venerdì 18 novembre 2011

Federali.sera_18.11.11. Monti e un pugno di voti autonomi e pure speciali, ma che avranno di speciale sti autonomi, voglio essere anch’io speciale ed autonomo.----Bozen, oltrepadania, Marco Rizza: Ci si aspettava da parte Svp una «astensione costruttiva» al voto di fiducia sul governo. E invece al termine del discorso di Mario Monti al Senato decide di votare sì alla fiducia: lo ha fatto ieri a Palazzo Madama e lo replicherà oggi alla Camera.----Berlusconi, da imputato a giudice monocratico.----Carmelo Lo Papa: Il timing del Cavaliere è già partito. «Gli diamo cento giorni di tempo, poi usciamo e si va alle urne».----Oca Giuliva, Rosanna Lampugnani: Volta pagina concendendosi persino quello che può apparire un vezzo: rimpiangere non solo di non aver portato a termine la riforma della Conferenza Stato/Regioni, ma anche di non aver concluso l’accordo per i cartelli bilinguistici in Alto Adige, quelli che lungo i sentieri di montagna indicano dove si trovano le malghe, i rifugi, le piste ciclabili.

Bozen, oltrepadania. Monti: sì all'autonomia. E la Svp vota la fiducia
Il Cavaliere vuole il voto a giugno ."Al governo solo 100 giorni di vita."
Industria, male fatturato e ordinativi
Una famiglia su quattro in Italia rischia il crac
Il governo ungherese dichiara guerra ai barboni
Fitto, tra elogi e rimpianti: «Resto a Roma per il Sud»



Bozen, oltrepadania. Monti: sì all'autonomia. E la Svp vota la fiducia
A Palazzo Chigi anche gli Affari regionali. Il presidente: «Responsabilità e reciprocità»
di Marco Rizza
BOLZANO. Il premier Monti riconosce «il valore costituzionale delle autonomie speciali», insiste sul «duplice binario della responsabilità e della reciprocità» nei rapporti tra Stato e autonomie e assume le competenze su rapporti con le regioni. E incassa la fiducia dell'Svp. Ci si aspettava da parte Svp una «astensione costruttiva» al voto di fiducia sul governo. E invece al termine del discorso di Mario Monti al Senato decide di votare sì alla fiducia: lo ha fatto ieri a Palazzo Madama e lo replicherà oggi alla Camera.
Un gesto raro: sulla fiducia ai governi la Svp ha scelto più spesso l'astensione.
MONTI. «Il riequilibrio di bilancio, le riforme strutturali e la coesione territoriale - ha detto Monti ieri al Senato - richiedono piena e leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali. Occorre riconoscere il valore costituzionale delle autonomie speciali, nel duplice binario della responsabilità e della reciprocità».
In quest'ottica, ha aggiunto, «per rispondere alla richiesta formulata dalle istituzioni territoriali nel corso delle consultazioni, ho deciso di assumere direttamente in questa prima fase le competenze relative agli affari regionali. Spero in questo modo di manifestare una consapevolezza condivisa circa il fatto che il lavoro comune con le autonomie territoriali debba proseguire e rafforzarsi, nonostante le difficoltà dell'agenda economica. In tale prospettiva si dovrà operare senza indugio per un uso efficace dei fondi strutturali dell'Ue». Monti assumerà anche la presidenza della Conferenza Stato-Regioni.
 AL SENATO. Musica per le orecchie Svp. Che decide di schierarsi a favore della fiducia. Lo fa in aula Oskar Peterlini: «Questo esecutivo - ha detto - saprà mostrare la dovuta attenzione per le autonomie speciali e le minoranze linguistiche, e certo che saprà riportare il nostro Paese allo status prestigioso che merita nel contesto europeo ed internazionale. Le autonomie speciali non devono essere oggetto di invidia, ma possono rappresentare un modello per tutti». E lo fanno anche Manfred Pinzger e Helga Thaler Ausserhofer, di cui si dava per probabile l'astensione: «Votiamo la fiducia per responsabilità istituzionale - hanno detto - e valutiamo positivamente la decisione di Monti di assumere le competenze sulle Regioni. L'Alto Adige contribuirà assumendo nuove competenze, a patto che non si tocchino quelle già esistenti e che vengano rispettati gli accordi già presi, a partire dall'Accordo di Milano». Nel merito, Peterlini ha suggerito di tassare «i grandi patrimoni, ma non le case», di aumentare il federalismo e di mettere mano alla riforma elettorale; Pinzger e Thaler puntano invece su detassazione e riforma del mercato del lavoro.
 ALLA CAMERA. Oggi la Svp voterà la fiducia anche a Montecitorio. Con un «ma», come specifica l'onorevole Brugger: «Le parole di Monti ci hanno convinto - dice -, ma ovviamente giudicheremo i provvedimenti man mano che saranno presentati. Se rispetteranno l'autonomia e le minoranze li voteremo, altrimenti no: la nostra è una forte apertura di credito ma non un assegno in bianco». Nei prossimi giorni la Svp incontrerà Monti: «È chiaro che non gli presenteremo subito le nostre richieste - prosegue Brugger -, tutti sanno di che si tratta (regole certe sui finanziamenti, nuove norme di attuazione ecc.) ma in questo momento non sono la priorità a Roma: oggi dobbiamo trovare le misure per non fare fallire l'Italia. È positivo che il premier abbia la competenza sulle Regioni: certo lui sarà oberato di lavoro ma ci saranno i tecnici con cui parlare. L'importante è che riparta il confronto».
 DURNWALDER. «Segnali di attenzione verso le autonomie che lasciano ben sperare nella ripresa del dialogo con il governo»: così il presidente della Provincia Luis Durnwalder ha commentato le dichiarazioni di ieri di Monti. «Il richiamo al valore costituzionale delle autonomie speciali e il fatto che con lungimiranza il nuovo presidente del Consiglio abbia scelto di tenere la delega ai rapporti con le Regioni sono due segnali importanti e incoraggianti in vista del confronto con il governo», ha aggiunto. Adesso «si tratta di misurare con i fatti come queste intenzioni possano tradursi concretamente» nella collaborazione tra Roma e Bolzano. Nel concreto «spero si possano portare avanti obiettivi importanti nell'ottica dell'autonomia dinamica, come le norme di attuazione in attesa, e in una logica ispirata al principio di leale collaborazione tra le istituzioni».

Il Cavaliere vuole il voto a giugno ."Al governo solo 100 giorni di vita."
MARCIA Si chiamerà la "marcia della libertà" la manifestazione di piazza in programma per dicembre
CARMELO LO PAPA
IL TIMING del Cavaliere è già partito. «Gli diamo cento giorni di tempo, poi usciamo e si va alle urne». A Mario Monti «Maradona», per stare solo all'ultimo appellativo che gli ha affibbiato in privato, il presidente del Consiglio uscente non intende concedere più dei tre-quattro mesi necessari a realizzare il «lavoro sporco», i provvedimenti più drastici e impopolari.
IL GOVERNO deve ancora incassare la fiducia e Berlusconi mercoledì notte rivela ai dirigenti più fidati, trattenuti a Palazzo Grazioli dopo l'Ufficio di presidenza Pdl, quello che in gergo aziendale si chiama preannuncio di licenziamento. Di tutto questo, va da sé, non vi sarà traccia nel discorso solenne di apertura e sostegno al governo che oggi l'ex premier terrà alla Camera. Giusto qualche paletto su patrimoniale e ritorno all'Ici, poi discoverde. È la strategia del doppio binario: puntellare Monti in pubblico, sminuirne ruolo e tenuta nei vertici di partito. Per tenere insieme gli ex An, i Sacconi e Brunetta sul piede di guerra, da un lato. E gli sponsor del governo appena nato, dall'altro. Sarà un'impresa. «Nessuno sgambetto a Monti» lo ha avvertito ancora ieri Scajola. A Palazzo Grazioli la musica è diversa. Mercoledì notte solo la prima delle riunioni operative per una campagna elettorale che
LETTERE Una lettera di Berlusconi a ciascuno del milione e 200 mila iscritti, tra le iniziative annunciate
TV E INTERNET Ingaggiata una mega società di consulenza web perla campagna "in stile Obama". Nascerà una tv digitale del Pdl
per Berlusconi «è partita» col milione di manifesti — «Io raddoppio l'impegno» — apparsi ieri mattina in tutta Italia. Il congresso nazionale Pdl che il leader ieri sera alla riunione del gruppo a Montecitorio ha preannunciato perla primavera, segnerà lo spartiacque. «Se tutto va come previsto, il congresso sarà il momento solenne in cui annunceremo la conclusione della parentesi delle larghe intese» racconta uno degli uomini del governo in carica fino a sabato scorso. Insomma, da fí potrebbe scendere il sipario sull'esperienza Monti. Al segretario Alfano, ai capigruppo e po chi altri il C avaliere rivela che ha ingaggiato una mega- società di consulenza internet per lanciare una campagna elettorale «in stile Obama», su piattaforma 2.0. Base operativa saranno i 1.400 metri quadrati lasciati proprio a Palazzo Grazio-li dalla Red tv di Massimo D'Alema, serviranno anche per una Pdl-tv sul digitale. A dicembre, come avvenuto sotto il governo Prodi, sidovrebbetenerelamanifestazione di piazza alla quale l'ex premier chiamerà a raccolta gli elettori del centrodestra. Sogna 1-2 milioni sotto lo slogan de «La marcia della libertà» per un partito che appare più di lotta che di governo, che si muove come se fosse all'opposizione. «Sarò io il manager della campagna elettorale, voglio lo spirito del '94» galvanizza i suoi. E in effetti ha ripreso in mano le redini del partito.
CONGRESSO Berlusconi vuole in marzo-aprile il congresso Pdl. Per ritirare da lì il sostegno a Monti e lanciare la campagna
Non solo oggi terrà lui il discorso a Montecitorio a nome del Pdl, ma anche ieri mattina alla riunione di gruppo al Senato ha parlato per 45 minuti senza mai dare la parola ad Angelino Alfano, pur ripetendo che è «il giovane segretario che tutti ci invidiano». «Con Bossi, state tranquilli, riprenderò a cenare io ogni lunedì» ha rassicurato invece i deputati in serata. Tra gli uomini di Cicchitto, tuttavia, in questo momento prevalgono smarrimento e incertezze. «Ma in ufficio di presidenza dobbiamo trovarci sempre le solite facce?» incalza Alessandra Mussolini che chiede ora che gli ormai ex ministri non ne facciano più parte di diritto. «E un problema che affron teremo in direzione» risponde Berlusconi che ammette l'esistenza del problema. Qualcosa dovrà cambiare ai piani alti. Del partito, ma anche del Giornale di famiglia, forse. Quando uno dei deputati gli chiede conto della linea parecchio aggressiva su Monti che rischia di mettere in imbarazzo il partito, il patron rivela: «Non la condivido. Non posso dirvi di più, ma sto per prendere provvedimenti».

Industria, male fatturato e ordinativi
A settembre il fatturato è sceso del 5,4%, peggior dato dal 2008. Ordinativi meno 8,3%, dato piu' basso dal 2009
18 novembre, 10:14
ROMA  - Il fatturato dell'industria a settembre è sceso del 5,4% (dato destagionalizzato) su agosto, é il dato congiunturale peggiore da novembre 2008. Mentre è salito dell'1,9% (dato corretto effetto per effetti di calendario) su base annua, trainato da mercato estero. Lo rileva l'Istat.
ORDINI SETTEMBRE-8,3%,PEGGIO DA 2009 - Gli ordinativi dell'industria a settembre sono calati del 8,3% (dato destagionalizzato) su agosto, una discesa su cui ha pesato la negativa performance del mercato interno. Si tratta del congiunturale più basso dall'agosto del 2009. Anche su base annua si è rilevato una riduzione del 3,6% (dato grezzo).

Una famiglia su quattro in Italia rischia il crac
 CRISI E SOCIETÀ. Due studi (Ania-Consumatori) e Save the Children lanciano l'allarme
 De Rita: «Ci si sente più poveri e vulnerabili». Nel Nordest, il 7% dei nuclei con bimbi non fa un pasto adeguato ogni due giorni
18/11/2011
ROMA
Vivere alla giornata, perché basta un imprevisto a far saltare i conti. È la realtà di una famiglia italiana su quattro, incapace di far fronte a una spesa improvvisa, e un rischio per oltre nove su dieci, ormai in condizione di «debolezza economica». Emerge da uno studio realizzato dal Forum Ania-Consumatori in collaborazione con l'Università degli Studi di Milano su 3.202 capi famiglie e presentato a Roma, tra gli altri, dal presidente del Censis, Giuseppe De Rita, e dal presidente dell'Ania, Fabio Cerchiai.
FAMIGLIE VULNERABILI. Nel 94% delle case italiane potrebbero esserci problemi ad affrontare eventi traumatici come la perdita del posto di lavoro o malattie, e il 70% riuscirebbe a farvi fronte solo con difficoltà. Del resto, metà degli italiani riesce appena ad arrivare a fine mese, e il 6,1% ha bisogno di ricorrere ad aiuti e prestiti.
Solo il 5,83% delle famiglie è in condizioni di «sostanziale benessere»: sono i fortunati con un livello di istruzione alto, un lavoro stabile e una casa di proprietà. Al contrario, la fragilità aumenta tra i separati e i divorziati, tra le donne e tra gli abitanti del Mezzogiorno.
Lo studio osserva come incidono aspetti comportamentali a partire dall'impulsività nelle scelte di consumo, investimento e indebitamento, e dalla disponibilità ad affrontare sacrifici, tutti fattori che aumentano il rischio di povertà. Appare così un paradosso: di fronte all'aumento della vulnerabilità molti individui si scoprono meno prudenti, meno formiche e più cicale, come spiega il presidente del Censis, Giuseppe De Rita.
SISTEMA INDEBOLITO. «È evidente questa tensione delle famiglie - spiega il sociologo - l'angoscia di tornare indietro, di perdere l'agiatezza conquistata negli anni '70-'80. Non c'è più quella calma relativa perchè comunque un po' di grasso in casa c'era sempre». «La vulnerabilità delle famiglie - secondo De Rita - corrisponde alla vulnerabilità economica del sistema: ci sentiamo fragili non soltanto per lo spread e per il rating, ma anche perché non ci sentiamo più padroni di noi stessi. La famiglia, che è sempre stato il presidio della nostra ricchezza, è diventata vulnerabile come è vulnerabile il bilancio dello Stato».
BAMBINI PIÙ POVERI. Ma non solo. In un Paese sempre più piegato sotto il peso di una grave crisi economica, a pagare il prezzo più alto sono bambini e adolescenti, le cui condizioni di vita in Italia peggiorano sempre più. Negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con un minore è aumentata dell'1,8%, e del 5,7% quella di chi ha 2 o più figli. Sono 1.876.000 i minori che vivono in povertà relativa e 653 mila in povertà assoluta. Si allarga inoltre la forbice tra Sud e Centro-Nord, ma anche nel Nord-Est ben il 7% delle famiglie con minori non riesce a fare un pasto adeguato almeno ogni due giorni.
A fornire queste cifre drammatiche è l'Atlante dell'Infanzia, diffuso ieri da Save the Children alla vigilia della Giornata dell'Infanzia che si celebra il 20 novembre.
Oltre 150 pagine e 80 mappe che restituiscono moltissime informazioni sulla condizione di bambini e adolescenti del nostro paese. Quello «fotografato» dall'Atlante di Save the Children è un pianeta infanzia che in una Italia che invecchia si riduce sempre di più. Napoli, Caserta, Barletta-Andria-Trani sono infatti le uniche province «verdi» italiane, quelle cioè‚ in cui la percentuale dei giovani fino ai 15 anni rimane maggioritaria sugli over 65. L'Atlante analizza l'impatto della crisi economica sui bambini e sugli adolescenti. La dispersione scolastica; i servizi per l'infanzia (asili nido in testa) disponibili «a macchia di leopardo», con differenze notevoli da regione a regione. In cima alla classifica della dispersione scolastica il Sud con la Sicilia (26%), seguita dalla Sardegna (23.9%) e da Puglia e Campania (23%), ma anche il Nord con la provincia di Bolzano (22,5%) e la Valle d'Aosta (21,2%).

Il governo ungherese dichiara guerra ai barboni
Il parlamento di Budapest ha varato misure draconiane contro i senzatetto Si va dalla multa salata all’arresto. Le Ong in rivolta: «Legge disumana»
di Stefano Giantin
BELGRADO
Come se non bastasse la severa vita di strada che già devono sopportare, sulla loro testa pendono ora anche sanzioni pecuniarie e addirittura il carcere. Sarà un inverno più duro del solito quello degli “homeless” ungheresi, senzatetto, mendicanti e vagabondi. Il Parlamento di Budapest ha approvato infatti un emendamento alla legge sui reati minori, proposto nei mesi scorsi dal partito di centro-destra a maggioranza assoluta, la Fidesz di Viktor Orban, premier bollato come populista e autoritario dai suoi critici all’estero e in patria. La nuova norma contempla, per punire con maggior rigore «l’uso irregolare di aree pubbliche», multe fino a 473 euro oppure la galera ed entrerà in vigore dal primo dicembre. Ai colpevoli di dormire sotto le stelle sarà concessa, per legge, una sola possibilità di sgarrare. Se colti nuovamente in fallo, i recidivi dovranno a quel punto pagare la salata ammenda o finire dietro le sbarre. Coloro i quali, fra i senza fissa dimora e in generale fra i carcerati, indosseranno in futuro la divisa a scacchi, potranno anche essere assegnati a lavori socialmente utili. E non dovranno comunicare con la stampa o rilasciare interviste a pagamento. «La nuova legge permette di recludere i senzatetto solo perché non hanno una casa, non per altre ragioni», specifica Balint Vojtonovszki, attivista di una delle associazioni più impegnate contro la stretta governativa verso gli homeless, “A Varos Mindenkie” (La città per tutti). «L’Ungheria è nel pieno della crisi economica, il governo perde consensi e questo è il classico modo per creare un capro espiatorio. La gente così potrà puntare il dito non contro l’esecutivo, ma verso i senzacasa. Chi ama colui che vive per strada?», si chiede. Ma la legge «è una falsa soluzione. Anche se vanno in prigione per due mesi, dopo saranno ancora senzatetto e di nuovo relegati in carcere», prevede l’attivista. «Non è criminalizzando chi dorme per strada che si risolve il problema, è il modo sbagliato. In Ungheria hanno deciso di infliggere multe molto alte ai senzatetto, che non potranno onorarle. Se non salderanno, finiranno in prigione. La galera è uno dei servizi pubblici più cari che esistano. E in ogni caso dopo un po’ usciranno dal carcere e torneranno per strada», conferma Freek Spinnewijn, direttore della Federazione europea delle associazioni che lavorano con gli homeless (Feantsa). Quella ungherese, suggerisce, è una trovata d’altri tempi, utilizzata in certe aree d’Europa fino a 30 anni fa. «In un certo numero di Paesi Ue, si sono implementate a livello locale misure contro chi chiede l'elemosina, ma la criminalizzazione a livello nazionale dei senzacasa è qualcosa di inedito. Al momento, l'Ungheria è un’eccezione e mi auguro che tale rimanga», rincara. Forse per placare le polemiche, Budapest ha tuttavia anticipato che non applicherà la legge prima che siano approntati dei rifugi pubblici per i vagabondi. Ma la promessa non convince Vojtonovszki. «I rifugi non sono una soluzione, un’adeguata politica della casa lo è. I nuovi ricoveri non saranno poi pronti entro dicembre e anche se lo fossero potrebbero ospitare solo seicento persone». Un dato inferiore alle stime della polizia, secondo la quale sarebbero circa mille i vagabondi nella sola Budapest. Il segno più visibile – e assai scomodo per chi governa – dell’acuta crisi ungherese.

Fitto, tra elogi e rimpianti: «Resto a Roma per il Sud»
L’ex ministro: non sarò di nuovo governatore in Puglia
«Conta l’efficacia delle politiche per il Meridione»
BARI - Mentre i colleghi si occupavano degli scatoloni necessari per sgomberare gli uffici, Raffaele Fitto completava il suo lavoro, proprio secondo gli impegni assunti con l’Unione europea e con i governatori meridionali. Il 15, infatti, sono scaduti i termini per riprogrammare gli 8 miliardi del cofinanziamento nazionale dei fondi europei. Insomma, il ministro per i Rapporti con le Regioni e per le politiche di coesione lascia al successore, Fabrizio Barca, i conti in ordine. Ma, attenzione - ribadisce seduto su un divanetto del Transatlantico deserto - tornare a fare il semplice deputato non significa compiere il primo passo di avvicinamento alla Puglia, nel senso di tornare a fare politica nel Tacco, magari per ricandidarsi alla Regione nel 2015. Se qualcuno l’ha pensato in questa settimana, da quando è caduto il governo Berlusconi, sbaglia. Fitto è, infatti, lanciato verso altri traguardi nazionali, del resto è tra i ministri il cui lavoro è stato apprezzato a destra come a sinistra. Anzi, lui non lo ammetterà mai - così come non ha divulgato la notizia dell’accordo firmato martedì - ma nei ragionamenti sulla formazione del nuovo governo, nell’ipotesi dell’ingresso di politici, il suo nome era tra i più gettonati: dalle Regioni meridionali e non solo, dal commissario europeo Johannes Hahn ed era ben visto anche al Quirinale che ha sempre seguito con sollecitudine le politiche per il Mezzogiorno. E del resto, quando si chiede all’ex ministro qual è l’eredità che lascia a Barca, lui insiste su un concetto: «In un periodo di grandissimo contrasto politico l’interlocuzione tra diversi soggetti è in controtendenza e di questo vado molto fiero».

Fitto conosce bene Barca, con lui ha lavorato soprattutto in questo ultimo anno, da quando, sotto l’urgenza della crisi economica e della possibilità che le Regioni perdessero, alla scadenza del prossimo 31 dicembre, una parte dei fondi europei, si è deciso di dare una stretta: prima con molte resistenze e poi convintamente i governatori hanno convenuto che così come prima funzionavano le cose «non si sarebbe andati lontani. La spesa era parcellizzata, vi erano troppe misure da finanziare, pochi si assumevano le responsabilità dei propri atti e decisioni. In sostanza tutti ci siamo trovati d’accordo della necessità di profondi cambiamenti da apportare alle politiche di coesione». Anche Barca ne è stato convinto, lui che nel 1998 di fatto ha creato, sulla spinta di Ciampi, il dipartimento che l’anno scorso è diventato una delega ministeriale aggiunta a quella per i Rapporti con le Regioni. Il dipartimento nacque sul presupposto che le politiche per il Sud dovessero partire dal basso, che le Regioni fossero in grado di spendere bene e velocemente le risorse europee, il tempo ha dimostrato che non è andata così, che l’intelaiatura di un disegno non sempre è sufficiente a contenere pratiche corrette.

E proprio partendo da questi ragionamenti condivisi Fitto ritiene che Barca continuerà sulla strada intrapresa un anno fa. Del resto se l’incarico affidato a colui che viene da Bankitalia e ha presieduto il comitato per le politiche territoriali dell’Ocse è quello di occuparsi esclusivamente delle Politiche di coesione (la delega per i Rapporti con le Regioni andrà in capo alla presidenza del consiglio) significa che c’è attenzione grande e puntuale per il Sud, come ha ribadito ieri Monti al Senato con il suo intervento programmatico. «La denominazione c’era già - chiosa Fitto, rispondendo così anche all’ex collega Roberto Calderoli che aveva attaccato la scelta del nome del dicastero di via della Stamperia - averla sottolineata è stata una scelta molto positiva. Le critiche sul numero dei ministri meridionali sono sempre negative, ciò che conta è attuare politiche efficaci per il Sud e Monti conosce bene l’intero Paese». Dunque Fitto volta pagina, ricordando gli scontri avuti all’interno del governo, anche con Berlusconi, quando si trattava di adottare misure per il Mezzogiorno e la Puglia. Volta pagina concendendosi persino quello che può apparire un vezzo: rimpiangere non solo di non aver portato a termine la riforma della Conferenza Stato/Regioni, ma anche di non aver concluso l’accordo per i cartelli bilinguistici in Alto Adige, quelli che lungo i sentieri di montagna indicano dove si trovano le malghe, i rifugi, le piste ciclabili.
Rosanna Lampugnani

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