lunedì 28 febbraio 2011

Mezzogiorno del Mattino, politica economica e finanza pubblica. 28 febbraio 2011

Lampedusa, il sindaco rischia l’incriminazione.

Patti territoriali, Bankitalia boccia il Sud.

Atessa. Chieti. Fiom: la Uil fa quello che dice la Fiat.

NAPOLI – La criminalità, si sa, non risparmia nemmeno la tradizione.

Puglia terra «matria» dell'Unità.

Portocannone. Campobasso. Verso le elezioni comunali: nasce "avvenire per portocannone".

Regione Calabria: business tra aziende Calabresi e Serbe.

Caro-Sardegna: per traghetti fino +70%.
Lampedusa, il sindaco rischia l’incriminazione. di Markez. 27 febbraio 2011 - Il questore di Agrigento Girolamo Di Fazio ha trasmesso alla Procura della Repubblica il provvedimento che vieta la circolazione degli extracomunitari presenti a Lampedusa, firmato dal sindaco Bernardino De Rubeis, che adesso rischia l’incriminazione per istigazione all’odio razziale.
Il provvedimento vieta l’accattonaggio e il bivacco nei luoghi pubblici per i tunisini che si trovano ancora sull’isola in attesa di essere trasferiti.
Il questore ha inviato le carte alla magistratura per valutare se debba essere aperta un’inchiesta. L’ordinanza del sindaco proibisce agli ospiti del centro d’accoglienza dell’Isola di lasciare la struttura di contrada Imbriacola.
Il sindaco aveva pensato inizialmente a un provvedimento che vietasse agli immigrati anche la circolazione per le strade di Lampedusa perchè, secondo una delle motivazioni dell’ordinanza, gli immigrati danneggerebbero l’immagine dell’isola basata fondamentalmente sul turismo.

Patti territoriali, Bankitalia boccia il Sud. Lo Stato ha speso 5,5 miliardi di euro senza generare un aumento dell'attività economica delle aree interessate. I tecnici di Palazzo Koch: "Risultati deprimenti, i Comuni hanno approfittato dei fondi statali"
ROMA - Una delle più importanti operazioni d'intervento pubblico in soccorso delle zone depresse del Paese, in primis, quindi, del Mezzogiorno, ha fallito, mandando in fumo 5,5 miliardi di euro. È questo l'esito dei 'Patti Territoriali', il programma nato nel 1996 per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate, secondo la ricerca condotta da due economisti della Banca d'Italia, Antonio Accetturo e Guido de Blasio. Uno studio che si limita a certificare i "risultati sconfortanti" dell'iniziativa, ma che, tra le possibili ragioni dell'insuccesso, indica "l'intensione di approfittare dei fondi statali" da parte delle amministrazioni locali, coinvolte in prima linea nel progetto, che ha il suo tratto distintivo nel "bottom approach".
Uno strumento innovativo, che, spiega il 'working paper' di Via Nazionale, si realizza in un 'contratto' firmato dai rappresentanti delle amministrazioni locali di un gruppo di comuni contigui, degli imprenditori e dei sindacati. Un'intesa che prevede, nel dettaglio, le iniziative imprenditoriali e gli investimenti pubblici per cui è richiesto il finanziamento statale. I comuni che possono prendere parte ai Patti sono quelli delle zone con diritto a ricevere fondi dall'Unione europea, quindi tutto il Sud, e alcune ristrette porzioni territoriali del Nord e del Centro.
In particolare, lo studio ricorda che il sostegno pubblico per ciascun Patto è fissato a un massimo di 50 milioni di euro e che, nel decennio 1996-2006, sono stati attivati 220 accordi, con un onere per l'amministrazione pubblica pari a 5,5 miliardi di euro. L'indagine intitolata 'Le politiche per lo sviluppo locale: una valutazione dei Patti Territoriali' parla chiaro: "La partecipazione a un Patto non ha generato un aumento dell'attività economica delle aree interessate". È questo il punto d'arrivo dell'analisi di Accetturo e de Blasio, partendo dall'esame della ricaduta sul business nelle zone che hanno beneficiato dell'intervento nel periodo 1996-2004.
Il lavoro prende in considerazione i primi 51 Patti Territoriali approvati nel biennio 1997-99. E per calcolare se l'operazione abbia generato una crescita dell'occupazione e delle imprese superiore a quella che si sarebbe ottenuta in assenza del programma, i due studiosi hanno messo a confronto "l'andamento dell'attività economica nei comuni beneficiari con quella dei comuni non eleggibili che, per caratteristiche socio-economiche, risultavano simili ai comuni trattati" .
Un risultato definito dagli economisti di Palazzo Koch "molto deprimente", visto che si tratta di un'iniziativa importante, "quasi la metà della popolazione italiana vive in un comune che ha partecipato al programma". Il lavoro non si spinge a dare risposte al perchè del fallimento, ma i due economisti avanzano tra le altre un'ipotesi, che definiscono come "uno scenario molto più probabile": "L'accordo potrebbe essere stato sottoscritto dagli stakeholders locali per la solo intenzione di approfittare dei fondi pubblici". 27/02/2011

Atessa. Chieti. Fiom: la Uil fa quello che dice la Fiat. Secondo sciopero alla Sevel, domani arrivano gli operai da Torino. ATESSA. Resta alto il fronte delle polemiche fra i sindacati alla Sevel di Atessa, dove ieri c'è stato il secondo sciopero consecutivo indetto da Fiom, Failms-Cisal e Usb in occasione dello straordinario. La Fiom, in particolare, se la prende con Uilm e Fim-Cisl, ai quali chiede «maggiore coerenza». L'altro ieri era stata la Uilm ad attaccare il sindacato dei metalmeccanici della Cgil.
Uilm e Fim-Cisl non hanno firmato l'accordo sui sabato e domeniche lavorativi, perché previsti da accordi in vigore. «Se non si firmano intese bisogna avere il coraggio di protestare e di manifestare il proprio dissenso. Invece, in Sevel nessuno firma l'intesa sugli straordinari ma poi, Fim e Uilm fanno tutto quello che dice la Fiat», attacca Marco Di Rocco, segretario della Fiom della provincia di Chieti.
Nel chiedere la convocazione di un'assemblea retribuita urgente per aprire una vera discussione sui temi della crescita produttiva, la Fiom censura la condotta della Uilm che, dice ancora Di Rocco, «senza capire il perché, attacca la Fiom e mai il padrone».
«La coerenza», aggiunge il segretario Fiom, «è un valore, la codardia è funzionale alle logiche di Fiat e Sevel».
L'altro ieri la Uilm, tramite il segretario di Chieti, Nicola Manzi, aveva criticato definito «sciacallaggio» lo sciopero, perché messo in atto contro l'unica azienda abruzzese che dà evidenti segnali di ripresa e, quindi, contro il lavoro.
«Gli atti di sciacallaggio», replica Di Rocco, «li ha compiuti la Uilm che, a detta della Sevel è stata l'unica organizzazione sindacale responsabile nel far saltare l'intesa sugli straordinari, ponendo, al tavolo della trattativa problemi capziosi e strumentali. La Uilm dovrebbe avere il coraggio di tagliare quel cordone ombelicale che la lega mani e piedi alla Fiat. I lavoratori sono fortemente consapevoli di come, ormai, il suo ruolo è solo quello 
di rappresentanza dei bisogni dell'azienda».

NAPOLI – La criminalità, si sa, non risparmia nemmeno la tradizione. Uno dei più famosi negozi della via dei presepi ha subito un furto da cinquantamila euro. Il bottino è stato ritrovato, ma la merce che si trovava all’interno della bottega è stata tutta distrutta.  288 statuine di terracotta, 39 ceste e 4 banchi per presepe costituiscono il bottino della banda che ha trafugato il negozio di Genny Di Virgilio, un luogo sacro nella strada dei presepi, nel cuore della tradizione napoletana. Una telefonata anonima, fatta alla polizia da parte di qualcuno (un uomo, hanno dedotto le forze dell’ordine dalla voce filtrata attraverso il telefono) che ha assistito al furto, ha poi svelato dove era stata nascosta la preziosa refurtiva. La polizia è, così, potuta entrare in possesso dei prodotti d’artigianato rubati, ma è ancora chiaro perché fossero stati lasciati a pochi passi dal negozio: è stato forse un avvertimento da parte della camorra, oppure qualcun altro doveva completare il lavoro iniziato dai ladri? Il proprietario è scoraggiato, soprattutto per il locale e la merce danneggiati: “In questa città è come essere in una giungla”.

Puglia terra «matria» dell'Unità. di Miguel Gotor. L'Italia non sarebbe uno stivale senza il tacco della Puglia, la regione più lunga e pianeggiante della penisola, tutta protesa verso Oriente. E non sarebbe la stessa senza lo sperone mistico del Gargano, l'angolo estremo di un triangolo di religiosità paneuropea che unisce Santiago di Compostela a Saint Michel in Normandia, l'Atlantico al Mediterraneo. La Puglia è stata considerata per millenni un finis terrae, la periferia di un continente da sfruttare grazie al grano delle pianure e all'olio dei suoi ulivi, centro di emigrazione laboriosa che ha contaminato della sua fatica l'Italia, l'Europa e il mondo intero.
Una terra "matria", con salde strutture familiari e un solido matriarcato, in cui la donna è stata da sempre protagonista perché l'uomo era costretto a emigrare per lunghi anni o durante la stagione della transumanza. Una caratteristica di questa regione è anche quella di avere conservato più a lungo che altrove alcune manifestazioni folkloriche in cui elementi magici e religiosi hanno convissuto insieme. Ciò è avvenuto perché la Puglia è luogo di frontiera e di continuo scambio tra terra e mare, tra agricoltori, pastori e pescatori, ma anche campo d'invasione e d'accoglienza, di scontri e d'incontri che hanno prodotto un meticciato culturale fondato su una stratificazione complessa di civiltà: si è giunti sino ai giorni nostri partendo dalle antiche popolazioni indoeuropee degli Apuli e passando dalle colonizzazioni greche, le conquiste romane, i domini bizantini, longobardi, saraceni, normanni, svevi, angioini, aragonesi, spagnoli, austriaci e francesi. Ciò ha fatto di questa terra uno straordinario laboratorio etno-antropologico che rappresenta in scala una pregnante metafora del destino italiano. Era il 1961, l'unità nazionale festeggiava il suo secolo di vita, quando Ernesto De Martino diede alle stampe La terra del rimorso e raccontò la storia di un'antichissima tradizione pugliese, quella dei tarantolati.
Per l'illustre antropologo la terra del rimorso era la Puglia, ove alcuni individui, prevalentemente di sesso femminile, si ritenevano morsi e ri-morsi dalla tarantola e riuscivano a liberarsi dal veleno solo grazie a un complesso rituale esorcistico a base di musica e danze (la pizzica). Di solito il morso del ragno era immaginario e costituiva il pretesto per curare disturbi di origine psicosomatica che nel Seicento si sarebbe chiamato «umor malinconico», nell'Ottocento «esaurimento nervoso» e nel Novecento «depressione».
In altri casi l'avvelenamento era effettivo perché la tarantola, nascosta nei covoni di fieno, colpiva soprattutto al tempo della mietitura, e in particolare le donne che si recavano ai campi per aiutare gli uomini, provocando stati di tremore e persino convulsioni. La comunità smetteva di lavorare e attendeva alla "tarantata" suonando incessantemente i tamburelli e danzando a ritmo vorticoso per liberarla dall'avvelenamento. Secondo l'interpretazione di De Martino il morso della taranta costituiva la rottura di un ordine prestabilito, che il rito contribuiva a ripristinare configurandosi come una forma di protezione istituzionalizzata, il segno di un "male culturale". Il rito aveva una componente terapeutica prevalente, ma anche una dimensione erotico-sessuale (ricordata in molti canti pugliesi) in cui entravano in gioco le coppie ordine/conflitto, salute/malattia all'interno di un contesto agricolo segnato dalla povertà.
L'origine di questa tradizione è incerta: secondo De Martino risalirebbe al Medioevo e alle esperienze dei crociati costretti effettivamente ad affrontare le punture di animali velenosi. Per altri studiosi si dovrebbe risalire alla diffusione, del movimento dei Baccanali nel II secolo a. C. e alle cerimonie della possessione dionisiaca. Nonostante la mancanza di documenti, è sicuro che siamo in presenza di resistenze culturali risalenti a uno scenario mitico-rituale comune all'area del Mediterraneo e dell'Asia minore che ha interessato anche la Puglia in tempi remoti trovando un contesto economico-sociale favorevole all'attecchimento.
All'interno di questa complessa e discussa stratificazione antropologica si inserisce l'assimilazione della tradizione dei tarantolati operata dal cristianesimo grazie al culto di san Paolo e documentata a partire dal XVI secolo. La Chiesa, consapevole dell'origine pre-cristiana del rito, scelse la strada del sincretismo, convogliando i tarantati dagli spazi privati alla cappella di San Paolo a Galatina e così disciplinando la cerimonia attraverso la sua calendarizzazione il 29 giugno. Essa è stata progressivamente trasformata in una richiesta di grazia al santo, ma ha conservato la dimensione musicale e danzante nel percorso di guarigione che avrebbe un'origine autonoma. La scelta di San Paolo non sorprende in quanto negli Atti degli Apostoli si racconta che egli, quando si trovava a Malta, fu morsicato da una vipera (non da un ragno), ma riuscì a sopravvivere. Da questa tradizione evangelica si diffusero particolarmente in Puglia e in Sicilia i cosiddetti "sanpaolari", i quali erano in grado di curare il morso del serpente con un'acqua miracolosa o con la terra di Malta, ma non con l'esorcismo coreutico-musicale che dovrebbe costituire la forma di una più antica matrice culturale di origine dionisiaca. Siamo dunque in presenza di un rito composito dove sacro e profano, elementi ecclesiastici e pagani, hanno continuato a vivere insieme grazie all'impegno assimilatorio del cristianesimo come religione nella storia.
Sempre nel 1961 il poeta Salvatore Quasimodo, nel commentare un documentario sui tarantolati pugliesi a cui aveva collaborato anche De Martino, ricordava come «questa è la terra di Puglia e del Salento spaccata dal sole e dalla solitudine dove l'uomo cammina sui lentischi e sulla creta. Scricchiola e si corrode ogni pietra da secoli . È terra di veleni animali e vegetali: qui esce nella calura il ragno della follia e dell'assenza, si insinua nel sangue di corpi delicati che conoscono solo il lavoro arido della terra, distruttore della minima pace del giorno. Qui cresce tra le spighe di grano e le foglie del tabacco la superstizione, il terrore, l'ansia di una stregoneria possibile, domestica. I geni pagani della casa sembrano resistere ad una profonda metamorfosi tentata da una civiltà durata millenni». Il suo lirismo populista descriveva una Puglia che allora c'era, ma che oggi non esiste più.
Ancora nel 1974, nel giorno della festa dei santi Pietro e Paolo, nella cappella di Galatina si presentò una dozzina di "tarantati" che si erano dimezzati rispetto ai tempi dell'indagine di De Martino e che oggi sono scomparsi. La Puglia da terra agricola è diventata negli ultimi cinquant'anni una società prevalentemente post-industriale e terziaria: le migliori condizioni di vita, la mutazione delle strutture familiari, il cambiamento della condizione della donna hanno rotto il telaio magico-rituale che funzionava a pieno regime dentro una comunità con tempi, ritmi e stili di vita contadina. Insomma, se sono scomparse le lucciole di Pier Paolo Pasolini è pur vero che gli insetticidi hanno cambiato i nostri ecosistemi agricoli facendo sparire anche le tarantole, e per nostra fortuna. Oggi il tarantismo è svanito come le grandi storie di frustrazione economica di cui è stato millenario argine terapeutico e di quell'esperienza è rimasto solo "La Notte della Taranta" che ha spostato il fuoco dell'attenzione sul terreno dei consumi artistici e turistici in nome della riscoperta della tradizione tradita.

Dei tarantolati dunque non restano che la musica e un sentimento di sincretismo, contaminazione e trasformazione continui che sono il sale di ogni storia possibile. La morale della favola è che gli ultimi cinquant'anni di storia italiana hanno costituito un sicuro vantaggio per questi popoli costituendo - e vogliamo rispolverare un termine caduto troppo superficialmente in disuso - una fonte di progresso materiale, civile e morale. Il mito della tarantola ha resistito fin quando quelle terre sono state avvolte in una miseria senza speranza e riscatto, costruite intorno al latifondo e coltivate da braccia che si vendevano a giornata per un tozzo di pane. Oggi i nipoti di quei contadini tarantolati dalla fatica ballano per lo più immemori al ritmo della pizzica sulle note raffinate di Ludovico Einaudi, mescolati ai giovani di tutta Europa che li possono raggiungere con voli low cost grazie ai modernissimi aeroporti di Brindisi e di Bari. Il ragno maligno è stato sconfitto, ci saranno di sicuro mille altri veleni, vecchi e nuovi, da neutralizzare, ma è bene ricordare che di fare l'Italia ne è valsa la pena. miguel.gotor@unito.it
Cronologia
21 agosto 1860
La Puglia annessa al Regno d'Italia
Dopo l'insurrezione di Altamura del 21 agosto, la Puglia è annessa al Regno d'Italia e viene divisa inizialmente nelle province di Bari, Foggia e Lecce (Terra di Bari, Capitanata e Terra d'Otranto).
1906
Al via i lavori per l'Acquedotto
Nel 1906, durante il governo Giolitti, iniziano i lavori per la costruzione dell'Acquedotto Pugliese, il più grande d'Europa. L'investimento è di 125 milioni di lire dell'epoca. È inaugurato nel 1914 (sotto, una fontana), ma viene completato solo nel 1939.
2 settembre 1923
Nasce la provincia di Taranto
Con l'avvento del fascismo, sono istituite due nuove province, quella di Taranto con decreto del 2 settembre 1923, e quella di Brindisi con la legge del 22 dicembre 1927. In questo periodo vengono inaugurati il porto di Bari e la Fiera del Levante, che fanno aumentare i traffici commerciali della regione.
11 novembre 1940
La notte terribile
Tra l'11 e il 12 novembre 1940, nel porto di Taranto, la flotta italiana è bombardata dalla Royal Navy. Dopo l'armistizio la famiglia reale e il governo Badoglio si trasferiscono a Brindisi, che è capitale del Regno dal 10 settembre 1943 all'11 febbraio 1944.
22 novembre 1959
Foggia medaglia d'oro
La città di Foggia riceve dal presidente del Consiglio Antonio Segni (nella foto) la medaglia d'oro al valor civile per i devastanti bombardamenti alleati del 22 luglio e del 19 agosto 1943, che causano oltre 20mila vittime. Subito dopo la fine della guerra, inizia la lunga opera di ricostruzione
1965
Gli insediamenti industriali
A Taranto è inaugurato il IV Centro siderurgico Italsider, uno dei maggiori complessi industriali per la lavorazione dell'acciaio in Europa. La regione si dota di molte strutture industriali e a Brindisi nasce un importante polo d'industria petrolchimica.

Portocannone. Campobasso. Verso le elezioni comunali: nasce "avvenire per portocannone". Portocannone. Verso le elezioni comunali: nel centro bassomolisano nasce il movimento civico "Avvenire per Portocannone". A spiegare le finalità è il coordinatore del movimento Angelo Musacchio.
«Avvenire per Portocannone, parte dal presupposto che a livello locale le migliori “energie” dovrebbero unirsi al fine di perseguire il benessere della collettività, indipendentemente dai partiti di rispettiva appartenenza.
A livello teorico dovrebbe essere così, mentre a livello pratico ci si rende conto che “l’affannosa ricerca “del mestiere della politica” fa sì che si cerchi un partito che ti consenta poi di far politica per incrementare il reddito oppure per sistemare le “ cose di casa". Infatti sono molteplici gli esempi di coloro che con l’appartenenza politica hanno risolto i loro problemi e quelli della loro famiglia….comprese le ambizioni personali. Appartenere invece a un Movimento civico, che vede nella politica portata avanti dagli attuali partiti uno dei principali motivi del degrado della qualità della vita e dello spreco di denaro pubblico, significa lavorare per i propri concittadini, ben sapendo che avrà come primo nemico proprio l’apparato partitico che affonda le radici nel locale per creare il serbatoio di potenziali elettori. Un sistema che, a ben riflettere, ricalca un modello organizzativo simile a quello massonico - spiega Musacchio - Chi aderisce ad una lista civica sa bene che la massima aspirazione possibile è quella di essere al servizio della collettività senza altre ambizioni. Chi è fuori dal sistema partitico è trattato come un appestato da isolare o, nella migliore delle ipotesi, come una scheggia impazzita fuori da ogni controllo. Questo è uno dei principali motivi per cui risulta difficile, specialmente in paesi come Portocannone, mettere insieme un gruppo di persone che hanno come scopo principale del loro impegno il benessere della collettività. Una lista civica non ha l’obbligo di scimmiottare i partiti e quindi investe tempo ed energie nella ricerca della soluzione dei problemi locali perché ben consapevole che le mire di chi fa politica per professione sono solamente quelle di considerare il Comune come trampolino di lancio per traguardi piů elevati. In quest’ottica deve dimostrare all’apparato partitico di appartenenza che è fedele, affidabile e soprattutto ossequioso…altrimenti non fa carriera. In un piccolo centro non si fa politica sui grandi temi nazionali, a quelli ci pensa il Parlamento, oppure la Regione. In un piccolo centro bisogna migliorare la qualità della vita non svendendo il territorio agli speculatori, offrendo servizi adeguati a giovani, anziani e madri di famiglia e valorizzando al massimo le peculiarità del territorio. Portocannone va aiutata a crescere in termini di turismo e piccola impresa! Portocannone va aiutata al fine di evitare che il paese si divida! Cosa che, purtroppo, accade oggi! Ciò è possibile solamente se ogni frazione mette in campo le sue persone migliori in modo da contribuire alla crescita omogenea del territorio! Mettersi in prima fila vuol dire ribadire che i cittadini non sono portatori, né tantomeno fiancheggiatori di interessi dei vari potentati che da sempre comandano a Portocannone».

Regione Calabria: business tra aziende Calabresi e Serbe. CATANZARO, 27 FEB. 2011 - La Regione Calabria ha partecipato alla manifestazione fieristica Agro Sud che si è svolta a Napoli dal 25 al 27 febbraio. L’iniziativa rientra nell’ambito della cooperazione con i paesi dei Balcani attraverso il progetto Prices. Oltre alla Calabria erano presenti la Regione Campania,
la Regione Umbria e le Agenzie di Sviluppo serbe Alma Mons e Redasps. Si è trattato di un’intensa azione di cooperazione tra imprenditori italiani e serbi operanti nel settore manifatturiero, in particolare nei sub settori industriali degli alimenti, del tessile, del legno, della metallurgia, dei mezzi di trasporto ed in quello delle costruzioni.
L’Assessorato alla Internazionalizzazione, Cooperazione e Politiche di Sviluppo Euro-mediterranee della Regione Calabria, retto da Fabrizio Capua, per l’occasione, in collaborazione con l’Arssa, ha selezionato 6 delle 18 aziende che hanno fatto richiesta di partecipazione alla fiera a seguito della manifestazione di interesse pubblicata recentemente. Gli imprenditori calabresi hanno incontrato i potenziali partner della Serbia, presente con una delegazione di circa 30 aziende. Dopo quello campano, si terranno nel prossimo mese di aprile altri incontri in Serbia.
La politica dell’Assessorato alle politiche euromediterranee, all'internazionalizzazione ed alla cooperazione tra i popoli è quella di organizzare e partecipare ad eventi che possano agevolare l’incontro tra imprenditori locali e imprenditori stranieri nell’ottica di incremento della promozione e dell’attrazione degli investimenti esteri tanto nel settore internazionale, quanto in quello di cooperazione euro mediterranea, così come ha sempre sostenuto il Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti.
All’appuntamento hanno inoltre partecipato i delegati del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero dello Sviluppo Economico. Gli incontri si sono svolti presso l’Isve (Istituto di Studi per lo Sviluppo Economico), ente in house della Regione Campania, ed ente attuatore del progetto Prices. m.c.

Caro-Sardegna: per traghetti fino +70%. Protestano consumatori, su Civitavecchia-Olbia gli aumenti piu' alti. 27 febbraio, 20:00. Aumenti ''incredibili ed intellorabili''. Sono quelli che Federconsumatori denuncia per i prezzi dei traghetti per la Sardegna, cresciuti in questi primi mesi del 2011 a ritmi a due cifre.
L'estate e' ancora lontana, ma, secondo le rilevazioni delle associazioni, i rincari arrivano su una delle tratte piu' battute, ovvero la Civitavecchia-Olbia, ad un massimo di +74%. La 'meno' colpita e' la tratta gia' piu' cara, la Genova-Olbia.
Secondo l'Osservatorio nazionale di Federconsumatori, acquistando ora i biglietti per una cabina adatta ad una famiglia di due adulti e un bambino che porta con se' anche la macchina, il costo per l'andata e ritorno ad agosto e' di 866 euro, il 40% in piu' rispetto al 2010.
Meglio non va prenotando posti in poltrona: in questo caso il prezzo totale e' di 629 euro contro i 452 dello scorso anno, con un rincaro del 39%.
Aumenti simili riguardano anche la Livorno-Olbia, leggermente meno cara. In questo caso il costo della cabina (sempre andata e ritorno e sempre con l'auto al seguito) e' di 772 euro, il 41% in piu' del 2010, mentre quello delle poltrone e' di 612 euro, con un rincaro del 45% rispetto ai 421 euro dello scorso anno.
Ancora piu' alti sono stati i rialzi per la tratta Civitavecchia-Olbia, quella in pratica che collega Roma con la Sardegna. In questo caso la cabina costa 748 euro, ben il 74% in piu' rispetto allo scorso anno, mentre per le poltrone il prezzo complessivo e' di 599 euro, il 69% in piu' rispetto al 355 euro che si pagavano nel 2010
.''E' un comportamento inaccettabile - lamenta il presidente di Federconsumatori, Rosario Trefiletti - che rischia di strozzare completamente il turismo di questa regione, comportando gravissimi danni non solo all'economia locale, ma al Paese intero. Agire per arginare i rincari e' indispensabile.Cosa aspettano - chiede Trefiletti - ad intervenire il ministro dei Trasporti e quello del Turismo?''. (ANSA).

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