mercoledì 9 febbraio 2011

Istat: il reddito delle famiglie 2006-2009

Testo privo di tabelle.


Reddito disponibile
Nel periodo 2006-2009 il reddito disponibile delle Famiglie italiane si è concentrato, in media, per circa il 53 per cento nelle regioni del Nord, per il 26 per cento circa nel Mezzogiorno e per il restante 21 per cento nel Centro. Nel periodo considerato tale distribuzione ha mostrato alcune variazioni che hanno interessato principalmente il Nord-ovest, il quale ha visto diminuire la sua quota di 0,6 punti percentuali (dal 31,1 del 2006 al 30,5 per cento nel 2009) a favore di Centro e Mezzogiorno (+0,4 e +0,2 punti percentuali rispettivamente). La quota di reddito disponibile delle Famiglie del Nord-est è rimasta invariata al 22 per cento.
Il periodo analizzato ha poi visto il progressivo ridursi del tasso di crescita del Reddito disponibile nazionale, che è passato da un incremento del 3,5 per cento del 2006 ad una flessione del 2,7 per cento nel 2009, la prima dal 1995. L’impatto è stato più forte nel settentrione (-4,1 per cento nel Nord-ovest e -3,4 per cento nel Nord-est) e più contenuto al Centro (-1,8 per cento) e nel Mezzogiorno (-1,2 per cento). In generale, tale diminuzione è essenzialmente da attribuire alla marcata contrazione dei redditi da capitale, anche se, in alcune regioni (in particolare Piemonte e Abruzzo), un importante contributo negativo è venuto dal rallentamento dei redditi da lavoro dipendente (Figura 1).
La significativa diminuzione del reddito disponibile registrata dal Nord-ovest nel 2009 è da imputarsi alla cattiva performance di Piemonte e Lombardia, che da sole rappresentano il 90 per cento del reddito disponibile della circoscrizione. In Piemonte, infatti, si è verificata una forte contrazione dell’input di lavoro dipendente e, di conseguenza, dei relativi redditi da lavoro; la Lombardia sconta, invece, la battuta d’arresto degli utili distribuiti dalle imprese a seguito della diminuzione del valore aggiunto.
Le famiglie residenti nelle regioni meridionali sembrano aver subito in misura minore l’impatto della crisi. Calabria e Sicilia sono le uniche due regioni italiane in cui il reddito disponibile delle famiglie ha mostrato tassi di crescita lievemente positivi; in tali regioni, peraltro, anche la dinamica del Pil è stata migliore che altrove. Le regioni meridionali hanno anche beneficiato di una tenuta degli interessi netti ricevuti dalle famiglie, spiegata in parte dalla minore propensione delle famiglie meridionali agli investimenti rischiosi. Tale comportamento, che negli anni passati aveva frenato la crescita degli interessi netti, nel 2009 ha messo al riparo le Famiglie dalla diminuzione degli interessi attivi conseguente alla crisi (sono stati proprio i tassi di interesse delle attività finanziarie meno rischiose, come ad esempio i depositi postali, a tenere di più). Inoltre, la difficoltà per le famiglie meridionali ad accedere ai finanziamenti bancari ha contenuto l’impatto negativo sul risultato lordo di gestione della crescita dei costi intermedi per Sifim, indotta dall’aumento degli spread sugli interessi passivi.
Anche nel 2008, a fronte di un aumento del reddito disponibile nazionale del 2,3 per cento, il Nord-ovest ha registrato, per questa variabile, il tasso di crescita più contenuto (+1,8 per cento), a causa della debole dinamica di Lombardia e Liguria (+1,2 e +1,8 per cento rispettivamente). In tale anno la ripartizione che ha evidenziato la crescita più sostenuta è il Nord-est, dove si sono distinte le performance di Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trento (+5, +4,3 e +3,6 per cento rispettivamente), le migliori a livello nazionale. Contemporaneamente, Centro e Mezzogiorno hanno evidenziato tassi di crescita prossimi alla media nazionale e pari, rispettivamente, a +2,5 e +2,2 per cento. Al Centro, il valore del Lazio è risultato quello più elevato (+2,9 per cento), mentre nel Mezzogiorno si sono distinti quelli di Abruzzo e Basilicata (+3,4 e +3,1 per cento rispettivamente). Le regioni con i tassi di crescita del reddito delle famiglie più modesti sono state Molise e Calabria (+0,8 e +1,1 per cento rispettivamente).

Reddito disponibile per abitante
Fino al 2008 le famiglie residenti nel Nord-ovest hanno fatto registrare il più elevato reddito disponibile per abitante, ma nel 2009 il primato è passato al Nord-est, dove Bolzano ha guadagnato la testa della graduatoria, scavalcando l’Emilia Romagna. In tale anno il reddito disponibile per abitante nel Mezzogiorno è diminuito meno che nelle altre ripartizioni e quindi si è avvicinato alla media nazionale, anche se il divario nei livelli di reddito procapite rimane significativo. Le regioni settentrionali presentano ancora i livelli di reddito procapite più elevati e le regioni meridionali i livelli più bassi, mentre le regioni centrali occupano una posizione intermedia, con la sola eccezione della Toscana, più simile alle regioni settentrionali (Figura 4).

La formazione del reddito disponibile: l’attribuzione dei redditi primari
Il reddito primario rappresenta l’insieme dei flussi netti percepiti dalle Famiglie a titolo di remunerazione per l’impiego del proprio lavoro e del proprio capitale nel processo produttivo. Nel periodo 2006-2009, analogamente a quanto osservato per il reddito disponibile, la quota di reddito primario percepito dalle Famiglie nelle ripartizioni geografiche ha subito alcune variazioni rispetto al totale nazionale, denotando una perdita di peso soprattutto nelle regioni del Nord-ovest (pari a -0,7 punti percentuali passando dal 32,2 per cento osservato nel 2006 al 31,5 nel 2009) a vantaggio delle regioni del Centro e del Nord-est (che guadagnano dal 2006 al 2009, +0,5 e +0,2 punti percentuali). La quota prodotta dalle regioni meridionali resta, invece, stabile intorno al 24 per cento.
Già nel 2008 le regioni Nord-occidentali segnano, insieme al Mezzogiorno, il minore tasso di crescita del reddito primario (+2,2 per cento, contro una crescita nazionale del 2,7 per cento), mentre quella più elevata è raggiunta dalle regioni Nord-orientali (+3,6 per cento). Se nel 2009 il reddito primario diminuisce, a livello nazionale, del 4,2 per cento, nel Nord-ovest il calo è più forte (-5,7 per cento), così come nel Nord-est (-4,6 per cento). Centro e Mezzogiorno subiscono, invece, una contrazione del reddito primario pari a circa il tre per cento.
Passando all’analisi delle principali componenti del reddito primario, nel 2009 il reddito misto, che rappresenta il risultato dell’attività imprenditoriale svolta dalle famiglie nella loro veste di produttori, è diminuito nel totale Italia dell’1,4 per cento. Flessioni inferiori alla media nazionale si sono registrate nel Centro e nel Mezzogiorno (-0,1 e -1,1 per cento rispettivamente), mentre si notano decrementi superiori a tale media nel Nord-est e Nord-ovest (-2,4 e -1,9 per cento rispettivamente). Il reddito misto rallenta già a partire dal 2008, quando il tasso di crescita nazionale si è attestato all’1,1 per cento, sostenuto dai valori del Nord-Ovest (+1,5 per cento) e del Centro (+1,4 per cento). Dunque, nel complesso dei due anni, è il Centro a evidenziare la migliore performance, mentre il Nord-est registra i tassi di crescita più bassi a causa di una diminuzione dell’input di lavoro (soprattutto indipendente) delle famiglie produttrici.
Il risultato lordo di gestione (costituito prevalentemente dai redditi netti derivanti dalla proprietà di abitazioni in cui risiedono le famiglie e di altre abitazioni a disposizione anche al di fuori della regione di residenza) segna, nel 2009, una battuta d’arresto: il tasso medio di crescita nazionale passa dal +6,7 per cento del 2008 ad un valore pari a zero nel 2009. Tale fenomeno deriva in parte da una diminuzione del valore degli affitti imputati relativi alle abitazioni a disposizione delle famiglie, ma soprattutto dall’incremento dei costi intermedi sull’attività di produzione delle famiglie, in particolare del costo di intermediazione bancaria (Sifim) sui mutui accesi dalle famiglie per l’acquisto delle abitazioni. Il rallentamento del risultato di gestione è vistoso al Centro (dove si passa da un aumento dell’8 per cento nel 2008, ad una crescita nulla nel 2009) e un po’ meno incisivo nelle regioni del Meridione (da +6,5 per cento nel 2008 a +0,5 per cento nel 2009), grazie al minore indebitamento delle famiglie, cui si è già accennato. Nulla è stata la crescita del risultato di gestione anche al Nord-ovest (dopo un +6,6 per cento segnato nel 2008), mentre il Nord-est che, nel già nel 2008 ha avuto la crescita più lenta tra le diverse ripartizioni (+5,6 per cento), nel 2009 subisce una diminuzione dello 0,4 per cento.
La struttura dei redditi delle Famiglie è caratterizzata da una elevata variabilità dei redditi da capitale, che comprendono interessi, dividendi e altri utili distribuiti dalle società e dalle quasi-società, oltre ai fitti di terreni e ai rendimenti imputati delle riserve gestite dalle imprese di assicurazione in favore e per conto degli assicurati. A livello nazionale, nel 2009, il tasso di crescita di tali redditi ha raggiunto un valore pesantemente negativo (-19,8 per cento), con un andamento non omogeneo nelle diverse aree territoriali: il Nord-est ed il Nord-ovest mostrano delle diminuzioni molto più forti della media nazionale (-22,7 e -20,3 per cento rispettivamente), mentre il Mezzogiorno e il Centro registrano contrazioni più contenute (pari, rispettivamente, al -16,1 e al -17,7 per cento). Come già accennato, è questo aggregato che maggiormente incide sulla diminuzione del reddito disponibile delle famiglie: questo vale per tutte le regioni, ma particolarmente per quelle Nord-occidentali (Figura 1). L’impatto negativo dei redditi da capitale sul reddito primario ha avuto inizio già nel 2008 (Figura 2).
Sull’evoluzione dei redditi da capitale ha influito in maniera decisiva l’andamento dei flussi netti di interessi (corretti per i Sifim), i quali, a livello nazionale, hanno mostrato, tra il 2008 ed il 2009, una dinamica negativa mai raggiunta prima (-43,4 per cento). Le regioni settentrionali mostrano decrementi molto consistenti (-45,7 e -45,1 per cento, rispettivamente nel Nord-est e nel Nord-ovest). Anche le regioni del Centro, che avevano evidenziato la migliore performance nel 2008, con un tasso di crescita degli interessi netti pari al 14,7 per cento (rispetto al +9,7 per cento del totale Italia), registrano nel 2009 una diminuzione del 44,8 per cento. Il Meridione, invece, che negli anni precedenti aveva sperimentato i minori tassi di crescita dell’intero Paese (+7 per cento nel 2008 contro una media nazionale del 9,7; +3,8 per cento nel 2007 contro una media nazionale del 6 per cento) mostra, nel 2009, una diminuzione più contenuta dei flussi di interessi netti ricevuti dalle famiglie (-36,1 per cento).
I redditi da lavoro dipendente sono la componente più rilevante nella formazione del reddito disponibile delle famiglie. Nel 2009 tale aggregato è diminuito, rispetto al 2008, dello 0,7 per cento, contro un tasso medio di crescita dei precedenti tre anni (periodo 2005-2008) pari al +4,1 per cento. La contrazione dei redditi è stata più intensa nelle ripartizioni che già nel periodo 2005-2008 avevano segnato i minori tassi medi di crescita, ossia nel Nord-ovest (-1,4 per cento, contro una media del triennio precedente pari a 3,8 annuo) e nel Mezzogiorno (-0,7 per cento, contro una media del triennio precedente pari a 2,3 annuo). Le regioni centrali e nord-orientali, invece, non solo si erano mantenute decisamente al di sopra della media nazionale nel periodo 2005-2008 (rispettivamente +4,6 e 5 per cento), ma anche nel 2009 hanno subito diminuzioni dei redditi da lavoro nulle, nel caso del Centro, o poco significative, nel caso del Nord ovest (-0,3 per cento): questo si deve alla più contenuta flessione dell’occupazione dipendente che ha caratterizzato tali aree.
Interessante è poi notare come la tendenza all’aumento del peso dei redditi da lavoro dipendente sul reddito disponibile a livello nazionale, che ha caratterizzato il quadriennio 2005-2008 (pari a +1,8 punti percentuali), si rafforzi nel solo 2009, con un ulteriore aumento di 1,2 punti, fino a raggiungere il 61,9 per cento del reddito disponibile. Questo fenomeno può leggersi come uno degli effetti della crisi economica, che ha ridotto il peso relativo delle entrate derivanti da attività diverse da quelle da lavoro dipendente, e in particolare dei redditi da capitale. L’incidenza dei redditi da lavoro sul reddito disponibile tra il 2008 e il 2009 è salita maggiormente nel settentrione: +2,0 punti percentuali nel Nord-est (raggiungendo il 63,4 per cento) e +1,7 punti nel Nord-ovest (62,3 per cento), +1,1 punti nel Centro (63,7 per cento), mentre è rimasta quasi stabile (+0,3 punti) nel Mezzogiorno, proprio la ripartizione in cui, i redditi da lavoro dipendente incidono meno sul reddito disponibile (58,8 per cento).
La formazione del reddito disponibile: gli effetti della redistribuzione
L’effetto della distribuzione secondaria del reddito emerge dal confronto tra i livelli del reddito disponibile e quelli di reddito primario: in presenza di forti differenze nella struttura economica e nella capacità di produrre reddito da parte delle regioni la redistribuzione può, in parte, compensare i differenziali di reddito primario. In generale, per tutte le ripartizioni geografiche e in tutto il periodo, pur se con intensità diverse, il reddito disponibile delle Famiglie risulta inferiore al loro reddito primario, ad indicare una strutturale sottrazione di reddito alle Famiglie operato nella fase della distribuzione secondaria. Il 2009 è, però, l’unico anno in cui la componente redistributiva, pur continuando a sottrarre risorse, ha offerto un contributo positivo all’andamento del reddito disponibile, attenuandone la flessione (Figure 1-3). La ripartizione in cui il processo di redistribuzione ha agito maggiormente, contrastando la diminuzione del reddito disponibile è stata il Nord-ovest (Figura 1). Molto minori sono stati nel 2009 i benefici operati dal processo redistributivo a sostegno del reddito nelle regioni meridionali, che restano, in ogni caso, quelle in cui tale processo incide meno sul reddito primario delle famiglie. In particolare, nel 2009 il vantaggio di cui esse beneficiano è dovuto essenzialmente alla crescita delle prestazioni sociali, che in questa ripartizione hanno un peso elevato rispetto alle altre componenti che concorrono alla determinazione del reddito disponibile.

Tra i flussi attraverso cui si attua il processo di redistribuzione del reddito, nel 2009 le imposte correnti sono diminuite a livello nazionale del 3,1 per cento. La minore riduzione delle imposte pagate dalle famiglie si è verificata nel Mezzogiorno e nel Centro (-1,3 e -2,1 per cento), mentre nel settentrione il prelievo di imposte sulle famiglie si è ridotto più della media nazionale (-4,3 per cento al Nord-ovest e -3,9 per cento al Nord-est). Mezzogiorno e Centro hanno registrato i tassi di crescita delle imposte correnti più elevati anche nel 2008 (rispettivamente +6,7 e +5,4 per cento), il Nord-ovest il tasso più basso (+3,8 per cento).
Quanto, invece, ai contributi sociali, nel 2009 la dinamica negativa più pesante rispetto alla media nazionale (-0,6 per cento) è quella del Nord-ovest (-1,4 per cento); il Mezzogiorno evidenzia un valore vicino alla media (-0,5 per cento). Al Centro e al Nord-est i contributi sociali pagati dalle famiglie sono rimasti sostanzialmente stabili (rispettivamente +0,2 e -0,3 per cento). Nel 2008, in presenza di un aumento nazionale pari al 4,7 per cento, le ripartizioni con i tassi di crescita più bassi sono state il Nord-ovest ed il Mezzogiorno (+4,2 e +3,9 per cento rispettivamente), mentre il Nord-est ha segnato l’incremento più rilevante (+5,6 per cento).
L’andamento delle prestazioni sociali è solo moderatamente legato al ciclo economico, in quanto esse rappresentano essenzialmente le pensioni erogate. Nel 2009 tali prestazioni hanno presentato un tasso di variazione positivo (+4,9 per cento) e la crescita è stata omogenea in tutte le ripartizioni ad eccezione del Nord-ovest, che presenta un incremento più alto (pari al 5,2 per cento), mentre nei due anni precedenti era stata la ripartizione con i tassi di crescita delle prestazioni sociali più bassi (+4 per cento nel 2007 e +4,5 per cento nel 2008).
Il periodo 1995-2009
Analizzando l’intero periodo 1995-2009 si possono individuare diversi sottoperiodi, caratterizzati da un differente processo di convergenza/divergenza tra le aree geografiche (Figura 5), misurato in termini di quota di ogni singola ripartizione geografica rispetto al totale nazionale per reddito disponibile, reddito primario e Pil ai prezzi di mercato. In generale, per tutti gli aggregati esaminati:
- nel periodo 1995-2001 il Mezzogiorno appare recuperare quota rispetto alle regioni settentrionali, soprattutto in termini di reddito disponibile (la cui quota continua a crescere fino al 2003), a scapito del Centro e soprattutto del Nord-ovest;
- nel periodo 2001-2008 le regioni meridionali iniziano a perdere parte di quanto avevano acquisito, a beneficio del Centro. Nel Nord-ovest il reddito disponibile riprende a crescere nel 2004 quando, invece, le regioni meridionali segnano il peggiore risultato in termini di crescita. Il Nord-est conserva le stesse quote per i tre aggregati analizzati, con un andamento più vivace per la quota del Pil e del reddito primario;
- nel 2009 il Mezzogiorno recupera le quote perse nei periodi precedenti, soprattutto in termini di reddito disponibile, mentre è il Nord-ovest la ripartizione che perde maggiormente terreno, ancora più in termini di reddito delle famiglie (sia primario che disponibile) rispetto alla misura basata sul Pil.
In generale, le quote di reddito primario si avvicinano molto a quelle del Pil prodotto dalla regione. Le regioni meridionali sono le uniche a mostrare quote di reddito primario superiori al valore aggiunto prodotto per periodi e ammontare significativi, segno che i fattori di produzione cercano impiego e remunerazione al di fuori della regione. D’altra parte, la redistribuzione opera a vantaggio delle regioni meridionali, le uniche in cui la quota di reddito disponibile è superiore a quella del reddito primario.


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