martedì 16 agosto 2011

Federali.Sera_16.8.11. Il governo non può dettare i tempi a San Gennaro: la festa non si sposta.----La violenza di chi vede la mafia anche là dove non c’è, e dunque la inventa, è peggio della mafia, continua Sgarbi, citando anche Sciascia: Un'idea morta produce più fanatismo di un'idea viva; anzi soltanto quella morta ne produce. Poiché gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte.----700mila euro in 2 mesi, dissipati per un plotone di esperti e consulenti, tra cui una dottoressa, che ha avuto l’incarico di occuparsi delle rane verdi, e un pianista di pianobar (non si tratta di Peppino di Capri nè di Fred Bongusto), che dovrà presentare all’immaginifico Lombardo un progetto, forse a tempo di musica, sulla sistemazione delle zone alluvionate.


Il governo non può dettare i tempi a San Gennaro: la festa non si sposta
Salemi, «taroccati» i manifesti di Sgarbi
La questione immorale della Calabria
Donna, giovane del Sud ecco l’identikit dei disoccupati «scoraggiati»



Il governo non può dettare i tempi a San Gennaro: la festa non si sposta
L'arcidiocesi si oppone alla manovra Tremonti che indica la riduzione delle festività: «Bene il rigore, ma per  la Chiesa di Napoli la ricorrenza resta il 19 settembre»
NAPOLI - Il governo potrà dettare i tempi a tutti, ma non a San Gennaro. Da secoli il patrono di Napoli ha deciso in prima santissima persona quando far sciogliere il suo sangue, ora arriva «fresco fresco» il consiglio dei ministri e stabilisce di spostare il prodigio. Questo più o meno hanno pensato all'Arcidiocesi di Napoli quando hanno appreso che la manovra Tremonti prevede la diminuzione delle feste comandate e l'eventuale cancellazione della ricorrenza dedicata all'amatissima «faccia gialla». Così hanno aperto un file e hanno scritto una nota.

«IL SANGUE SI SCIOGLIE IL 19» - «Sappiamo - vi si legge - che alla festa liturgica di San Gennaro si accompagna sempre e da secoli l'evento prodigioso e straordinario della liquefazione del suo sangue. Se dunque si tratta di un evento particolare non determinato da mano e da volontà dell'uomo, è evidente che non può essere spostato ad altra data, più o meno vicina a quella che è legata alla storia del santo e di Napoli».

BENE IL RIGORE, MA LA SOLENNITA' VA RISPETTATA - «È chiaro - continua la nota - quindi che nessuna manovra politica e finanziaria, pur rispettabile, potrà mutare la storia e coartare in qualche modo la volontà del nostro santo patrono. Si adottino pure le opportune misure finanziarie che la delicatezza e la serietà del momento impongono e che tutti debbono osservare ma per la Chiesa di Napoli la solennità religiosa di San Gennaro resta fissata per il 19 settembre e per il corrispondente giorno della settimana», si legge sempre nella nota. «Resta comunque anche l'auspicio che alla fine prevalga il buon senso», conclude la nota.
Nat. Fe.

Salemi, «taroccati» i manifesti di Sgarbi
Ma quale mafia diventa Ma qui è mafia
E il sindaco sporge denuncia: «Oltraggio al Comune e ai cittadini». Indagine per individuare autori del gesto
TRAPANI - Finisce «taroccata» l'ultima provocazione del sindaco Vittorio Sgarbi. Il primo cittadino di Salemi, nei giorni scorsi, aveva fatto affiggere un grande manifesto in piazza Libertà con la scritta, a caratteri cubitali, «Ma quale mafia! Cittadini, ribellatevi». Ma la frase, oggi, con alcune piccole manomissioni, è diventata «Ma qua è mafia, cittadini ribellatevi!». E quella che era la firma del critico d'arte, «Il sindaco», ha preso la forma, con una lettera cambiata, di un'incitazione a ribellarsi, appunto, proprio «Al sindaco» stesso. E così Sgarbi, che con la sua iniziativa aveva inteso incitare i cittadini ad esercitare senso critico sulle ricostruzioni «fantasiose, suggestive, spesso completamente false» a suo parere contenute in alcuni rapporti di polizia giudiziaria dell’indagine «Salus Iniqua» relativi ai presunti «tentativi di condizionamento dell’attività amministrativa», oggi è pronto a presentare un esposto contro ignoti per denunciare quello che, dice, «Non mi pare uno scherzo, ma una ulteriore diffamazione della città».

IL SINDACO: «LETAME DAPPERTUTTO» - Alcuni elementi utili all'individuazione degli autori della «taroccatura» del manifesto istituzionale, probabilmente avvenuta nella notte tra il 13 e 14 agosto, potrebbero provenire dalle registrazioni delle telecamere di una banca poco lontana. «C’è chi sparge letame dappertutto», dice Sgarbi, perché utilizzare uno spazio istituzionale del Comune di Salemi per dire che c’è la mafia, è un oltraggio al Comune, alle sue istituzioni, ai suo rappresentanti, ai cittadini umiliati dalla retorica dell’antimafia di carriera. La violenza di chi vede la mafia anche là dove non c’è, e dunque la inventa, è peggio della mafia», continua Sgarbi, citando anche Sciascia: «Un'idea morta produce più fanatismo di un'idea viva; anzi soltanto quella morta ne produce. Poiché gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte». «Certo», conclude Sgarbi, «se l’intenzione voleva essere una urla, mi auguro che l’autore, gli autori ed eventuali suggeritori degli esecutori materiali, lo dicano subito facendo pubblica ammenda, perché ho già dato incarico di presentare una denuncia».

LA VICENDA - Il manifesto intanto è stato coperto con un altro che pubblicizza l’esposizione al «Museo del Paesaggio», per la prima volta in Sicilia, del capolavoro di Paul Cézanne, «Maison et bosquet». Ma solo per pochi giorni, giusto il tempo che la tipografia ristampi quello contro la mafia voluto da Sgarbi e che, tra l’altro, sarà collocato in diversi punti della città. Sull’episodio la Polizia Municipale ha già redatto un verbale che sarà inviato nelle prossime ore all’autorità Giudiziaria. La settimana scorsa, il sindaco Sgarbi aveva annunciato anche una sua denuncia contro il questore di Trapani Carmine Esposito e il comandante dei carabinieri della Stazione di Salemi, a suo avviso autori di indagini «profondamente corrotte, perché senza alcun riscontro oggettivo» che trasformerebbero «maldicenze e chiacchiericcio in ipotesi di reato, episodi trasparenti in occulti», a proposito della presunta pressione mafiosa esercitata sull'amministrazione locale. Pressione che il sindaco nega sia mai esistita.

La questione immorale della Calabria
16/08/2011
di PIETRO MANCINI
Il Sud, in prospettiva, può, da zavorra del Paese, trasformarsi in motore dello sviluppo italiano? La risposta, positiva, a questa domanda richiederebbe la fiducia che, fondamentale per il rilancio dell’economia, è oggi rara in Italia, ed è quasi, purtroppo, scomparsa nel Mezzogiorno, sopraffatto dai mali e dagli errori, vecchi e nuovi, che lo affliggono. Questo drammatico agosto dei mercati e i provvedimenti varati dal governo faranno sentire le conseguenze più pesanti sulle famiglie, i disoccupati e gli enti locali delle regioni meridionali. Che fare, dunque? Abbandonarsi al pessimismo e alla rassegnazione, oppure aggrapparsi alle realtà positive e alle energie nuove, presenti anche nel Sud, e che, da tempo, vanamente, sollecitano il governo nazionale e le giunte regionali a rilanciare l’economia, ponendo al centro delle politiche pro-Sud le imprese e i settori a più alta intensità di occupazione. Ma, nel momento in cui si diffondono i timori di un Paese spaccato in due e vengono avanzate proposte di commissariare le zone più infestate dalle mafie, le prime risposte, incisive, realmente nuove, serie e convincenti, non possono non venire dagli amministratori del Mezzogiorno e di quella che Giorgio Bocca ha definito l’“aspra Calabria”. Stop ai rinvii, come quelli sull’ormai leggendario progetto del ponte sullo Stretto di Messina, alla politica del non fare e del tirare, andreottianamente, a campare. E, per tentare di recuperare perlomeno un po’ di fiducia dei cittadini, che disertano le urne, stop subito agli sprechi e alle mega-consulenze esterne. Via libera alla riforma della dirigenza e della pletorica burocrazia regionale, come ha deciso Caldoro in Campania. Scopelliti e la sua Giunta seguono la strada opposta a quella imboccata dai colleghi della Sicilia: 700mila euro in 2 mesi, dissipati per un plotone di esperti e consulenti, tra cui una dottoressa, che ha avuto l’incarico di occuparsi delle rane verdi, e un pianista di pianobar (non si tratta di Peppino di Capri nè di Fred Bongusto), che dovrà presentare all’immaginifico Lombardo un progetto, forse a tempo di musica, sulla sistemazione delle zone alluvionate. Non ci piace parlar male della Calabria, nè fare, come celebrati saggisti veneti, del facile sarcasmo sui politici nostrani, scelti dagli elettori e non dal destino cinico e baro. Ma che ci sia una “questione immorale”, anche nella nostra regione, lo abbiamo scritto e documentato, pur senza la grancassa mediatica, riservata a penne del Nord. Su queste colonne, con garbo e senza malanimo, avevamo invitato, un mese fa, Scopelliti a impegnarsi sul turismo e nell’“operazione mare pulito”, archiviando lo stanziamento per il non fondamentale concorso “Miss Italia nel Mondo” e per l’editore “paisà” di una radio privata. Certo, i problemi della Calabria non si risolvono, rinunciando alla sfilata delle bellone sul lungomare di Reggio, o rinviando a periodi più floridi la liquidazione di 41mila euro al fotografo che segue il governatore. Così come le emergenze italiane non finiscono se, nel ristorante di Palazzo Madama, i senatori, nominati dai big della Casta, si decideranno a sborsare per i loro onorevoli pasti qualcosa di più degli attuali, scandalosi 7 euro !... Ma gli italiani, chiamati a pesanti sacrifici, non possono non sollecitare, nella lotta agli sprechi, gesti anche simbolici, ma significativi, che precedano quella svolta, profonda, che fissi dei paletti rigidi sugli esborsi, piccoli e grandi. Ovviamente, in Calabria, non potrà essere un consigliere regionale trombato, imposto da “Pier Furby” Casini, il presidente, che dovrà fornire, in tempi brevi, il quadro delle centinaia di migliaia di gocce clientelari (consulenze, appalti, carrozzoni, improduttivi e mangiasoldi), che rischiano di danneggiare l’immagine dell’esecutivo. E di oscurare l’impegno, profuso, in questo primo anno di lavoro, in tanti delicati settori, in primis la sanità, dal presidente e dai suoi collaboratori che dalla Giunta precedente hanno ereditato una situazione e dei conti, tutt’altro che brillanti e floridi (ben 1 miliardo e 100 milioni di euro, erogati a solo quattro enti nel quinquennio 2005-2009!).

Donna, giovane del Sud ecco l’identikit dei disoccupati «scoraggiati»
L'esercito degli scoraggiati non accenna a restringersi, a inizio 2011 conta oltre 1,5 milioni di persone tra le sue fila. Sono, infatti, tanti gli italiani che hanno smesso di cercare un posto di lavoro perché ritengono impossibile trovarlo. Si tratta di un fenomeno che dilaga nel Sud e tra le donne. Basti pensare che due scoraggiati su tre sono meridionali. A contare il numero di coloro che non credono più di poter ottenere un impiego è l’Istat, che nel primo trimestre del 2011 registra una cifra pari precisamente a 1.518mila, stabile rispetto a quella dell’anno precedente, quando si è verificato un vero e proprio boom, che ha portato i «disperati » del mercato su livelli massimi, oggi confermati. A confronto con il 2004, primo anno per cui sono disponibili i dati, le persone che dichiarano di non essere a caccia di un’occupazione perchè non ritengo di poterla trovare sono aumentate del 50 per cento.

Un’impennata dovuta, sicuramente, alla crisi che ha alimentato la sfiducia in chi tentava di inserirsi nel mondo pro duttivo. Gli scoraggiati ufficialmente non rientrano nella fascia dei disoccupati, ma fanno parte degli inattivi, ovvero delle persone in età lavorativa (15-64 anni) che non hanno e non cercano un impiego. Sempre secondo l’ultimo aggiornamento trimestrale dell’Istituto di statistica si tratta di quasi 15 milioni. Quindi una parte dell’inattività deriva dallo scoraggiamento, che riceve, però, contributi ancora più ampi da chi resta fuori dal mercato per motivi di studio-formazione (4,259) o familiari (2,366 milioni).

Sempre tra gli inattivi, ci sono 629mila persone che aspettano azioni di passate ricerche e che se sommati a 1,5 milioni di italiani sfiduciati danno il numero degli scoraggiati «in senso lato», pari a oltre 2 milioni.

Tracciare l’identikit dello scoraggiato è abbastanza agevole, visto che, guardando al fenomeno «in senso stretto», sono 1.059mila quelli che vivono nel Mezzogiorno e sono 1.017mila le donne. I due terzi, quindi, o sono di sesso femminile o sono meridionali. Se si incrociano provenienza e genere, è evidente come sia una piaga sopratutto per una parte della popolazione, le donne del Sud (698mila).

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