mercoledì 9 febbraio 2011

Federali del Mattino. Oca giuliva in prescrizione, Gomorra e Saviano spariti: si rafforza la tesi del diktat. 9 febbraio 2011.

Sezione Forza Luis:
1. Belluno. 150 anni dell'Unita d'Italia: Belluno si ribella a Durnwalder.
2. Bozen. Toponimi: gli italiani premono sulla Svp «No ai colpi di mano».
3. Bozen. Duce a cavallo: parte il concorso di idee una commissione valuterà le proposte.

Sezione senza il Veneto non mi diverto:
4. Abrogata per errore dal governo l’annessione del Veneto all’Italia.
5. Treviso. Nullatenente con la vita da nababbo,
6. Treviso. In «guerra» per l'elemosina,
7. Preganziol. Treviso. Gomorra sparita, si rafforza la tesi diktat.
 
Sezione sgamati e fulminei:
8. Modena. Lavoro nero, in bar e ristoranti evasione di massa.
9. Bari. Fitto rinuncia alla prescrizione per uno dei reati.
10. Modena. Novità per i disabili, a Modena una guida turistica su misura.
11. Perugia. Il partito socialista si mobilita per aiutare i cittadini.
12. Bozen. Unità d'Italia: negozi chiusi il 17 marzo a Bolzano.
 
Sezione monnezza:
13. Iervolino: «Rifiuti fuori dalla provincia». Romano: «Una lagna istituzionale».
14. Aosta. Abbandonano 50 sacchi di rifiuti, denunciati due aostani.
1. Belluno. 150 anni dell'Unita d'Italia: Belluno si ribella a Durnwalder. BELLUNO. «Trovo aberranti le dichiarazioni di Luis Durnwalder, rappresentante di una istituzione: credo che il presidente Napolitano abbia il dovere di ammonirlo per le sue frasi». Così il presidente della Provincia di Belluno, Gianpaolo Bottacin, commenta le affermazioni del suo omologo nella Provincia autonoma di Bolzano, Luis Dunrwalder, secondo il quale nel suo territorio «non c'è nessun motivo per festeggiare il 150º del'Unità d'Italia», perchè il suo sentimento di appartenenza nazionale sarebbe rivolto all'Austria. «Quello stesso signore che ad Auronzo si è rivolto in tedesco al Capo dello Stato italiano», ha proseguito Bottacin, «ora dice che lui è austriaco e che non festeggerà l'Unità d'Italia. I toni usati sono inaccettabili, al pari delle sue parole. Mi chiedo come mai gli sia concesso, e quindi poi giustificato, un simile comportamento». Duro anche il senatore Maurizio Fistarol: «La provincia di Bolzano si trova in Italia e allora partecipi alle celebrazioni. Se non vuole fare parte di questo Paese, lo Stato la deve mettere a pane e acqua. Il governatore dell'Alto Adige ha annunciato che la Provincia di Bolzano non prenderà parte ufficialmente a nessuna celebrazione per i 150 anni dell'unità d'Italia. Per noi i 150 anni non rappresentano soltanto Garibaldi e i moti di fine Ottocento, ma ricordano anche la separazione dalla madrepatria austriaca. Le sue sono dichiarazioni intollerabili, che oltrepassano ogni limite. L'autonomia degli altoatesini, come tutti sanno, si è trasformata in privilegio edora Durnwalder se ne esce con queste affermazioni che sono stupefacenti».
2. Bozen. Toponimi: gli italiani premono sulla Svp «No ai colpi di mano». BOLZANO. Sono i giorni della svolta sulla toponomastica. Ieri seduta della prima commissione, si prosegue fino a domani. Nulla di concreto sulla questione centrale: la Svp accetterà di fare un passo verso i gruppi italiani, dal Pd a Unitalia, o va alla prova di forza?  La cordata dei consiglieri italiani puntava ad avere già ieri una risposta sulla richiesta di sospendere per sei mesi la trattazione del disegno di legge firmato dalla Svp.  Il capogruppo Elmar Pichler Rolle ne ha discusso al Presidium del partito riunito alle 14.30, ma è tornato alla seduta pomeridiana della commissione senza un annuncio da offrire. «Proseguiamo le sedute nei prossimi due giorni», spiega Pichler Rolle, «e vediamo come va. Il presidente della commissione Noggler vuole mettere la commissione nelle condizioni di lavorare». Picherl Rolle ribadisce che la Svp ha un atetggiamento dialogante. Ma i consiglieri italiani si aspettano di più. Il disegno di legge della Svp non è condiviso, puntano alla pausa non per prendere tempo, ma per affrontare con pari dignità un tema così controverso. «E non possiamo farlo con la pistola dei tempi puntata alla tempia», spiega Alessandro Urzì, che proprio domani porterà a Bolzano lo stato maggiore di Futuro e libertà, da Italo Bocchino a Fabio Granata, per discutere dei temi urgenti in Alto Adige, tra cui la toponomastica (ore 20, Circolo della stampa, via dei Vanga). La seduta se n'è andata nella discussione e votazione di una dozzina di emendamenti, con Noggler che ne lamenta «la presentazione continua da parte dei consiglieri Seppi e Urzì».  Il deputato del Pdl Giorgio Holzmann riassume la partita: «E' un momento decisivo per la qualità della convivenza. Il centrodestra sta affrontando con responsabilità la discussione sulla storicizzazione dei monumenti. Anche la Svp ormai può rispettare la sensibilità del gruppo italiano sulla toponomastica». E' questa la richiesta che formalmente e informalmente arriva da tutti i fronti alla Svp. Ne ha parlato Holzmann nel suo incontro con il presidente Luis Durnwalder. Ne parlano diversi eponenti del Pd. Lo confermano la deputata Luisa Gnecchi e l'assessore Christian Tommasini: «Certo che chiediamo alla Svp di non fare colpi di forza su questa materia».  Pichler Rolle insiste: «Già in commissione possiamo affrontare le proposte di modifica». Ma Urzì reagisce: «No. La pausa serve per stabilire i criteri di fondo, la filosofia di una legge che deciderà il futuro della toponomastica in italiano. Abbiamo chiarito che non ci attaccheremo ad ogni singolo nome, la nostra offerta di dialogo è sincera». Il ddl della Svp prevede la verifica dell'uso come metro di valutazione per garantire la versione italiana dei toponimi. Come supervisione è prevista una commissione di 5 componenti, con suddivisione in base alla proporzionale. Gnecchi ricorda: «La composizione paritetica è il minimo che possiamo aspettarci». Una richiesta condivisa anche dal centrodestra. La Svp ascolterà le ragioni del gruppo italiano? Urzì e Seppi (Unitalia): «Se vogliano lo scontro, avranno lo scontro. Cioè ostruzionismo».
3. Bozen. Duce a cavallo: parte il concorso di idee una commissione valuterà le proposte. BOLZANO. Sarà un concorso di idee a decidere la sorte del Mussolini a cavallo di Hans Piffrader in piazza Tribunale. Lo ha deciso ieri la giunta provinciale, che si è data tempi strettissimi. Proposte attese entro il 7 marzo.  Il concorso di idee è rivolto ad artisti, architetti, storici e operatori culturali.  Il presidente Luis Durnwalder ribadisce l'intenzione di coprire il rilievo. Questa è infatti una delle indicazioni contenute nelle linee per il concorso di idee, che suscita prime reazioni negative. Tra queste, il presidente di Italia Nostra Umberto Tecchiati: «Bene l'apertura alle idee degli addetti ai lavori, ma il Piffrader non va occultato».  Il concorso prevede la presenza del Comune, anche se la decisione finale sul progetto vincitore spetterà alla giunta provinciale, «sentito il sindaco di Bolzano».  Il Comune parteciperà alla costituzione della commissione che vaglierà tutti i progetti ricevuti e ne selezionerà cinque, che riceveranno 4 mila euro ognuno, da sottoporre a Palazzo Widmann per la scelta del vincitore.  Durnwalder chiarisce: «Evitiamo le provocazioni. No alla distruzione dell'opera di Piffrader, che potrà essere spostata o resa meno visibile e musealizzata». Ancora Durnwalder: «Sono convinto che i miei concittadini di lingua italiana non si identificano nel duce, nel messaggio esposto sul bassorilievo e neppure nel fascismo. L'opera di Piffrader è arte, quindi sono d'accordo nel sostenere chi si oppone a ogni tentativo di distruzione, ma nel contempo dobbiamo evitare le provocazioni: può andare bene lo spostamento in un museo, oppure la creazione di un museo stesso nel palazzo, rendendo meno visibile il bassorilievo. Sono convinto che la popolazione di lingua italiana la pensa come me».  La commissione giudicatrice sarà composta da cinque persone: due di madrelingua tedesca (una di nomina provinciale e una di nomina comunale), due di madrelingua italiana (nomina provinciale e comunale), una di madrelingua ladina (proposta dall'assessore Mussner).  Ma ecco cosa prevede il concorso di idee. L'obiettivo, è specificato, «è la trasformazione della facciata dell'edificio sito in piazza Tribunale a Bolzano, progettato dagli architetti Guido Pelizzari, Francesco Rossi e Luis Plattner e realizzato dal 1939 al 1942, oggi sede degli uffici finanziari statali».  Queste le indicazioni: «La trasformazione della facciata dovrà presentare una soluzione che trasformi il fregio dello scultore Hans Piffrader, che nel suo programma iconografico esalta il regime fascista, in un luogo di memoria che non sarà più visibile direttamente, ma sarà accessibile per una visita consapevole e commentata adeguatamente attraverso testi di spiegazione. Allo stesso tempo dovrà essere chiaramente espressa l'odierna presa di posizione di uno Stato democratico nettamente contraria al messaggio politico trasmesso dal fregio».  Le idee ed i progetti in forma libera (testo, schizzo, modello) dovranno essere presentati entro il 7 marzo alla presidenza della giunta provinciale (presidenza@provincia.bz.it). Saranno valutati in special modo, «il rapporto architettonico-artistico con l'edificio stesso e con l'insieme di piazza Tribunale, la creatività, il potenziale d'innovazione, la realizzabilità e la qualità dell'informazione storica».  Per Tecchiati è una buona notizia a metà: «E' sicuramente positivo che la giunta provinciale abbia deciso di aprirsi verso l'esterno. Ma l'intervento sulla facciata non è accettabile: la tutela degli insiemi lo impedisce, tra l'altro, e la sua filosofia non è condivisibile: rimuovere è segno di debolezza, anche se è prevista la musealizzazione». (fr.g.)
4. Abrogata per errore dal governo l’annessione del Veneto all’Italia. Dopo il passaggio delle competenze sul Canal Grande spunta un altro caso. Nel «taglianorme» finisce anche il decreto regio del 1866. VENEZIA - Ci hanno provato raccogliendo firme per complessi referendum separatisti, ci hanno riprovato processando la Repubblica italiana in piazza - e condannandola ovviamente - e hanno perfino comprato terreni su terreni alle pendici dei monti per dichiarare indipendente un'intera vallata del bellunese. Hanno perfino costituito bande armate e hanno sfidato la prigione arrampicandosi sulla cima del campanile di San Marco, entrando in piazza con un carro armato. Mai nessun indipendentista però avrebbe pensato che fosse proprio Roma a regalare l'indipendenza al Veneto. Eppure è andata così: per una leggerezza di qualche tecnico romano - che verrà probabilmente santificato da una certa porzione di veneti e crocifisso dai vertici politici - nel decreto «ammazzanorme» entrato in vigore il 16 dicembre 2010 con la firma del ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, del ministro della Giustizia Angelino Alfano e perfino del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è finito anche il Regio Decreto 3300 del 4 novembre del 1866 con il quale «le provincie della Venezia e quelle di Mantova fanno parte integrante del Regno d'Italia».
Insomma, con una mano Roma ha tolto il Canal Grande alla città lagunare abrogando il trasferimento delle competenze e con l'altra ha restituito alla Serenissima i confini della antica Repubblica di Venezia con tanto di dominio sulle provincie lombarde fino a Mantova. «Per un momento abbiamo avuto la fortissima tentazione di dichiararci astro-ungarici - scoppia a ridere il direttore generale del Comune di Venezia Marco Agostini - ma adesso i tecnici del ministero stanno lavorando per rimettere le cose a posto». Innanzitutto per scrivere un nuovo decreto che restituisca il Canal Grande a Venezia che, anche se Calderoli ha tranquillizzato tutti è, secondo i giuristi del Comune, effettivamente passato a Roma, poi un secondo decreto per evitare che gli indipendentisti intasino i tribunali combattendo la loro battaglia per l'indipendenza con la possibile beffa delle vie legali. D'altra parte i giuristi - dopo essersi ripresi da una lunga serie di risate incredule - concordano sul fatto che non basta abrogare un Regio Decreto del 1866 per cancellare centocinquanta anni di storia scritti a chiare lettere sulla Costituzione (la Repubblica resta «una e indivisibile ») e slegare così il Veneto dal resto d'Italia. Anche alcuni leghisti potrebbero in effetti restarci male a sapere che l'eventuale - molto eventuale - indipendenza del Veneto cancellerebbe con un colpo di spugna anche l'istituzione della Regione mettendo fuori legge lo stesso Luca Zaia e tutta la Giunta a maggioranza verde-Carroccio.
E non c'è dubbio che la mossa di Calderoli abbia ben poco di volontario visto che insieme a un pezzo dell'Italia con il decreto «taglianorme » del 2009 erano sparite anche le leggi che fondavano il Comune di Follonica, di Sabaudia, di Aprilia e di Carbonia (già reintegrati con un decreto salvanorme fatto d'urgenza) e il Tribunale dei minori per cui il ministero ha dovuto emanare un decreto abrogativo del decreto abrogativo. Mal di testa giuridici a parte, la confusione generata dal taglio legislativo di Calderoli è destinata ad avere conseguenze anche sul piano economico. «Indipendenza del Veneto a parte, se il ministero non chiarirà bene la vicenda sulle competenze sul Canal Grande - ammette l'assessore veneziano ed ex cassazionista Ugo Bergamo - Il primo ricorso contro una contravvenzione avrà conseguenze spiacevoli per tutti». Basta pensare che dal 16 dicembre, i vigili non hanno teoricamente più poteri sul controllo del moto ondoso e sulla velocità delle imbarcazioni che attraversano i quattro chilometri di strada acquea più famosa delmondo. La «svista»ministeriale sul Canal Grande infatti ha messo a nudo la giungla intricata di norme che regola le competenze veneziane. Solo per fare un esempio, l'area del bacino acqueo di fronte a piazza San Marco è divisa tra quattro enti di competenza - Magistrato alle Acque, Autorità Portuale, Autorità Marittima e Comune di Venezia - che non sempre si coordinano tra loro per gli interventi. Non solo: sul bacino San Marco il Comune paga un affitto di seicentomila euro all'anno per avere il controllo degli stazi e delle rive dove sostano le gondole e i taxi acquei. «E' obiettivo dell'amministrazione comunale - conclude il consigliere comunale Beppe Caccia che è da sempre a fianco del sindaco Giorgio Orsoni su questa battaglia - ottenere il trasferimento di tutta la sovranità e delle risorse che riguardano le acque lagunari. Speriamo che la "porcata" del ministro Calderoli sia l'occasione per farla finita con il groviglio di poteri e interessi che complicano ogni giorno la vita di chi voglia vivere, lavorare e difendere la Laguna di Venezia». Alessio Antonini. 08 febbraio 2011
5. Treviso. Nullatenente con la vita da nababbo, superevasore deve al Fisco 15,7 mln di euro. Treviso, 8 feb. (Adnkronos) - Un decennio senza presentare dichiarazioni ma un tenore di vita da star. Lo ha scoperto la Direzione provinciale delle Entrate di Treviso che ha contestato a un contribuente l'evasione totale per le annualità 2003-2007. Il soggetto, pur svolgendo varie attività lucrose, non ha denunciato redditi tra il 1998 e il 2007. L'importo complessivo del debito nei confronti del Fisco è di 15,7 milioni di euro tra maggiori imposte Irpef, Irap, addizionali regionali, comunali e sanzioni.
Un caso da record. Tutto è partito da un'indagine dell'Agenzia delle Entrate sugli incrementi patrimoniali di una lista di soggetti individuati dalle banche dati centrali per aver acquistato degli immobili. La segnalazione consente di ottenere elementi utili per l'eventuale applicazione dell'accertamento da redditometro.
I funzionari di Treviso hanno così scoperto che un contribuente aveva comprato un immobile di lusso dal valore dichiarato di 350mila euro. In realtà aveva ottenuto da diversi istituti bancari mutui per importi tra il mezzo milione e i due milioni di euro, offrendo in garanzia l'immobile appena acquistato per un valore di quattro milioni di euro.
Una vita da nababbo: ingentissimo il patrimonio mobiliare e immobiliare accumulato nel tempo dal contribuente. Una villa in stile palladiano, macchine di lusso sufficienti ad aprire una concessionaria, manovre finanziarie per disinvestire alcuni immobili a beneficio del padre ottantenne e di aziende di cui era socio.
La Direzione provinciale di Treviso, dopo aver verificato che per un intero decennio non risultava alcuna dichiarazione fiscale da parte del soggetto, ha attivato le indagini bancarie. Sono stati così scoperti conti correnti multimilionari nonché capitali di altissimo valore economico non documentati. Il contribuente ha impugnato gli accertamenti dell'Ufficio davanti alla commissione tributaria provinciale di Treviso. I giudici tributari di primo grado hanno accolto i rilievi dell'Agenzia delle Entrate e riconosciuto l'insostenibilità di tutte le tesi difensive per l'assenza di prove di fatto.
6. Treviso. In «guerra» per l'elemosina, fermati 15 accattoni. Sono così tanti che litigano per i posti: superlavoro per la polizia locale. Sono in così tanti, a chiedere l'elemosina, che si litigano addirittura i posti. Quindici accattoni, quasi tutti romeni, sono stati sorpresi e multati durante il fine settimana dalla polizia locale mentre stavano chiedendo l'elemosina nel centro storico di Treviso. Un weekend di superlavoro per i vigili trevigiani che registrano un'intensificazione del fenomeno dopo mesi di relativa tranquillità su questo fronte. L'allarme dell'accattonaggio aveva addirittura portato il Comune, nel 2009, a creare un'ordinanza ad hoc: i verbali nel 2010 erano stati 159, 195 in tutto da quando esiste la normativa. La multa per i trasgressori ammonta a cento euro, più il sequestro di quanto racimolato: spesso in poche ore gli accattoni, alcuni con finte invalidità o fasciature, riescono ad accumulare anche centinaia di euro per poi spesso fare ritorno in treno dalla zona di Mestre da cui molti di loro provengono. Calmaggiore, Santa Maria Maggiore, duomo, cimitero: diversi i punti "presidiati", tanto da registrare anche una vera e propria liti tra due anziane romene per il posto migliore - e potenzialmente più redditizio - da occupare, in corso Del Popolo. Mendicanti sono stati identificati anche in piazza San Francesco, San Nicolò, chiesa di San Lazzaro. «L'invito - dicono dal comando della polizia locale di Treviso - è di non lasciarsi impietosire, devolvendo eventuali offerte volontarie a organizzazioni e associazioni che abbiano finalità di aiuto alle persone realmente indigenti o in difficoltà». (f.p.)
7. Preganziol. Treviso. Gomorra sparita, si rafforza la tesi diktat. Interrogati i testimoni. Anche la bibliotecaria è stata sentita ieri mattina dai carabinieri. PREGANZIOL. Ascoltata ieri dai carabinieri la bibliotecaria Lucia Tundo coinvolta nel «caso Saviano». Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti, il libro sarebbe stato consegnato ad un dirigente comunale, non a titolo di prestito, prima di sparire. Nei prossimi giorni verranno ascoltate le testimonianze delle altre persone coinvolte per chiarire i contorni della vicenda.  E' stata sentita dunque ieri mattina dai carabinieri di Mogliano la bibliotecaria Lucia Tundo, la prima ad aver denunciato il caso della scomparsa dell'opera di Saviano «Gomorra» dagli scaffali della biblioteca di Preganziol. Dopo la denuncia per furto contro ignoti fatta dalla responsabile della biblioteca, i carabinieri hanno infatti avviato un'indagine per capire i contorni della vicenda, se la sottrazione è avvenuta per «ordini superiori» e chi ne è materialmente il responsabile. Dopo la convocazione di venerdì scorso la Tundo è stata ascoltata nella mattinata di ieri: non come indagata ma come testimone in quanto «persona informata sui fatti». Grazie alla bibliotecaria si sono potuti ricomporre i passaggi del libro negli ultimi mesi attraverso i tabulati in cui vengono registrati prestiti e restituzioni. Secondo una prima sommaria ricostruzione fatta dai carabinieri il libro sarebbe stato consegnato ad un dirigente del Comune, non a titolo di prestito, prima di sparire. Le indagini prendono quindi una piega che che potrebbe non far piacere alla giunta comunale guidata da Sergio Marton. Il sindaco di Preganziol e l'assessore alla cultura Zamberlan hanno sempre smentito di aver avuto un ruolo nell'intera vicenda: ora però le nuove informazioni raccolte dagli inquirenti potrebbero invece far propendere verso un'altra ipotesi. Nei prossimi giorni i carabinieri continueranno a raccogliere le testimonianze delle altre persone che gravitano attorno alla biblioteca e che potrebbero aiutare a far luce sull'intera vicenda che tanto ha scosso non solo gli animi politici ma anche l'opinione dei cittadini nelle ultime settimane. L'opposizione intanto, che nei giorni scorsi aveva espresso il suo appoggio alla bibliotecaria, coinvolta nella vicenda «solo per sviare l'attenzione dalle colpe dell'amministrazione comunale» vuole vederci chiaro: è stata infatti presentata una mozione che verrà discussa durante il prossimo consiglio comunale per chiedere alla maggioranza di prendere una posizione ufficiale di distacco da quanto successo, le dimissione dell'assessore Zamberlan e un'iniziativa di valorizzazione dell'autore e delle opere censurate. E proprio per sensibilizzare l'opinione pubblica venerdì scorso ha avuto luogo un reading.
8. Modena. Lavoro nero, in bar e ristoranti evasione di massa. I sindacati: "A Modena siamo arrivati a cifre enormi per quanto riguarda l'evasione dagli obblighi contributivi per il settore dei bar e ristoranti". MODENA - Il risultato a cui arrivano i sindacati è impressionante. Elaborando i dati degli uffici preposti alla vigilanza sul lavoro gli esperti confederali sono arrivati a stimare che nei pubblici esercizi (bar, ristoranti, circoli, alberghi e locali notturni) ci siano tra i 10.000 e i 15.000 lavoratori irregolari. Ovvero quasi il 5% della forza lavoro complessivamente impiegata a Modena e provincia, con un'evasione fiscale di alcune centinaia di milioni di euro. Lo rivelano in una nota Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil Modena, che parlano di "una piaga che marginalizza e mette fuori mercato gli operatori onesti, che vede la crescita di interesse della malavita organizzata, che mette a rischio la sicurezza e la coesione sociale nella nostra provincia". Una denuncia per alzare il livello di attenzione su un problema concreto. "Non è possibile - sostengono - affidare ai soli enti ispettivi il compito di cercare di vuotare, con un cucchiaino forato, il mare dell'illegalità che ha invaso i pubblici esercizi modenesi. E'inaccettabile che venga considerato da molti normale che una parte così rilevante della nostra economia sia fuori dalle regole". Una fetta consistente, il 64% degli esercizi controllati secondo i dati forniti ieri dalla Guardia di Finanza, che ha scatenato una presa di posizione dura da parte dei sindacati: "Ormai deve essere chiaro che chi non agisce- conclude la nota- chi non fa il massimo contro questi fenomeni rischia di passare, lo voglia o no, dall'indifferenza alla complicità".
9. Bari. Fitto rinuncia alla prescrizione per uno dei reati. di GIOVANNI LONGO. BARI - Se associazione a delinquere c’è stata di sicuro non ne ha fatto parte Raffaele Fitto. Lo ha stabilito il gup che lo ha prosciolto, lo ha confermato la corte di Cassazione che ha respinto, sul punto, il ricorso della procura di Bari. Ma quella accusa ormai «archiviata» che, in qualche modo continua ad aleggiare in aula, proprio non gli va giù. Si può sintetizzare così il senso delle dichiarazioni spontanee che il ministro per gli Affari Regionali ha fatto ieri, davanti al Tribunale di Bari, dove è in corso il procedimento «La Fiorita» in cui Fitto è imputato per episodi che sarebbero stati commessi quando era presidente della Regione Puglia.
Il ministro che ha seguito l’udienza stando quasi sempre in piedi e confrontandosi di tanto in tanto con i suoi legali, ha condensato il suo pensiero in tre minuti. «Ho letto i verbali delle precedenti udienze e il fatto che si possa continuare ad insistere su questo reato lo ritengo un fatto grave e sentivo il dovere di manifestarlo. Provo grande disagio nel vedermi ancora contestata l’associazione per delinquere nonostante una definitiva sentenza della Cassazione ».
Come già sottolineato dal suo difensore, il deputato del Pdl Francesco Paolo Sisto, l’accusa continuerebbe a richiamare fatti che si riferiscono ad una presunta copertura politica da parte del ministro, all’epoca presidente della Regione Puglia.
Fitto, dopo avere manifestato il suo «disagio», ha anche dichiarato di voler «rinunciare alla prescrizione del reato di istigazione all'abuso d'ufficio», contestatogli dalla Procura al capo 53b, l’unico che, come sostenuto dalla stessa procura, sarebbe già prescritto. «Ritengo - ha detto - fondamentale difendersi in un processo con gli strumenti idonei e non fuori da un'aula di Tribunale».
Fitto ha chiesto di essere processato nonostante la prescrizione per un reato, perché vuole essere assolto nel merito, per non averlo commesso. L’accusa di abuso d’ufficio riguarda una delibera del 2002 per la proroga di 12 mesi del servizio conduzione impianti termici alla Asl Lecce 2, in favore di cinque ditte salentine per un valore di oltre 550mila euro.
L’ex governatore è accusato di sei reati: due episodi di corruzione, tra cui la presunta tangente da 500.000 euro che avrebbe ricevuto dall’editore romano Giampaolo Angelucci, ritenuto dall’accusa illecito finanziamento al suo partito «La Puglia Prima di Tutto», peculato e due episodi di abuso d’ufficio.
Ma la prescrizione è dietro l’angolo anche per altri imputati. Complessivamente, infatti sono 36 su 91, quasi un terzo, i capi d’imputazione che per lo stesso pm Renato Nitti, come ha detto ieri in aula, sono prescritti e riguardano diversi episodi di corruzione e turbativa d’asta. Basti pensare che ci sono voluti ben due anni solo per fissare l’udienza preliminare dal momento in cui è stata depositata la procura ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio. Diciotto dei 36 capi d’imputazione finiti in soffitta si riferiscono a episodi di corruzione, commessi a Bari, Putignano, Taranto e Gravina tra il 1996 e l'aprile del 2003. Prescritti anche alcuni episodi di truffa, turbativa d'asta e rivelazione del segreto d'ufficio. Gli episodi riguardano appalti milionari affidati da enti pubblici e Asl pugliesi alla cooperativa «La Fiorita». Sette gli imputati (sui 43 complessivi) che potrebbero uscire dal processo per prescrizione dei reati loro contestati.
10. Modena. Novità per i disabili, a Modena una guida turistica su misura. Un'analisi dei monumenti modenesi visti dalla parte di chi deve spostarsi con le ruote di una sedia a rotelle. E' la prospettiva inedita che ha ispirato i curatori di una mappa su misura per i disabili e che è stata appena pubblicata. MODENA - Quasi cento monumenti, strutture e servizi modenesi legati al turismo sono stati censiti e analizzati sotto il profilo dell'accessibilità per realizzare una guida on line di Modena destinata a visitatori con problemi di disabilità. Il vademecum telematico (http://turismo.comune.modena.it/), intitolato "Muoversi in città, guida a un turismo per tutti" è stato pubblicato in internet dal Comune in collaborazione con l'Universià e con la partecipazione e la supervisione di associazioni di disabili (Anffas, Uildm, Unione italiana ciechi, Alice, Associazione Paraplegici, Asham, Aniep).
"La prima necessità, per chi pianifica un viaggio, è disporre di informazioni accurate, veritiere e dettagliate che sempre più si ricercano sulla rete internet. E ci sono persone, come chi si trova in stato di disabilità, che necessitano di particolari comodità e accorgimenti per poter viaggiare e fruire appieno delle opportunià turistiche. Realizzare una guida per loro è un segno di civilà", afferma Roberto Alperoli, assessore comunale a Cultura e Turismo .
La guida è strutturata in tre parti: una dedicata alle bellezze artistiche e culturali della città; una ai luoghi dove è possibile pernottare suddivisi per tipologie; una dedicata ai servizi, dai bagni pubblici ai taxi, alle modalità per 8 entrare nella zona a traffico limitato.
11. Perugia. Il partito socialista si mobilita per aiutare i cittadini. Si chiama “Sos diritti”, il progetto nazionale del Partito socialista che si propone di aprire degli sportelli sul territorio dove i cittadini possano rivolgersi per presentare istanze, richieste o porre domande riguardo la tutela dei loro diritti. L'iniziativa sarà presentata questa mattina, durante una conferenza stampa, nella sala della Partecipazione di palazzo Cesaroni, alle 11.30, da Claudia Bastianelli, coordinatrice nazionale del progetto, Marco Di Lello, coordinatore della segreteria nazionale del Partito socialista, dal segretario regionale del Partito socialista Aldo Potenza, dall'assessore regionale Silvano Rometti e dal consigliere regionale Massimo Buconi. "In concreto si tratta di uno sportello di consulenza e orientamento per fornire un aiuto gratuito su problematiche della vita quotidiana - anticipa Claudia Bastianelli - dove i cittadini troveranno professionisti del settore legale, fiscale ed amministrativo".
12. Bozen. Unità d'Italia: negozi chiusi il 17 marzo a Bolzano. Ma anche la Provincia. BOLZANO. Non si placano le polemiche sui festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia. Se da un lato il governatore Durnwalder (e la sua giunta) hanno fatto sapere che la Provincia non parteciperà alle celebrazioni ufficiali, dall'altro gli uffici pubblici saranno tutti chiusi in occasione del 17 marzo. Dunque, la Provincia non festeggia... ma i suoi dipendenti staranno a casa. In una nota, l'Unione commercio turismo servizi Alto Adige ha informato che il 17 marzo è «un giorno festivo da tutti i punti di vista». Fino ad ora, infatti, non erano del tutto chiari gli effetti che questo giorno di festa nazionale straordinaria avrebbe avuto sulle relazioni di lavoro. Ora, però, il Consiglio dei ministri a Roma si è espresso in proposito, sciogliendo i dubbi. La delibera è stata anche ripresa e ulteriormente chiarita da una specifica comunicazione dell'associazione di riferimento nazionale Confcommercio. «Per queste ragioni, in quella data - spiega una nota dell'Unione - le aziende di commercio al dettaglio osserveranno un giorno di chiusura». E anche qui, probabilmente, non mancheranno i mugugni. Moltissimi commercianti altoatesini sono infatti di lingua tedesca. ''Mi pare che manchi un po' il senso delle istituzioni e la responsabilità di chi le rappresenta'': è la risposta del presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Valerio Cattaneo (Pdl), alle dichiarazioni del presidente dell'Alto Adige, Luis Durnwalder (Svp) sull'Unità d'Italia. ''Trovo incomprensibile - ha detto Cattaneo, che ha avuto dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali e delle Province autonome l'incarico di coordinare la partecipazione agli eventi dell'Unità - che il massimo rappresentante di un'importante istituzione pubblica dica che non intende partecipare alle celebrazioni del 150/o anniversario''. Secondo Cattaneo, ''sono le diversità a fare la forza e la vitalità dell'Italia, ma non è accettabile che, da più parti, si vogliano utilizzare le celebrazioni del 150° per tentare di riscrivere la storia. Agli scettici, e ce n'erano anche in Piemonte, che preferivano il Regno Sardo all'Unità, fu risposto allora che 'non si può dimenticare di essere italiani, per esser piemontesi'. E' la stessa risposta che dobbiamo dare, con rispetto ma anche con la massima fermezza, al presidente Durnwalder e a tutti coloro che oggi mettono in discussione il valore dell'Unità italiana''.
13. Iervolino: «Rifiuti fuori dalla provincia». Romano: «Una lagna istituzionale». Il sindaco di Napoli: «Caldoro ci dia una mano» L'assessore regionale: si lamenta e non fa i fatti. NAPOLI – Mentre i rifiuti non raccolti dalle strade di Napoli toccano quota duemila tonnellate, il sindaco Rosa Russo Iervolino difende la Provincia di Napoli e sprona la Regione Campania. «La mancata individuazione di nuovi siti per le discariche non è colpa del presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, ma della provincializzazione», dice la Iervolino che chiama poi in causa il governatore Stefano Caldoro affinché metta mano ai poteri che la legge gli riconosce in situazioni di emergenza, e consenta il trasporto fuori provincia dell’immondizia. «Perchè – spiega Iervolino - anche se Cesaro individuasse il luogo occorrerebbero almeno un paio di mesi per sistemarlo e creare la discarica». Dalla Regione arriva a stretto giro la replica dell’assessore all’Ambiente, Giovanni Romano, che definisce le parole della sindaca «una lagna istituzionale». «La Iervolino continua a dire che i rifiuti debbano essere locati in discariche da individuare fuori dalla provincia di Napoli: riteniamo che questa non sia la strada più idonea», dice Romano, per il quale la Provincia deve individuare nel proprio territorio «la discariche o le discariche che servono ai fabbisogni del comprensorio partenopeo». L’assessore regionale imputa poi all’amministrazione cittadina comportamenti «omissivi sull’avvio di un sistema serio di raccolta differenziata» ed un uso strumentale della vicenda: «un lamento fine a se stesso che non porta a nulla. Una lagna – sottolinea – cui non seguono i fatti». Per Romano il governatore campano Caldoro «sta esercitando correttamente le proprie prerogative garantendo i flussi interprovinciali e attivando, appena le procedure saranno concluse, anche quelle extraregionali». «C’è da dire – aggiunge - che le altre tre discariche regionali (quelle di Sant’Arcangelo, San Tammaro e Savignano) sono oggetto di lavori che non consentono loro di prendere altre quantità di rifiuti oltre quelle che già ricevono». «Insistere su questa strada - conclude l'assessore - significa fare dei rifiuti un oggetto di strumentalizzazione politica che non porta a nulla: tranne che chi lo esercita, attraverso un lamento costante, non ritenga che la lagna istituzionale sia più efficace delle azioni». Intanto, il segretario campano dell’Idv, Nello Formisano, interviene nella vicenda e afferma provocatoriamente se sulla questione rifiuti non sia il caso di far intervenire il Mago Silvan: «Il mago Silvio non riesce più a far sparire l’immondizia di Napoli. Eppure siamo già al quarto tentativo. Non sarebbe il caso di ingaggiare il mago Silvan vista la totale incapacità degli amministratori di centrodestra di Napoli e della Campania?». Francesco Parrella
14. Aosta. Abbandonano 50 sacchi di rifiuti, denunciati due aostani. Aosta - A gennaio la Forestale aveva sequestrato, al quartiere Dora di Aosta, nei pressi del tiro a volo, degli involucri contenenti lana di roccia. Il materiale isolante, infatti, proviene da un panificio dismesso in via Chambery ad Aosta.
Le indagini erano partite a fine gennaio, quando il Corpo forestale valdostano aveva sequestrato, al quartiere Dora di Aosta, nei pressi del tiro a volo, una cinquantina di sacchi di lana di roccia.
Nei giorni scorsi, il personale del 115 tutela ambientale della forestale ha denunciato a piede libero due aostani, di 55 e 60 anni, accusati di abbandono di rifiuti.
Dagli accertamenti è stato possibile risalire all'identità di chi aveva abbandonato i rifiuti: il materiale isolante, infatti, proviene da un panificio dismesso in via Chambery ad Aosta. Il titolare dell'esercizio commerciale - ora indagato - per lo smaltimento dei rifiuti non si era affidato a una ditta autorizzata bensì a un conoscente, anche lui denunciato. Il forno e il resto dell’attrezzatura erano stati regolarmente smaltiti, la lana di roccia no. Altri 120 sacchi sono stati ritrovati in un fienile di Roisan, di proprietà dell’ex panettiere. I sacchi abbandonati al quartiere Dora erano lì da agosto dello scorso anno. di Cristina Porta
 

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