mercoledì 19 ottobre 2011

Federali.sera_19.10.11. Austria, Yascha Mounk: Finora sono stati gli elettori italiani a doversi vergognare per aver tollerato così a lungo Berlusconi. Ma se non ci diamo da fare in fretta, a breve avremo anche noi seri motivi per vergognarci, ma soprattutto dovremo pagarne le conseguenze, poiché Berlusconi è una bomba ad orologeria per l’euro e uno sgretolamento dell’euro sarebbe fatale anche per l’economia tedesca.----Trieste, oltrepadania, Marco Ballico: C’era stato chi si era lamentato di tempi e costi del “Grant dizionari bilengal talian furlan” (Grande dizionario bilingue italiano friulano). Sui tempi la risposta è certa: sono serviti 12 anni. Sui costi, 1 milione, è questione di opinioni: i friulanisti sostengono che si tratta di sopravvivenza di una lingua secolare. Sabato è il grande giorno: si presenta la versione cartacea dell’opera.

Melfi. L’acqua inquinata di Fenice smaltita nell’area della Sata
Firenze. Renzi sbaglia il conto dei turisti e la Firenze Card diventa un boomerang
Trieste, oltrepadania. Un milione di euro e 12 anni per il dizionario in friulano
Per risparmiare sulle tasse, camuffato un deposito
Cacciate Berlusconi dal governo


Melfi. L’acqua inquinata di Fenice smaltita nell’area della Sata
«Valori 700 volte oltre il limite»
di Fabio Amendolara
MELFI - Nei nove «pozzi spia» dell’inceneritore Fenice di Melfi, usati per il monitoraggio delle acque sotterranee, c’erano metalli pesanti e sostanze inquinanti. Per evitare ulteriori contaminazioni l’acqua dei pozzi è stata raccolta e «avviata al trattamento nel depuratore di proprietà di Fenice» che si trova, però, all’interno del perimetro industriale di Fiat Sata. Anche quel sito potrebbe finire nell’inchiesta della Procura di Potenza sul disastro ambientale nascosto dall’Arpab.
Chi ha prelevato l’acqua inquinata dai pozzi? E chi ha accertato che poi sia stata smaltita in modo corretto?
Controlli non effettuati - «Questa pratica non è stata esaminata nel corso dell’accertamento tecnico», spiega il professor Francesco Fracassi dell’Università di Bari, consulente della Procura di Potenza. E aggiunge: «Meriterebbe probabilmente un approfondimento per escludere violazioni di legge».
l’inquinamento L’acqua finita nel depuratore, molto probabilmente - stando alla ricostruzione degli investigatori - proveniva dalla «Sezione depurazione dei fumi a umido», quella del forno a griglia usato per trattare i rifiuti solidi urbani.
«Gli accertamenti eseguiti - si legge in un documento dell’inchiesta che la Gazzetta ha potuto consultare - hanno consentito di individuare perdite nella vasca di contenimento in cui alloggiano i serbatoi di raccolta dei reflui». Si tratta di «spurghi della vasca di neutralizzazione a servizio del sistema di depurazione».
La soluzione Fenice - Quando i carabinieri del Reparto operativo e quelli del Noe sono entrati nella sede dello stabilimento - aveva già risolto l’inconveniente, «procedendo all’impermeabilizzazione della vasca di contenimento dalla quale si è generata l’infiltrazione nel sottosuolo».
Quegli interventi di messa in sicurezza, secondo il consulente tecnico, «sono idonei a impedire la diffusione dell’inquinamento all’esterno del sito».
Chi ha controllato? - Ma l’acqua che inquinava la falda e che è stata prelevata senza autorizzazione dai pozzi dove è finita? Come è stata trattata? E il depuratore all’interno di Fiat-Sata era idoneo a questo trattamento?
Fogna industriale - Pare che l’acqua prodotta dallo stabilimento Fiat finisca in una «fogna industriale». La stessa in cui scarica Fenice? Anche l’inceneritore dovrebbe essere collegato alla fogna presente nell’area industriale di Melfi. E l’Arpab in quella fogna industriale ha mai effettuato controlli?
gli interrogatori Vincenzo Sigillito, ex numero uno dell’Arpab, e Bruno Bove, dirigente dell’ufficio di Potenza, potrebbero spiegare anche questi particolari al gip del Tribunale di Potenza che, mercoledì scorso, li ha privati della libertà, ordinando gli arresti domiciliari. All’interrogatorio di garanzia, previsto per questa mattina, parteciperà anche il pubblico ministero Salvatore Colella. È lui che coordina l’inchiesta che è partita da Fenice e si è estesa alla discarica di Pallareta a Potenza. E il depuratore di Fenice nel perimetro di Fiat-Sata? «Meriterebbe un approfondimento», secondo il professor Fracassi. Le indagini sono in corso.

Firenze. Renzi sbaglia il conto dei turisti e la Firenze Card diventa un boomerang
 di Antonio Calitri 
Il sindaco di Firenze lancia la Firenze Card ma sbaglia i conti sulle «capacità di visita» dei turisti e ci rimette oltre 100 mila euro. Incredibile Matteo Renzi, non riesce mai ad anticipare i conti con l'oste e che sia in politica nazionale o nell'amministrazione cittadina, anche quando ha le idee buone, trova sempre una buccia di banana che lo fa scivolare. Se la rottamazione, gli si è rivoltata contro tanto che ha dovuto cambiare rapidamente bandiera, il nuovo e più recente caso si è aperto in questi giorni sulla Firenze card, la carta che al costo di 50 euro permette ai turisti di visitare per tre giorni tutti i musei della città e utilizzare anche i mezzi pubblici. Bella idea ed è stato effettivamente un grande successo questa estate, tanto che fino a fine agosto l'hanno scelta oltre 14 mila turisti. Adesso che si tirano le somme però, è venuto fuori il buco della Firenze Card. Qualcuno a Palazzo Vecchio come si suol dire, non ha fatto bene i conti con l'oste. E ha calcolato che i turisti avrebbero potuto visitare in tre giorni al massimo cinque musei. E invece la media delle card fa quasi sette musei a testa. Un vero successo per la città ma un piccolo disastro per le casse comunali. L'amministrazione infatti incassa i 50 euro ma poi deve ricompensare i vari musei che hanno fatto entrare i turisti senza il loro biglietto ma con la card fiorentina. E siccome il calcolo medio era stato fatto su cinque musei, i due in più hanno sballato i conti. Così il comune si è ritrovato ad aver incassato 605 mila euro e a dover ricompensare i musei per 722 mila euro, con un disavanzo di 117 mila euro. Una bella batosta di questi tempi, visto che Renzi contava di utilizzare l'avanzo dell'operazione per fare nuove iniziative e spingere ancora di più la carta di Firenze, che aveva già portato in esempio di successo ai suoi colleghi in tante trasmissioni televisive nazionali. Che ora possono ridere. Mentre dall'opposizioni ne approfittano per denunciare l'operazione come grande flop.

Trieste, oltrepadania. Un milione di euro e 12 anni per il dizionario in friulano
L’opera in italiano e marilenghe curata dal “Centri Friûl Lenghe 2000” di Udine Consultabile in internet e disponibile su cd il volume sarà stampato in 1900 copie
di Marco Ballico
TRIESTE
C’era stato chi si era lamentato di tempi e costi del “Grant dizionari bilengal talian furlan” (Grande dizionario bilingue italiano friulano). Sui tempi la risposta è certa: sono serviti 12 anni. Sui costi, 1 milione, è questione di opinioni: i friulanisti sostengono che si tratta di sopravvivenza di una lingua secolare. Sabato è il grande giorno: si presenta la versione cartacea dell’opera.
Il “Dizionari” è un volume che contiene poco meno di 62mila lemmi italiani e 63.500 friulani. Le copie stampate, non disponibili in una prima fase al pubblico (poi è possibile che l’Arlef ne metta in vendita un certo numero), sono 1900. Sin qui il dizionario affidato al Centri Friûl Lenghe 2000 (Cfl) – consorzio nato per iniziativa dell’Università di Udine e di enti e associazioni che operano a sostegno del friulano – era consultabile via internet, oltre che distribuito tramite cd. Dal 2006, ricorda il responsabile Adriano Ceschia, sono inseriti in rete i vocaboli più usati, circa 6500. I restanti, di minor frequenza, sono quindi stati aggiunti a blocchi di 10mila anno dopo anno. E oggi, dopo un’attesa lunga 12 anni dato che l’avvio dell’iniziativa è datato 1999, ecco il vocabolario italiano-friulano su carta rivolto a insegnanti, studenti, giornalisti, scrittori e semplici appassionati della lingua.
Il milione di euro farà forse storcere il naso a qualcuno. Del resto un paio di anni fa non mancò perfino l’interpellanza di Piero Colussi (Cittadini) che contestò la mancata stampa, i costi e le incertezze sul valore scientifico. «A ottobre 2008 – affermava il consigliere di opposizione – la Regione aveva già contribuito finanziariamente alla realizzazione dell’opera con 950mila euro assicurando, peraltro, una disponibilità complessiva di 1,3 milioni. Nel dettaglio degli ultimi anni, 155 mila euro nel 2006 e 190 mila nel 2007: cifre non propriamente insignificanti tenendo pure conto che, nel 2002, il presidente della “Clape di culture Patrie dal Friûl” Antoni Beline denunciava gravi deficienze e vizi del lavoro avviato”. «Il costo è quello di un’opera che contribuisce a salvare l’identità di una lingua – commenta oggi Ceschia –. E non va sottovalutato che quasi metà dei fondi sostiene un imponente lavoro informatico, “copiato” anche dall’università di Stoccolma per il dizionario italiano-svedese». In corso d’opera ci sono state pure le perplessità di un linguista Michele Cortellazzo (cui il gruppo di lavoro del Clf si era rivolto per una valutazione su quantità e qualità della pubblicazione), che parlò di un dizionario fondato sul patrimonio lessicale italiano anziché su quello friulano, con troppi italianismi e gravi dimenticanze di usi consolidati in marilenghe. Secondo Cortellazzo ci sarebbero voluti ancora 13 anni di lavoro e invece ne sono bastati solo altri due.

Per risparmiare sulle tasse, camuffato un deposito
Alessandro Profumo ex amministratore delegato  di Unicredit è indagato dalla Procura di Milano per frode fiscale. Un brutto colpo per il super-manager costretto lo scorso anno, proprio di questi tempi, a lasciare la banca a causa della rivolta dei soci italiani (a cominciare da Fondazione Cariverona). Ora medita di scendere in campo con una propria candidatura per un prossimo governo. Nel frattempo dovrà difendersi dalle accuse che gli sono state notificate ieri. Il Tribunale ha sequestrato presso Unicredit  245 milioni, quantificati come il profitto del reato che sarebbe stato commesso dal gruppo di Piazza Cordusio tra il 2007 e il 2008. I pm sostengono di avere in mano le prove di alcune operazioni effettuate sui derivati con l’unico scopo di frodare il fisco.
Secondo gli inquirenti l’istituto di credito avrebbe concordato con la banca britannica Barclays un’operazione finanziaria non proprio trasparente. Come risultato finale  ha classificato come dividendi degli utili che invece  avevano altra natura (interessi su un castelletto di “pronti contro termine”). Visto il differente trattamento fiscale tra le due forme d’investimento ha ottenuto che la banca pagasse molte meno tasse. La differenza è rappresentata dai 245 milioni sequestrati ieri mattina.

Proprio l’artificioso travestimento in dividendi di quelli che in realtà erano interessi, dunque, secondo l'indagine del procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha generato a beneficio di Unicredit l’illecito enorme risparmio d’imposte Ires e Irap: al fisco italiano sarebbero così stati sottratti 745 milioni di euro di imponibile nelle dichiarazioni relative al 2007 e 2008. Il giudice delle indagini preliminari Luigi Varanelli, accogliendo la richiesta della Procura, ha calcolato in 245 milioni di euro il profitto per Unicredit corrispondente al danno per l’Erario, e a fini di confisca ne ha autorizzato il sequestro preventivo.
L'istituto per effettuare questa operazione aveva utilizzato pacchetti proposti da Barclays e Deutsche Bank. Lo stesso hanno fatto numerose altre banche e assicurazioni  che ora potrebbero subìre analoghe punizioni se il sequestro dovesse reggere al ricorso già presentato al Tribunale del Riesame .Profumo è indagato per «dichiarazione fiscale fraudolenta mediante altri artifici per avere dato il via libera alle richieste di approvazione dell’operazione indirizzategli dagli uffici specializzati del suo gruppo». Rischia da 18 mesi a 6 anni di carcere.
 Il banchiere si difende sostenendo la totale infondatezza delle accuse sotto il profilo penale. Sostiene che le operazioni finite ne mirino   vengono normalmente inquadrate nella categoria denominata "ottimizzazione fiscale". Si tratta di  arbitraggi tra giurisdizioni differenti, a caccia insomma dello scalino fiscale più conveniente nei diversi Stati europei.
In tutto gli indagati sono una ventina: oltre a Profumo altre 16 persone, tra cui gli allora responsabili in Unicredit  dell’area finanza Luciano Tuzzi, dell’area affari fiscali Patrizio Braccioni e della direzione programmazione finanza- amministrazione Ranieri De Marchis. Altri 3 indagati appartengono a Barclays e tra questi il vice presidente dell’area finanza strutturata Rupack Chandra
di Nino Sunseri

Cacciate Berlusconi dal governo
di Yascha Mounk – 19 ottobre 2011
Pubblicato in: Austria
Traduzione di ItaliaDallEstero.info
Silvio Berlusconi non è solo una catastrofe per l’Italia, ma sta diventando anche un serio pericolo per l’euro. A questo punto la Germania e la Francia dovrebbero costringerlo a dimissioni immediate.
Dobbiamo cacciare via Silvio Berlusconi dal potere, e subito.
Berlusconi è stato un danno per l’Italia sin dall’inizio. È entrato in politica soprattutto per tutelare se stesso e i suoi fedelissimi dai processi legali. Si è ritagliato leggi su misura per proteggere gli interessi delle sue imprese. Si è lasciato sfuggire l’occasione di modernizzare economicamente il paese. E continua a danneggiare la reputazione dell’Italia con le sue scappatelle sessuali e le sue imbarazzanti barzellette.
Più lento ed imprevedibile
Questi due decenni, in cui il panorama politico italiano è stato dominato da Berlusconi, sono stati quindi anni persi per il paese. L’economia italiana è molto meno dinamica oggi che nel 1992. Il sistema giuridico è ancora più lento e imprevedibile. La disoccupazione giovanile è aumentata nuovamente. Il nord e il sud sono ancora più distanti. La Mafia, la Camorra e la ‘Ndrangheta sono sempre più potenti. Nemmeno le tasse sono diminuite in maniera apprezzabile per l’italiano medio.
Berlusconi è stato quindi sin dall’inizio una catastrofe per il suo paese. La situazione durante questi ultimi anni è talmente peggiorata, che la sua ulteriore permanenza ora causerebbe danni immediati ed irreparabili. Poiché negli ultimi mesi l’Italia è caduta in una profonda crisi economica. Senza un governo determinato, che con mano saggia eviti una bancarotta, Roma tra poco diventerà la nuova Atene – e trasformerà l’euro in carta straccia, dato che nemmeno il fondo di stabilità europeo con tutti gli ulteriori finanziamenti concessi fino a ieri, sarebbe in grado di sostenere una bancarotta italiana.
Proprio durante questi mesi critici, Berlusconi si è permesso di nuovo il lusso di trovarsi al centro di clamorosi scandali sessuali, invischiato in difficoltà con la giustizia e in fondamentale contrasto con la sua coalizione al governo. A titolo di esempio: nelle stesse settimane, in cui Standard & Poor’s declassava la solvibilità dell’Italia, è stato reso noto che, Berlusconi si vantava, di dedicarsi al suo mandato politico solo nel tempo libero – cioé in quelle poche ore, in cui non era impegnato con le sue “pupe”. Nessuna meraviglia se poi i mercati finanziari si fidano poco di lui. Se gli astuti artisti della finanza oggi scommettono che l’Italia finirà presto indebitata fino al collo, questo dipende solo dal fatto che al potere continua ad esserci Berlusconi.
La Merkel e Sarkozy dovrebbero costringere Berlusconi a rassegnare le dimissioni
L’unica speranza per l’Italia e per l’euro perciò è una rapida sostituzione di Berlusconi con un Presidente del Consiglio al di sopra delle parti. Qualcuno come Mario Draghi, il governatore della Banca d’Italia, che sia capace e propenso a rischiare i passi necessari per l’abbattimento del debito pubblico e per la ripresa economica.
Ma Berlusconi, del cui operato frattanto neanche un quarto degli italiani si dichiara soddisfatto, non si dimetterà di sua iniziativa. E siccome il suo partito è diventato un’associazione elettorale capeggiata da un dittatore da quattro soldi – e molti deputati eletti percepiscono un doppio stipendio in quanto assunti proprio nei quotidiani e nelle imprese di Berlusconi – l’impulso per un suo abbandono dell’incarico dovrà venire per forza dall’esterno.
Per fortuna si prevede uno scenario semplice. Per il momento l’Italia può farsi prestare denaro solo in caso di necessità, poiché la BCE acquista titoli di stato italiani per miliardi di euro. Per cacciare Berlusconi dal potere, tutti i capi di governo degli altri paesi dell’eurozona dovrebbero solo chiedere pubblicamente le sue dimissioni. In alternativa, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy dovrebbero costringere gli altri partner europei a rifiutarsi di acquistare altri titoli di stato italiani.
Berlusconi è una bomba ad orologeria
Ma questa intromissione, ammettiamolo, drastica non solo è giustificata in quanto un bene per l’Italia, ma non sarebbe che la logica conseguenza di ciò che adesso è nell’interesse immediato dei singoli paesi della zona euro, ossia tagliar fuori dalla scena politica Berlusconi nel più breve tempo possibile.
Finora sono stati gli elettori italiani a doversi vergognare per aver tollerato così a lungo Berlusconi. Ma se non ci diamo da fare in fretta, a breve avremo anche noi seri motivi per vergognarci, ma soprattutto dovremo pagarne le conseguenze, poiché Berlusconi è una bomba ad orologeria per l’euro e uno sgretolamento dell’euro sarebbe fatale anche per l’economia tedesca.
[Articolo originale "Jagt Berlusconi aus dem Amt" di Yascha Mounk]

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