martedì 1 novembre 2011

Federali.sera_1.11.11. Passo delle Termopili----L'Associazione tedesca per il commercio all'ingrosso e le esportazioni è stata colta di sorpresa dall'annuncio del referendum sul piano di aiuti alla Grecia e ha definito la decisione del premier ellenico Georges Papandreou un segnale funesto per i mercati globali.----Franco Adriano: Nella requisitoria per la richiesta di condanna, il pm di Milano, Luigi Orsi, ha sottolineato che Fazio ha una visione personale del potere, insensibile alle norme Ue, ma gli ha riconosciuto che ha avuto il coraggio di venire in aula a riaffermare l'ideologia che lo aveva pervaso, improntata a una visione medioevale della vigilanza. Malfattore o patriota? Ai successivi gradi giudizio, e ai posteri, la sentenza che conta.

Emergenza rifiuti, “Inceneritore Manfredonia non acceso, ma già lavoro.
Condannato Fazio Difese l'italianità
Grecia: Ass. Germania, referendum segno funesto per mercati
Germania. Salario minimo, apertura cdu
Russia. Il tramonto di Kudrin



Emergenza rifiuti, “Inceneritore Manfredonia non acceso, ma già lavoro. Brucierà oltre 125mila t.le”. Il 26 manifestazione
Foggia – SI terrà domani, mercoledì 2 novembre a Bari, il prosieguo del vertice sulla crisi rifiuti a Foggia e in provincia, tenutosi la settimana scorsa in Prefettura a Foggia ( Focus).
 Il Comitato spontaneo contro gli inceneritori in Capitanata ritiene che gli enti locali non possano più demandare l’avvio della raccolta porta a porta (inclusa la frazione organica, l’”umido”) e che la Regione Puglia debba finanziare solo interventi in tal senso, a partire da ora. “Non si può pensare che l’ultimando inceneritore a Manfredonia sia la soluzione, visto che come successo ad Acerra l’accensione dell’impianto va di pari passo con l’inizio dello stato di emergenza. Infatti, è da dire che la bozza del nuovo piano-rifiuti regionale prevede di bruciare circa 1 milione di tonnellate di rifiuti su 2,2 milioni complessivi prodotto in tutta la Puglia in un anno solare. Attualmente l’unico impianto attivo è quello di Massafra in provincia di Taranto”. “Se la situazione a Foggia non dovesse cambiare da ora e se si continuerà ad accumulare alla discarica di Passo Breccioso, l’inceneritore di Manfredonia (che dovrà prima affrontare una fase di collaudo di 6-12 mesi) si troverà a dover bruciare ben di più delle 125.000 tonnellate annue previste. Un aerosol da non poco per i cittadini”, terminano i rappresentanti del Comitato Spontaneo contro gli inceneritori.
Il 26 novembre manifestazione di protesta. Si ricorda che sabato 26 novembre 2011 il coordinamento provinciale ha proclamato una manifestazione pacifica e nonviolenta presso il cantiere dell’inceneritore ETA-Marcegaglia alla località Contrada Feudo della Paglia/Masseria Capppelli, fra i borghi Tressanti e Mezzanone, in agro di Manfredonia. “A tutela della salubrita’ dell’ambiente e dell’articolo 41 della costituzione: “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
 Obiettivo della manifestazione e dei cittadini della capitanata: “mettere in evidenza la totale contrarieta’ della popolazione agli impianti d’incenerimento; chiedere alle istituzioni di intervenire affinche’ l’impianto marcegaglia non entri in funzione e si attivi immediatamente in tutto il territorio la raccolta differenziata con obbiettivo rifiuti zero”

Condannato Fazio Difese l'italianità
 di Franco Adriano  
Condannato per aver tentato di difendere «l'italianità» della Bnl, che poi finì nel pieno possesso della prima azienda di Francia Bnp Paribas. Strano destino quello dell'ex governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, cui il mondo politico faceva pressante appello per difendere «l'italianità» del sistema creditizio, mentre proprio per la sua (non sempre accorta) regìa veniva indagato e ora condannato in primo grado.
L'ex governatore di Bankitalia ha avuto 3 anni e 8 mesi e un milione di euro di multa, al pari dell'imprenditore, editore e finanziere, ma non banchiere, Francesco Gaetano Caltagirone, altro protagonista della vicenda e ritenuto il capo del cosiddetto «contropatto». Il terzo protagonista dello stesso fallito tentativo di Unipol di conquistare la Bnl è costato a Giovanni Consorte, ex numero della compagnia 3 anni e 10 mesi, 1 milione e 300mila euro di multa. Ai tre vanno aggiunti i cosiddetti «furbetti del quartierino» condannati anch'essi. I fatti risalgono al 2005. Il regista Fazio avrebbe promosso l'idea della costituzione di una cordata italiana che contrastasse l'iniziativa degli spagnoli del Bbva. Si rivolse innanzitutto a Giampiero Fiorani poi intervenne Caltagirone e quindi Consorte. L'ex governatore permise a Unipol di salire in Bnl rendendo meno agevole l'offerta pubblica di scambio proposta dal Bbva. Nella requisitoria per la richiesta di condanna, il pm di Milano, Luigi Orsi, ha sottolineato che Fazio «ha una visione personale del potere, insensibile alle norme Ue», ma gli ha riconosciuto «che ha avuto il coraggio di venire in aula a riaffermare l'ideologia che lo aveva pervaso, improntata a una visione medioevale della vigilanza». Malfattore o patriota? Ai successivi gradi giudizio, e ai posteri, la sentenza che conta.

Grecia: Ass. Germania, referendum segno funesto per mercati
L'Associazione tedesca per il commercio all'ingrosso e le esportazioni è stata colta di sorpresa dall'annuncio del referendum sul piano di aiuti alla Grecia e ha definito la decisione del premier ellenico Georges Papandreou "un segnale funesto per i mercati globali". In un'intervista rilasciata a Dowjones Newswires, Anton Boerner, presidente dell'Associazione tedesca ha anche notato che Papandreou "sta giocando con il fuoco".

Germania. Salario minimo, apertura cdu
Pubblicato il01/11/2011 da Pierluigi Mennitti
Messe da parte per un attimo le preoccupazioni legate alla crisi dei debiti sovrani e dell’euro, Angela Merkel è tornata a occuparsi di politica interna. E ha giocato di nuovo d’anticipo, decidendo di rompere un altro tabù della lunga storia politica della Cdu: il salario minimo. Con la terribile serie di sconfitte regionali ormai alle spalle e con le elezioni per Bundestag e cancelleria fissate per l’autunno del 2013, si aprono due anni di relativa calma elettorale con poche urne aperte e molto lavoro di fondo per ricostruire l’immagine di una guida vincente.
E se i socialdemocratici si stanno impantanando un una guerra di trincea sulla scelta del candidato che dovrà sfidare Angela Merkel fra due anni, la cancelliera ha preferito entrare nel vivo della materia politica, cercando di rafforzare il profilo sociale un po’ sbiadito negli ultimi tempi. «Anche se il concetto resta ancora indefinito e il dibattito è appena agli inizi, è ormai chiaro che la Cdu si avvia a considerare l’ipotesi di introdurre un salario minimo», ha scritto la Süddeutsche Zeitung, «seppure senza una soglia minima fissata per legge. Si troveranno invece meccanismi per spingere imprenditori e sindacati a collaborare volontariamente per raggiungere un accordo di base».
Per i cristiano-democratici si tratterebbe di una svolta, non meno simbolica di quella che alcuni mesi fa spostò il partito conservatore dalla tradizionale linea filo-nucleare a quella che ha sancito la fuoriuscita dall’atomo. Per il momento sono rimasti tutti spiazzati: gli industrialisti della Cdu, che ovviamente promettono battaglia e gli avversari dell’Spd, che vedono scipparsi un antico cavallo di battaglia. «Spd e sindacati hanno proposto da molto tempo l’introduzione di un salario minimo garantito dalla legge», ha proseguito il quotidiano di Monaco, «sull’onda del contrasto sempre più stridente nella società tedesca tra i manager delle banche che incassavano milioni di bonus per i loro rischiosi affari e i lavoratori che non riuscivano a mantenere un livello di vita decente neppure quando avevano un lavoro a tempo pieno». Per un’economia cresciuta sotto l’ombrello della definizione di economia sociale di mercato, la ricerca di meccanismi per riequilibrare fattori di sbilanciamento e salvaguardare la compattezza della società è una pratica che appartiene a tutte le componenti politiche, conservatori e liberali compresi.
Così, quasi di colpo, dalle tempeste dei vertici europei sul futuro dell’euro è riemersa la ‘cancelliera sociale’, la Merkel spesso accusata dai suoi avversari interni di avere portato la Cdu sul terreno dell’ideologia socialdemocratica. E, esattamente come accaduto in passato, la cancelliera ha fatto spallucce ai suoi critici e ha deciso di portare fino in fondo la sua nuova battaglia.
Ad accompagnarla, la cosiddetta ala sociale del partito, anch’essa una tradizione dei partiti di ispirazione cristiana, costituita da politici vicini al mondo del lavoro e dei sindacati, per lungo tempo costretta nell’ombra dalla concorrente ala più vicina agli interessi del mondo imprenditoriale. Uno dei suoi esponenti più in vista è Karl-Josef Laumann, ex ministro del Lavoro nella regione  Nord Reno-Vestfalia, una delle roccaforti della Cdu passate di recente sotto la guida di un governo di minoranza rosso-verde. «È lui uno dei promotori dell’introduzione del salario minimo», ha allustrato la Süddeutsche, «e oggi, dopo anni di battaglie contro i mulini a vento, può assaporare i frutti del suo testardo impegno».
La proposta verrà presentata al congresso del partito che si terrà a Lipsia a metà novembre e, da quel che è finora trapelato, si tratterebbe di un progetto che dovrebbe fissare attraverso tabelle tariffarie una soglia minima di salario: il lavoro deve valere di più, deve essere pagato meglio, va spezzata la spirale al ribasso delle retribuzioni che ormai sembra coinvolgere anche i lavori a tempo pieno. Soprattutto in tempi di incertezza economica, questa è la strada migliore per preservare da un lato la qualità del lavoro, ingrediente indispensabile della produzione Made in Germany, dall’altro la compattezza della società, valore sociale irrinunciabile del modello tedesco. «Un partito popolare come la Cdu non può rimanere indifferente di fronte al fatto che un milione di lavoratori di questo Paese guadagni meno di 1 euro all’ora», ha sostenuto Karl-Josef Laumann, «in questo modo non è possibile né sostenere degnamente una famiglia, né assicurarsi un futuro pensionistico».
Un appello che non è rimasto inascoltato. Il partito ha deciso di portare la proposta nel dibattito congressuale d’autunno e una speciale commissione interna è già al lavoro per renderla compatibile con le necessità degli imprenditori e con gli obblighi di un’economia che vuol mantenere alta la sua capacità competitiva. Non mancheranno comunque resistenze sia all’interno della stressa Cdu, dove le componenti più vicine agli ambienti imprenditoriali hanno già promesso battaglia e molti temono che i tanti strappi della Merkel possano snaturare la fisionomia classica del partito, sia nella coalizione di maggioranza, dove i liberali hanno già iniziato a innalzare paletti di difesa.

Russia. Il tramonto di Kudrin
1 novembre 2011
Filipp Čapkovskij, Grigorij Naberejnov, rivista "Ruskij Reporter"
Un ritratto dell`ex ministro delle Finanze, considerato “l`ultimo riformatore”. Ecco come si è spezzato il sodalizio che ha davvero comandato la Russia
Aleksej Kudrin aveva già previsto di dimettersi? Forse, ma a giugno 2011 aveva assunto l`incarico di decano della facoltà delle Arti libere e delle scienze. E molti allora si domandavano: perché il ministro delle Finanze ha preso un ulteriore fardello come capo della facoltà di Economia? Lui spiegava: “il Paese vive una grave penuria di persone capaci di produrre nuove idee e di pensare a livello concettuale”. Ma Kudrin fa innegabilmente parte di questi ultimi.
A vent’anni dal crollo dell’Urss il governo perde il suo ultimo riformatore, un rappresentante del mondo liberale che, in modo spesso doloroso e contraddittorio, andando contro agli umori della popolazione e di gran parte dell’élite, ha cercato di ricostruire l’economia post-sovietica in maniera del tutto nuova.
Secondo Anders Aslund, ricercatore presso l’Istituto di Washington per l’Economia internazionale, “Kudrin ha attraversato la vita reggendosi su due gambe: Čubajs e Putin”. Fino all’inizio dell’era Putin Kudrin ha seguito Čubajs ovunque: al Comune di San Pietroburgo, dove era responsabile delle Finanze; presso l’amministrazione presidenziale, al Ministero delle Finanze. “Non c’era praticamente nessuno che avesse un’esperienza concreta. Per dirigere un nuovo Paese è meglio non avere esperienza del vecchio”, dichiara l’ex compagno di classe e caro amico, Dmitri Travin. In un contesto simile il giovane economista sembrava la persona giusta.
È al Comune di San Pietroburgo che Kudrin ha conosciuto Putin. Quando, nel 1996, Kudrin e Putin si sono trasferiti da San Pietroburgo a Mosca, la coppia non aveva né leader né subordinato. Si trattava piuttosto di due compagni di sventura spalleggiati da Čubajs. Ci sono persino voci secondo cui, nei primi tempi successivi all’arrivo a Mosca, Putin avrebbe abitato nella cucina di Kudrin. Putin seguiva le sue orme, considerato che nel marzo del 1997, per esempio, è stato nominato capo della Direzione generale del controllo dell’amministrazione presidenziale in sostituzione di Kudrin, promosso al Ministero delle Finanze.
Quando Evgenij Primakov è diventato primo ministro, Kudrin ha lasciato il suo posto di primo viceministro delle Finanze per diventare il vice di Anatolij Čubajs nella holding russa del settore energetico Rao Ess. In quel periodo Vladimir Putin superava il suo compagno nell’ascesa al potere, occupando, nell’agosto del 1999, la poltrona di primo ministro. Putin ha voluto Kudrin nel suo governo e nel corso degli ultimi undici anni Kudrin è gli stato sincerante devoto.

Il Signor Niet
Al governo Kudrin è stato soprannominato “il Signor Niet”, in riferimento al ministro sovietico degli Affari Esteri Andrej Gromyko, per aver, come ha affermato lui stesso, rifiutato più volte di dare denaro ai lobbisti che bussavano alle porte del Tesoriere di Stato. Tale soprannome Kudrin se l’è guadagnato quando lavorava al municipio di San Pietroburgo, e non c’è da stupirsi: quando, negli anni Novanta, l’intera economia russa stava precipitando non si trattava di progettare ma solo di sopravvivere.
Ma “il Signor Niet” era così rigido solo con soggetti terzi. Non risultano casi un cui Kudrin abbia rifiutato di sostenere il suo superiore, ragion per cui godeva di una fiducia pressoché assoluta. Ad esempio, nel 2000 il Ministero delle Finanze tardava a effettuare un versamento di 342 milioni di rubli a favore della “ricostruzione della Cecenia”, somma che in effetti rischiava di finire nelle mani sbagliate. Ma in seguito alle lamentele di un responsabile del governo ceceno presso Putin il denaro è stato inviato all’istante.
Tuttavia sarebbe sbagliato pensare a Kudrin come a un semplice portafogli nelle mani di un leader carismatico, che si sia trattato di Čubajs o di Putin. La ragione per cui è stato più volte insignito del titolo di “miglior ministro delle Finanze” (nel 2004 come migliore al mondo, nel 2006 tra i Paesi in via di sviluppo e nel 2010 ancora una volta a livello mondiale), ossia la creazione del Fondo di stabilizzazione, è senza dubbio un merito tutto personale e, come lui stesso afferma, il più grande successo della sua vita.
Per lungo tempo Kudrin è stato convinto del fatto che la politica fosse secondaria rispetto all’economia, ragion per cui secondo lui né l’ideologia, né l’essenza del regime politico del Paese hanno importanza finché c’è la possibilità di gestire efficacemente le finanze. Ha capito troppo tardi che l’urna elettorale era più importante del frigorifero, o almeno che a lungo termine la prima determinava il contenuto del secondo.
Un primo cambio di rotta si è percepito dal suo discorso in occasione del forum di Krasnojarsk nel febbraio del 2011, in occasione del quale ha dichiarato che era impossibile condurre un’economia decente in assenza di una vera concorrenza politica. Nello spiegare le sue affermazioni al New York Times ha dichiarato di essersi riferito ad “alcune tappe del proprio percorso personale”.

Fedele a se stesso
È innegabile che Kudrin non abbia mai dato troppa importanza alla retorica ideologica, ma i suoi principi generali, sempre in materia economica, sono rimasti gli stessi per vent’anni. Oltre alla sua professionalità e al suo assiduo impegno, riconosciuti anche dai suoi più accaniti detrattori, ha dimostrato costantemente trasparenza nel divulgare le azioni del governo, cosa insolita per la politica russa.
 “Date meno retta a Kudrin, vi porterà sulla cattiva strada”, è stata la battuta di Vladimir Putin mentre parlava ad alcuni membri dell’Accademia delle Scienze nel luglio 2011. La battuta del primo ministro era chiaramente bonaria, ma è evidente che Kudrin, durante tutta la sua carriera e sotto ogni governo, ha avuto il ruolo del “poliziotto cattivo” e del capro espiatorio. Ci sono diversi esempi in proposito, ma il più eclatante si è verificato nel maggio del 2009, quando Kudrin ha dichiarato che era possibile che la Russia non vivesse condizioni economiche favorevoli per altri cinquant’anni. Con queste parole aveva scatenato per la prima volta l’ira del Presidente Medvedev, che aveva ribattuto: “Coloro che non riescono a trattenere un eccessivo pessimismo dovrebbero cambiare lavoro”.

Paralleli
Attualmente Kudrin in Russia viene paragonato al primissimo ministro delle Finanze, il conte Aleksej Vasiliev, fortemente contrario alle spese militari che minacciavano di provocare un buco nelle casse di Stato.
È proprio grazie all’azione del ministro delle Finanze che è nato il “cuscino di stabilità” del regime di Putin e che lo ha tenuto in piedi al momento della crisi mondiale. Kudrin e Putin: questo è stato il vero sodalizio a capo della Russia in questi ultimi undici anni. Un duo che si è spezzato, perché Kudrin non si sarebbe mai aspettato di ricevere una richiesta di dimissioni in modo così secco e improvviso.
C’è da rallegrarsi del fatto che una decina di anni fa Kudrin abbia dichiarato: “Per me non c’è gioia più grande di vedere mio figlio che impara ad andare in bicicletta, e comunque non credo che questo possa danneggiare il sistema finanziario russo”. Ora l’ex ministro potrà godere più spesso di queste piccole gioie della vita.

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