sabato 5 novembre 2011

In nome di Dio, vattene!

 – 4 novembre 2011
Pubblicato in: Gran Bretagna
[Articolo originale "In God’s name, go!"]
Traduzione di ItaliaDallEstero.info

Editoriale del Financial Times.






In un vertice dei G20 ben al di sotto delle aspettative, i leader più potenti del mondo sono stati impotenti di fronte alle manovre di due premier europei: George Papandreou e Silvio Berlusconi.

Le somiglianze tra i due Primi Ministri sono impressionanti: entrambi si basano su una maggioranza parlamentare sempre più esile e entrambi sono ai ferri corti con il proprio Ministro delle Finanze. E, cosa più importante, entrambi hanno una pericolosa tendenza a rinnegare le loro promesse in un momento in cui i mercati sono preoccupati per le finanze pubbliche dei loro paesi. Vi è, tuttavia, una differenza importante: dopo aver raggiunto 1,900 miliardi di euro, il debito pubblico italiano è così alto che la sua capacità di destabilizzare l’economia mondiale è di gran lunga maggiore di quella di Atene.

La buona notizia, naturalmente, è che l’Italia è ancora un Paese solvente. Tuttavia, il tasso di interesse sul suo debito sta diventando sempre meno sostenibile. Lo scarto [lo spread, in lingua originale, NdT] tra le obbligazioni decennali italiane e quelle tedesche è raddoppiato durante l’estate. Ieri ha raggiunto la quota record (nell’era Euro) di 463 punti base: probabilmente sarebbe stato più alto se la Banca centrale europea non avesse comprato le obbligazioni italiane.

Anche se Roma può sostenere alti tassi di interesse per un periodo di tempo limitato, questo processo deve essere fermato prima che diventi ingestibile. L’anno prossimo l’Italia deve rifinanziare circa € 300 miliardi di valore del debito. Come la crisi della zona euro ha evidenziato, una volta che lo scarto aumenta, è molto difficile farlo diminuire.

L’aspetto più preoccupante è che questo sta accadendo nonostante l’Italia abbia accettato, in linea di principio, le riforme strutturali consigliate dall’Europa e dal G20. Che il Fondo Monetario Internazionale abbia intenzione di monitorare i progressi di Roma non può che essere una cosa positiva. Tuttavia, questi sforzi sono minati dal fatto che il Paese mantenga il suo attuale leader. Non essendo riuscito a fare approvare le riforme nei suoi due decenni di politica, Berlusconi non gode della credibilità necessaria per portare un cambiamento significativo.

Sarebbe ingenuo pensare che, quando Berlusconi andrà via, l’Italia recupererà immediatamente la piena fiducia dei mercati. Il futuro politico del paese rimane nebuloso e occorrerà del tempo prima che le riforme strutturali possano influenzare i tassi di crescita. Un cambio di leadership, tuttavia, è imperativo.

Un nuovo Presidente del Consiglio impegnato a rispettare l’agenda delle riforme rassicurerebbe i mercati, che attendono disperatamente un piano credibile per terminare la crescita del quarto debito più grande del mondo. In questo modo sarebbe più facile per la Banca Centrale Europea continuare il suo programma di acquisto di titoli, poichè renderebbe meno probabile che l’Italia rinneghi le promesse.
Dopo due decenni di spettacolarità inefficace, le sole parole da dire a Berlusconi fanno eco a quelle usate tempo fa da Oliver Cromwell. In nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa, vattene!

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