martedì 17 maggio 2011

Bandiere blu padania

Se il turista viaggia dietro a vele e bandiere blu
di MICHELE PARTIPILO – La Gazzetta del Mezzogiorno
Puntuale con l’estate arriva la liturgia vacanziera. Che si compone di molte parti: dai suggerimenti per mete a prezzi stracciati, agli itinerari-tutti-da-scoprire, alle partenze intelligenti, alle classifiche sulla qualità di alberghi, ristoranti e spiagge. Il primo atto per richiamare i turisti si è consumato ieri con teutonica tempestività.




La sezione italiana della «Foundation for enviromental education» ha diffuso l’elenco delle spiagge premiate con la bandiera blu. Tra un po’ - prepariamoci - arriveranno le segnalazioni con le «vele», poi i drappi arancione, seguiranno i canottini gialli per concludere con le paperelle verdi. Insomma, chiunque potrà elargire pagelle e giudizi. Ma sulla base di che? Il problema è proprio questo: perché a una spiaggia si dà una bandiera e a un’altra no?


Prima di parlare dei criteri di assegnazione, è opportuno un piccolo mea culpa: come giornalisti abbiamo contribuito a creare la convinzione che la bandiera blu fosse sinonimo di spiaggia bellissima, di luogo paradisiaco. In qualche caso è così, ma in molti altri no. Allora diciamo subito che il famoso vessillo è assegnato da un organismo internazionale sulla base di criteri che devono essere validi sull’intero pianeta.


Secondo, la bandiera non è assegnata perché c’è qualcuno che s’è girato in lungo e in largo l’Italia e ha potuto constatare questa spiaggia va bene, quest’altra no. Il tutto parte da una candidatura dei Comuni interessati, dopo di che scatta una procedura di verifica in cui però prevalgono criteri burocratici che difficilmente possono dar conto delle qualità naturali di un posto. Non solo, ma tutto si svolge sulla base dei documenti presentati e solo in controlli a campione c’è un’ispezione dei luoghi. Ciò spiega, per esempio, perché bellezza, luce, profumi, cioè tutto ciò che attiene al «sogno» della vacanza, molto spesso non è valutato. Per carità, non si vuole sminuire il significato del riconoscimento, ma è giusto riportarlo al suo reale significato: la bandiera blu indica «soltanto» una buona spiaggia e non necessariamente un luogo incantevole.


Del resto se così non fosse come potrebbe spiegarsi - per esempio in Puglia - l’esclusione di un posto come Castro? La splendida costa ha perso la bandiera conquistata lo scorso anno, magari perché non si sono svolte le previste 5 attività annuali di educazione ambientale oppure non è stata affissa la mappa dei servizi presenti sulla spiaggia. Sì, perché questi sono alcuni dei requisiti definiti come «imperativi » per assegnare o no una bandiera. E anche per quanto riguarda la qualità delle acque, non è richiesto l’evocativo «mare da bere», ma è sufficiente che i valori di coliformi fecali, coliformi totali e streptococchi fecali siano entro i limiti della Direttiva Ue sulle acque di balneazione. Cioè non una purezza straordinaria, ma una purezza «nei limiti». Così come è sufficiente che acque reflue e acque di scarico rispettino i parametri europei. Dopodiché anche se c’è il depuratore accanto alla spiaggia, la bandiera blu può arrivare lo stesso.


Diciamo tutto questo per evidenziare come i criteri adottati, ancorché planetari, si rivelino più utili a premiare le spiagge del Nord rispetto a quelle del Sud. Perché in definitiva si considerano elementi organizzativi, di manutenzione, di pulizia, di dotazioni - sia chiaro, tutti importantissimi - rispetto all’emozione di un tramonto o di una scogliera a picco su acque cristalline. Del resto basta andare sui siti e leggersi qualche commento su esclusioni e inclusioni per comprendere la confusione che regna attorno a questo rito prevacanziero. Allora, bravi quei Comuni che hanno conquistato comunque un simbolo di qualità, ma ricordiamo che la bandiera blu premia le capacità dell’uomo. Quelle della natura - per fortuna - non si possono valutare.
11 Maggio 2011


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