sabato 30 luglio 2011

La seconda agonia di Pompei

Pompei, 231 milioni mai spesi
Il decreto per Pompei toglie i soldi a Pompei



Pompei, 231 milioni mai spesi
Utilizzati solo quelli per le erbacce
Erano stati messi a disposizione dal ministero per la manutenzione dell’area archeologica
NAPOLI - In cinque anni a Pompei non sono stati spesi 231 milioni di euro, messi a disposizione dal ministero, per la manutenzione dell’area archeologica. Soldi che potevano salvare le domus crollate, come la Schola Armaturarum, o evitare cedimenti di soffitti e intonaci e magari salvare qualche affresco. Per la precisione, di questi fondi, sono stati utilizzati alla voce «manutenzione», nel biennio 2007-2008, solo 165 mila euro (per tagliare le erbacce). Un raffronto? Negli stessi anni la Soprintendenza di Roma ha speso, per interventi conservativi dei suoi monumenti 17 milioni di euro. Cento volte di più. Sono dati che vengono sottolineati nella relazione della Corte dei Conti che parla apertamente di sprechi, così come viene riportato anche nella interrogazione parlamentare della senatrice Diana De Feo del Pdl, che, rifacendosi anche quanto rivelato dal Corriere del Mezzogiorno nei giorni scorsi, chiede al ministro dei Beni culturali se «non ritenga di dover promuovere ogni iniziativa (anche di carattere giudiziario) volta ad accertare il profilo delle responsabilità riguardo alle mancate spese per la conservazione, manutenzione e tutela di competenza della Soprintendenza, dal 2000 in poi e in particolare per il periodo certificato dalla Corte dei Conti».
IL REPORT DELLA CORTE DEI CONTI - Perché, come scrive la De Feo, «ingenti risorse invece, secondo la Corte dei Conti, furono dedicate tra il 2006 e il 2008 per altri lavori come il progetto Pompei Experience (15 milioni di euro), per la realizzazione di una sala cinematografica sotterranea dove proiettare l'eruzione distruttiva, progetto poi bloccato dal Cda; o come la realizzazione di nuovi depositi, uffici del personale e magazzino presso Porta Nola (3.796.100,00 euro) che prevedevano il completo sbancamento della collina che era stata l'area dei depositi di scavo borbonici; o come la realizzazione delle nuove biglietterie (2.940.000,00 di euro) di Piazza Anfiteatro mai aperte al pubblico e mai entrate in funzione perché prive di allacci, di servizi elettrici e fognature e oggetto di rilievo della Regione Campania». Oppure gli «archeomostri, purtroppo ben visibili sia da dentro la città archeologica che dal viale principale della città moderna e anche loro privi di allaccio idrico e elettrico. Del costo di due milioni e non ancora terminati». Di questi ultimi il Comune ha chiesto lo smantellamento avendo dato solo una autorizzazione temporanea all’opera». I dati appurano anche le giacenze di cassa mai spese per la manutenzione dagli anni 2002 (65 milioni euro); 2003 (72 milioni euro ); 2004 (78 milioni euro); 2005 (87 milioni euro); 2006 (98 milioni euro ); 2007 (74 milioni). Fino ai 30 milioni del 2010.

REAZIONI DEL SINDACATO - La relazione della Corte dei Conti ha suscitato sgomento nel sindacato Ugl-Intesa Fp. «Siamo stati - spiegano in una nota - tra i pochi sindacati che hanno denunciato la mancanza di spesa dei fondi da parte dell’allora Soprintendente Giovanni Guzzo». «All'epoca sembrava che parlavamo al muro - dice Renato Petra del Coordinamento Ugl Beni Culturali - oggi l'indagine della Corte dei Conti ci dà pienamente ragione. Gli scavi di Pompei per anni non hanno ricevuto la manutenzione di cui avevano bisogno e tutto ciò ha provocato i crolli, gli smottamenti e tutto il resto, senza contare la brutta figura fatta con il resto del mondo. Chi paga? La Direzione Generale dell'Archeologia non avrebbe dovuto controllare?». Il segretario territoriale della Ugl di Napoli, Francesco Falco chiede di ripristinare la Soprintendenza autonoma di Pompei, separandola da Napoli e predisponendo controlli gestionali amministrativi. Cosa accadrà? La parola passa al ministro Galan che deve spiegare anche perché per salvare Pompei, dopo questo fiume di denaro non utilizzato e rimandato al mittente, ci si rivolga a privati francesi e americani. Intanto, per vederci chiaro, la magistratura potrebbe anche non attendere il via libera dei Beni culturali.
Vincenzo Esposito



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