sabato 5 novembre 2011

Federali.sera_5.11.11. G20: Padan’s Internationals Figurelle.----FT: In the name of God and Italy, go!-----Roberto Perotti: L'Italia è sull'orlo del baratro. Può fare un passo indietro, ma per farlo deve prendere coscienza di due fatti. Primo, è nella situazione attuale esclusivamente per colpe proprie: la Merkel, Sarkozy, i mercati, la Bce, i monetaristi e gli speculatori non c'entrano. Secondo, l'Europa non può salvarci, e non perché sia tecnicamente impossibile, ma perché è politicamente improponibile; continuare a invocare gli eurobond, la Bce, o "più Europa", serve solo ad allontanare la soluzione dei problemi.

Sicilia, Isola ricca di famiglie povere
Berlusconi, il Financial Times preme: «Vattene in nome di Dio e dell'Italia»
Rendere il debito meno rischioso
Grecia: Papandreou ottiene la fiducia del Parlamento



Sicilia, Isola ricca di famiglie povere
di Giulia Cosentino
Lo dice l’11° Rapporto sulla Povertà del nostro Paese curato da Caritas e Fondazione Zancan. Sono il 48,6% quelle che non riescono ad affrontare spese impreviste (48,6%)
PALERMO – “Essere poveri significa negazione del diritto al lavoro, alla famiglia, all’abitazione, ma anche alla giustizia, all’educazione, alla salute”. In poche righe è racchiuso tutto il pensiero presente in “Poveri di diritto”, l’undicesimo rapporto sulla povertà nel nostro Paese curato dalla Caritas e dalla Fondazione Zancan. La fotografia scattata rileva un quadro pressoché in bianco e nero, spoglio e decisamente triste. Dagli aspetti analizzati, secondo dati statistici, l’Italia è sempre più un Paese “ricco di poveri”. Ed è proprio questo stato ad incrementare il numero di italiani che ricorrono sempre più a forme di sussidi economici, principalmente dalla Caritas. Secondo la Zancan difatti, il numero delle richieste rivolte ai centri di ascolto della Caritas diocesane è aumentato dell’80,8%, così come negli ultimi tre anni, secondo quanto rilevato dal campione di 195 centri di ascolto in 15 regioni, è cresciuto il numero di coloro che si rivolgono ai centri di ascolto con il 19,8% . E anche in questo caso non manca la netta spaccatura tra Nord e Sud. L’aumento più elevato si registra infatti nel Sud Italia (+69,3%), mentre a Nordest il trend è più contenuto (+3,8%).
 Tra le regioni più agiate spicca sul podio la Lombardia dove l’indice della povertà è inferiore rispetto alla media nazionale e addirittura viaggia in controtendenza al rapporto della crisi. Basta pensare che nel 2009 la povertà coinvolgeva il 4,4 delle famiglie residenti, mentre nel 2010 solo il 4,0 % delle famiglie. Seconda in classifica è l’Emila Romagna che nel 2010 ha visto il 4,5% delle famiglie residenti nella regione collocarsi sotto la linea di povertà relativa. Medaglia di bronzo per l’Umbria che, come la Lombardia, viaggia in controtendenza rispetto al resto d’Italia: mentre nel 2009 la povertà coinvolgeva il 5,3% delle famiglie residenti, nel 2010 solo il 4,9%.
 Ultime in classifica Basilicata, Sicilia e Calabria. Ma guardiamo più nel dettaglio i dati della nostra Regione. In Sicilia, l’incidenza della povertà relativa è superiore alla media nazionale: nel 2010 il 27% delle famiglie siciliane si collocava sotto la linea di povertà relativa. Rispetto al 2009 la povertà è aumentata di 2.8 punti percentuali (coinvolgeva il 24,2% delle famiglie residenti) e tutti gli indicatori di povertà e di disagio economico proposti e analizzati dal’Istat, evidenziano una situazione del tutto negativa. Tra le difficoltà principali registrate la percentuale di famiglie che non riesce ad affrontare le spese impreviste (48,6%) e la difficoltà ad arrivare a fine mese (27,8%).
 Ed è sulla base di questi elementi che le Caritas diocesane hanno promosso la costituzione di osservatori delle povertà e delle risorse, con lo scopo di fornire alle comunità locali la base informativa necessaria per la programmazione sociale e pastorale. In Italia sono 158 gli osservatori diocesani delle povertà e delle risorse attivi. In Sicilia, sono presenti 12 osservatori e sono rilevabili attività stabili di lettura dei fenomeni sociali in 14 diocesi. Tre i dossier regionali finora prodotti: nel 2005, nel 2007 e nel 2011.
Solidarietà. In Sicilia risultano attivi 72 progetti
PALERMO – Tra le attività più specifiche offerte dalla Caritas fanno parte i progetti “8xmille” destinati agli interventi caritativi in ambito nazionale. Nel corso del 2009 sono stati realizzati in totale 238 progetti con un importo complessivo di 14 milioni di euro, mentre in Sicilia sono stati finanziati 27 progetti, 20 dei quali relativi a specifici ambiti di bisogno. Fino allo scorso mese di maggio sono state presentate 806 iniziative attive presso 203 diocesi. In Sicilia risultano attivi 72 progetti (nel 2009 erano 41). Rispetto al 2009, nell’Isola i progetti anticrisi economica sono aumentati del 75,6%. Di contro, appaiono poco diffuse le attività di microcredito per le imprese avviate su iniziativa diretta delle diocesi siciliane. Anche le mense offrono un servizio per i disagiati: su 36 mense presenti, nel 2009, sono stati erogati 242.947 pasti, pari ad una media di 666 pasti al giorno. A questo si aggiunge anche la spesa complessiva dei Comuni siciliani (pari a 70,33 euro procapite), la spesa destinata al disagio economico (+13%) e quella specifica per la povertà (-40%). In Italia, la spesa per la povertà incide per il 30,8% sul totale della spesa sociale complessiva. In Sicilia tale incidenza è pari al 34,1% (3.3 punti percentuali in più rispetto al valore medio nazionale).
Articolo pubblicato il 05 novembre 2011

Berlusconi, il Financial Times preme: «Vattene in nome di Dio e dell'Italia»
Il principale quotidiano economico Regno Unito dedica l'ditoriale al premier italiano e anche la prima pagina
MILANO - «In the name of God and Italy, go!». In nome di Dio e dell'Italia, vattene. Il destinatario della accorata supplica è il premier Silvio Berlusconi. Autore della richiesta il Financial Times, che dedica al Cavaliere un editoriale pubblicato all'indomani del vertice del G20 di Cannes, in cui l'Italia ha chiesto il monitoraggio del Fondo monetario internazionale (Fmi) sull'applicazione delle riforme raccomandate dall'Unione europea.
«BERLUSCONI MINIMIZZA...» - Alla crisi dell'Italia, il principale quotidiano economico e finanziario del Regno Unito dedica anche la prima pagina, titolando «Berlusconi minimizza la crisi del debito» e pubblicando una fotografia che ritrae Berlusconi che parla in conferenza stampa, con accanto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che ha la testa bassa e le mani a sistemare le asticelle degli occhiali. «Che il Fmi monitori i progressi di Roma può solo essere positivo - scrive il Ft nell'editoriale - tuttavia tutto questo rischia di essere minato dalla permanenza del suo attuale premier». Quindi, conclude il giornale della City, «dopo due decenni di spettacolo inconcludente, le uniche parole da rivolgere a Berlusconi rimandano a quelle usate da Oliver Cromwell nella storica intimazione al Parlamento inglese. «In the name of God, go!».
Redazione Online
05 novembre 2011 09:26

Rendere il debito meno rischioso
L'Italia è sull'orlo del baratro. Può fare un passo indietro, ma per farlo deve prendere coscienza di due fatti. Primo, è nella situazione attuale esclusivamente per colpe proprie: la Merkel, Sarkozy, i mercati, la Bce, i monetaristi e gli speculatori non c'entrano. Secondo, l'Europa non può salvarci, e non perché sia tecnicamente impossibile, ma perché è politicamente improponibile; continuare a invocare gli eurobond, la Bce, o "più Europa", serve solo ad allontanare la soluzione dei problemi.
Da inizio anno le azioni delle maggiori banche italiane hanno perso tra il 40% e il 60% del loro valore; negli ultimi due anni tra il 60% e il 75 per cento. La spiegazione, quasi unanime, è che ciò sia dovuto all'accanimento della speculazione internazionale, ed ora anche della European banking authority, che vuole imporci una ricapitalizzazione maggiore che alle banche francesi e tedesche. Sembrerebbe non possa esserci altra spiegazione.
Dopotutto, si ripete da anni, il sistema bancario italiano è "fondamentalmente più solido" che in tutti gli altri Paesi europei, perché "noi non abbiamo i derivati" e "il risparmio delle famiglie è tra i più alti del mondo".
Ma i dati dicono anche qualcosa d'altro. Ciò che sta succedendo all'Eurozona ha una causa principale: il debito italiano (la Grecia ormai è storia). Le banche italiane, è vero, hanno pochi derivati, ma sono piene di titoli di Stato italiani: nelle due maggiori banche italiane questi sono pari all'83% e 133% del patrimonio di vigilanza, secondo dati di Mediobanca e Goldman Sachs. Tra le due maggiori banche di ogni altro Paese, solo le spagnole Bbva e Santander hanno esposizioni comparabili a titoli di Stato rischiosi, per via ovviamente dell'esposizione al debito spagnolo; le altre raggiungono valori massimi del 40%. E nessuna di queste ha la stessa percentuale di crediti dubbi: il 117% e l'85% del patrimonio di sorveglianza per le due maggiori banche italiane.
Questi sono i fatti. Ci sono giustificazioni: la recessione per esempio, che però c'è stata anche negli altri Paesi. Le banche italiane hanno anche un costo dei fondi più alto, perché risentono del rischio Paese; e i loro acquisti di titoli di Stato sono stati condonati dalle regole vigenti, che consideravano il debito sovrano a rischio zero. Una spiegazione meno caritatevole è invece che alcune banche italiane abbiano in parte soggiaciuto a pressioni più o meno esplicite del potere politico nazionale e locale. Se così fosse, ne dovrebbero rispondere agli azionisti; ma tra i maggiori azionisti sono le fondazioni, che proprio indipendenti dal potere politico non sono.
In ogni caso, i fatti restano, e negarli non aiuta. Anzi, minimizzare i problemi ha un costo: si sopravvalutano gli effetti e la probabilità di un aiuto dal resto d'Europa, o dall'Fmi. Questo è molto rischioso. Prendiamo gli eurobond, uno strumento assai popolare in Italia. Un eurobond è un titolo emesso con la garanzia illimitata e in solido di tutti i Paesi europei, il cui ricavato viene prestato all'Italia a un tasso inferiore a quello pagato dallo Stato italiano sul proprio debito. La differenza tra i due tassi di interesse misura il rischio che si accollano i contribuenti europei per aiutare l'Italia. C'è da stupirsi se la Merkel, che ha il dovere di rappresentare i propri elettori, non è d'accordo? Continuare a invocare gli eurobond in questa situazione denota mancanza di realismo politico, e allontana la soluzione dei problemi.
Oppure prendiamo l'invocazione di "più Europa", anch'essa così frequente nel dibattito italiano. "Più Europa" significa più decisioni prese da organismi sovranazionali: perché queste siano efficaci, è necessario anche dare più risorse a questi organismi: in altre parole, accentrare le entrate. Ancora una volta, non è realistico (né sarebbe equo) pensare che Germania e Olanda mettano in comune con l'Italia il proprio gettito fiscale senza avere un peso sulle decisioni di spesa di quest'ultima. Quando si invoca "più Europa" ci si rende conto della perdita di sovranità che ciò comporta? Si è disposti ad accettare che la Merkel e i suoi successori decidano di fatto su una parte delle nostre pensioni?
Basta retorica, basta lamentele, basta recriminazioni; è l'Europa, semmai, che ha diritto di recriminare contro di noi. C'è una sola soluzione, ed è quasi interamente in mano all'Italia: rendere il nostro debito pubblico meno rischioso. Ma il tempo sta per scadere.

roberto.perotti@unibocconi.it
 5 novembre 2011

Grecia: Papandreou ottiene la fiducia del Parlamento
04/11 20:19 CET
Papandreou ottiene la fiducia. Su 298 voti espressi, 153 quelli favorevoli al premier socialista che nelle prossime ore si recherà dal presidente della Repubblica per formare un governo di unità nazionale. Per la Grecia di tratta di una tappa fondamentale verso la ratificazione dell’accordo europeo di aiuti economici al Paese e probabilmente
per il futuro del Paese. Niente elezioni anticipate, quindi. Se Papandreou dovesse dimettersi il successore sarebbe il suo vice, l’attuale ministro delle finanze Venizelos. Nel suo discorso all’assemblea Papandreou ha accusato il principale partito d’opposizione Nuova democrazia, rimasta al potere dal 2004 al 2009 di avere portato il Paese sull’orlo della bancarotta. La drammatica crisi politica era iniziata lunedì, quando il premier aveva annunciato un referendum proprio sugli accordi di Bruxelles. Ipotesi caduta nel vuoto dopo le pressioni ricevute dall’Unione europea.

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