sabato 10 dicembre 2011

Mr. Martin Sommer ha immerso il dito nella piaga, e l'ha rigirato. La questione è se ciò sia possibile.

Martin Sommer: “Il Sud Europa deve rinunciare alla sua anima”
di Martin Sommer – 10 dicembre 2011
Pubblicato in: Olanda
Traduzione di ItaliaDallEstero.info
Il fatto che tutti i paesi del Sud europeo siano ora in difficoltà non lo si può spiegare senza chiamare in causa la cultura politica di questi paesi.




L’euro smetterà di soffrire ora che Berlusconi se ne è dovuto andare? Era un mascalzone attraente, con il suo “cranio rafforzato follicolarmente” (The Economist) e le sue feste bunga-bunga. Un tecnocrate prende il suo posto ed effettuerà pesanti tagli. Poi arriverà la crescita economica e l’Italia sarà di nuovo in piedi. La Grecia è un caso un po’ più difficile ma, dopo il debole Papandreou, un governo di unità nazionale ha ora preso in mano le redini. A lungo termine, anche la Grecia può ricominciare a crescere.

I mascalzoni e l’errore primordiale
 Questo è il mantra ufficiale per la ripresa europea. Ci sono un paio di furfanti e un errore di fondo primordiale, la violazione del Patto di Stabilità da parte di Francia e Germania nel 2003, la cui conseguenza è stato il fatto che tutti si sono felicemente indebitati. Per mezzo di accordi di ferro possiamo risolvere il problema. Sulle differenze strutturali tra Nord e Sud si discute con meno entusiamo, o ben presto ci si ritrova a parlare di quei ‘popoli sfaticati’ e di ‘buttare fuori la Grecia’.
Domenica scorsa il Volkskrant op Zondag ha organizzato un dibattito tra quattro economisti nel De Rode Hoed (centro culturale ad Amsterdam, N.d.T.). Erano presenti quattro esperti di diversa provenienza, ma nessuno di loro voleva sentir parlare di differenze culturali legate alla crisi dell’euro. Age Bakker (FMI) ha detto che dieci anni fa la Scandinavia ha affrontato una crisi bancaria di grandi dimensioni, e si trattava di paesi del Nord. Una crisi bancaria scandinava non può però spazzare via la constatazione che ora tutti i paesi dell’Europa meridionale sono nei guai.

La cultura politica
 Tutti i paesi del Sud Europa hanno grandi deficit commerciali, cioè importano molto più di quanto non esportino. Dall’introduzione dell’euro, i salari nel Sud non sono più al passo con, in particolare, quelli di Germania e Olanda. Spesso si osserva che in passato questi Paesi hanno di tanto in tanto svalutato i loro franchi, pesete o lire, al fine di correggere ‘squilibri macroeconomici’, come si usa dire nel gergo degli economisti.
Dall’introduzione dell’euro ciò non è più possibile, ma questo non si capisce perché si faceva in precedenza né perché un Paese come per esempio l’Olanda non ha mai utilizzato questo trucco.  La risposta è: la cultura politica. Prendiamo ora non un paese bunga bunga ma una nazione seria, fiera inventrice della penicillina e del TGV, ma che in termini di temperamento è un paese meridionale.
La Francia ora rischia di perdere il suo status di AAA. La bilancia commerciale è molto peggiorata negli ultimi dieci anni. Dieci anni fa, la Francia esportava il 55 per cento di quanto esportava la Germania, ora solo il 40 per cento. Perché?
Chiunque abbia risieduto in Francia per un po’ sa che lì il processo di negoziazione dei salari è molto diverso da quello olandese. I rapporti tra datori di lavoro e dipendenti sono più ingessati rispetto al Nord Europa. I sindacati sono più deboli, ad eccezione di quelli del settore pubblico. In Germania o in Olanda prima si discute e poi si sciopera. A volte si decide persino di congelare gli aumenti di stipendio. In Germania i salari sono diminuiti del 20 per cento rispetto alla media della UE dal 1994. Una cosa del genere è impensabile in Francia.

Gli scioperi
 Un conflitto del lavoro in Francia inizia sempre con uno sciopero dei dipendenti statali. I funzionari governativi sono ben organizzati e non possono essere licenziati. ‘Descendre dans la rue’ (scendere in strada) è un concetto e un diritto sin dai tempi della Grande Rivoluzione (Rivoluzione Francese, N.d.T.). Così si fa in Francia. Successivamente il governo capitola: non ha molta altra scelta e, poiché lo Stato ha tasche profonde, il danno non è immediatamente evidente. Un importo viene ‘sbloccato’, è l’espressione che usano. E tutti sono felici, anche chi non lavora per il governo.
Uno sciopero dei treni o degli insegnanti è molto fastidioso, ma poiché il settore del mercato segue il settore statale, l’aumento di stipendio nell’azienda in cui si lavora dipende dalla protesta degli statali. Esattamente il contrario rispetto all’Olanda, quindi.
Con le debite differenze, gli altri paesi dell’Europa meridionale seguono lo stesso modello, e di conseguenza i salari sono aumentati sempre più velocemente rispetto al Nord. Questo sbilancio è stato corretto da svalutazioni al momento giusto, che rendevano quindi possibile abbassare i costi delle esportazioni. Come è noto, questo meccanismo è stato disinnescato dall’euro. La cultura politica è però rimasta, con le conseguenze che ora vediamo: gli stipendi hanno continuato a crescere, la produttività del lavoro è rimasta bassa, la bilancia commerciale si è deteriorata. Ed ora si è raggiunto il limite.

Una storia popolare
 Che la cultura politica sia alla radice della sclerosi dell’euro non è una storia popolare. È un attimo e ci si ritrova a discutere dei caratteri nazionali del Nord e del Sud Europa , e “i due non saranno mai conciliabili”. Si preferisce la storia che la colpa è tanto del Nord quanto del Sud. I nordici hanno approfittato dei bassi tassi d’interesse e dei tagli, mentre invece dovrebbero spendere soldi per comprare dal Sud Europa. Il problema è che i paesi dell’euro sono sia partner che concorrenti gli uni con gli altri. Da quest’ottica, i Paesi con mercati del lavoro flessibili, moderazione salariale e pace sociale, semplicemente se la cavano meglio.
Anche la storia che la diversità è un bene e che ogni Paese dell’eurozona deve poter sfruttare il suo – in gergo economico – ‘vantaggio comparato’,  è una pietosa bugia. Qual è il vantaggio comparato della Grecia? Un signore presente nella sala del Rode Hoed vive in Grecia, e ha detto che la Grecia non ha nemmeno un’industra seria. Così non si arriva da nessuna parte con il vantaggio comparato. “Forse l’euro potrebbe sopravvivere solo se i paesi partecipanti diventano più simili l’uno all’altro”, ha detto Bert Bruggink, direttore della Rabobank, nel corso della discussione al Volkskrant op Zondag.
Per molte persone che non vogliono che l’euro cada a pezzi, una vera unione politica è la via d’uscita da questa crisi. Per il Sud Europa, ciò significa molto più di un solido giro di tagli alla spesa e lavorare di più. Il Sud Europa deve rinunciare alla sua cultura politica e quindi in ultima analisi alla sua anima. Il ministro francese dell’Agricoltura ha detto questa settimana su The Economist: “I politici non hanno detto la verità al popolo francese. Abbiamo detto che non c’era bisogno di cambiare. Questa è una bugia”. I francesi, ma anche gli italiani e i greci, di fatto devono diventare tedeschi. La questione è se ciò sia possibile.
Martin Sommer è un commentatore politico per il quotidiano De Volkskrant.
[Articolo originale "Martin Sommer: 'Zuid-Europa moet zijn ziel inleveren'" di Martin Sommer]

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