sabato 16 aprile 2011

Federali-Sera. 16 aprile 2011. Reggio Emilia. E non è necessario immaginare di trovarsi in Puglia o in Sicilia per fare i conti con il sistema del caporalato. Dalle nostre parti ha solo cambiato forma. Dai pulmini che vent'anni fa caricavano i muratori per portarli nei cantieri edili, oggi si è passati alle cooperative spurie che non applicano i contratti, o ai finti part time (un fenomeno in crescita esponenziale), per arrivare alla moltitudine e senza potere contrattuale delle finte partita iva o dei finti artigiani.

Segnaletica Luis:
Bozen. Segnaletica, ecco il documento dei saggi
Bressanone. Via Tridentina: la Svp ci ripensa
Trento. Le donne trentine sono le più forti d'Italia

Fatture ricavi e tasse:
Trento. Profughi in arrivo
Rovereto. Arrivati stamani a Marco i primi dieci profughi
Treviso. Zaia: a Treviso solo 25 profughi
Treviso. Motta accoglie cinque profughi tunisini
Reggio Emilia. Profughi, i primi 10 arrivano oggi
Mantova. Trenta profughi tunisini a Bozzolo
Padova. Immigrati, 27 in arrivo a Padova: ospitati in una struttura cittadina
Padova. Rilasciati 30 permessi di soggiorno
Profughi a Ferrara nel fine settimana
Ferrara. Arrivano i primi immigrati
Chiavari. Arrivano i primi 33 profughi

E' certo, i casalesi sono i colpevoli della crisi padana:
Aziende trentine nelle mani della camorra
Reggio Emilia. «Il lavoro nero è in mano alle mafie»
Padova. Sgominata la filiale veneta dei casalesi


Bozen. Segnaletica, ecco il documento dei saggi
Torna la lingua italiana sul 90 per cento dei cartelli. Fitto: per me non si cambia
di Maurizio Dallago
BOLZANO. Il 90 per cento delle indicazioni sono diventate bilingui. Quasi sempre integralmente, in minor parte con l'aggiunta dei termini come malga, cima o torrente. Solo il 10% dei segnali monolingui in tedesco è rimasto tale. È il risultato - all'unanimità - del lavoro svolto dalla commissione seguita all'intesa Fitto-Durnwalder e finora rimasto nel cassetto dei due contraenti. E allora si capisce perché il presidente altoatesino tira il freno da settimane, nella speranza di riuscire a limare i nomi italiani e portare a casa un risultato finale, certo di compromesso, ma non uguale a quanto deciso dagli esperti.

 Un risultato che invece, così com'è, potrebbe non dispiacere al gruppo italiano. Ed ancora l'Alto Adige scopre che nella relazione tutti i rifugi alpini hanno il loro nome anche in italiano. Non c'è la Vetta d'Italia, ma l'unico punto su cui i commissari non si sono espressi rispetto alle 1.526 indicazioni monolingui riscontrate dalle forze dell'ordine su un totale di 36 mila cartelli dell'Alpenverein e oggetto del lavoro della paritetica, riguarda in qualche modo la cima più a nord del Belpaese, ovvero l'alta via della Vetta d'Italia (Lausitzer Höhenweg). Ed ancora Steinalm diventa Malga Sasso, anche se Durnwalder non vuole, come non è d'accordo sui nomi bilingui dei rifugi che vorrebbe esclusivamente nel loro nome originario e che risale spesso ai tempi asburgici.

 Lavoro certosino, ma equilibrato, quello dei cinque componenti della paritetica Stato-Provincia: da una parte Francesca De Carlini e Guido Denicolò (per il ministero) e dall'altra Karl Rainer e Ferdinand Willeit (per Palazzo Widmann) con l'aggiunta per i nomi ladini di Hugo Valentin. Semplice nel suo divenire. I commissari non hanno inventato nulla, ma agito esclusivamente secondo i criteri enunciati nel protocollo d'intesa del 22 settembre scorso firmato dal ministro per i Rapporti con le regioni e dal governatore altoatesino. Quali? Sono valsi i criteri per il bilinguismo «delle denominazioni diffusamente utilizzate e delle informazioni generali» ed il «mantenimento dei nomi storici nella sola lingua tedesca, in ogni caso con la traduzione dei termini aggiuntivi
come malga, montagna o lago».

LA RELAZIONE. La commissione si è occupata di 1.526 indicazioni monolingui in tedesco (tra toponimi puri e indicazioni di carattere generale). I toponimi rimasti esclusivamente in lingua tedesca rappresentano il 10% del totale, quindi 150 circa. Si tratta di nomi per i quali non esiste il corrispettivo in italiano neppure nel Prontuario del Tolomei, oppure in minima parte esistono denominazioni in lingua italiana, ma non sono diffusamente utilizzate. Non hanno neppure indicazioni di carattere generale come "Spitze" o "See" che potrebbero essere tradotte. Gli esempi nella lista su cui ha lavorato la commissione sono toponimi come «Egger» o «Haidenberg». Poi ci sono i toponimi tradotti in toto in lingua italiana: rappresentano il 45 per cento del totale, quindi circa 700. Sono toponimi tedeschi per i quali esiste la versione in lingua italiana ed è diffusamente utilizzata. Esempi: Rosengarten-Catinaccio, Königspitze-Gran Zebrù, Rosskopf-Monte Cavallo, Gitschberg-Monte Cuzzo. Ma anche la malga di Revò e la Steinalm-Malga Sasso. In quest'ultimo caso perché il toponimo - paradossi della storia - è diventato diffusamente utilizzato nel gruppo italiano dopo l'eccidio dei finanzieri da parte degli ex-bombaroli. Inoltre tutta una serie di comuni e frazioni, da Lagundo a Fortezza, da Lauregno a Maso Corto. Ma pure Andriano, Burgusio, Tirolo, Valdurna, Cologna, Fortezza, Passo Palade, Assunta (Renon), Merano, Predonico, Termeno, Avigna, Colma, Camminata, Lappago, Vernago. Ed ancora i nomi di manieri, come i castelli Tirolo, d'Appiano e Masaccio. Ci sono poi i toponimi tradotti in toto in lingua italiana o lasciati in tedesco con l'indicazione di carattere generale in italiano: il 45 per cento del totale e sono circa 700. Comprendono diverse tipologie di indicazioni. La gran parte è stata tradotta in italiano, quando esse siano indicazioni di carattere generale (esempio Fitness Steg diventa percorso fitness); quando siano indicazioni generiche come Pilgerweg, Archeologischer Weg, Besinnungsweg (rispettivamente sentiero dei pellegrini, archeologico e contemplativo); quando si tratta di nomi di luogo legati ai santi - e sono diverse decine - (esempio Nikolaus, Cyprian che diventano Nicola o Nicolò e Cipriano). In questo caso si è preso ad esempio la stessa proposta di legge Svp sulla toponomastica in consiglio provinciale che cita proprio i santi come toponimi che devono essere bi- o trilingui insieme a quelli che riportano nomi di papi, imperatori o personalità storiche. In questo 45% ci sono anche i casi in cui il toponimo tedesco non trova corrispondenza nella lingua italiana ma viene accompagnato dalla traduzione dei nomi aggiuntivi come malga, lago, montagna, cima. Esempi: a Bergalm è aggiunto sul segnale malga, Eidechsspitze è accompagnato da cima. Tutti i rifugi alpini hanno il loro nome in tedesco ed in italiano, secondo quanto riporta una delibera della giunta provinciale del 2009, a cui la commissione si è attenuta. Esempi sono Radlseehütte-rifugio Lago Rodella, l'Ifingerhütte-rifugio Picco Ivigna, Chemnitzerhütte-rifugio Porro, Radlseehütte-rifugio Lago Rodella. 16 aprile 2011

Bressanone. Via Tridentina: la Svp ci ripensa
Il capogruppo Dariz: sì alla strada se ha valore storico e non etnico
di Tiziana Campagnoli
BRESSANONE. La Stella alpina apre all'intitolazione di una strada alla Brigata Tridentina. Anzi, fa di più. Potrebbe addirittura dare il proprio ok ad una doppia intitolazione: Largo Brigata Alpina Tridentina e via degli Alpini. Il ripensamento, o per meglio dire la marcia indietro, viene confermata dal capogruppo della Svp in consiglio Leo Dariz, lo stesso che solo tre giorni fa, in un comunicato congiunto con Sepp Kirchler e il sindaco Albert Pürgstaller, aveva sottolineato la contrarietà della Svp alla denominazione "Brigata Tridentina" e la volontà di puntare invece su un più generico "alpini".  Cosa sia accaduto in questi ultimi giorni non è dato sapere. Unico dato certo è che il gruppo di lavoro Pd-Svp si è riunito, che il capogruppo del Pd Alberto Ghedina ha messo sul piatto uan serie di proposte, tra le quali largo Brigata Alpina Tridentina al posto dell'attuale rotatoria tra viale Stazione e viale Mozart e via degli Alpini al posto del primo tratto di via Castellano dinanzi all'ex caserma Schenoni o del piccolo tratto tra la rotatoria e la stazione Fs, e che i vertici della Svp hanno acconsentito a trattare, sottolineando di avere la volontà di "staccarsi dalla discussione etnico-politica e di spostarla sul piano culturale". Di una strada intitolata ai Kaiserjaeger, invece, non se ne parla.  A spiegare i dettagli, senza però entrare nel merito della discussione e dei motivi che avrebbero portato la Svp a fare un passo indietro, è lo stesso Ghedina: «Il dialogo si è riaperto e siamo soddisfatti - spiega Ghedina - dopo la presa di posizione in cui la Svp si dichiarava contraria alla denominazione Brigata Tridentina, abbiamo chiesto un chiarimento. Ho presentato alcune proposte. Una riguarda l'intitolazione della rotatoria tra viale Stazione e viale Mozart alla Brigata, quindi Largo Brigata Alpina Tridentina. Un'altra, invece, riguarda l'intitolazione agli alpini di una stradina, il primo tratto di via Castellano dinanzi all'ex caserma Schenoni o i 100 metri di strada tra la rotatoria e la stazione Fs, in ricordo di tutti i giovani, italiani e tedeschi, che hanno prestato il servizio militare e si identificano negli alpini. Due proposte di cui ora il gruppo della Svp sta discutendo».  «Ritengo che la questione debba essere affrontata dal punto di vista culturale, e non etnico politico, e quindi se la Svp accoglierà il nostro invito sono certo si possa arrivare ad un accordo e ad un'intitolazione condivisa. Errori ne sono stati fatti. La Svp ha erroneamente affrontato la questione collegandola al nazionalismo, al fascismo, mentre noi italiani abbiamo fatto l'errore di erigere la Brigata a simbolo dell'italianità e così non è. Quindi sono ottimista, con il dialogo riusciremo a trovare l'accordo e a presentare in tempi brevi anche ai capigruppo delle opposizioni la lista con le proposte di intitolazione. Esclusa comunque una strada ai Kaiserjaeger».  L'inizio di un dialogo viene confermato anche da Leo Dariz, che però non commenta le due proposte del Pd: «La Svp ha deciso di affrontare la cosa staccandola dalla discussione etnico-politica e spostandola invece sul piano culturale - spiega Dariz - Penso dunque che si possa arrivare quanto prima ad una soluzione condivisa».15 aprile 2011

Trento. Le donne trentine sono le più forti d'Italia
16/04/2011 09:34
TRENTO - L'argomento non è dei più allegri, eppure il rapporto Istat «Decessi: caratteristiche demografiche e sociali», appena edito, porta buone notizie ai trentini o, meglio ancora, alle trentine. Le donne residenti nella nostra provincia sono infatti quelle che vantano la più bassa mortalità infantile a livello nazionale e hanno un'aspettativa di vita inferiore soltanto alle altoatesine.

I decessi.
Il rapporto fa riferimento al 2008, quando in Trentino si verificarono 4.658 morti (2.226 uomini e 2.432 donne) con un quoziente di mortalità di 8,8 decessi ogni mille persone per gli uomini (a livello nazionale 9,7) e di 9,2 per le donne (in Italia 9,6). Dal 2003 in poi per gli uomini trentini è il miglior dato di sempre mentre per le donne il quoziente fu più basso (9) nel 2006.

La speranza di vita.
In Trentino è più alta rispetto alla media italiana, che si attesta a 78,8 anni per gli uomini e a 84,1 per le donne. Da noi il dato si alza a 79,2 anni per gli uomini (79,8 nelle Marche il record nazionale) e a 85,0 per le donne, una speranza di vita inferiore solo a quella dell'Alto Adige (85,2 anni).

Mortalità infantile.
In provincia di Trento nel 2008 sono stati 4 i bambini a morire subito dopo il parto e altri 2 a un solo giorno di vita. Nel primo mese di vita i decessi sono stati 10 (8 bimbi e 2 bimbe), nel primo anno 17 (12 e 5). In Italia la probabilità di morte a 0 anni, ovvero il rischio che ha un neonato di morire fra il momento della nascita e il compimento del primo anno di vita, è di 3,6 bambini su 100 e di 3 bambine. I dati trentini sono nettamente migliori: la probabilità si abbassa a 2,8 per i maschietti (quarto posto in Italia) e addirittura a 1,4 per le femminucce, primato nazionale davanti al Friuli (1,7).

Trento. Profughi in arrivo
16/04/2011 09:13
TRENTO - Arriverà oggi, al più tardi domani, al centro addestramento della Protezione civile di Marco di Rovereto il primo gruppo di undici profughi nordafricani, da quanto si sa libici e tunisini, assegnati dal commissario per l'immigrazione al Trentino. Le undici persone che stanno per arrivare sono il primo scaglione dei novanta che, entro le prossime due settimane, verranno destinati alla nostra provincia. I numeri, anche se ridotti e certo non allarmanti, hanno «ballato» per tutto il giorno ieri.

A mezzogiorno il presidente della Provincia, Lorenzo Dellai ha detto: «Abbiamo avuto la conferma anche ieri (l'altro ieri ndr) dal prefetto Gabrielli, che ha la delega per la gestione degli immigrati, che lo schema dei giorni scorsi è stato confermato. Ogni territorio dovrà ospitare i profughi in relazione al numero degli abitanti. Queste persone verranno mandate gradualmente e questo ci permette di gestire il tutto con grande tranquillità. Prima, per breve tempo, a Marco e poi in strutture alloggiative che verranno via via individuate. Il Governo ha distribuito da giovedì un primo riparto di duemila profughi a livello nazionale, di questi in proporzione 22 sono assegnati alla Provincia di Trento, 21 a Bolzano. Le prime unità arriveranno nelle prossime ore. A Marco ci saranno tutte le strutture di accoglienza il Cinformi che ha personale specializzato anche dal punto di vista linguistico; ci sarà la Croce Rossa; ci saranno i Nuvola se servirà. Dopo di che ospiteremo queste persone in alloggi che stiamo individuando».

In maggior parte si tratta di appartamenti, una ventina, di proprietà pubblica ma che vengono gestiti dall'Atas, l'associazione di assistenza per gli stranieri. «Ma ciò che voglio sottolineare - ha affermato Dellai - è che non c'è alcuna emergenza e che questi numeri sono gestibili in tutta tranquillità».

Rovereto. Arrivati stamani a Marco i primi dieci profughi
16/04/2011 10:22
ROVERETO - Il gruppo di migranti, arrivato con una pattuglia della stradale stamani da Caserta, è stato accolto dai responsabili della struttura della Protezione civile. Tutti i componenti del gruppo stanno bene di salute e sono stati sistemati nei container predisposti allo scopo. Già nei prossimi giorni si pensa di poter iniziare la fase successiva all'accoglienza, cioè quella della sistemazione dei migranti nelle strutture precedentemente individuate dalla Provincia. Si ricorda che, sia per ragioni di sicurezza - nel centro di Marco procedono anche oggi le normali attività di addestramento e formazione a cui la struttura è destinata - sia per tutelare il diritto alla privacy delle persone accolte, l'accesso alla struttura non è consentito alle persone non autorizzate.

Treviso. Zaia: a Treviso solo 25 profughi
Pronto l'istituto Emiliani, ma la Caritas vuole garanzie
  Duecentoquattro migranti in arrivo nel Veneto. «Non più di ventiquattro-venticinque profughi a Treviso», assicura Luca Zaia. La prima tranche di stranieri in arrivo dal Nordafrica porterà questi numeri. Nelle prossime settimane le cifre potranno aumentare. Ma l'emergenza è tutt'altro che risolta.  Per adesso, l'unica disponibilità concreta è quella offerta dalle diocesi di Treviso e Vittorio Veneto. Attraverso le Caritas saranno messe a disposizione due strutture religiose che dispongono di spazi adeguati. Per Treviso si studia una soluzione all'istituto Emiliani di via Venier, a Vittorio Veneto le strutture coinvolte saranno Casa Provvidenza, Casa Speranza a Codognè e un appartamento di Motta di Livenza. Unica richiesta: che sia data precedenza alle donne con bambini. E naturalmente siano chiariti i costi e i tempi dell'ospitalità. La linea è comunque quella di creare «piccolissime comunità» con quattro, cinque stranieri per luogo.  Ma le istituzioni pubbliche impegnate sul tema appaiono tutte in grave ritardo: nessuno ancora ha capito il numero, il tempo e le modalità di ospitalità di questi migranti. Insomma, dal ministero degli Interni in giù regna la confusione. E questo nonostante le rassicurazioni del governatore Luca Zaia, reduce dall'ennesimo vertice con Maroni ma ancora privo di indicazioni logistiche. Tanto è vero che, dopo aver annunciato una conferenza stampa per questa mattina alle 11,30 nella sede della Protezione civile a Marghera, gli uffici del governatore sono stati costretti ad annullare per mancanza di dati certi. Mancano anche direttive chiare rispetto ai costi e ai tempi dell'ospitalità. Chi pagherà il soggiorno di questi migranti? E per quanto tempo, visto che i permessi temporanei avranno scadenza il 31 dicembre? Insomma, la confusione è diffusa. E questo non aiuta a gestire la situazione. Per cercare di fare chiarezza, il vescovo ha spedito il direttore della Caritas dal prefetto Aldo Adinolfi. L'incontro avverrà questa mattina in Prefettura.  Sul tema, oltre al solito balletto di accuse tra «accoglienti» e «respingenti», si segnala il commento di Mario Pozza, presidente della Confartigianato della Marca e vicepresidente della Camera di commercio. «Tutti noi abbiamo delle responsabilità sulla questione profughi - ha spiegato a margine di una presentazione -. Tra un po' ci saranno le elezioni e si capisce come le uscite della Lega siano a puro scopo elettorale. Gettano benzina sul fuoco. Come associazione artigiani abbiamo avuto in passato bisogno di manodopera ricorrendo spesso a quella straniera, che collabora ancora con noi per quelle mansioni che gli italiani non hanno più voluto coprire. Attraverso certe intemperanze rischiamo di accendere una miccia che poi non si spegne più».  E sul tema interverrà, nel consueto messaggio pasquale, anche il vescovo Agostino Gianfranco Gardin. Con parole tutt'altro che tenere nei confronti di chi vuol mettere la testa sotto la sabbia. 15 aprile 2011

Treviso. Motta accoglie cinque profughi tunisini
L'arrivo è previsto già da oggi: la Caritas ha messo a disposizione un appartamento
di Claudia Stefani
Profughi tunisini: potrebbero arrivare a Motta già oggi. La Caritas diocesana ospiterà 5 immigrati su richiesta della prefettura: saranno sistemati in un appartamento nella città liventina nel caso in cui si tratti di un nucleo famigliare o nel caso in cui siano tutti uomini. Se invece saranno donne, con o senza bambini, verranno accolte in una struttura già attiva di Vittorio Veneto.

 La Caritas di Vittorio Veneto accoglierà 5 profughi tunisini, che potrebbero giungere a Motta. Spiega il direttore Caritas diocesano mons. Ferruccio Sant: «La prefettura ci ha chiesto aiuto e noi abbiamo dato la nostra disponibilità in base alle nostre risorse. Ci hanno comunicato che gli immigrati in arrivo sono cinque ma non hanno specificato nient'altro. Quindi abbiamo individuato due luoghi possibili. Saranno ospitati in un appartamento a Motta nel caso in cui si tratti di 5 uomini o di un intero nucleo famigliare; verranno invece sistemati in una struttura già attiva di Vittorio Veneto se saranno donne o donne con bambini piccoli. Non sappiamo esattamente neanche quando arriveranno. Dovevano arrivare già nei giorni scorsi e poi il trasferimento è stato rinviato. Ora ci dicono che dovrebbero arrivare oggi. Stiamo a vedere».

 Il presidente della Regione Luca Zaia, dopo il balletto di numeri dei giorni precedenti, ha affermato ieri che saranno un centinaio gli immigrati, tutti muniti di permesso di soggiorno temporaneo, che giungeranno in Veneto.

 Cinque quelli che verranno ospitati dalla diocesi di Vittorio Veneto, forse appunto a Motta. Nei giorni scorsi apertura all'idea di ospitare i profughi nel territorio mottense era stata espressa dal capogruppo Pd Maurizio Orlando che si era detto favorevole all'accoglienza dei profughi, sottolineando che «una comunità sana non teme le eventuali difficoltà ma le affronta».

 Il sindaco leghista Paolo Speranzon aveva evitato invece di esporsi fino a quando non avesse avuto notizie ufficiali. Un atteggiamento di prudenza in contrasto con altri sindaci del Carroccio nella Marca che, da Gian Paolo Gobbo di Treviso a Toni Da Re di Vittorio Veneto passando per Gianpaolo Vallardi di Chiarano, si erano dichiarati contrari. 16 aprile 2011

Reggio Emilia. Profughi, i primi 10 arrivano oggi
Saranno trasferiti al centro accoglienza Caritas di Gavasseto
I primi ad arrivare a Reggio - oggi - saranno in dieci. E troveranno alloggio a Gavasseto, dove la Caritas già ieri ha sistemato tavoli e lenzuola per una degna ospitalità. Era venerdì, infatti, la data indicata dalla Regione come giorno limite entro il quale tutte le province dell'Emilia-Romagna avrebbero dovuto farsi trovare pronte. In totale entro domenica ne sono attesi 184.  Oggi, infatti, in Emilia-Romagna arriveranno i primi 92 profughi con permesso di soggiorno temporaneo, e domenica ne giungeranno altrettanti, per un totale di 184.  La suddivisione - effettuata da Bologna - prevede dunque che Reggio, per il momento, possa far fronte all'emergenza umanitaria utilizzando la casa di accoglienza di via Comparoni (una ex scuola materna) che già da tempo ospita i senza tetto e che al momento è libera. Proprio lì, ieri sera, Morad - giovane tunisino in Italia da tanti anni - stava preparando i letti destinati agli immigrati. «Hanno scelto me - ha detto - perché con la lingua posso fare da mediatore». I 10 immigrati - tutti adulti - saranno prelevati a Bologna da volontari e mezzi del coordinamento provinciale di Protezione civile, e accompagnati dal personale dei servizi sociali del Comune di Reggio.  Dieci, però, sono ancora un numero ristretto rispetto ai 150 complessivi che il governatore Vasco Errani ha assegnato al nostro territorio. Di questi 150, un terzo spetterà al Comune capoluogo (che per trasferire gli stranieri a Cella deve aspettare che vengano effettuati lavori di manutenzione per circa 80mila euro). Il rimanente, invece, dovrà essere assegnato nei vari paesi della provincia. Ieri a Palazzo Allende la presidente Sonia Masini ha riunito i primi cittadini per un confronto dedicato alla questione. Non è stata ufficializzata alcuna lista con i siti «papabili». Al termine del dibattito è stato però definito un criterio, sulla base del quale ci si adopererà man mano che i profughi arriveranno. Un criterio, cioè, di «proporzione e contemporaneità» secondo il quale le 7 Unioni di Comuni e della Comunità montana si confronteranno di volta in volta sulla base degli stranieri in arrivo e degli abitanti che compongono ciascuna Unione.  Intanto, Palazzo Allende fa sapere che «è confermato il numero complessivo di 90 profughi assegnato, in questa prima fase, alla provincia di Reggio».  Quanto poi alla ripartizione regionale, a Bologna se ne contano 15 in arrivo oggi e 25 domenica per un totale di 40. A Piacenza ne sono stati destinati 14, mentre a Parma 16 saranno accolti nelle strutture del Comune. I 10 di Modena saranno in carico al Comune di Carpi. (mi.sc.)

Mantova. Trenta profughi tunisini a Bozzolo
Oggi l'arrivo del bus da Lampedusa
Trenta profughi tunisini, sbarcati a Lampedusa, sono attesi a Bozzolo, nella sede della cooperativa sociale San Lorenzo. «Speriamo che Comune e cittadini collaborino» è l'auspicio espresso dal presidente della cooperativa
di Andrea Moglia
BOZZOLO. Sono trenta gli immigrati tunisini, muniti di permesso di soggiorno umanitario, che arriveranno questa mattina a Bozzolo, nella sede della cooperativa sociale San Lorenzo. Fino alla tarda serata di ieri il personale della cooperativa ha lavorato allo scopo di preparare l'accoglienza del gruppo di rifugiati, tutti sbarcati nei giorni scorsi a Lampedusa.
 «Stiamo cercando di predisporre al meglio gli alloggi per creare un ambiente favorevole ai profughi in arrivo - ha spiegato Giancarlo Nolli, presidente della cooperativa sociale San Lorenzo - speriamo che il Comune e i cittadini collaborino con noi per accogliere nel modo migliore possibile queste persone»

 La cooperativa sociale San Lorenzo - di Cremona, con una sede operativa a Bozzolo - è stata individuata in base alla disponibilità, confermata quattro giorni fa su richiesta della protezione civile e della Prefettura, e alla possibilità di accoglienza immediata. «Abbiamo una capacità di trenta posti letto - osserva Nolli - ma non credevamo che alla richiesta che ci è stata fatta alcuni giorni fa sarebbe seguito così rapidamente l'arrivo dei profughi. La telefonata della Prefettura che confermava l'arrivo dei rifugiati ci è arrivata ieri pomeriggio alle diciassette».
 Alla coop sociale hanno fatto un sopralluogo anche i carabinieri. «Abbiamo offerto a vigili e militari dell'Arma una piena disponibilità - ha concluso il presidente della coop sociale - perché ci sia un adeguato controllo delle persone che arriveranno da noi».
 Riguardo ad altri arrivi in territorio mantovano per far fronte all'emergenza umanitaria e alla necessità di accoglienza di profughi provenienti dal Nord Africa, dalla prefettura non è al momento arrivata alcuna notizia. Ci sono altre associazioni o enti di volontariato, come ad esempio la Caritas diocesana, che hanno dichiarato la propria disponibilità ad attivare una rete di accoglienza a favore dei profughi sbarcati a Lampedusa?
 É molto probabile, ma una conferma si potrà avere soltanto nelle prossime ore. Intanto le attività di gestione dell'emergenza umanitaria in Lombardia continuano a svolgersi in coordinamento tra le Prefetture e la Regione. 16 aprile 2011

Padova. Immigrati, 27 in arrivo a Padova: ospitati in una struttura cittadina
Arrivano dalla pullman, un pullman già in viaggio in direzione della città del Santo. Avranno un permesso di soggiorno temporaneo. Il governatore Zaia: "Massimo cento in tutta la regione"
PADOVA. Arrivano a Padova 27 tunisini provenienti dal campo di Santa Maria Capua Vetere, in Puglia. Un pullman sarebbe già in viaggio in direzione della città del Santo. E per accoglierli si è svolta in prefettura una riunione tra Comune, Provincia, forze dell'ordine, diocesi e alcune realtà del terzo settore.

Domattina il pullman dovrebbe arrivare al casello autostradale di Padova Ovest e da qui essere indirizzato verso una struttura cittadina che accoglierà gli immigrati. Si tratta di coloro che hanno scelto la via "legale" della regolarizzazione. Sono arrivati a Lampedusa nei giorni scorsi, sono stati trasferiti nel campi del Sud Italia (e non sono scappati) e adesso vengono trasferiti al Nord. Riceveranno un permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari.

Zaia: "In tutto al massimo 100 arrivi in Veneto". Sono cento gli immigrati, tutti muniti di permesso di soggiorno temporaneo, che arriveranno in Veneto nelle prossime ore, al massimo domani. E' quanto ha confermato il governatore Luca Zaia. Si tratta di immigrati che arriveranno nelle diverse sedi previste, nella disponibilità all'ospitalità espressa dagli enti caritatevoli veneti, come programmato nel piano predisposto dal prefetto di Venezia Luciana Lamorgese. Un piano che parte dal concetto dell'ospitalità diffusa sul territorio.

''Sono immigrati - ha aggiunto Zaia - che hanno diritto alla protezione umanitaria'' e che secondo la legge viene offerta loro assistenza ma sono liberi di muoversi. Il governatore non ha escluso quindi che molti di loro ''prenderanno la strada per la Francia o la Germania''. 15 aprile 2011

Padova. Rilasciati 30 permessi di soggiorno
I tunisini sbarcati a Lampedusa accolti per motivi umanitari
di Paolo Baron
  Trenta tunisini arrivati nei giorni scorsi a Padova da Lampedusa hanno già ottenuto il parere favorevole per il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Per loro è come aver vinto alla lotteria dopo aver rischiato di morire durante la traversata su una «carretta del mare». Il permesso - un tesserino elettronico stampato dalla Zecca - gli verrà consegnato la prossima settimana.  Consentirà a tutti loro di vivere, viaggiare e finanche trovare un lavoro in Italia senza timore alcuno. Con il passaporto potranno addirittura espatriare grazie al contestato Trattato di Shengen che alcuni Paesi europei ora non vedono più di buon occhio come qualche settimana fa, prima dell'emergenza.  CODE IN QUESTURA. Anche ieri mattina l'Ufficio immigrazione diretto dalla dottoressa Francesca Cimino è stato preso nuovamente d'assalto da piccoli gruppi di tunisini che hanno presentato la documentazione per il permesso di soggiorno. Una specie di «green card» tricolore, un lasciapassare che il Governo italiano ha deciso di concedere a tutti i nordafricani, senza distinzione di sorta fra clandestini e profughi.  LA FORTUNA E' CIECA. Dagli uffici di Palazzo Wollemborg fanno sapere che c'è tempo fino e non oltre sabato per i circa 20 mila immigrati nordafricani giunti in Italia dal primo gennaio fino alla mezzanotte del 5. Duecento dei quali (questa la stima fatta in questura) presenteranno domanda proprio a Padova. Che si tratti di una specie di vincita alla lotteria lo si evince dal tipo di restrizioni imposte dal decreto. Tutti i nordafricani che sono arrivati a Lampedusa dopo la mezzanotte del 5 aprile non potranno richiedere nulla e se rintracciati verranno trattati come clandestini: dunque prima denunciati e poi arrestati.  REQUISITI MINIMI. Una volta ottenuto il permesso temporaneo i tunisini saranno liberi di girare per Padova. Dove dormiranno e dove mangeranno non si sa. Caritas e la rete delle associazioni hanno già fatto sapere di essere pronte ad ospitare i giovani immigrati. Il problema è che non sempre i due mondi (i clandestini da una parte, le associazioni dall'altra) vengono a contatto. Il rischio è di ritrovarsi senza tetto per Padova in giro con l'autorizzazione del 15 aprile 2011
governo.

Profughi a Ferrara nel fine settimana
Dovrebbero arrivarne 32 tra sabarto e domenica, i primi dieci verranno indirizzati in una struttura dell'associazione Franceschi, tra la città e Casaglia. In tutti i Comuni si stanno individuando gli spazi per garantire l'ospitalità
FERRARA. Erano attesi per questa mattina a Bologna, ma nel pomeriggio è arrivato l'ennesimo rinvio.
 I profughi, quantificati nel numero di 10 da un dispaccio regionale, arriveranno domattina a Bologna da S. Maria Capuavetere (Ce) e poi saranno trasferiti a Ferrara.

 Ad accoglierli, dopo i controlli amministrativi e burocratici che saranno eseguiti dalle forze dell'ordine, sarà una struttura dell'associazione 'Franceschi', tra Ferrara e Casaglia.
 Tutta l'operazione avverrà sotto la supervisione della Protezione civile.
 In tutti i Comuni, intanto, si stanno individuando gli immobili e gli spazi per garantire l'ospitalità ai flussi programmati per i prossimi giorni. A Ferrara sono destinati a breve, forse entro domani, altri 22 immigrati. 15 aprile 2011

Ferrara. Arrivano i primi immigrati
Oggi ne sono attesi una decina, altri 22 domenica
Oggi arriveranno in città i primi profughi. Saranno, secondo le notizie giunte ieri da Bologna, fra i 10 e i 15, altri 22 sono attesi per domenica. Tutti saranno ospitati presso il Cup (Centro Unico di Protezione civile) allestito in questi giorni in via Marconi. I Comuni hanno iniziato a comunicare le rispettive disponibilità.  Ieri a Roma la Protezione civile ha predisposto il piano nazionale per l'assegnazione, regione per regione, dei primi 2mila immigrati. La quota destinata all'Emilia Romagna è di 184 profughi, meno di Lombardia (408), Lazio (234), Campania (226), più delle altre 13 regioni inserite nell'elenco.  In Emilia Romagna sono attesi oggi i primi 92 immigrati dotati di permesso di soggiorno temporaneo, gli altri arriveranno domenica. Tutte le province della Regione sono interessate: il primo gruppo che sarà trasferito a Ferrara, tra oggi e domenica, comprende 32 persone, meno delle 60 annunciate nei giorni scorsi, dato che corrisponde alla capienza massima prevista per il centro di via Marconi. Ferrara in questa fase sarà coinvolta assieme a Bologna (40 arrivi) e a Forlì-Cesena (32) in modo maggiore rispetto ad altre province che non hanno ancora la piena disponibilità delle proprie strutture.  Nel capoluogo estense, confermava ieri il presidente provinciale della Protezione civile, Lucio Lodi, il sito di prima accoglienza «è già funzionante e può essere utilizzato in qualsiasi momento». Tra oggi e lunedì, intanto, si definirà la rete provinciale dell'accoglienza di seconda fase. Per Ferrara si sono già mosse le associazioni Viale K e La Casona che possiedono diverse aree, non solo in città (via Vallelunga per la Casona, la Ginestra a Focomorto per Viale K). Ieri è stato compiuto un ulteriore passo in questa direzione con l'incontro convocato in Provincia dalla presidente Marcella Zappaterra. Ogni Comune ha effettuato una prima ricognizione delle strutture che necessitano di adeguamenti scarsi o nulli per essere destinati alla nuova funzione. A riempire le caselle della mappatura locale hanno iniziato alcuni enti: Argenta avrebbe messo a disposizione almeno un appartamento, come Massa Fiscaglia; a Lagosanto si starebbe muovendo una parrocchia. Altri Comuni si sono rivolti al sistema ricettivo (locande, alberghi etc.). Alcune attività avrebbero già espresso - dietro precise garanzie - la propria intenzione di essere inserite nella rete dei punti in allestimento.  Dai Comuni è emersa l'esigenza di garantire la sicurezza del personale e dei residenti: nei siti non saranno infatti organizzati presidi fissi di polizia o carabinieri. Sarà quindi chiesto alle forze dell'ordine di coordinare passaggi più o meno frequenti nelle aree occupate. Una delle incognite è rappresentata dai costi: chi pagherà? Sembra che i fondi saranno attinti dalle risorse della Protezione civile e che questo meccanismo consentirà di garantire il pagamento delle fatture entro tempi accettabili (un paio di mesi). 15 aprile 2011

Chiavari. Arrivano i primi 33 profughi
 16 aprile 2011 Sara Olivieri
Marco Toracca
Simone Schiaffino
Chiavari - La mappa della solidarietà ai profughi tocca anche le città del Tigullio: oggi arriveranno a Rezzoaglio 33 tunisini. A Casarza l’intenzione c’è, e la disponibilità della struttura, fino a ieri sera anche. Poi, durante una riunione di maggioranza, le cose si sono fatte più complicate, e la previsione è quella di ospitare un paio di profughi in abitazioni private. E poi c’è Varese Ligure, dove è in corso un braccio di ferro tra l’amministrazione cittadina (disponibile a ospitare solo mamme con bambini) e la Regione, che vorrebbe sistemarvi una ventina di profughi adulti.

La notizia dell’arrivo di 33 tunisini a Rezzoaglio è giunta al sindaco Roberto Fontana l’altro ieri sera. «Mi ha chiamato la cooperativa “L’abete”, che fa capo alla coop “L’Agave” di Genova, segnalandomi l’arrivo di questi stranieri - dice Fontana - Avevamo dato la nostra disponibilità, e non ci tiriamo certo indietro. Ma avrei gradito una comunicazione dalle istituzioni: dalla Regione, o la prefettura». Comunque sia, ieri mattina il sindaco ha chiesto - e ottenuto - conferma dell’arrivo degli stranieri. Saranno alloggiati all’albergo Americano, struttura gestita dalla coop “L’abete” (che gestisce anche il ricovero per anziani in località Cabanne). I 33 tunisini sono partiti ieri sera dal centro di temporanea accoglienza di Caserta, viaggiano a bordo di un pullman e dovrebbero arrivare in tarda mattinata nell’entroterra chiavarese.

«Ho ottenuto rassicurazioni dalla Regione sul loro tempo di permanenza a Rezzoaglio - prosegue Fontana - Mi è stato detto che i profughi staranno qui una decina di giorni: il tempo necessario perché sia individuata una sistemazione più idonea. Spero che gli abbiano fornito vestiti adatti, perchè qui fa ancora molto freddo». I tunisini sono tutti uomini, tra i 20 e i 30 anni. I carabinieri della stazione di Rezzoaglio sono stati avvertiti dell’arrivo dei profughi, e collaboreranno alle operaizoni di sistemazione nell’albergo e per la loro permanenza in valle.

Quanto a Casarza, il Comune della val Petronio aveva dato la disponibilità per ospitare una ventina di rifugiati nella struttura protetta costruita di recente e non ancora inaugurata che si trova in località Francolano. Una possibilità nata durante l’ultima riunione del distretto socio sanitario 16 di Sestri Levante. Ma questa disponibilità è decaduta durante la riunione di maggioranza, ieri sera. È stato considerato che il soggiorno dei profughi alla casa protetta del Francolano rallenterebbe il bando di gara, già avviato, per l’assegnazione della gestione della struttura. Il sindaco Claudio Muzio, però, si è reso disponibile a ospitare due o tre stranieri, in abitazioni private. Complessivamente, nella provincia di Genova dovrebbero arrivare 115 rifugiati. Ma non esiste una tabella precisa, con tanto di mappa, che stabilisca quanti stranieri arriveranno e dove si sistemeranno, perché l’accoglienza nei vari enti territoriali dipende dalla disponibilità di strutture dove i rifugiati possano soggiornare per un periodo più o meno lungo.

Infine, c’è il caso di Varese Ligure. Dove è situata la colonia della Croce rossa, che la Regione ha inserito nella lista dei siti disponibili per ospitare gli immigrati in fuga dall’Africa settentrionale. Ma il Comune si è opposto, annunciando di accettare il soggiorno solo di donne e bambini.

Su questo punto la parola di Michela Marcone, sindaco di Varese, è irrevocabile. Ieri Marcone ha fatto tapezzare il paese di manifestini che ribadivano il diniego dell’amministrazione valligiana. «Il comune di Varese Ligure non ha mai dato la disponibilità all’ospitalità di profughi», recitava il volantino che vale un alt all’arrivo dei magrebini in fuga dai regimi del sud del Mediterraneo. «Se domani giungessero degli immigrati sarei giustamente arrabbiata e mi dichiarerei da subito contraria. In paese c’è timore e irritazione. Bisogna che ciascun Comune faccia la sua parte», ha detto ieri ricostruendo pezzo dopo pezzo la vicenda profughi. «Nella riunione di lunedì scorso -ha detto Marcone- la Croce Rossa metteva nero su bianco la sua disponibilità a ospitare solo mamme con bambini».

Al sindaco di Varese Ligure risponde l’assessore all’Immigrazione Enrico Vesco. «Un Comune può essere contrario ad un insediamento - spiega Vesco - come nel caso di Varese Ligure. A questo punto però scatta un meccanismo che ha delle conseguenze. Primo: il diniego va motivato. E a quel punto vale non solo per i profughi ma anche per le altre attività. Se nel caso della colonia si dice che è non adatta a ricevere profughi per un motivo di salubrità allora questa condizione poi rimane. Ed è difficile scegliere se avere uomini o donne. Quelle che arrivano sono persone, e sappiamo tutti che i profughi sono quasi tutti maschi. Comunque nostra intenzione è quella di trovare un punto di convergenza».

Aziende trentine nelle mani della camorra
16/04/2011 09:03
TRENTO - Non solo minacce. L'organizzazione malavitosa legata al clan dei Casalesi, sgominata dalla Dia di Padova e dai carabinieri di Vicenza, con la collaborazione della procura e della Guardia di finanza di Trento, ha messo le mani in questi ultimi anni su almeno cinque aziende trentine. Le verifiche non sono ancora terminate. Alberghi, officine, palestre sono passate sotto il controllo degli uomini vicini alla camorra, che non erano interessati alle attività, ma a estorcere quanto più possibile alle vittime, i titolari trentini spodestati.

Per comprarle, gli uomini dei boss, hanno speso circa 150 mila euro. Tutti rigorosamente in contanti. La prima operazione tra quelle finora emerse risale al settembre 2009. Il due di quel mese, davanti ad un notaio di Imola, i titolari della Feo srl di Rovereto cedono le loro quote ad Alberto Carraturo , 28 anni, di Napoli, uno degli arrestati nell'operazione dell'altro ieri. Le quote vengono pagate al valore nominale di 7.000 euro, tutto in contanti naturalmente, per evitare la tracciabilità finanziaria dell'operazione. Feo srl gestisce una palestra con centro estetico nella città della Quercia. Uno dei vecchi soci «resiste» e mantiene la sua quota di 3.000 euro. ll 16 settembre 2009, davanti ad un notaio di Caserta, l'assemblea straordinaria della Feo delibera la nomina del nuovo amministratore e il trasferimento della sede legale.

Amministratore unico diventa Angelo Nattino , napoletano ventinovenne, anch'egli arrestato l'altro giorno. La sede legale viene spostata a Napoli. Nel 2010 le acquisizioni accelerano ed entrano in gioco altri esponenti dell'organizzazione criminale, anch'essi arrestati nell'operazione della Dia. Tra essi, i soci della Aspide srl, la finanziaria di Padova al centro della rete camorristica del Nord Est.

Reggio Emilia. «Il lavoro nero è in mano alle mafie»
Cgil denuncia: «Edilizia controllata dalla'ndrangheta, l'agroalimentare dalla camorra»
di Roberto Fontanili
REGGIO. Se è molto labile il confine tra il «caporalato» e la schiavitù, ancora più labile è la demarcazione tra questo fenomeno strutturato e l'illegalità. Anzi, molto spesso c'è contiguità ed è quasi certo, dopo aver scoperto il lavoro nero incappare nella'ndrangheta in edilizia e nella camorra nel settore agroalimentare, denuncia la Camera del Lavoro reggiana.E non è necessario immaginare di trovarsi in Puglia o in Sicilia per fare i conti con il sistema del caporalato. Dalle nostre parti ha solo cambiato forma. Dai pulmini che vent'anni fa caricavano i muratori per portarli nei cantieri edili, oggi si è passati alle cooperative spurie che non applicano i contratti, o ai finti part time (un fenomeno in crescita esponenziale), per arrivare alla moltitudine e senza potere contrattuale delle finte partita iva o dei finti artigiani. In edilizia, ma anche nel settore agroalimentare, in particolare nella macellazione e nella filiera produttiva del prosciutto. In agricoltura invece vengono denunciate solo parte delle giornate effettivamente lavorate e lo stesso accade con le badanti e le colf, dicono ancora i sindacalisti della Flai e della Fillea.Dati precisi non esistono, ma nel 40% delle ispezioni compiute nel Reggiano negli ultimi anni ci si è imbattuti in lavoratori totalmente o parzialmente in nero. Italiani e stranieri, anche se quest'ultimi sono più ricattabili. Così come l'ultima indagine compiuta nel 2007 da Flai-Cgil, in collaborazione con l'Università di Bologna, ha mostrato che in agricoltura il 44% delle aziende controllate non era in regola e il 49% dei lavoratori in nero, mentre in edilizia le aziende irregolari sono state il 53% e i lavoratori in nero il 62%.E da allora le cose non sono migliorate e solo in pochi casi approdano in tribunale. Come è avvenuto con la cooperativa bolognese Power Log, che contava 5.000 soci, 500 dei quali nella nostra provincia.Il caporalato è in crescita in una situazione di crisi economica in cui i lavoratori hanno meno potere contrattuale e sono più esposti, hanno sostenuto ieri i segretari della Fillea e della Flai Cgil Rudi Zamboni e Mauro Nicolini, nel presentare l'iniziativa per una legge sul caporalato promossa dalla Cgil nazionale, che ha scelto Reggio come punto di partenza della campagna di sensibilizzazione.L'appuntamento è fissato per lunedì al Centro Malaguzzi, con l'iniziativa «Stopcaporalato», presenti i parlamentari reggiani Maino Marchi e Leana Pignedoli, l'assessore regionale all'Agricoltura Tiberio Rabboni e il segretario nazionale della Fillea Valter Schiavella. La proposta della Cgil ha già raccolto 6 mila firme e punta all'approvazione di una legge che riconosca il caporalato come reato (con la reclusione da 5 a 8 anni) non solo come illecito amministrativo e che preveda per le aziende condannate l'impossibilità a partecipare agli appalti pubblici. 16 aprile 2011

Padova. Sgominata la filiale veneta dei casalesi
Usura e botte, 132 imprenditori ricattati. Solo 3 denunciano: 29 arresti
di Emilio Randon
  VENEZIA. Mozzarelle di bufala e ribattuta di cazzotti. Ci vuole fantasia anche nel somministrare la crudeltà: a un imprenditore edile della periferia di Vicenza, uno in ritardo sui pagamenti che girava con la stampella, hanno riservato un trattamento speciale. L'hanno raggiunto nel suo cantiere, gli hanno levato la gruccia e con quella, davanti ai suoi dipendenti, lo hanno picchiato a sangue. Così Gomorra gira il suo sequel in Veneto, portandosi dietro gli stanchi cliché dell'opera prima, malavitosi violenti ma anche sbruffoni, efferati ma anche delicati nell'omaggiare il nuovo cliente con un cesto di mozzarelle appena arrivate da Casal di Principe.  Devoti alla famiglia, attenti all'educazione. Uno dei mammasantissima della «Aspide srl» (società di recupero crediti con sede a Padova, in realtà banda di estorsori industrialmente organizzata) portò il figlio di 10 anni ad uno di questi pestaggi, «perché deve imparare come va il mondo e sapere cosa succede ai fetenti».  Il comandante dei Carabinieri di Vicenza, colonnello Vito Sarno e i suoi, dicono di «aver estirpato un carcinoma sociale», un cancro cresciuto nell'incubatrice della crisi economica del Nordest, diffusosi velocemente e suppurato ieri con l'operazione «serpe»: i carabinieri, che non mancano di umorismo, l'hanno chiamata così, «serpe», per distinguerla dall'aspide, questa stringe ed è inoffensiva, l'altra morde.  Venticinque le persone in carcere, due agli arresti domiciliari, altri due in fuga. Casalesi ma anche padovani, vicentini e veronesi, criminali col pedigrée e rispettabili signori con ufficio e segretaria.  Strozzini di certo e con la mano pesante, ma che all'inizio si presentavano con il vestito buono del consulente finanziario, mostravano di vendere «prodotti bancari», prestiti con tanto di «piano di rientro». Tassi del 180% su base annua, scoperti tardi dalle vittime che per bisogno o dabbenaggine si presentava alla «Aspide Srl» per chiedere un prestito. Su mille euro corrisposti, il «cliente», nei casi peggiori, dava in garanzia un assegno della stessa cifra più dodici altri da 70-80 euro che l'organizzazione raramente metteva all'incasso. L'«Aspide srl» portava in banca le scadenze quando andavano a buon fine e preferiva gestire con altri mezzi i ritardi eventuali, con dilazioni e nuovi prestiti o praticando «sconti» al cliente che si impegnava a procacciare altri clienti. Ecco come si è scoperto che alcuni dei veneti arrestati, all'inizio vittime, erano diventati in seguito estorsori a loro volta. La gang applicava il criterio dell'inclusione per allargare il giro degli affari e per legare a sé i clienti rendendoli complici del ricatto. Per il resto la ditta preferiva incassare gli interessi su carte poste-pay, pochi i riscontri, nessuna la tracciabilità.  Cliente tardo di comprendonio? Partiva la squadretta formata dall'albanese Ferdinant Selmani (29 anni), dal ceco Patrik Halambica (34 anni) e dal capo squadra Alessandro Mazza (32 anni, Villaricca, quest'ultimo veniva su da Napoli in aereo, radunava gli altri e in due tre giorni sbrigava il lavoro: pedinamento, macchina sotto il portone della vittima, minacce verbali, spintonamenti sulla via di casa e pestaggio quando necessario, lavoro da eseguire in pubblico, davanti alle maestranze per essere esemplare.  Il capo dell'organizzazione era «O' dottore», Mario Crisci, (napoletano di 33 anni, titolare della Aspide srl) elegante e scaltro, difficile da incastrare a detta degli stessi segugi della Dia: «La ditta a suo modo si occupava già di intelligence, di pedinamenti e organizzava sorveglianza. Non hanno tardato a capire che avevano gli occhi addosso». «Aspide srl» intuisce e da Selvazzano si trasferisce a Padova. Troppo tardi o solo inutile.  Dallo scorso agosto la gang dei Casalesi è intercettata, sorvegliata, seguita. I carabinieri vengono a conoscenza persino delle loro regole interne. Mario Crisci e i suoi sodali, quando c'è da minacciare, si presentano come emissari dei Casalesi, ma non sempre è vero, talvolta qualcuno millanta e lavora in proprio. La cosa è tollerata, nel senso che per alcuni lavoretti c'è libertà di iniziativa, i guaglioni meritano qualche gratifica, ma non quando c'è da usare il nome dei Casalesi: chi lo spende in maniera abusiva è severamente ammonito e avvertito delle conseguenze.  Dopo Mario Crisci viene Antonio Parisi (43 anni, Napoli) numero due della catena di comando, terzo in chief Ciro Parisi (23 anni, Napoli). I manutengoli albanesi e cechi forniscono le mani e fanno paura per dimensioni e tatuaggi. Due le pistole sequestrate.  Con le facce perbene si va in banca a depositare. Perbene è Johnny Giuriatti, 37enne di Padova, ex titolare della Global Scorte, finito nelle loro grinfie e diventato a sua volta strozzino. Perbene è Ivano Corradin, 48 anni, Marostica, segretario provinciale della Ancot (Associazione nazionale consulenti tributari), che segue e istruisce nel senso che avverte la banda sulla situazione patrimoniale delle vittime presenti e potenziali. Le imprese insolventi vengono «incamerate», gli operai licenziati, il magazzino venduto al miglior offerente. L'elenco degli arrestati è qui accanto. Centotrentadue gli imprenditori «usurati», solo tre su 132 si sono fatti avanti per denunciare l'usura, «e neanche tanto spontaneamente» lamenta il colonnello comandante di Vicenza. L'Arma ha grandi orecchie e conoscenza del mondo, tutto nasce l'estate scorsa in un paesino della prima cintura vicentina. Un imprenditore noto nel paese come persona perbene è al bar come al solito, beve lo spritz come al solito, ma non è più la solita persona: si lamenta, è disperato. Al bar, con lui a bere lo spritz, c'è il maresciallo dei carabinieri. Si capiscono. Così nasce l'inchiesta. 15 aprile 2011

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