mercoledì 14 settembre 2011

Che opinione hanno i francesi degli italiani?

di Melissa Bounoua – 3 settembre 2011
Pubblicato in: Francia
Traduzione di ItaliaDallEstero.info



Cosa differenzia il modo di pensare francese da quello italiano? Per i francesi, malgrado l’ascesa al potere di Silvio Berlusconi, l’immagine dell’Italia non è cambiata e non si è deteriorata. Facciamo il punto con il filosofo Vincent Cespedes.
 
«Magari!» – Tradotta in francese, la tipica esclamazione italiana perde la sua istintiva spensieratezza e la sua magia. I dizionari riportano : «Se solo! Eccome! Come vorrei!» niente a che fare con quella impazienza colorata di impotenza che riveste il vocabolo originale, questo champagne in attesa, questa speranza frizzante. Se le mettiamo a confronto, l’espressione inglese «I hope so!» si rivela di una piattezza infantile e l’arabo «Inch’allah» dà l’impressione di un fatalismo guastafeste.

«Magari!» Attraverso queste tre sillabe tricolore, si esprime lo spirito stesso dell’Italia, da Lodi a Gela; la sua poesia scherzosa un misto di entusiasmo ed autoironia. Per cogliere la visione della vita degli italiani nella sua ambivalenza, credo che sia saggio condensarlo in un nuovo vocabolo: il «magarismo», ottimismo mentale e opportunismo fattuale.

Ma devo prima parlarvi della Francia, affinché non crediate che voglia farvi la ramanzina. Quando ha inventato la parola «aquoiboniste» (dall’espressione francese «à quoi bon?») [A che pro? N.d.T.] il compositore Serge Gainsbourg aveva dato una definizione alla demotivazione che aveva colpito i francesi, dieci anni dopo la rivoluzione filosofica del maggio ‘68. «L’aquoiboniste» se ne infischia di tutto e insiste a dire «mi piacerebbe, ma poi, a che serve?», diceva la canzone. È un disimpegnato cronico, un nichilista che non ha più capacità, un ex anarchico che non ha più la forza di dire «no».

Linguisticamente, l’espressione «à quoi bon?» dei francesi è un «forse» demoralizzato e che demoralizza, che considera la scelta come un peso, l’azione come una complicazione. Un male che consuma la giovinezza fin dalla «generazione boh» [la generazione nata dopo il maggio ‘68, che alle domande risponde con un «boh» N.d.T.] da più di trent’anni. Al contrario, il «magari» degli italiani è un «forse» che considera il futuro con golosità e generosità. A parer mio è la genialità degli italiani dal dopo guerra. Purtroppo anche il loro inferno.

Lettera agli amici italiani

Durante il mio soggiorno estivo a san Benedetto del Tronto e a Roma, gli amici italiani che ho incontrato (professori, scrittori, artisti o studenti) mi hanno tutti fatto la stessa domanda: «Cosa pensano di noi i francesi?». Come un’ossessione, una ferita d’immagine che vi dà fastidio. State tranquilli: i francesi non possono fare a meno di amare l’Italia! Perchè hanno occhi solo per il suo magarismo esistenziale, questa dolce vita primaverile, questa semplicità di modi di vivere; e non c’è nulla di più esotico e seducente, per un popolo di «aquoibonisti» frustrati, che un popolo di magaristi che fanno della vita una mozzarella in cui affondare i denti.

 Il “piano b” ci innervosisce, a voi incanta. Per voi la pasta è il piatto principale di un pasto, ve ne deliziate, mentre per noi è solo un contorno alla carne. Le vostre piccole deroghe alla legge, così frequenti, non vi fanno venire nessun rimorso di coscienza e non vi disturbano affatto; le nostre ci scombussolano, ci fanno sentire colpevoli e ci scuotono. Noi possiamo vantare nostri vini, i nostri profumi e i vostri uomini; voi vantate le nostre donne, la nostra capitale da cartolina ed il vostro passato: lo scambio è fecondo, dal punto di vista francese! Quel magarismo, musicale come la vostra lingua, è financo una boccata d’ossigeno per i popoli in apnea. Su facebook, avere degli amici italiani funziona meglio che tutti gli sforzi usati per apparire avvenenti, amanti dell’arte e allegri.

Ahimé! la vostra più grande sfortuna è che il vostro così invidiato magarismo esistenziale non si limita alla vita privata: straripa nel mondo degli affari, dei media e della politica. Le sue virtù psicosociali si trasformano in vizi demagogici man mano che si infiltra nelle sfere del potere, fa e disfa gli incarichi, sacrifica il bene comune e la cultura sull’altare del denaro.

La forza di Sarkozy: trasformare l’aquoibonismo dei francesi in populismo, adularli nel loro io e in ciò che amano fare meglio, sentirsi superiori e brontolare. La forza di Berlusconi: trasformare il magarismo degli italiani in populismo, farne un pensiero unico, un’arma di comunicazione, ma soprattutto una dinamica antipolitica che declassa l’esercizio della democrazia in un «one-man-show» , la lotta contro il crimine organizzato in un’enorme barzelletta. Di questo magarismo di Stato, che vi fa così vergognare, moltissimi miei concittadini non ne conoscono l’ampiezza, malgrado i vostri film di denuncia, i vostri giornalisti liberi, i vostri intellettuali impegnati. Ecco perchè, per noi, l’immagine dell’Italia non ne viene per nulla intaccata.

Ma per voi, che tormento! Eppure fin dagli anni ‘64-’65 i vostri intellettuali più attivi denunciarono l’arrivo di un capitalismo all’italiana, di un magarismo di mercato. Tanto ne “L’Italia magica” quanto nei suoi discorsi, Pier Paolo Pasolini se la prende con «l’influenza ideologica borghese» che «attraverso la moltiplicazione dei mezzi di diffusione e di produzione della cultura del potere (soprattutto la televisione) tende a diventare egemonica». Essa trasforma «l’innocenza del popolo in stupidità e gliela imputa come colpa. Nel periodo del boom economico, le vostre quattro piovre (Chiesa, Mafia, Calcio, Pubblicità) hanno allargato i loro tentacoli sul vostro magarismo naturale e l’hanno strumentalizzato. Da allegro ottimismo, e diventato oscurantismo, trasformando l’ignoranza, l’omertà e l’abbrutimento organizzato in valori positivi.

Da innocuo opportunismo, è divenuto cinismo, negando ogni forma di dedizione disinteressata e ogni forma di solidarietà. Dalla sua cella, Antonio Gramsci inviava già moniti: «È nata una mentalità sportiva che ha fatto della libertà un pallone per giocare a calcio». Questo pallone, questa pseudo libertà, è il vostro magarismo travestito in parodia di sè stesso, in «mentalità sportiva», in folklore privato delle reali poste in gioco e che vi viene riproposto sugli schermi delle TV. Eravate stati avvertiti. E cosa avete fatto alla fine? “Magari!” …
[Articolo originale "Quelle opinion les Français ont-ils des Italiens ?" di Melissa Bounoua]


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