mercoledì 11 gennaio 2012

La stampa italiana evita di parlare di austerità

di Caterina Froio, Pietro Castelli Gattinara – 19 dicembre 2011
Pubblicato in: Francia
[Articolo originale "Quand la presse italienne évite de parler d'austérité" di Caterina Froio, Pietro Castelli Gattinara]
Traduzione di ItaliaDallEstero.info






“Le parole sono importanti!” Si tratta di una delle frasi più citate del cinema italiano. Le parole sono importanti perché la scelta di un vocabolo per definire un fenomeno sociale, politico o economico da analizzare vuol dire caratterizzarlo e attribuirgli un significato ed una interpretazione ben precisi. La stessa realtà può essere descritta e ridisegnata in maniera diversa e questa molteplicità di visioni garantisce il pluralismo e la diversità della realtà descritta dai media. In breve, il senso delle parole è strettamente legato ad una interpretazione specifica del fenomeno reale.
 Se le parole hanno un significato, allora è il caso di analizzare il modo con cui i giornali italiani stanno descrivendo le manovre finanziarie approvate dal Consiglio dei Ministri.

Di cosa stiamo parlando esattamente? Molto semplice, parliamo di una serie di riforme che il neo governo italiano ha dovuto approvare, costretto dalle pressioni congiunte dei mercati e delle istituzioni internazionali. Niente di diverso da quanto è accaduto e sta ancora accadendo in Grecia, Spagna o in Irlanda. Parliamo evidentemente delle ormai note “misure di austerità” pretese a più riprese dai governi francese e tedesco, appoggiati da Barroso e Van Rompuy, oltre che dal Primo Ministro greco Papandreou. Le stesse misure già adottate in Spagna dall’ex Primo Ministro socialista Zapatero.
 Nonostante ciò, qualche giorno fa, leggendo le prime pagine dei quotidiani italiani, sembrava di trovarsi di fronte ad una realtà completamente diversa. Le misure di austerità sono scomparse si preferisce parlare di un “pacchetto di riforme strutturali” necessarie ed inevitabili.
 Dal punto di vista della terminologia e del lessico c’è un evidente tentativo di difendere ciò che, nel caso dei paesi PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna), oppure di crisi politica del governo (come durante la recente agonia dell’ultimo governo Berlusconi), la stampa italiana aveva subito definito col suo nome: la trasformazione in legge di un diktat dei mercati, della BCE, del FMI o ancora del Cancelliere tedesco Angela Merkel.

Per dare un valore all’importanza di queste mistificazioni linguistiche, basta mettere a confronto i giornali italiani di oggi con quelli di qualche settimana fa, quando riportavano la situazione politica in Grecia e in Spagna. L’espressione “misure di austerità” è sparita e al suo posto sono state usate: “riforme”, “manovre di risanamento” o, ancora più sensazionalista ed enigmatica, “pacchetto salva Italia”.
 Ciononostante, se si legge la stampa estera, la situazione italiana viene descritta in tutta la sua gravità, e si pone l’accento sulle notevoli somiglianze tra le misure che il governo Monti sta approvando in Italia e ciò che è successo negli altri Paesi europei più duramente colpiti dalla crisi economica.
 Questo destino comune sembrava palese nelle parole dei giornali pubblicati oltralpe, oltremanica o oltreoceano. Senza vergogna, senza timore di creare del panico, indipendentemente dalla cura con cui veniva scelto il vocabolario tecnico della nostra politica italiana, i giornali stranieri non esitavano a definire “misure di austerità” le manovre approvate dal governo Monti, le stesse che sono state approvate (e sono ancora in vigore) nei mesi scorsi in Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda. La questione quindi è molto semplice: se si tratta della stessa cosa, perché chiamarla con nomi diversi?

Questa riflessione ci è stata suggerita, domenica 4 e lunedì 5 dicembre, da una rivista della stampa internazionale molto puntuale e critica. L’attenzione dei principali giornali italiani, europei e americani è rivolta allo stesso obiettivo: le misure preparate e presto attuate dal governo Monti, che includono tra le altre la riforma pensionistica, quella fiscale e altri “sacrifici”. Sia la stampa nazionale che quella straniera dedicano alcune prime pagine alle lacrime (incomprensibili) del Ministro del Lavoro e delle Politche Sociali Elsa Fornero.
 Cambia tuttavia il modo con cui i giornali italiani e internazionali hanno riportato le notizie. Questo comporta, inevitabilmente, una differenza nel modo in cui l’opinione pubblica italiana e la comunità internazionale le hanno percepite.

Il confronto delle prime pagine di BBC, The Wall Street Journal, Le Monde, The Guardian e quelle di La Repubblica, Il Giornale, L’Unità, Il Manifesto e La Padania è in questo senso costruttivo.
La Repubblica titolava: “La manovra: stretta pensioni, Irpef immutata” e il Corriere della Sera rilanciava “Stretta pensioni. Supertassa sulle case. Niente aumenti Irpef, supertagli alla politica”. O ancora La Stampa: “Ecco il decreto Salva Italia, pensioni, IVA, tagli alla politica, casa. Tutti i provvedimenti punto per punto”, L’Unità: “Non cambia l’Irpef, torna l’ICI e c’è stretta alle pensioni”.
 In constrasto con gli eufemismi delle prime pagine italiane, la stampa estera parlava molto più apertamente di “misure di austerità”. Infatti Le Monde scriveva: “Il governo italiano adotta un nuovo piano di austerità”, The Guardian: “Il Governo italiano si prepara ad adottare misure di austerità”, BBC: “Approvate le nuove misure di austerità in Italia” e The Wall Street Journal: “Monti rivela le misure di austerità”.

Appare abbastanza evidente da questa breve analisi del contenuto di giornali italiani ed esteri che la stampa italiana preferisce usare la sineddoche, ossia preferisce parlare dei singoli contenuti anziché dell’intero argomento (pensioni o tasse sul reddito anziché misure di austerità). Una scelta che comporta inevitabilmente una decontestualizzazione dell’opera di Monti per fronteggiare eventi internazionali come la crisi finanziaria, il crollo del sistema euro e il dominio da parte del governo francese e tedesco.
 Questa strategia, che i sociologi definiscono framing (secondo Lakoff, sarebbe il processo con cui si propone una percezione cognitiva, al fine di favorire determinate interpretazioni e scoraggiarne altre), e che [sic] attribuisce alle misure di austerità e agli eventi connessi un significato ben diverso se confrontato con quello della “tragedia” e della “fatalità” attribuiti agli stessi eventi che hanno colpito la Grecia, l’Irlanda o la Spagna.

Si tratta quindi di una decontestualizzazione della realtà italiana dalla crisi finanziaria internazionale. Nel caso della stampa italiana, questo processo va ben oltre la “semplice” non-esistenza (o scomparsa) delle parole “misura di austerità”. Si tratta della trasformazione di un’interpretazione “contestuale” in una visione asettica, che viene confermata dal fatto che nessuno degli articoli italiani sopra riportati fa riferimento alla pressione dell’UE o alla crisi dell’euro, che invece vengono regolarmente sottolineati dalla stampa estera.

Se, come fa notare Wittgenstein, la lingua è il medium con cui si costruisce la realtà, allora pare che ciò che la stampa italiana vorrebbe ottenere con una particolare scelta del linguaggio è di presentare una realtà diversa da quella reale. Da questa scelta consegue la differenza fondamentale nel modo in cui la stessa situazione viene descritta e interpretata in Italia e all’estero.
 Ma non è tutto. Per gli italiani, la realtà viene descritta in modo diverso quando si parla di noi (gli italiani) o dei nostri compagni di viaggio nella crisi. Siamo senza pietà, critici ed esigenti quando si tratta dei greci e degli irlandesi. Siamo asettici, legittimisti e faziosi quando si tratta di noi stessi.

Le misure di austerità e le riforme non sono semplici manovre. Non si possono riassumere in frasi come: “aumento delle tasse” o “innalzare l’età pensionabile”. Fanno parte di un cosiddetto “piano d’emergenza” che le classi economiche e finanziarie (prima che quelle politiche) in Europa hanno definito senza alcuna consultazione democratica.
 Chiamare le cose con il proprio nome sarebbe un buon inizio per tentare di capire ciò che succede in Italia e, forse, anche come andrà a finire questa storia.

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