sabato 7 maggio 2011

E strada vecchia non fa un nuovo Sud

Il Sole 24 Ore
Un decreto legge per promuovere lo sviluppo? La denominazione del decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri suscita subito qualche perplessità. L'impegno per lo sviluppo avrebbe dovuto essere una cura costante del Governo con provvedimenti organici e integrati in diversi settori. Intervenire d'urgenza per dare un segnale ha comportato invece un mero assemblaggio di misure di natura molto diversa.


 Sarebbe però sbagliato fermarsi a questa valutazione. Anche da un provvedimento rapsodico che raccoglie interventi di natura eterogenea può venire un contributo utile. Prendiamo per esempio il problema Mezzogiorno. Come si sa, da anni ormai è stato annunciato un organico Piano del Sud, che viene di tanto in tanto richiamato ma non ha visto finora la luce. Nel decreto vi è un provvedimento specifico che introduce un credito d'imposta per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni meridionali, pari al 50% del costo salariale nei dodici mesi successivi all'assunzione. Si tratta di una misura a prima vista attraente, che ristabilisce in parte un'analoga misura utilizzata dal Governo Prodi.
 Può sembrare un modo rapido ed efficace per intervenire sul problema occupazionale del Sud. In realtà, è difficile che possa avere effetti significativi. Esiste ormai un'evidenza consolidata in termini di ricerca che mostra come strumenti di questo tipo non siano sufficienti. Lo stesso vale per la famosa fiscalità di vantaggio per le imprese, che viene preannunciata in relazione a una trattativa che sarebbe in corso con Bruxelles.
 Il motivo per cui forme di incentivazione individuale alle imprese, anche nella modalità del credito di imposta, non sono efficaci (anche se costosi e graditi dalle aziende) è legato al fatto che si tratta di interventi che tendono sempre a compensare diseconomie esterne di natura materiale e immateriale. Il vero problema del Mezzogiorno, invece, è riuscire a colmare alla radice tali diseconomie potenziando l'offerta di beni collettivi, infrastrutture, servizi; sradicando la criminalità; rafforzando l'istruzione e la formazione. Tutto questo richiede tempo, impegno costante, capacità di stabilire efficaci relazioni cooperative con le regioni. Insomma, una politica più con la testa sui problemi che su se stessa.
 È evidente che provvedimenti come il decreto sviluppo, volti a dare soprattutto un segnale, e a prevedere un rapido impatto sui diversi soggetti interessati, non sono idonei a perseguire l'obiettivo. Paradossalmente, qualche vantaggio più solido potrebbe venire da altri provvedimenti che non sono specificamente tarati sul Sud. Tra questi, varie misure volte alla semplificazione fiscale e burocratica a favore delle imprese possono essere utili anche per il Mezzogiorno, ma vanno valutate con attenzione in tutti i loro risvolti.
 Di maggiore interesse potenziale sembra il credito d'imposta per la ricerca scientifica. In questo caso non siamo infatti in presenza di un'incentivazione meramente individuale, data alle singole imprese in quanto investono in attività di ricerca e sviluppo, e di cui è stata mostrata dalla ricerca la scarsa valenza ai fini dell'innovazione. L'agevolazione è invece legata alla creazione di reti di cooperazione con università ed enti di ricerca.
 Si tratta di una strada nuova, potenzialmente più adatta a sostenere l'innovazione che oggi è sempre meno confinata dentro le aziende ma si basa su rapporti informali e formali di collaborazione delle imprese tra di loro e con qualificate strutture universitarie e di ricerca. Per questi motivi, meglio sarebbe stato allora prevedere un impegno specifico per il Sud su questa misura piuttosto che sul bonus occupazione.
 Resta il limite di fondo riassunto dall'ossimoro decreto sviluppo. Lo sviluppo non si crea per decreto, è una pianta molto difficile da coltivare che richiede investimenti a resa lunga, un impegno coerente, un'attenzione costante. Se si interviene di corsa e per dare segnali si può solo compensare - come si è spesso fatto anche in passato - e sperare di creare consenso, ma non si affrontano i problemi alla radice e soprattutto non si crea quella fiducia senza la quale non cresce la pianta dello sviluppo.

Nessun commento: