domenica 14 agosto 2011

Dilemma di Ferragosto. Cactus corto di Tremonti si riferisce al cervello o al pistolino?


Fabrizio Roncone
«Abbandonato da tutti» Il giorno più difficile di Giulio il superministro


«Scusate colleghi, forse non riesco a spiegarmi» Casini (Udc) Da due giorni Casini, quando gli suona il cellulare, osserva il display: se vede che il numero è quello di Tremonti, lascia squillare L' ironia di Bocchino (Fli) Giovedì il finiano ironizzava: «La verità, Giulio, è che quando a prepararti i discorsi era il tuo caro amico Milanese, facevi meno danni a te e al Paese!» Gasparri (Pdl) «Ma su, forza... Non esagerate: in fondo è sempre il solito Giulio, tenace nel tenere le proprie posizioni...».
 



ROMA - «Scusate, ma evidentemente non riesco a spiegarmi...». Questa è la voce di Giulio Tremonti (quando Tremonti perde la pazienza, la voce gli si incrina, smette di essere arrotondata, e diventa sottile, come sul punto di spezzarsi). Palazzo Chigi. Ieri pomeriggio. Gli altri ministri, in silenzio. Un silenzio profondo. «Allora, cari colleghi... come cercavo di spiegarvi, secondo me questa manovra dovrebbe...». Silvio Berlusconi abbassa la testa, lentamente (Tremonti è stato per quattro volte e otto anni il suo ministro dell' Economia, hanno un rapporto antico, si sono anche stimati. Poi però un giorno il Cavaliere mostrò agli ospiti di Villa Certosa un cactus particolarmente contorto, e disse di averlo chiamato, non casualmente, «Cervello di Tremonti»). Adesso la mano di Tremonti, nervosamente, torna a sfogliare nella cartellina; cerca un foglio, cerca soprattutto di controllare le parole. Deglutisce. Tossisce. Sta cercando di dominarsi. È pallido, esausto; sebbene nel suo sguardo ancora resista quel caratteristico guizzo che può essere denso, a seconda dei casi, di puro sarcasmo, o gelido biasimo. Tremonti è arrivato a Palazzo Chigi alle 11.30. Ad aspettarlo, per organizzare l' agenda della giornata, Letta, Alfano, Gasparri, Cicchitto, Calderoli, Moffa e Viespoli. Saluti di circostanza. Il suo umore era pessimo. La lettura dei quotidiani, in albergo, faticosa, a tratti dolorosa. Il ministro aveva probabilmente messo nel conto che la sua relazione, innanzi alle commissioni congiunte di Camera e Senato, potesse diventare oggetto di critiche. Tuttavia non immaginava di dover leggere persino sul Giornale un titolo tanto ruvido: «Tremonti non convince». Fuoco amico. Un segnale preciso. Sensazione di solitudine. L' idea che Tremonti sia rimasto abbastanza solo sulla scena certo non sorprende il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto: il quale, pur essendogli legato da lunga amicizia, poche ore fa non ha esitato ad annunciare che «una simile manovra io non la voterò mai» (un disagio per altro condiviso da altri tre parlamentari del Pdl: Giorgio Stracquadanio, Isabella Bertolini e Lucio Malan). «Credo proprio che Giulio, in questi ultimi giorni, abbia avvertito, attorno a sé, un vuoto che definire enorme è probabilmente riduttivo». Che genere di vuoto è? Anche umano, forse. Prendiamo, ad esempio, Umberto Bossi. Giovedì mattina Bossi aveva lasciato la sala del Mappamondo nero come un tizzone ed era andato giù pesante, proprio di pancia: «La relazione di Tremonti? Mah, fumosa....». Ufficialmente, i due sostengono ora di essersi chiariti. Ma in verità c' è Bossi che ancora tiene il broncio. Ed è un broncio complicato da sopportare, per il ministro dell' Economia. Quasi che davvero le cene in Cadore davanti al camino, vino rosso e polenta, Giulio in cachemire e il Senatur in camicia a quadri, siano destinate a diventare solo una foto ricordo dei bei tempi andati. Quando Tremonti era considerato un ministro potente, e ingombrante. Un ministro che poteva permettersi di non rispondere alle telefonate degli altri ministri. Adesso è a lui che non rispondono. Pier Ferdinando Casini, da giovedì pomeriggio, fa così. Quando gli squilla il cellulare, osserva il display: se vede che il numero è quello di Tremonti, lascia squillare. Del resto, nessuno - dopo anni di attività parlamentare attraversati con proverbiale pacatezza e rigore - aveva mai visto il grande capo dell' Udc lasciare Montecitorio scuotendo la testa e stringendo i pugni in modo tanto ostentato, letteralmente furibondo, e poi accompagnando i gesti a una frase eloquente: «Ma questo è scemo, da ricoverare...» (mentre Tremonti, incurante, stava ancora lì, nella sala del Mappamondo, a rispondere con aria ironica anche al segretario del Pd Bersani e al vicepresidente di Futuro e libertà Bocchino, che pure gli ribatteva tosto: «La verità è che un tempo facevi molti meno danni a te stesso e, soprattutto, al Paese!»). In effetti sorprende come nel volgere di poche ore, drammatiche per le sorti economiche della Nazione, Tremonti sia riuscito a mandare fuori dai gangheri l' intera opposizione (va ricordata una memorabile arringa di Di Pietro), il suo più fidato alleato e amico (Bossi) e persino pezzi di Pdl. Non solo. Molti osservatori sono rimasti colpiti da altro. Prendete Formigoni. Il governatore della Lombardia esce dall' incontro tra enti locali e Tremonti, e spara subito ad alzo zero: «È una manovra sbagliata. È una manovra da cambiare». Nemmeno mezza parola di complicità con il ministro, per il ministro. E poi esce il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Che ci mette dosi di perfidia. «Mah, mentre il ministro Tremonti ci leggeva le linee guida della manovra ho visto il premier Berlusconi con uno sguardo assai perplesso...». Una giornata andata via così. Con pochissimi momenti lievi. Con rare dichiarazioni messe lì a stemperare. A un certo punto, ci prova Maurizio Gasparri: «Ma su, forza... non esagerate: in fondo è il solito Giulio, tenace nel tenere le proprie posizioni... Testardo nel difendere le proprie idee». I ministri, a Palazzo Chigi, fino all' ultimo gli hanno comunque parlato (con alcuni, i rapporti interpersonali sono inesistenti da sempre) solo per tutelare gli interessi dei propri dicasteri. Toni formali, in qualche caso di ghiaccio. La Russa: «Giulio, senti: attenzione a tagliare sulle spese della Difesa...». Maroni: «Giulio, sai bene che non sarebbe opportuno...». Gelmini: «No, dico: non è che adesso metti mano alla Ricerca scientifica?». Lui, seduto. Li ascoltava, li faceva parlare. Poi ricominciava: «Ora vi spiego come...».  





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