mercoledì 2 novembre 2011

Federali.sera_2.11.11. Cagliari. La legge salva-agricoltura finora ha predicato nel deserto. Nel deserto della burocrazia e della politica. A denunciarlo è la cooperativa dei Pastori associati Sardegna. È un comunicato dai toni duri, quello di chi «ogni giorno vede precipitare il prezzo del latte e della carne, mentre tutto il resto aumenta: dal foraggio ai mangimi, dal concime al gasolio.----In Sardegna, i capi allevati nel 2000 erano 193.890. Nel 2010 sono scesi a 169.278 con una perdita del 12 per cento. Le aziende suinicole dell'Isola, nel 2010, sono scese a 4.852, mentre nel 2000 erano presenti 12.577 società, con una perdita di 8.066 unità (che equivale al 62 per cento): tutte imprese per la stragrande maggioranza piccole o medio-piccole.

L'UNIONE SARDA - Economia: «Con la peste suina danni incalcolabili alle aziende dell'Isola»
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: «Stato di calamità per la pastorizia»
Welfare in Puglia. Disabili e anziani nascono 27 centri
Bozen. Adunata, dietrofront Lega: ci saranno anche gli Alpini Padani
Grandi aziende delocalizzano. Call center in Albania e Romania
Spagna, Pmi manifattura ottobre in contrazione per sesto mese di fila



L'UNIONE SARDA - Economia: «Con la peste suina danni incalcolabili alle aziende dell'Isola»
02.11.2011
ALLARME. La denuncia della Cia
La peste suina rischia di dare un colpo mortale agli allevatori sardi. Servono «strategie e misure realmente incisive e un'azione coordinata con le rappresentanze delle imprese». Il pericolo può venire anche dal governo, soprattutto «se il ministero della Sanità imponesse un blocco totale e indiscriminato delle movimentazioni, macellazioni ed esportazioni». Il presidente della Cia Sardegna Martino Scanu, intervenendo nella riunione della Giunta nazionale della confederazione, nei giorni scorsi, ha espresso «una forte preoccupazione per quanto sta avvenendo nel comparto suinicolo sardo».
I NUMERI In Sardegna, i capi allevati nel 2000 erano 193.890. Nel 2010 sono scesi a 169.278 con una perdita del 12 per cento. Le aziende suinicole dell'Isola, nel 2010, sono scese a 4.852, mentre nel 2000 erano presenti 12.577 società, con una perdita di 8.066 unità (che equivale al 62 per cento): tutte imprese per la stragrande maggioranza piccole o medio-piccole. «Un fenomeno inaccettabile, di fronte a processi di modernizzazione, è costituito dal permanere di allevamenti abusivi e non controllati che alimentano la macellazione clandestina», accusa Scanu. «E questo a danno delle aziende che con sforzi enormi, anche dal punto di vista finanziario, hanno costruito strutture e allevamenti capaci di stare sul mercato».
LA CRISI La situazione è «intollerabile e non può più essere accettata». Occorrono «immediati e radicali cambiamenti nelle strategie perseguite in questo settore». In altre parole, lamenta Scanu, «va ripensata la politica di sanità animale». Tuttavia, il pericolo vero, ribadisce il presidente regionale della Cia, «è rappresentato da alcuni focolai di peste suina con i quali si torna al blocco di tutto il settore, e come si può immaginare, allo stop della movimentazione, della macellazione e dell'esportazione. Gli animali», spiega Scanu, «rimangono nelle aziende causando problemi di sovraffollamento, difficoltà alla gestione sanitaria e ulteriori costi di mantenimento non più sostenibili».
LA POLITICA Insomma, secondo il leader della Cia, «sono necessari cambiamenti profondi nella gestione del settore che salvaguardino gli allevamenti sani con provvedimenti differenziati, consentendo a quelli accreditati di poter continuare ad operare con deroghe controllate al fine di consentire la macellazione dei capi prodotti». Allo stesso tempo, però, serve «una politica severa e rigida nei confronti di chi non riesce a gestire gli allevamenti rispettando le normative in materia sanitaria, con controlli sui capi bradi. Comunque», conclude Scanu, «per uscire dalla crisi è fondamentale un'azione coordinata che veda coinvolte le rappresentanze degli agricoltori». Lanfranco Olivieri

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: «Stato di calamità per la pastorizia»
02.11.2011
La cooperativa Pastori associati chiede interventi alla Giunta e accusa: «La legge 15 è rimasta sulla carta, la categoria è alla fame»
CAGLIARI. La legge salva-agricoltura finora ha predicato nel deserto. Nel deserto della burocrazia e della politica. A denunciarlo è la cooperativa dei «Pastori associati Sardegna». È un comunicato dai toni duri, quello di chi «ogni giorno vede precipitare il prezzo del latte e della carne, mentre tutto il resto aumenta: dal foraggio ai mangimi, dal concime al gasolio». È un disastro e il risultato è scontato purtroppo: «Le imprese ovicaprine sarde vivono un dramma che è diventato quotidiano», scrivono i «Pastori associati», per poi aggiungere: «Oltre che dal mercato siamo schiacciati da una Regione che dice molto e invece fa molto poco». Prima di puntare il dito contro la legge 15 dell’allora assessore all’agricoltura Andrea Prato, la cooperativa sin dall’inizio ha una richiesta perentoria: «Siamo ormai ben oltre l’emergenza - è scritto nella nota - e per questo chiediamo alla Regione di dichiarare lo stato di calamità per la pastorizia. Devo decidere in tempi stretti, per evitare che «la crisi continui a spazzare via le aziende e a cancellare l’ultima speranza di lavoro in Sardegna». Legge 15. L’atto di accusa dei «Pastori associati» è secco: «È rimasta inattuata - scrivono - a cominciare dagli aiuti de minimis. L’annualità 2010 non è stata ancora completamente pagata, mentre per i due anni successivi, 2011-2012. viviamo nell’incertezza, dopo che la dotazione finanziaria è stata addirittura dimezzata». La legge salva-agricoltura è zeppa di “buchi neri”, secondo i pastori: «Il consorzio Fidi è rimasto sulla carta, così come i prestiti agevolati». Stesso discorso vale per «l’articolo che prevedeva incentivi per le aziende disposte a destinare il latte (erano previsti oltre ventimila litri) a produzioni diverse dal Pecorino romano». Poco o nulla è stato fatto, è la conclusione della cooperativa. Sempre più in basso. Come se non bastasse l’escalation dei prezzi delle materie prime - scrivono ancora i «Pastori associati» - «siamo alle prese con la siccità che si accanisce sulle aziende, con l’esaurimento delle scorte di foraggio proprio nel momento più delicato della stagione, quello della gravidanza delle pecore». A suo tempo, denunciano, «i terreni li abbiamo seminati, con migliaia di euro spesi per le foraggere, ma la siccità di questi mesi ha bruciato anche queste nostre ultime speranze di risollevarci». La richiesta alla Giunta di dichiarare subito la crisi generalizzata del settore, a questo punto, è inevitabile, scrivono i pastori: «Dobbiamo aggrapparci a quel provvedimento, altrimenti sarà la fine per tutti». (ua)

Welfare in Puglia. Disabili e anziani nascono 27 centri
BARI  - Via alle nuove infrastrutture sociali in tutta la Puglia, finanziate dalla Regione con le risorse dei fondi Fesr. Nei giorni scorsi sono stati infatti firmati i disciplinari di attuazione per la concessione di finanziamenti regionali per 27 progetti di investimento privati, 1 progetto di investimento della «ASP Vittorio Emanuele» di Trani, e i progetti di investimento del piano presentato dall'Ambito territoriale di Brindisi.
In particolare, i 27 progetti privati sono risultati vincitori dell’Avviso pubblico di selezione dell'11 luglio scorso: nelle prossime settimane l'erogazione del primo 50% dei contributi concessi per ciascuno di loro onde avviare i cantieri e sviluppare investimenti complessivi per quasi 33 milioni di euro, di cui circa 16,5 milioni sono i contributi regionali.
Dei 27 disciplinari alla firma, 8 riguardano strutture della provincia di Lecce (5 milioni di euro), 6 della Bat (2,9 milioni), 5 della provincia di Bari (3,5 milioni), 4 della provincia di Foggia (4,3 milioni) e 3 della provincia di Brindisi (660mila euro). A rimanere fuori, momentaneamente, la sola provincia di Taranto. È prevista la realizzazione di 8 strutture per anziani (5 residenze socio-sanitarie assistite, 1 residenza sociale, 1 casa alloggio per anziani autosufficienti e 1 casa di riposo) e 8 strutture per disabili (3 comunità socio riabilitative, 3 centri socio educativi, 1 centro polivalente e 1 residenza sociosanitaria assistita). Sono 6, invece, le strutture per minori e prima infanzia: si tratta di 2 centri socio-educativi, 2 comunità educative, 1 ludoteca e 1 asilo nido. Tre, complessivamente, invece le strutture dedicate alle madri in difficoltà e prive di supporto familiare, di cui 2 comunità alloggio e 1 gruppo appartamento. Le altre due strutture riguardano, infine, 1 centro di pronta accoglienza per adulti e 1 casa per la vita.
«Èla risposta concreta e immediata - dichiara l’assessore al Welfare Elena Gentile - che la Regione preferisce dare alla crisi e ai tagli lineari che il Governo nazionale intende operare. C'è un bisogno sociale che non si può ignorare e c'è una buona e sana economia che le politiche regionali devono sostenere, non con la logica assistenziale, ma con la logica dell'investimento per uscire dalla crisi».
Alla firma sono andati, la scorsa settimana, anche due disciplinari di Ambiti territoriali per un finanziamento complessivo di 3,7 milioni di euro. Si tratta della sottoscrizione di due piani di investimenti per la realizzazione di strutture sociali e sociosanitarie negli ambiti territoriali: il piano dell’ambito di Brindisi che include 3 progetti, con un contributo regionale di 3 milioni di euro per la realizzazione di un centro diurno minori, due strutture residenziali e una diurna; il primo disciplinare finanziato con le risorse della misura 3.4.1 dell’ambito di Putignano, per un ammontare complessivo di 700mila euro.

Bozen. Adunata, dietrofront Lega: ci saranno anche gli Alpini Padani
"L'adunata degli alpini a Bolzano deve diventare un momento di aggregazione e si deve lavorare in direzione della pacifica convivenza tra il gruppo italiano e quello tedesco"
BOLZANO. "L'adunata degli alpini a Bolzano deve diventare un momento di aggregazione e si deve lavorare in direzione della pacifica convivenza tra il gruppo italiano e quello tedesco". Lo dice la consigliera regionale Elena Artioli, intervenendo sull'equivoco per i calcoli delle spese fatti dal consigliere comunale Clauduio Degasperi.
"I nostri Alpini - afferma Artioli - sono quindi i benvenuti a Bolzano. Con il suo comunicato Degasperi ha fatto emergere, però, alcuni aspetti dell'amministrazione bolzanina, incapace di gestire l'adunata senza il contributo della protezione civile provinciale". "Degasperi - prosegue la leader del Carroccio - ha ragione a sottolineare che Spagnolli sia tenuto quanto prima a sanare l'indebitamento della città".
Sulla questione adunata quindi la Lega Nord fa sapere che parteciperanno anche gli Alpini Padani, associazione facente riferimento al Carroccio.
2 novembre 2011

Grandi aziende delocalizzano. Call center in Albania e Romania
Un’inchiesta di “Terre di mezzo“, street magazine di novembre, dal titolo “Albania chiama Italia”, realizzata da Stefania Prandi, mette luce come alcune grandi aziende italiane impieghino all’estero giovani locali che parlano un ottimo italiano, spesso migranti di ritorno, nei call center da cui partono le chiamate per l’Italia.
Comunicato del 02/11/2011
Secondo il mensile, dopo calzaturifici e aziende manifatturiere, anche i call center si stanno trasferendo in Albania, ma anche in Romania, Tunisia e Turchia. Paesi in cui molti giovani parlano italiano, grazie alla nostra tivù che hanno visto fin da piccoli e all’esperienza di studio e lavoro che molti di loro hanno vissuto nel nostro Paese. La delocalizzazione dei call center non è cosa nuova. ma le imprese italiane preferiscono non farlo sapere ai loro clienti per una questione di immagine.
L’inchiesta riporta le testimonianze di giovani operatori albanesi impiegati nei terminal telefonici di Tirana e le osservazioni della giornalista in visita in un call center di Scutari gestito da un imprenditore calabrese. In queste sedi vengono svolti principalmente servizi di informazione, supporto tecnico o pubblicità di offerte commerciali, per alcune importanti compagnie telefoniche o di indagini statistiche italiane.  Telecom, Wind, Infostrada, Doxa, Sara Assistance sono le principali committenti.
A chiamare l’Italia sono soprattutto studentesse universitarie che guadagnano da 1,5 ai 2,5 euro all’ora, per un totale che va dai 150 ai 450 euro al mese. Una retribuzione sicuramente sopra la media locale, visto che un dipendente statale percepisce mediamente circa 200 euro. Le operatrici chiamano in Italia dicendo di chiamare da Milano o Roma, secondo le indicazioni dei responsabili, e se qualche cliente, accorgendosi dell’accento si insospettisce e chiede che tempo fa, “rispondono consultando velocemente Google”, come scrive la giornalista.
D’altra parte, saltano posti di lavoro nei call center italiani. Secondo il Sindacato dei lavoratori della comunicazione della Cgil, lo spostamento delle commesse di questi ed altri gruppi aziendali, ha portato alla perdita di 9 mila posti di lavoro, dal settembre 2009 ad oggi, e alla messa a rischio di altri 13 mila posti.

Spagna, Pmi manifattura ottobre in contrazione per sesto mese di fila
Il settore manifatturiero della Spagna in ottobre mostra una contrazione per il sesto mese consecutivo alimentando i timori che la quarta economia della zona euro possa finire in recessione entro l'inizio del prossimo anno. L'indice Pmi elaborato da Markit mostra per ottobre un valore pari a 43,9, in lieve miglioramento dai 43,7 di settembre ma sempre sotto la soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione.
A settembre l'indice aveva mostrato il peggior rallentamento da giugno 2009, mese in cui la Spagna era in recessione profonda. La lettura di ottobre è invece la seconda peggiore nello stesso periodo. L'indice dell'occupazione è sceso a 44,2, livello più basso in quasi due anni. L'indice dei prezzi input è sceso per la prima volta da agosto 2009, mentre quello dei prezzi output continua a scendere a causa della forte competizione.

Nessun commento: