domenica 6 febbraio 2011

Gli anni dell'Edonismo Reaganiano

Di Roberto d'Agostino – la Stampa.
All’inizio, pare soltanto un tormentone di «Quelli della notte», gag priva di senso, battuta demenziale, sandwich di termini, anche astrusi. Invece, sorpresa, l’Edonismo Reaganiano travalica il piccolo schermo e gli addetti alle opinioni di massa dichiarano che non è solo un goliardico scherzo catodico ma il piedino di porco per penetrare nella Weltanschauung degli Anni 80.


Apre il varco il filosofo Gianni Vattimo, oracolo del nichilismo post-moderno e agit-prop del «pensiero debole», celebrando la nuova etichetta su La Stampa con un editoriale che si intitola proprio Edonismo Reaganiano. Ma i consensi dotti e intellettuali all’uso e abuso dello slogan provengono anche da voci più ortodosse. Dice Giuseppe Vacca, deputato comunista e pensatore di un certo impegno: «Apprezzo molto questa formula. Sono riusciti a nominare “la cosa” con un linguaggio metaforico tutt’altro che banale. Credo che il loro sia il primo contributo di pensiero critico diffuso attraverso i mezzi di comunicazione di massa, particolarmente utile per la percezione dei cambiamenti che stiamo vivendo». Ancora. «Non si capisce di questi Anni 80 se non si prende atto di questi cambiamenti e si continua a ragionare come negli Anni 70», osserva il filosofo Salvatore Veca.

Che aggiunge (Panorama, 30 giugno 1985): «Anche nell’epoca della felicità privata si può mantenere la capacità di raziocinio, non demonizzare né santificare quel che succede, ma cercare di distinguere». È questa la grande sfida che la sinistra, il Pci di allora, raccoglie nel peggiore dei modi, continuando imperterrita a demonizzare l’essere e il benessere (e il risultato, dieci anni dopo, si chiamerà berlusconismo senza limitismo - e senza il reaganesimo un Berlusconi non sarebbe mai sbucato dallo Stivale). Il giochino di prestigio è riuscito. Il coniglio sbuca dal cappello a cilindro. In precario equilibrio tra l’ironico e il grottesco, spiego, trasmissione dopo trasmissione, quali sono i pensatori che tramano dietro la formuletta edonista, personaggi scelti con cura in base alla struttura del nome ma soprattutto in base ai titoli dei loro libri: «L’insostenibile leggerezza dell’Essere» per Kundera, «Il pensiero debole» per Vattimo, «L’impero dell’Effimero» per Lipovetsky, «L’estetica del brutto» per Rosenkranz, «L’ideologia del traditore» per Bonito Oliva. Ecco, basta mettere in fila indiana i titoli di cui sopra per ottenere la soluzione dell’ambo Edonismo Reaganiano.

Aggiungere infine il titolo definitivo: Post-politica, e il cerchio si chiude. Siamo al di qua e al di là dei partiti, in un paesaggio che vede l’economia schiacciare la politica (la famigerata reaganomics), in cui sale alla ribalta il leader che si fa partito. Addio scudo crociato, in soffitta falce e martello, benvenuti negli Anni 80. Si è chiuso il ciclo della politicizzazione, del protagonismo collettivo e della ricerca della felicità sociale, secondo l’espressione coniata dal sociologo Albert Hirschmann. Di qui, complice la delusione sui risultati delle battaglie sociali e ideologiche, finite nell'assassinio di Aldo Moro, inizia un nuovo ciclo, quello della felicità individuale, dell’affermazione personale. Mescolare le carte, dunque. Dal sinistrismo al narcisismo, dal Noi all’Io, dalla sommossa delle Bierre alla mossa delle Pierre, da Lotta Continua al successo di breve durata, dai furgoni cellulari al telefonino cellulare, dal significato al significante, dalle fratte ai frattali, dal ciclostile al fax, dalla rivolta a Travolta. È un Pediluvio universale. Impara l’arte e mettila nei party. Peperoncino dall’inizio alla fine. Conciliare l’alto e il basso. L’Est e l’Ovest. La Storia e la scoria. La qualità e la quantità.

Le Botteghe Oscure e le boutiques lucenti. Del resto, lo scavalcamento dei ruoli, la sapienza combinatoria, il desiderio di sedurre, è ben rappresentato e legittimato dalle culture emergenti degli Anni 80: il Post-moderno nell’architettura, la Transavanguardia nella pittura, il pensiero debole nella filosofia, il miraggio del look nelle tribù giovanili, il computer come memoria istantanea, il video come operazione di smontaggio e rimontaggio della realtà. Se non si può opporre l’avanguardia alla tradizione, né l’avvenire al passato, contro gli opposti estremismi, il doppio-gioco dell’Edonismo Reaganiano è allora un tentativo positivo di mettersi in comunicazione con l’astuzia del tempo e l’ambivalenza del presente. E non è singolare che sia toccato proprio a Umberto Eco di diventare con l’intercontinentale e incontinente trionfo popolare del «Nome della rosa» il garante dello slittamento, della doppia identità. L’Edonismo Reaganiano sbandiera la «democrazia del frivolo», sfacciatamente, portando con sé non solo trash e flash, ma anche i bollori della creatività individuale e del pluralismo, e riconcilia la tecnologia con il gioco, il potere politico con la seduzione, il sesso con il piacere, il divertimento con la vita.

Dunque, gli Anni 80 di mezzo non sono solo il nostro momento di massimo «orgiasmo», come scrive il sociologo francese Michel Maffesoli ne «L’ombra di Dioniso», ma anche l’apoteosi del Gusto del Cattivo Gusto. Dietro il quale, riassume brutalmente Milan Kundera, «c’è il bisogno di negare e nascondere “la merda”, il bisogno di occultare il lato fecale dell’esistenza».

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