martedì 17 maggio 2011

Eurogruppo: linea di credito di 78 miliardi al Portogallo; un terzo dall'Fmi e per due terzi dall'Unione. Merkel: Atene non ristruttura.

Beda Romano – Il sole 24 Ore

Edoardo Narduzzi – Italia Oggi
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BRUXELLES. Dal nostro inviato
L'Eurogruppo ha dato ieri sera l'atteso benestare a un piano di aiuti al Portogallo. Il pacchetto da 78 miliardi di euro giunge mentre la Grecia rimane drammaticamente in bilico.




I ministri finanziari della zona euro hanno raddoppiato le pressioni sul governo greco perché introduca nuovi sforzi di risanamento. L'Europa respinge l'idea di una ristrutturazione del debito da qui al 2013, ma l'ipotesi di un riscadenzamento non può più essere esclusa.
 La Grecia, beneficiaria di un prestito internazionale da 110 miliardi di euro ricevuto nel 2010, ha evidenti difficoltà a rispettare il programma di riduzione del debito, e rischia di non riuscire a tornare sui mercati finanziari nel 2012, come invece previsto dal piano europeo. Ieri il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker non ha escluso nuovi aiuti economici, anche se non nell'immediato.
 «Non li escludo, ma non li abbiamo a questo punto decisi», ha detto Juncker in una conferenza stampa a tarda sera. Per ora l'Eurogruppo preferisce fare pressione: «Abbiamo chiesto al Governo greco di introdurre misure addizionali per rispettare gli obiettivi di deficit nel 2011. Siamo convinti che le privatizzazioni debbano avere un ruolo importante. Siamo contenti che la delegazione greca abbia preso atto dell'importanza di fare ulteriori sforzi».
 In realtà, i rappresentanti di alcune delegazioni nazionali hanno rivelato che la discussione è stata più accesa di quanto non sia emerso dalle dichiarazioni di Juncker. Lo conferma indirettamente il linguaggio usato dal Commissario agli Affari monetari. Olli Rehn ha affermato che nuove privatizzazioni devono essere introdotte «senza ulteriori ritardi». Secondo la Commissione, il disavanzo greco sarà nel 2011 pari al 9,5% del Pil, rispetto a un obiettivo del 7,4 per cento.
 Per capire come evolverà la crisi nel Paese mediterraneo e se la Grecia troverà un accordo con l'Eurogruppo per nuovi aiuti in cambio di nuove misure di risanamento, bisognerà aspettare la fine della missione che ad Atene in questi giorni sta analizzando lo stato di salute dei conti pubblici greci. Il momento è delicatissimo, tanto più che qualche giorno fa il Fondo monetario internazionale ha notato il rischio contagio dalla Grecia ai Paesi al cuore della zona euro.
 In questo contesto, l'idea di una ristrutturazione del debito greco è stata respinta ieri ancora una volta dal cancelliere Angela Merkel: «Provocherebbe incredibili dubbi sulla nostra credibilità se cambiassimo semplicemente le regole a metà del primo programma». Il portavoce della Commissione Amadeu Altafaj ha parlato però di un eventuale riscadenzamento, reprofiling in inglese, l'allungamento della durata o la riduzione dei tassi d'interesse sul debito.
 Interpellato sulla questione, Juncker ha precisato: «Una ristrutturazione drastica è fuori discussione. Non escluderei un riscadenzamento». Ma prima di arrivare a questa possibilità «noi oggi chiediamo alla Grecia misure, misure, misure». L'idea è stata criticata ieri da Lorenzo Bini Smaghi, membro del board della Banca centrale europea, perché non servirebbe a mettere mano alla sostenibilità del debito e anzi verrebbe vista dai mercati come una ristrutturazione mascherata.

 Infine, sul fronte portoghese, la linea di credito approvata ieri dall'Eurogruppo proviene per un terzo dall'Fmi e per due terzi dall'Unione. I prestiti sono stati decisi all'unanimità in cambio del programma di risanamento dei conti pubblici annunciato dalle autorità portoghesi il 5 maggio e che prevede la vendita di società pubbliche, una revisione del sistema sanitario, nuove misure di flessibilità sul mercato del lavoro.
 Tra il 2012 e il 2013, Lisbona prevede tagli alla spesa pari al 3,4% del prodotto interno lordo e aumenti delle entrate pari all'1,7% del Pil. Circa 12 miliardi dovrebbero essere utilizzati per ricapitalizzare le banche. Su pressione della Finlandia, il comunicato di ieri sera sottolinea che «le autorità portoghesi devono incoraggiare gli investitori privati a mantenere su base volontaria la loro esposizione».

I TRE SALVATAGGI
78 miliardi, Gli aiuti a Lisbona
 Il Portogallo dovrà «assicurare una bilanciata riduzione della leva nel settore finanziario» ed il «rafforzamento del capitale delle banche». È uno dei tre «pilastri» richiesti per avallare il piano triennale di aiuti da 78 miliardi di euro, oltre alla riforma del bilancio e alle misure sul mercato del lavoro.

85 miliardi, Gli aiuti a Dublino
 Dopo aver ottenuto 85 miliardi di euro di aiuti il ministro delle Finanze dell'Irlanda, Michael Noonan, sta cercando di ridurre i tassi di interesse sui prestiti accordati a Dublino. In cambio l'Irlanda deve mettere ordine nei conti ma ha resistito alle rischieste di alzare l'imposta sulle società.

110 miliardi, Gli aiuti ad Atene
 Per avere il prestito da 110 miliardi di euro la Grecia ha ridotto i salari pubblici e le pensioni del 20%, ha alzato l'età pensionabile e ridotto il turn over dei dipendenti pubblici. Inoltre ha aumentato le imposte indirette, liberalizzato l'accesso alle professioni e il settore dell'autotrasporto.


Il Portogallo indebitato taglia le pensioni del 10%
 di Edoardo Narduzzi – Italia Oggi
In attesa di conoscere l'esito del voto per il nuovo Parlamento, fissato per il prossimo 5 giugno, il Portogallo inizia a prendere atto che anche a lui toccherà metter mano pesantemente alla spesa pubblica.

Il pacchetto di aiuti per 78 miliardi di euro messo a punto dalla Commissione Ue e dal Fondo monetario internazionale sarà concesso a condizione che il paese lusitano si adegui alle richieste di contenimento del disavanzo statale. Significa che anche il cosiddetto welfare inizierà a essere ripensato. Dal prossimo giugno, per esempio, saranno tagliate del 10% tutte le pensioni superiori a 1.500 euro al mese, mentre sul fronte sanitario, molto probabilmente, le prestazioni si faranno a pagamento per i titolari di un reddito superiore a soglie predefinite. Sarà sancito il blocco almeno triennale per le assunzioni nel pubblico impiego e quello dei salari pubblici che non recupereranno neppure l'inflazione. In più privatizzazioni a tutta forza se vinceranno i liberali di Pedro Coelho: anche uno dei canali televisivi di stato, la Rai portoghese, sarà venduto ai privati insieme a praticamente tutte le imprese ancora a controllo pubblico. La crisi portoghese e le politiche necessarie per contenerla e individuare una strategia di superamento dimostrano, ancora una volta, la complessa sostenibilità della spesa pubblica formatasi in Europa nel secondo dopoguerra. Sanità gratis per tutti finanziata dalla fiscalità a prescindere da ordinate misurazioni della produttività ed efficienza delle strutture produttive, oppure pensioni definite generosamente su parametri demografici e di crescita economica che non esistono più, fanno dello stato sociale europeo un jurassico parco delle politiche pubbliche spinte dall'ideologia a prescindere dall'economia. Per assicurare un servizio, anche sanitario o educativo, l'organizzazione che lo produce è assoggettata allo stesso obbligo del bilancio in pareggio come qualsiasi altra azienda di qualsiasi altro settore produttivo. Soltanto l'ideologia e la politica clientelare hanno potuto creare l'illusione che si potesse avere, per generazioni, un welfare state in disavanzo di bilancio finanziabile dalle imposte delle generazioni future. Ora la crisi dell'Eurozona segna un punto di svolta irreversibile. I paesi meno competitivi dell'area devono iniziare a ritornare a politiche compatibili con la propria dinamica economica. Così anche le sacrali pensioni subiscono tagli e riduzioni di importo. Ad averlo predetto qualche anno fa ti avrebbero dato del matto ed invece ora, dopo Atene e Londra, accade anche a Lisbona.


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