venerdì 28 ottobre 2011

Federali.mattino_28.10.11. Ciao ponte. L’asilo padania riconosce la penale ad Impregilo?----Se non ci fosse stato l'accordo - ha spiegato il presidente francese - non solo l'Europa sarebbe precipitata nella catastrofe, ma anche il mondo intero.----Grecia. L'attrattiva per le banche a partecipare alla conversione con obbligazioni a più lunga scadenza deriva dall'esistenza di un collaterale (credit enhancement di 30 miliardi di euro) a garanzia fornito dagli Stati dell'Eurozona.----Baby pensioniati, tassa da 6.630 euro a lavoratore. Vivono in media 85 anni, per quasi 41 a carico dei contribuenti.----Asili nido, Cittadinanzattiva: al Sud il 42% dei bimbi non ha il posto.

Asili nido, Cittadinanzattiva: al Sud il 42% dei bimbi non ha il posto
Foggia, mazzata rette asili comunali: 368 euro, record nazionale aumenti
Asili Nido: in Basilicata costo mensile è di 313 euro
Baby pensioniati, 'tassa' da 6.630 euro a lavoratore
La crisi falcidia i giovani imprenditori: -53 mila in 4 anni
Bankitalia: “Pressione fiscale al 44%, massimo storico in 2012”
Ponte Stretto, niente più finanziamenti la Camera dice stop ai fondi dello Stato
Ue dice sì a piano Italia: Van Rompuy, attuare riforme
Bankitalia,14,7 mld necessita' e' stima
Vertice Ue: Merkel, ancora molto da fare
Sarkozy e l'eurocatastrofe sfiorata: «Dopo la Grecia sarebbe caduta l'Italia».
Lo Stato greco nelle banche
Germania. Ricerca e innovazione



Asili nido, Cittadinanzattiva: al Sud il 42% dei bimbi non ha il posto
A Lecco la spesa per la retta mensile, di 537 euro, è 6 volte più cara rispetto ad una città come Catanzaro (80)
27/10/2011  Il costo è di 302 euro circa al mese, considerando 10 mesi di utilizzo del servizio, la spesa annua per famiglia ammonta a più di 3mila euro. E' questo il costo medio in Italia per mandare il proprio figlio all’asilo nido comunale, fra difficoltà di accesso, alti costi e disparità economiche tra aree del Paese difficili da giustificare: in una provincia, la spesa mensile media per il tempo pieno può avere costi anche tre volte superiori rispetto ad un’altra provincia, e doppi tra province nell’ambito di una stessa regione.
 Lo rileva un’indagine di Cittadinanzattiva che cita esempi concreti: a Lecco la spesa per la retta mensile, di 537 euro, è 6 volte più cara rispetto a Catanzaro (80), il triplo rispetto a Roma (146) e più che doppia rispetto a Milano (232). Marcate differenze anche all’interno di una stessa regione: in Veneto, la retta più cara, in vigore a Belluno (525 mese per il tempo pieno) supera di 316 euro la più economica, a Venezia. Analogamente nel Lazio la retta che si paga a Viterbo (396) supera di 250 la più economica registrata a Roma. Al Sud, in Puglia tra la retta di Foggia (368) e quella di Bari la differenza è di 179 euro.
 I dati sulle rette sono elaborati a partire da fonti ufficiali (anni 2009/10 e 2010/11) dei comuni interessati all’indagine (tutti i capoluoghi di provincia). Oggetto della ricerca sono state le rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media, 9 ore al giorno) e, dove non presente, a tempo ridotto (in media, 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana.
 Dal 2005 ad oggi inoltre, le tariffe sono aumentate in media del 4,8%. In particolare, nel 2010/11, 26 città hanno alzato le rette di frequenza e 5 capoluoghi registrano incrementi a due cifre: Foggia (+54,6%), Alessandria (+24,3%), Siracusa (+20%), Caserta (+19,5%), Catanzaro (+19,4%).
 Dall’analisi di dati in possesso al ministero dell’Interno e relativi al 2009, emerge che il numero degli asili nido comunali ammonta a 3.424 (-0,4% rispetto al 2008) con una disponibilità di 141.210 posti (+0,8% rispetto al 2008). In media il 25% dei richiedenti rimane in lista d’attesa. Il poco edificante record va alla Sicilia con il 42% di bimbi in lista di attesa, seguita da Toscana e Puglia (33%).

TOP TEN: CITTA' PIU' CARE E MENO CARE
 Nella top ten delle 10 città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno, si confermano, rispetto al 2009/10, Lecco, Belluno, Sondrio, Bergamo, Mantova, Cuneo, Forlì, Udine e Pavia, mentre Pisa subentra a Treviso. Nella graduatoria delle 10 città meno care, prevalgono le realtà del Centro-Sud. In assoluto, la città più economica risulta Catanzaro, seguita da Vibo Valentia, Cagliari e Roma. La Calabria risulta comunque la regione più economica (110 euro), Lombardia e Valle d’Aosta le più costose con non meno di 400 euro di spesa media.
 «In tema di asili nido comunali – commenta Antonio Gaudioso, vicesegretario generale e responsabile delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva – l'Italia sconta un ritardo strutturale ormai conclamato, espressione di una attenzione alle esigenze delle giovani coppie vera solo sulla carta, pur se sbandierata ad ogni campagna elettorale. Purtroppo i tagli agli enti locali previsti dall’attuale manovra finanziaria non faranno che peggiorare la situazione dal punto di vista sia della qualità del servizio che dei costi. Il dato di fondo resta sempre l’enorme scarto esistente tra le esigenze delle famiglie e la reale possibilità di soddisfare tali esigenze, tenuto anche conto che ormai per una famiglia la spesa media mensile per la retta del nido comunale ammonta al 12% della spesa media mensile totale».

Foggia, mazzata rette asili comunali: 368 euro, record nazionale aumenti
Foggia – Caro rette: dura la vita per le giovani coppie, fra difficoltà nel far accedere i propri figli ad asili comunali, alti costi e disparità economiche anche all’interno della stessa regione: si registra una differenza di ben 179€ tra il capoluogo di provincia con le rette più alte, Foggia (368€), e quello con le rette più basse, Bari (189€). Rispetto al 2009/10, nel 2010/11 le tariffe sono rimaste invariate a Lecce e Brindisi, diminuite nettamente a Taranto (-51,6%) e aumentate a Bari (+8%) e soprattutto a Foggia (+54,6%), record nazionale. L’analisi, svolta dall’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva ha considerato una famiglia tipo di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di 44.200€ e relativo Isee di 19.900€.
 I dati sulle rette sono elaborati a partire da fonti ufficiali (anni scolastici 2009/10 e 2010/11) delle Amministrazioni comunali interessate all’indagine (tutti i capoluoghi di provincia). Oggetto della ricerca sono state le rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media, 9 ore al giorno) e, dove non presente, a tempo ridotto (in media, 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana. A Bari, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto, il servizio è unicamente a tempo ridotto.
 Liste di attesa. In Puglia, secondo la banca dati del Ministero dell’Interno sulla fiscalità locale aggiornata al 2009, ci sono 46 asili nido comunali per 2.322 posti disponibili. Il maggior numero di asili è presente in provincia di Lecce (13, con 606 posti), mentre la provincia di Taranto ne registra il numero minore (3, con 165 posti). A fronte di una media nazionale del 25%, in Puglia ben il 33% dei richiedenti rimane in lista di attesa, dato inferiore solo a quello della Sicilia (42%).

Asili Nido: in Basilicata costo mensile è di 313 euro
27/10/2011  Da un'indagine effettuata da Cittadinanzattiva risulta che in Basilicata il costo medio mensile per gli asili nido comunali è di 313 euro al mese, rispetto. ai 302 della media nazionali. Per gli asili nido comunali, ma il 17 per cento dei bambini non riesce ad accedere al servizio: sono questi due dei dati principali
 In Basilicata – è spiegato in una nota – vi sono 21 asili comunali (17 in provincia di Potenza e quattro in quella di Matera) per 749 posti disponibili (505 nel Potentino e 244 nel Materano). «Facendo un confronto – è specificato nel comunicato – tra i posti disponibili e la potenziale utenza (numero di bambini tra zero e tre anni) in Basilicata la copertura potenziale del servizio è del 3,8 per cento, contro una media nazionale del 6,2 per cento».
 A livello regionale, inoltre, il 17 per cento dei richiedenti rimane in lista di attesa, «a fronte di una media nazionale del 25 per cento»: «in positivo – ha sottolineato Cittadinanzattiva – è il fatto che nell’ultimo anno non si sono registrati incrementi tariffari»

Baby pensioniati, 'tassa' da 6.630 euro a lavoratore
 Vivono in media 85 anni, per quasi 41 a carico dei contribuenti
Secondo Confartigianato, costano allo Stato 163,5 miliardi. Il 78,6% di queste pensioni sono erogate dall’Inpdap, l’ente di previdenza del pubblico impiego
Roma, 27 ottobre 2011 - Le ‘baby pensioni’ costano allo Stato 163,5 miliardi. Una sorta di 'tassa' pari a 6.630 euro a carico di ciascuno dei 24.658.000 lavoratori italiani.
Il calcolo è di Confartigianato che ha analizzato quanto pesano sul bilancio statale e sulle tasche dei cittadini, in termini di mancate entrate e maggiori uscite, le 531.752 pensioni di vecchiaia e di anzianità concesse a lavoratori pubblici e privati che sono andati in pensione con meno di 50 anni di età, in alcuni casi addirittura dopo appena 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di servizio.
Il 78,6% di queste pensioni sono erogate dall’Inpdap, l’ente di previdenza del pubblico impiego, che registra 424.802 pensioni a dipendenti pubblici ritirati dal lavoro ad una età inferiore a 50 anni: di queste il 56,5% sono erogate a donne.
Il costo di queste pensioni pubbliche ammonta a 7,43 miliardi. Il rimanente 21,4% è relativo alle 106.950 pensioni erogate dall’Inps a soggetti con età di uscita inferiore a 50 anni in relazione a regimi speciali e prepensionamenti, per una spesa complessiva di 2,02 miliardi.
Considerata l’età di uscita dal lavoro dei baby pensionati, la loro età attuale e la speranza di vita, i baby pensionati rimangono in pensione, in media per 40,7 anni. Con una durata media della vita stimata a 85,1 anni, si tratta del 48% della vita trascorso in pensione.

La crisi falcidia i giovani imprenditori: -53 mila in 4 anni
Attività manifatturiere e costruzioni i settori più colpiti. Il 5,3% delle cariche imprenditoriali in Italia è rappresentato da giovani, ma è destinato ad assottigliarsi ulteriormente. Mentre gli Under 30 diminuiscono (-11%) l’imprenditoria nel complesso rimane sostanzialmente stabile.
Datagiovani ha esaminato le evoluzioni intercorse nel periodo della crisi (3° trimestre 2008 – 3° trimestre 2011) delle cariche imprenditoriali detenute da giovani secondo i dati camerali.
Questi in sintesi i principali risultati:
53 mila giovani imprenditori in meno dall’inizio della crisi. Erano quasi 480 mila nel settembre 2008, ora sono scesi sotto quota 427 mila, l’11% in meno.
La flessione non è generalizzata, ma fortemente concentrata sulla fascia più giovane degli imprenditori: a livello complessivo le cariche imprenditoriali sono pressoché stabili (-0,2% , nemmeno 13 mila soggetti in meno su un totale di oltre 8 milioni).
Nel Nordest le tendenze peggiori, al Centro va meglio della media. L’Italia nord-orientale ha visto contrarre le cariche imprenditoriali Under 30 del 14,2%. È l’Emilia Romagna  a presentare in assoluto la peggiore dinamica nazionale (-15,6%) .
I servizi limitano i danni, profondo rosso nel manifatturiero. Il settore dei servizi è quello in cui opera la maggioranza dei giovani imprenditori (quasi due terzi) ed è anche quello in cui si sono riscontrate le flessioni minori (-3,5%). Le cose stanno andando invece malissimo nel manifatturiero, in cui sono scomparse oltre un terzo delle cariche che si contavano nel 2008. In difficoltà anche le costruzioni, che mostrano un perdita del 16,4% di imprenditori Under 30.

Bankitalia: “Pressione fiscale al 44%, massimo storico in 2012”
 La pressione fiscale in Italia continua a crescere e al 2012, secondo quanto prevede il Def, si attesterebbe al massimo storico intorno al 43,8%. E' quanto afferma il capo dell'area ricerca economica della Banca d'Italia Daniele Franco nell'audizione alla Commissione Bilancio riunite di Camera e Senato.
”Le stime, rileva, non includono glI effetti dell'attuazione della delega fiscale e assistenziale (la clausola di salvaguardia) che determinerebbero maggiori entratefino allo 0,2% di Pil nel 2012, 1 nel 2013 e 1,2 nel 2014”.Franco esprime, inoltre, parere positivo sulla lettera inviata dal governo italiano a Bruxelles che ha ottenuto il via libera dall’Ue: ''Non abbiamo ancora avuto modi e tempi di esaminarla in dettaglio ma crediamo, come ha detto il governatore Mario Draghi ieri, che gli interventi contenuti nella lettera inviata dal governo italiano a Bruxelles vadano nella giusta direzione, dal consolidamento di bilancio alla crescita, e vanno ora attuati rapidamente”.

Ponte Stretto, niente più finanziamenti la Camera dice stop ai fondi dello Stato
ROMA - Niente più finanziamenti per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina: è l'impegno che il governo deve assumere in seguito all'approvazione di una mozione dell'Idv sul trasporto pubblico locale da parte dell'Aula della Camera su cui l'esecutivo aveva espresso parere favorevole. La mozione, approvata con l'astensione della maggioranza, aveva ricevuto parere favorevole da parte del governo, nonostante l'Idv non avesse accolto le modifiche chieste dal viceministro Aurelio Misiti. La mozione approvata impegna l'esecutivo «alla soppressione dei finanziamenti che il governo ha previsto per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, pari complessivamente a 1 miliardo e 770 milioni di euro, di cui 470 milioni per il solo anno 2012 quale contributo ad Anas s.p.a. per la sottoscrizione e l'esecuzione - a partire dal 2012 - di aumenti di capitale della società Stretto di Messina s.p.a.».
Lo scorso 16 ottobre, il ministro delle Infrastrutture aveva detto che il ponte sullo Stretto di Messina verrà realizzato «a prescindere dall'eventuale finanziamento della Ue, in quanto le risorse per il manufatto saranno reperite sul mercato, come previsto dal piano finanziario allegato al progetto definitivo. Il Ponte per il governo resta una priorità essenziale per lo sviluppo del sistema dei trasporti dell'Italia».

Ue dice sì a piano Italia: Van Rompuy, attuare riforme
27/10 11:33 CET
I leader dell’eurozona danno atto all’Italia di aver messo a punto un pacchetto ambizioso per procedere alle riforme strutturali. “adesso deve essere attuato”, ha detto il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Licenziamenti più facili ed età pensionabile a 67 anni dal 2026, le misure da attuare in 8 mesi.
“Nella decisione finale c‘è stato il riconoscimento dei nostri progetti che adesso aspettano di essere realizzati – ha spiegato il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi – e naturalmente abbiamo fornito anche le date entro le quali intendiamo realizzare ogni singola misura”.
Dall’altra parte del Mediterraneo, il governo greco ammette di aver rischiato il collasso. Mentre i suoi creditori privati apprezzano la soluzione dell’eurozona.
“Siamo riusciti a uscire dalla trappola del fallimento – ha detto il premier greco George Papandreou – Il fatto che siamo ancora qui oggi è una grande conquista per il popolo greco. Penso che oggi si possa chiudere un capitolo, un capitolo del passato e penso che ora possiamo iniziare con tutte le nostre forze a lavorare per una nuova era del nostro Paese”.
E il direttore del fmi, Christine Lagarde, ha sottolineato l’intenzione di raccomandare al consiglio di amministrazione il pagamento della prossima tranche di prestiti ad Atene.

Bankitalia,14,7 mld necessita' e' stima
Dati fabbisogno comunicati a novembre
27 ottobre, 20:02
(ANSA) - ROMA, 27 OTT - I 14,7 miliardi di euro di capitali quantificati dall'Eba, l'autorita' bancaria europea, per le banche italiane ''va considerata solo indicativa del fabbisogno di capitale''. E' quanto afferma in una nota la Banca d'Italia secondo cui il ''fabbisogno effettivo sara' comunicato dall'Eba in novembre''.

Vertice Ue: Merkel, ancora molto da fare
Ora avanti riforme in Italia, Spagna e Grecia
27 ottobre, 20:02
(ANSA) - BERLINO, 27 ORR - ''Credo che abbiamo un buon pacchetto e che dobbiamo fare ancora molti passi avanti'': lo ha detto la cancelliera Angela Merkel a Berlino in conferenza stampa, rispondendo a una domanda sul vertice di Bruxelles. Bisogna ora "andare avanti nel lavoro delle riforme strutturali annunciate ieri che riguardano Italia, Spagna e Grecia", ha aggiunto la cancelliera, sottolineando che non basta un vertice per fronteggiare la crisi dell'euro.

Sarkozy e l'eurocatastrofe sfiorata: «Dopo la Grecia sarebbe caduta l'Italia».
Ma la Francia corre per evitare il declassamento
«Se avessimo lasciato cadere la Grecia, dopo sarebbe toccato all'Italia. E poi sarebbe stata la fine dell'Europa». Lo ha detto stasera in diretta tv il presidente francese, Nicolas Sarkozy, parlando dell'accordo della notte scorsa a Bruxelles in un'intervista speciale su TF1 e France 2. «Se non ci fosse stato l'accordo - ha spiegato il presidente francese - non solo l'Europa sarebbe precipitata nella catastrofe, ma anche il mondo intero. Sarkozy non ha esitato a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Fu «un errore», ha detto tra l'altro, ammettere la Grecia nella zona euro dieci anni fa. «La Grecia è entrata con cifre false sullo stato della sua economia. Non era pronta». L'inquilino dell'Eliseo si è però dichiarato comunque «fiducioso» sulle capacità di Atene di uscire dalla crisi.
La stoccata all'Italia eurotallone d'Achille (continua il braccio di ferro sulla questione Bini-Smaghi, il secondo italiano alla Bce che fa infuriare i francesi) non basta però a mettere in secondo piano la presa d'atto sulle difficoltà oggettive in cui versa anche l'economia transaplina. La Francia ridurrà le previsioni di crescita per il 2012 dall'1,75% all'1%, ha amesso lo stesso Sarkozy . E a questo proposito, secondo il Wall Street Journal, la Francia potrebbe presentare un nuovo piano di austerity già la prossima settimana (la fonte citata è un componente della commissione finanze dell'Assemblea nazionale, la Camera dei deputati transalpina) per mettere in sicurezza il rating tripla A da qualche tempo entrato nel mirino delle agenzie internazionali.
Intanto non si scioglie come si diceva, il nodo Bini-Smaghi, nonostante le forti pressioni esercitate da Berlusconi ormai pubblicamente. Le dimissioni di fatto imposte con l'obiettivo di evitare che due membri del comitato esecutivo abbiano la stessa nazionalità sarebbero incompatibili con il principio di indipendenza personale dei membri del comitato esecutivo della Bce, tanto più che secondo la direzione generale dell'Eurotower, «eventuali dimissioni dovranno essere giustificate pubblicamente». La chiave di volta di tutta la vicenda: l'incompatibilità con il principio d'indipendenza «emergerebbe» se la nuova posizione esterna che andrebbe a ricoprire «non fosse commisurata allo status di membro del comitato esecutivo e del consiglio direttivo della Bce». Il che significa che Bini-Smaghi avrebbe potuto andar via da Francoforte per meno di un incarico di prestigio in Banca d'Italia. Poltrona ormai assegnata a Ignazio Visco, neogovernatore.

Lo Stato greco nelle banche
Vittorio Da Rold
 BRUXELLES. Dal nostro inviato
 Per la Grecia si è aperta una «nuova era». Se ne è rallegrato il primo ministro greco Georges Papandreou al termine del vertice europeo a Bruxelles, durante il quale i creditori del Paese hanno deciso una riduzione di 100 miliardi di euro del fardello del debito con un haircut del 50% del valore dei titoli di Stato.
 «Una nuova epoca si apre per la Grecia», ha sottolineato il capo del Governo di Atene durante una conferenza stampa, parlando di una «nuova partenza» grazie alla riduzione del debito greco decisa dai vertici europei dopo i negoziati con le banche.
 E già sono arrivate le prime adesioni: le banche francesi, attraverso la loro associazione, «sono pronte a rispondere» alla richiesta di «sconto nominale» sui titoli di debito sovrano. L'attrattiva per le banche a partecipare alla conversione con obbligazioni a più lunga scadenza deriva dall'esistenza di un collaterale (credit enhancement di 30 miliardi di euro) a garanzia fornito dagli Stati dell'Eurozona.
 Papandreou ha fatto sapere anche che il suo Governo acquisterà azioni di alcune banche greche in seguito all'haircut e a un accordo europeo per ricapitalizzare le banche elleniche che possiedono circa 40 miliardi di euro in bond di Atene.
 «Probabilmente alcune banche saranno nazionalizzate», ha detto al termine della maratona notturna di mercoledì notte Papandreou a Bruxelles. «Dopo la ristrutturazione le rimetteremo sul mercato», ha proseguito il premier che non ha voluto fornire altri dettagli sulle banche che potrebbero essere nazionalizzate e in quale misura.
 Si tratta della prima conseguenza diretta degli accordi del vertice del Consiglio europeo che hanno deciso il taglio del 50% il valore del valore nominale dei bond greci fino al 2020 a carico dei privati. Le banche greche dovrebbero perdere nell'operazione circa 16 miliardi di euro, pertanto saranno costrette a rivolgersi al mercato per ricapitalizzare. Le attuali condizioni degli istituti di credito non permetteranno di trovare cavalieri bianchi o investitori interessati e a quel punto non resterà che rivolgersi allo Stato che in cambio chiederà di entrare nel capitale azionario.
 «Il sistema bancario greco verrà riorganizzato senza problemi per il debito pubblico», ha spiegato Papandreou che intanto ha incassato dopo i 110 miliardi di euro del primo piano del maggio 2010 un secondo piano di finanziamenti.
 Secondo le nuove regole di ricapitalizzazione del core tier 1 al 9%, le banche greche, secondo l'Eba, avrebbero bisogno di trovare 30 miliardi di euro in totale.

Germania. Ricerca e innovazione
Pubblicato il27/10/2011 da Pierluigi Mennitti
Uno dei segreti del ritrovato successo dell’industria tedesca nel mondo è rappresentato dagli investimenti che le imprese hanno riservato l’ultimo anno all’innovazione e allo sviluppo. Secondo una ricerca comparata della società di consulenza strategica Booz & Company riportata dalla Welt, «la quota del budget complessivo destinato dalle aziende tedesche alla ricerca e allo sviluppo di nuovi prodotti ha raggiunto nel 2010 l’8,9%, facendo registrare un balzo in avanti decisivo rispetto alla quota del 3,1% del 2009, anno in cui la crisi globale aveva ridimensionato gli investimenti».
Una crescita che, secondo lo studio citato, ha proiettato la Germania al vertice della speciale graduatoria europea, davanti a Francia e Svizzera, che tuttavia, secondo un’altra ricerca pubblicata una settimana fa dalla Fondazione Deutsche Telekom, mantiene la leadership mondiale per quel che riguarda la maggiore capacità competitiva (la Germania è quarta).
«L’industria tedesca ha reagito con grande rapidità alla fine della crisi finanziaria globale scatenatasi nel 2008», ha riassunto Klaus-Peter Gushurst, responsabile della sezione tedesca della Booz & Company, «puntando in maniera anticiclica a rafforzare i progetti di ricerca». Una strategia vincente, che ha permesso all’intero settore industriale di riprendersi meglio e più velocemente di quelli di altri Paesi dalla crisi e di farsi trovare pronto  all’appuntamento con la ripresa internazionale.
Con un’Europa alle prese con la nuova crisi dei debiti sovrani di alcuni Stati che minaccia la sopravvivenza stessa dell’euro, sembra quasi impossibile che, ancora pochi mesi fa, l’economia europea – e quella tedesca in particolare -  si confrontava con numeri positivi e con un clima di euforia comparabile con quello degli anni del boom. Eppure sono proprio quelle cifre legate agli investimenti nell’innovazione che fanno sperare in una tenuta del settore anche in questa fase difficile. «Il rapporto contiene anche un invito al mondo politico tedesco affinché trovi da parte sua meccanismi in grado di supportare finanziariamente la capacità innovativa delle imprese», ha proseguito la Welt, «ad esempio attraverso forme di incentivi e detassazione dei progetti di ricerca, come avviene in altri Paesi». La capacità di investire nel futuro, soprattutto nei momenti di crisi quando le restrizioni dei budget imporrebbero tagli ovunque, si rivela la migliore ricetta per la crescita futura in un’economia globalizzata e fortemente competitiva.
L’industria tedesca ha compreso la lezione e anche l’Associazione dell’economia tedesca (Sdw) ha certificato che, nell’anno in corso, l’intero comparto economico ha destinato ai progetti d’innovazione più denaro che in passato: «Secondo le stime realizzate, entro la fine del 2011 verrà superata la soglia dei 60 miliardi di euro di investimenti».
Una cifra incoraggiante, se non fosse che la competizione globale spinge anche i Paesi più virtuosi a non dormire sugli allori. L’indagine di Booz & Company ha rilevato come, nonostante gli sforzi compiuti, le imprese tedesche debbano fare sempre di più i conti con le aziende concorrenti dei Paesi emergenti. Il legame crescita-innovazione vale per tutti e la crescita impetuosa delle nuove economie mondiali si è accompagnata a uno sviluppo esponenziale degli investimenti nei settori della ricerca anche da parte di questi Paesi: «Nei mercati in pieno boom economico come Cina e India, gli investimenti per l’innovazione sono cresciuti del 40% e anche su questo versante il riequilibro su scala mondiale appare ormai un dato di fatto».
Ne è testimonianza il fatto che, proprio in conseguenza dell’irruzione delle dinamiche aziende appartenenti ai Paesi del Bric, il numero delle imprese tedesche presenti nella graduatoria dei primi 1000 gruppi industriali più innovativi della terra sia sceso in un anno da 50 a 46. «Le aziende tedesche devono stare molto attente a che il loro ruolo di leadership non venga scippato di mano dalle concorrenti dei Paesi emergenti», ha avvertito Klaus-Peter Gushurst, «e questo nuovo scenario pone delle sfide anche alla politica». Si tratta appunto di accompagnare agli investimenti generali che già lo Stato fa nel settore della formazione scolastica, misure specifiche dedicate ai progetti innovativi delle imprese. Una forma di detassazione potrebbe aiutare le imprese a mantenere inalterato il ruolo guida in questo settore così importante per la forza dell’economia tedesca.

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