocratico fino ad evaporare completamente. Un altro trucco per salvare l'amico dal pagamento del divieto si sosta? Inserire nella pratica, curata personalmente dagli indagati, un finto pass per invalidi e una finta dichiarazione (firmata però col nome di un invalido vero) che certificasse un accompagnamento in un determinato luogo, quello della contravvenzione. Ma l'inchiesta potrebbe essere solo a una prima fase e non si può escludere possa coinvolgere altre divise. Di certo, nel registro degli indagati risultano già coloro che per farsi annullare le multe hanno aperto i cordoni della borsa. Biagio Marsiglia
9. Reggio Emilia. La povertà si misura in carati. C'è chi vende gioielli di famiglia, regali di ex ma anche protesi dentali. di Roberto Fontanili. REGGIO. «C'è tanta disperazione in giro. E non è sempre facile stare al di là del vetro e non farsi coinvolgere. A volte non ci chiedono di comprare le protesi e i denti in oro, ma anche le protesi in resina, pur di realizzare qualcosa», ci hanno detto in uno degli ormai tanti esercizi commerciali dove si compra l'oro usato (ma adesso con la crisi si compra anche l'argento) che sono nati in città in poco tempo, con una forte impennata a partire dal marzo-aprile 2010 in avanti. Per un altro commerciante invece, il suo «è un lavoro come un altro», anche se poi aggiunge che si riesce sempre a distinguere chi vende perché ha bisogno di soldi e chi vende magari solo perché vuole disfarsi della fede nuziale dopo la separazione.
«Un tizio - racconta - questa mattina è arrivato e non ha neppure contrattato. Semplicemente ha detto: mi dia quello che vuole». Ma la maggior parte delle persone vende perché ha assoluta necessità di farlo, sacrificando spesso i ricordi di una vita. Hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione e i soldi servono per pagare l'affitto e le bollette. E chi ha bisogno contratta e tira sul prezzo oppure fa il giro di tutti i negozi prima di decidersi.
C'è poi chi cerca di nascondere la propria disperazione, come la signora in pelliccia di visone che ieri, evidentemente a disagio, aspettava che uno dei tre negozi in Corso Garibaldi aprisse. Perché il prezzo può variare, anche di cinquanta centesimi al grammo, oltre che in base ai carati. Si vende di tutto. Dagli anelli, alle collane, alle sterline, agli orologi, fino ai regali di San Valentino dell'ex, come è capitato in alcuni casi proprio ieri a Iolanda Paleari, la responsabile di filiale del «Mercato Veneto dell'Oro», in via Beretti.
A farlo sono soprattutto gli italiani, «perché per vendere l'oro occorre avere avuto i soldi per comprarlo e il nostro lavoro è strettamente legato a quello delle gioiellerie», fa notare Mattia Chiossi di «Oro e Argento» di viale Umberto I, mentre sono pochi, anche se in aumento, gli extracomunitari di origine africana che portano qualche piccolo oggetto. Sono uomini e donne di tutte le età, dai 18 anni in su, molto spesso reggiani e di diversa estrazione sociale. Anche giovanissimi, che si disfano di quello che hanno per realizzare qualcosa per togliersi un'altra voglia, o perché quell'oggetto avuto in regalo non interessa più. Ma c'è chi raschia il barile ed è arrivato a vendere anche il pennino in oro della stilografica o una protesi dentaria d'oro pur di realizzare una manciata di euro. Ma non sono sempre storie di disperazione, quelle che stanno alle spalle di chi oggi vende oro e argento.
Per alcuni è una scelta. Come chi è reduce da un furto in casa e «preferisce vendere quel poco che i ladri non hanno trovato e si sente più tranquillo o chi anziché spendere i 90 euro l'anno della cassetta di sicurezza per tenerci dentro quelle cose che ormai non si portano più vende ora che le quotazioni sono buone e realizza qualcosa», conclude Mattia Chiossi.
10. Imperia. Pochi i contributi per il ripristino dei muri a secco. Risorse insufficienti a soddisfare le richieste delle aziende agricole. Il muretto a secco è lì, tutto rimesso a nuovo. Cento metri di pietre abilmente posate le une sulle altre come si faceva una volta, a formare le fasce coltivate ad ulivi. «Il muro io l’ho sistemato, ma dei contributi a fondo perduto per i quali ho fatto domanda nel 2009 neppure l’ombra». I contributi, come recita la delibera della Regione del marzo 2009, ammontano a 94 euro il metro quadrato che per un massimo di 100 metri fanno 9.400 euro. Il muro c’è, lo ha realizzato un imprenditore agricolo a Chiusanico, in frazione Torria, la domanda di contributo è stata regolarmente inoltrata, è stata fatta anche un’ispezione che ha attestato l’intervento, ma i soldi non sono arrivati. Che cosa è successo? La risposta, come sempre più spesso accade in tempo di crisi, è di tipo economico. I soldi non ci sono o meglio quelli stanziati per la “misura 216” quella che nel Piano di sviluppo rurale sta a indicare il ripristino dei muri a secco, non sono bastati a soddisfare tutte le richieste e qualcuno è rimasto escluso dal contributo.
«Per il ripristino dei muri a secco erano già stati messi a bando fondi per 1.430.000, ma sono pervenute domande di aiuto per importi molto superiori», la conferma dell’assessore regionale all’agricoltura, Giovanni Barbagallo.  Le domande di contributo inevase, almeno quelle presentate attraverso gli uffici della Coldiretti della Provincia di Imperia sono cira 250. «Come associazione - dice il direttore Carlo Greco - abbiamo già chiesto che vengano attivati fondi che consentano di dare la giusta copertura alle domande presentate dalle imprese agricole. Partiamo da una considerazione: i muri a secco sono essenziali non solo per le imprese agricole, ma per il territorio tutto per questo hanno una valenza ambientale e devono essere preservati. Insomma si devono essere trovate le adeguate risorse».
Che è quello che la Regione sta cercando di fare . Intanto la giunta ha già reso disponibili ulteriori fondi per 5 milioni e 700 mila euro. Ma si tratta di fondi per i quali la Comunità europea che li elargisce, ha posto alcune prescrizioni, ovvero sono somme riservate alle zone comprese nella “rete ecologica regionale”, costituita dai siti “natura 2000” , dalle aree protette e dalle aree di collegamento. La traduzione al burocratese non è così incoraggiante per le imprese agricole escluse dal precedente bando per mancanza di fondi. Semplificando si tratta di una limitazione relativa alle particelle catastali, cosicché tra due terreni limitrofi uno può accedere ai contributi per il ripristino dei muri a secco perchè rientra nelle aree protette e l’altro no.
«Come coldiretti - dice Carlo Greco - abbiano chiesto sia di dedicare risorse per coprire le richieste delle imprese agricole, sia di coprire al cento per cento il territorio e non solo quello compreso nelle aree protette».
Ad oggi i bandi precedentemente aperti sono chiusi. In questo periodo in Regione stanno istruendo le domande pervenute per quantificare le risorse disponibili e riavviare a l più presto i bandi.
«Contiamo così di soddisfare un numero significativo di domande e di dare un contributo concreto al miglioramento dell’ambiente e del paesaggio tradizionale della Liguria», ha assicurato l’assessore all’agricoltura conscio che il problema riguarda non solo la provincia di Imperia dalla quale proviene, ma tutta la Regione.
Proprio valutando gli effetti positivi dei muri a secco sull’equilibrio ambientale, sulle produzioni agricole di qualità e sulla identità del paesaggio il ripristino potrebbe essere finanziato attingendo da altre risorse. «Chiediamo alla Regione - conclude il direttore della Coldiretti - di non limitarsi a attingere dal portafoglio agricolo anche perchè i muri a secco che rappresentano un importante contributo anche per migliorare l’offerta turistica del nostro territorio. Alla Bit di Milano abbiamo incontrato tedeschi che conoscono la valle Impero e la val Prino meglio di noi che ci abitiamo e che vengono qui non solo per il mare, ma per tutto l’entroterra e i suoi terrazzamenti».
11. Scoperti in Puglia 450 evasori totali». di MIMMO MAZZA. «La Puglia è una regione di frontiera: non presenta le problematiche criminali di altre realtà del Meridione d'Italia ma è comunque sottoposta a pressioni provenienti dall'esterno, in particolare dai Balcani, e dall'interno, dove in alcune realtà c'è il tentativo di creare una economia parallela con il reimpiego di capitali illeciti». A dirlo alla Gazzetta è il generale di divisione Franco Patroni, comandante regionale della Guardia di Finanza. Patroni dal maggio scorso si è insediato nella caserma del lungomare di Bari, alla guida di oltre 4400 militari, suddivisi in 60 reparti, con 5 nuclei ad alta specializzazione, 600 finanzieri specializzati nel ramo mare e 40 mezzi navali. «L'obiettivo che io e i miei militari ci siamo posti per il 2011 è quello di dare sicurezza ai pugliesi, tutelando la libertà economica e lottando contro la criminalità organizzata che vede nel Foggiano e nel Barese 110 nostre pattuglie impegnate quotidianamente per il controllo economico del territorio, di concerto con le altre forze di polizia».
Quali saranno le linee guida che ispireranno l'attività delle Fiamme Gialle nei prossimi mesi? «Abbiamo stilato piani operativi per la lotta all’evasione, alla criminalità economico-finanziaria ed ai traffici illeciti. La nostra azione sarà concentrata prioritariamente sulle frodi, sugli altri illeciti di rilevanza penale e su quelli che - per le loro caratteristiche ed insidiosità - richiedono una spiccata azione di intelligence, analisi di rischio, controllo economico del territorio e metodologie d’intervento più incisive, tipiche di una Forza di polizia. Ci muoveremo in sinergia con gli altri attori del sistema economico-finanziario, a partire dalle Agenzie fiscali».
I pugliesi sono un popolo di evasori? «Non mi piacciono i giudizi sommari. Esiste, però, una platea di partite Iva di piccole dimensioni (fino ad un milione di euro di volume d’affari), pari ad oltre 320mila tra imprese e lavoratori autonomi che, operando a diretto contatto con i consumatori finali, possono evadere attraverso comportamenti elementari, quali l’omessa contabilizzazione dei corrispettivi incassati. Poi ci sono forme di evasione più sofisticate, normalmente poste in essere da strutture imprenditoriali complesse, che ricorrono a pratiche particolarmente insidiose (triangolazioni tra più società spesso allocate in Paesi diversi, intestazione fittizia di patrimoni, aggiramento della normativa fiscale mediante operazioni prive di valide ragioni economiche). Per combattere questi fenomeni, puntiamo sulla deterrenza e sul contrasto. La deterrenza, che mira a prevenire e contenere la propensione all’evasione di massa, è assicurata da oltre 54mila controlli pianificati per il 2011 riguardanti singoli atti di gestione, i rapporti tra clienti e fornitori, l’emissione di scontrini, ricevute e fatture, la circolazione delle merci su strada, l’identificazione di soggetti in possesso di beni indicativi di alta capacità contributiva. Il contrasto, invece, si realizzerà nel 2011 mediante oltre 1700 verifiche a società, imprese e lavoratori autonomi, mirate su fenomeni evasivi, elusivi e di frode più gravi e complessi, attraverso l’esame degli aspetti più significativi della posizione fiscale e la ricostruzione dei reali flussi finanziari al fine di riscontrare la veridicità delle basi imponibili dichiarate dai contribuenti».
Quanto vale l'economia sommersa pugliese? «In Italia, le imprese ed i lavoratori autonomi che, pur producendo reddito, hanno omesso di presentare le dichiarazioni fiscali, restando quindi del tutto sconosciuti al Fisco, sono aumentate del 18% rispetto all’anno precedente (circa 9.000 evasori totali). In Puglia, gli evasori totali scoperti dai reparti della Guardia di Finanza nel 2010 sono stati 450, in aumento rispetto al 2009 (418 evasori totali scoperti). Anche con il coinvolgimento sempre più massiccio di Comuni e Guardia di Finanza. Nel piano straordinario di accertamenti da attuare fino al 2011, infatti, spicca il crescente coinvolgimento dei Comuni perché gli enti locali possono e debbono segnalare eventuali situazioni rilevanti».
Si moltiplicano le preoccupazioni per gli investimenti nel campo delle energie alternative. Come intendete muovervi? «È allo studio una convenzione con la Regione Puglia per esaminare i flussi finanziari diretti ai progetti per l'eolico e il fotovoltaico, una convenzione che seguirà quella già siglata sulla sanità, che in questi giorni è in corso di rinnovo. L'obiettivo è sempre quello di tutelare la legalità economica».
Una volta dai Balcani arrivavano le sigarette: ora, che giunge sulle nostre coste? «Il traffico di sigarette si è ridotto ai minimi termini e quasi sempre si tratta di carichi diretti altrove, non in Puglia. Le coste pugliesi sono invece sempre più utilizzate per sbarcare grossi quantitativi di droga, con traffici gestiti direttamente dalla camorra e dalla 'ndrangheta, e per far giungere in Italia clandestini provenienti da Kurdistan, Afghanistan e Iraq».
12. Sicilia. Dove li mettiamo? Lasciamoli in Sicilia. Al nord abbiamo le imprese. Migliaia di immigrati giunti in Sicilia disperati potrebbero essere ospitati presso il “Residence degli Aranci” a Mineo. Berlusconi, con la solita insopportabile demagogia, ha dichiarato che “potrebbe nascere un Villaggio esempio di solidarietà e sicurezza”. La verità invece è la solita: imporre ai siciliani di pagare da soli il prezzo dei fallimenti altrui. Sarebbe infatti corretto che i poveri immigrati trovassero sistemazione in diversi centri sparsi sull’intero territorio, magari usando come criterio quello della maggiore presenza nelle aree più ricche del Paese, dove sarebbe possibile offrire maggiori opportunità ed alleviare l’impatto sociale. Ed invece, no. Cosa studiano Berlusconi ed il leghista Maroni di metterli tutti insieme a Mineo dove si era costruito quel Residence per ospitare gli americani di Sigonella. Il Sindaco di Mineo protesta preoccupato ed ha ragione da vendere. Ed il Presidente Lombardo? Ed il Sindaco Stancanelli? Ed il Presidente Castiglione? Ed i sindaci degli altri comuni vicini? Ed il Prefetto Santoro di Catania? Qualcuno ha idea di quale potrà risultare l’impatto su un tessuto sociale ed economico già collassato com’è quello catanese? Qualcuno ha idea di cosa accadrebbe alla sicurezza nel nostro territorio, nelle nostre case, per le nostre imprese. A qualcuno è venuto in mente come la Mafia potrebbe assoldare a buon mercato nuova manovalanza tra questi disperati? Occorre ribellarsi. Sono momenti in cui far sentire la voce non meno disperata di tanti siciliani che già vivono un deficit di servizi abissale in rapporto ad altri territori del Paese. Cosa fanno i politici? Ma figuratevi, erano tutti presenti per ossequiare Berlusconi…di andrea martino
13. Lampedusa. I lampedusani: siamo noi i veri extracomunitari, senza acqua potabile nelle case e senza servizi. di Mariano Maugeri. Fathj, 50 anni suonati, un giubbotto di un paio di misure più largo, il volto solcato dalle rughe, un cappello di lana che quasi copre gli occhi neri come la pece, va in giro per il centro di accoglienza di Lampedusa elemosinando una canna da pesca: «Aiutatemi a trovare una lenza e un amo: non resisto senza far nulla».
Ahmed: il mio vero obiettivo è la Germania. Lampedusa fa i conti con l'emergenza più massiccia della sua storia. Vuole andare a pescare, Fathj, il suo hobby preferito a Jerba, dove per vent'anni è stato animatore in un villaggio turistico. Nessuno ha il coraggio di dire a quest'uomo con quattro figli e una moglie in Tunisia che i pescatori di Lampedusa scioperano da due settimane per protestare contro il caro gasolio. A guidare i pescatori isolani c'è nientemeno che il generale in pensione dei carabinieri Antonio Pappalardo, dal 2009 assessore alla Protezione civile e all'aria Marina protetta.
Pappalardo, da comandante del Cocer, l'organismo di rappresentanza dei carabinieri, nel 1992 entrò in collisione con i vertici dell'Arma: «Il comandante generale dei carabinieri non può essere scelto dai partiti» disse al Gr1. Pappalardo non è l'unico assessore eccellente. Insieme con lui ci sono l'economista palermitano Pietro Busetta e, fino a sei mesi fa, Arnoldo Mondadori, nipote del fondatore della casa editrice. Un salto di qualità imposto dal sindaco dell'Mpa, Bernardino de Rubeis, dopo l'arresto per concussione, avvenuto nel luglio del 2009.
Fathj non può saperlo, ma Lampedusa è il precipitato degli slanci e delle contraddizioni della sicilianità. L'insularità al quadrato. Lampedusa ha la sventura di essere una zattera nel Mediterraneo con due interlocutori istituzionali, la provincia di Agrigento e la Regione siciliana, occupati da tecnocrati con cervelli troppo affilati per cedere alla grossolanità dell'efficienza. Pino d'Aietti, detto Pino il lampedusano, grande amico di Domenico Modugno, racconta la maledizione di vivere in un'isola più vicina alla Tunisia che all'Europa seduto al sole di piazza Libertà. Alle sue spalle una stele dello scultore Giò Pomodoro e un chioschetto con il manifesto dei pescatori che hanno proclamato la serrata: «Per lo Stato abbiamo gli stessi diritti degli italiani, mentre gasolio, elettricità gas e trasporti ce li fanno pagare il 30% in più».
Pino, che ai bei tempi faceva l'idraulico e intonava a squarciagola con il Mimmo nazionale il refrain di "Volare" nella villa (abusiva) di Modugno incuneata tra le rocce della spiaggia dei conigli, la racconta con una ironia che ogni tanto lo fa esplodere in accessi di riso provocati dalle sue stesse battute: «Gli extracomunitari siamo noi, non i tunisini. Io sono agli arresti domiciliari da 66 anni. Questa è un'isola a forfait». Pino il cantante sostiene che a Lampedusa non convenga neppure morire: costa troppo riportare la salma dal Civico di Palermo, dove di solito ci si deve curare. Le tasse invece corrono: 400 euro l'anno per l'acqua trasportata dalle bettoline che partono dalla Sicilia. Solo che nessuno ha pensato di dotare ogni casa di un contatore. Si paga a forfait.
Lo stesso per la munnizza, la spazzatura, trasportata senza un'oncia di differenziata sempre nell'isola madre: 800, 900 euro l'anno. E poi il piano regolatore mai esistito, il piano di fabbricazione che risale al 1974 e ha prodotto 3mila pratiche di condono edilizio che marciscono nella sede provvisoria del Municipio. Pino ride. E non chiedetegli del depuratore che ogni estate va in tilt. Autolesionismo isolano? L'idraulico la butta in gag: «In Sicilia la legge è ovale per tutti». Così ovale che a Cala Creta un dammuso abusivo di 40 metri quadrati con terrazza e giardino affacciati sul mare costa 800mila euro mentre la Regione non si decide ad approvare neppure uno straccio di piano di edilizia convenzionata. Per fortuna c'è il cuore degli isolani che supplisce al resto. Laura Boldrini, dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati, si sgola per lodare il comportamento dei lampedusani: «L'isola è un modello: hanno aiutato 5 mila immigrati».
Fathj continua a implorare una canna da pesca ma non c'è verso di scovarla. Il suo numero di partenza è altissimo: 2120. Se tutto va bene rimarrà a Lampedusa almeno una quindicina di giorni. Sembra la riedizione contemporanea della metafora maoista: meglio insegnare a pescare che fornire un'assistenza passiva a chi chiede aiuto. Ma a Lampedusa succede esattamente il contrario. Capita l'antifona, molti compagni che circondano Fathj dicono di voler raggiungere la Germania o la Francia il più presto possibile. «In Italia c'è crisi» ripetono educatamente scuotendo la testa.
14. Venezia. "Cie, sgarbo a Venezia". Orsoni contro il governo. Duro atto d'accusa del sindaco dopo l'annuncio del ministro Maroni di un centro clandestini a Campalto: "Procedura illegittima". Il Comune pronto ai ricorsi legali. VENEZIA. «Il governo ci ha fatto una sgarberia. Hanno messo sul tavolo a sorpresa il Centro espulsione immigrati a Campalto proprio mentre stiamo trattando per il nuovo carcere. Ma noi diremo no». Il sindaco Giorgio Orsoni annuncia battaglia contro l'idea del ministro degli Interni Roberto Maroni di insediare il nuovo «Cie» in riva alla laguna. Una battaglia non soltanto politica. Ieri poco prima delle 14 ha firmato nel suo studio a Ca' Farsetti una «istanza di accesso agli atti» che riguardano la procedura avviata per la costruzione del nuovo centro immigrati. Da sindaco - «ma anche da avvocato e veneziano», precisa - vuole verificare la legittimità della procedura adottata dal ministro. Legge con attenzione il documento preparato dai legali dell'Avvocatura civica. Risponde un po' seccato al portavoce del ministro Romani che vorrebbe farsi riferire delle richieste sul futuro della chimica: «Dica al ministro che mi chiami quando è disponibile». E affronta la questione del contestato Centro che il governo vorrebbe piazzare a Campalto.
Sindaco, oggi ha chiamato il ministro Maroni?
«No, se vuole mi chiamerà lui. La nostra posizione è molto chiara. In Consiglio comunale l'hanno votata tutti a parte la Lega».
Il Centro espulsione immigrati Venezia non lo vuole?
«Sì, per tanti motivi. Compresa la tradizione di accoglienza che ha la nostra città».
Con il governo siamo alle carte bollate?
«Beh, insomma... non è che possiamo farci imporre sul nostro territorio una scelta che non condividiamo».
Ma per questo c'è la politica.
«In questo caso si tratta di una decisione che potrebbe essere illegittima».
Spieghi.
«La legge prevede che l'istituzione di questi centri sia fatta con un decreto del ministro dell'Interno, previa indicazione della Provincia sentita la conferenza Stato-Regioni. Mi pare che tutto questo non sia stato fatto».
Nell'elenco delle aree Venezia non c'era.
«No. E' chiaro che un atto del genere si presta a un ricorso al Tar, da parte di qualsiasi cittadino interessato».
Dunque il Comune farà ricorso.
«Intanto mettiamo le mani avanti. Ho firmato proprio adesso un'istanza di accesso agli atti, in base alla legge 241. Il ministero dovrà mandarci tutte le carte».
Dunque il progetto si ferma.
«Devo dire anche che per la realizzazione di questi centri potrebbero essere usati anche qui i poteri straordinari della Protezione civile».
Le procedure speciali che bypassano ogni parere degli enti locali.
«Beh, sì. Ma in quel caso ci ragioneremo. Non è detto che anche quelle decisioni non possano essere impugnate».
Fatto sta che mentre si parla di federalismo, ancora una volta il governo centrale fa un atto di invadenza nelle competenze dell'ente locale.
«E' stato un atto di vera sgarberia nei nostri confronti. Nel momento in cui stiamo discutendo dell'ipotesi di un nuovo carcere arriva la sorpresa».
Che idea si è fatto?
«Che magari è stato fatto apposta per far saltare tutto».
Sembra un po' troppo.
«Ma non vedo altra spiegazione razionale. Una proposta del genere, in questo momento, non può avere altro risultato che esasperare gli animi, provocare proteste e come si dice, far saltare tutto. Forse è questo che volevano».
Insomma l'opposizione del Comune resta ferma.
«Assolutamente sì. E intanto vediamo se la procedura è stata legittima».
 

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