lunedì 29 agosto 2011

Scappate via dal tritacarne, se potete, fatelo. E non rimpiangete, perche' sarete adeguatamente rimpiazzati da chi non puo' farlo. E' cosi' che va', dall'Unita' d'Italia.


Scusi! Mi spiace ma non va bene
di Hans-Jürgen Schlamp – 22 agosto 2011
Pubblicato in: Germania
[Articolo originale "Scusi! Hier sind Sie leider falsch" di Hans-Jürgen Schlamp]
Traduzione di ItaliaDallEstero.info


I cittadini italiani sono stretti nella morsa della burocrazia. Fanno pazientemente la fila e pagano tasse terrificanti. Non conoscono nient’altro. Negli uffici per i migranti il terrore diventa sempre più difficile da sopportare. Gli investitori stranieri preferiscono girare alla larga dalla Bella Italia.
Tutti produciamo spazzatura, e quindi dobbiamo pagare (per il suo smaltimento, ndt). Questo vale sia in Germania che in Italia, e quindi anche nella cittadina di Massa Marittima. Chi acquista qui una casa o un appartamento, deve rivolgersi immediatamente all’Ufficio Tributi, pena multe salate.
Quindi dritto in municipio, allo sportello per la nettezza urbana, pianoterra a sinistra. Sulla porta c’è scritto “Orario di ricevimento nei giorni lavorativi dalle 10 alle 12”. Sei in orario ma la porta è chiusa. Un impiegato che va di fretta sa che la collega è via per un corso. Può succedere, no? Tutto chiaro. Un paio di giorni dopo la collega è rientrata, ha un sacco da fare, le persone si ammassano davanti alla porta. Finalmente arriva il tuo turno di presentare la domanda, ma l’impiegata fresca di corso scuote sconcertata la testa. Sarebbe sì lei la responsabile per i rifiuti, ma solo se, per esempio, vi sono problemi con le bollette, non è lei l’addetta all’accettazione della domanda. Va compilato un modello che si trova da Equitalia, l’agenzia che si occupa delle pratiche di molti comuni italiani. Simpaticamente ti spiega come arrivarci.
L’ufficio di Equitalia è minuscolo, per cui la maggior parte dei richiedenti sono fuori per strada e anche qui aspettano un pochino. I modelli da compilare per la nettezza urbana, dice l’impiegato dietro al vetro blindato, non sono qui, ma al municipio, al pianoterra, subito a sinistra. Con gentilezza ti vuole spiegare la strada, ma tu già la conosci. Forse la banca locale, al quarto piano, mormora uno del posto che conosce gli uffici. No, dicono gli impiegati della banca, l’ufficio competente è al pianterreno proprio a sinistra dell’ingresso. La fine della sceneggiata burocratica non è ancora arrivata. C’è bisogno di ulteriori ricognizioni, non è finita qui.

Tempo di attesa all’ufficio anagrafe: oltre un anno e mezzo
Le farse burocratiche più grandi durano talvolta anni. Per esempio l’iscrizione all’Ufficio Anagrafe di Roma. Solo con un anno e mezzo di regolari visite nei meandri degli uffici delle autorità competenti si ottiene successo. Alla fine arrivano le congratulazioni da parte del personale amministrativo, con cui ormai si é entrati in confidenza, e che ad ogni visita del richiedente, sempre di buon umore appollaiati dietro una montagna di modelli da compilare, ha avuto un sacco di tempo per fare quattro chiacchiere in allegria.
Difatti molti aspiranti cittadini della città eterna, mormora uno dei signori dei modelli, hanno aspettato anche di più per la loro iscrizione. “Ecco questa pratica, per esempio, che giace qui da già quattro anni!”. Quindi mille grazie ai colleghi delle scrivanie accanto, anche da parte del fortunato neocittadino, che alla fine riesce a presentare la richiesta per pagare le giuste tariffe Enel e Gas previste a Roma, anziché quelle più care previste per i “non residenti”.

Il prezzo della follia burocratica
Il flagello della bella Italia è una burocrazia onnipresente, quasi onnipotente. Cittadini trascorrono decine di migliaia di ore nelle sale d’attesa di uffici e davanti agli sportelli, che sia il municipio o la posta. Alla fine sono un sacco di ore di lavoro perse senza produrre. Spese e balzelli soffocano molte iniziative a carattere economico. Perdita della produttività e della crescita, forte disoccupazione soprattutto tra i giovani italiani sono il prezzo della follia della burocrazia. Tutto deve essere registrato, notificato, certificato e naturalmente pagato.
Chi vuole vendere al proprio vicino un vecchio motorino per un paio di centinaia di euro, deve andare dal notaio, che garantisce – naturalmente dietro compenso di un sostanzioso onorario sia dal venditore che dall’acquirente – che vengano pagate le giuste tasse. Chi vuole istallare un pannello solare sul proprio tetto di casa, può essere sfortunato nella sua impresa: lui sostanzialmente non accetta istanze del genere, comunica l’impiegato addetto della cittadina di Manciano in Toscana a una cittadina interessata al solare. “Trarre profitto dal sole?”, no, non lo consentirà. Per lo meno nel settore di sua competenza.
Chi vuole costruire una piccola rimessa per auto in legno accanto alla propria casa in zona extraurbana, deve fare i conti con tasse di alcune migliaia di euro. Alcuni dovuti per innumerevoli perizie, che devono essere prodotte ex novo per ogni pur piccola modifica edilizia, nonostante venga attestato che tutto resta invariato: “Niente zona sismica”, oppure “nessun corso d’acqua nelle vicinanze” a rischio di inquinamento. Nel sud Italia, dove i controlli non funzionano come su al nord, si costruisce proprio in “nero” (abusivamente, ndt). In tal modo sono nati interi quartieri.

Il colosso IKEA ha capitolato di fronte all’amministrazione di Pisa
La burocrazia colpisce gli italiani in maniera più diretta e più frequentemente rispetto ai migranti precari. Ma gli abitanti originari del paese affrontano in modo più rilassato l’enorme montagna di cavilli burocratici. Così il colosso IKEA ha recentemente rinunciato al progetto di aprire un altro mobilificio nei dintorni di Pisa e quindi a creare, en passant, circa 350 posti di lavoro. Sei anni di attesa per un permesso è stato davvero troppo per gli scandinavi. E siccome molti imprenditori e manager stranieri hanno, egualmente, poca pazienza, la percentuale di investimenti esteri in Italia è meno della metà rispetto alla media degli altri paesi europei.
Però qualche volta anche per i nativi quello che troppo è troppo. Talvolta persino il capo di un gruppo di burocrati perde le staffe in pubblico. I suoi impiegati, ha dichiarato irritato la settimana scorsa Matteo Renzi sindaco di Firenze, non pensano ad altro che alla fine del loro turno di lavoro. Già un quarto d’ora prima dell’orario di chiusura attendono in fila nel cortile interno, per timbrare il cartellino puntuali alle 14. Che proprio uno di sinistra come Renzi dica una cosa del genere, irrita però i sindacati di sinistra.
Altri la prendono più alla leggera. Ciò che manda in bestia Renzi, esperto conoscitore delle autorità, però non ha niente di fiorentino. Tutto il mondo è paese.

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