sabato 5 maggio 2012

am_5.5.12/ Tornare. Perche’? - Il presidente del gruppo L'Espresso, Carlo De Benedetti, commenta cosi' l'ondata di suicidi di imprenditori. C'e' poco da farsi illusioni la crisi sara' molto lunga, durera' qualche anno e il peggio deve ancora arrivare dal punto di vista del lavoro, bisogna abituarsi a vivere con meno fatuita'.---Quest’anno il Sudtirolo dovrà portare nelle casse dello Stato 120 milioni di euro in più. Questa cifra si somma all’abituale 10% delle tasse riscosse. Richieste che hanno portato Widmann a pianificare l’acquisto dell’autonomia totale mediante il pagamento della parte di debito nazionale che spetta alla provincia. 15 miliardi di euro sarà il prezzo da pagare per liberarsi dalle condizioni che Roma ancora impone. Però non per l’indipendenza che altri anelano.

'Cervelli' in fuga, arrivano incentivi fiscali per farli rientrare in Italia
La crisi economica scalda gli animi separatisti in italia
Giuliano Ferrara: l’elefante italiano in TV
Spagna: Commissione Ue, 1,6 mln per 350 licenziati Valencia
Pordenone, oltrepadania. Provincia, 70 mila euro ai consulenti sui cinghiali
Bergamo, padania. Licenziati in 3.500 mobilità senza crisi
Crisi: De Benedetti, peggio deve arrivare

'Cervelli' in fuga, arrivano incentivi fiscali per farli rientrare in Italia
Roma, 4 mag. (Adnkronos) - Partono gli incentivi per agevolare il ritorno dei 'cervelli' in Italia. E' l'Agenzia per le Entrate a indicarne come beneficiari i cittadini Ue ''che hanno maturato esperienze culturali e professionali all'estero e che scelgono di tornare nel nostro Paese''.
Le norme sono contenute in più decreti e l'Agenzia delle Entrate ne chiarisce contenuti, tempi e procedure, chiarendo che per il fisco anche co.co.co e borsisti sono assunti.
La norma prevede che hanno diritto agli incentivi i cittadini dell'Unione europea, nati dopo il 1° gennaio 1969, che sono assunti o avviano un'attività d'impresa o di lavoro autonomo in Italia trasferendovi il proprio domicilio, nonché la propria residenza entro 3 mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività.
Le agevolazioni decorrono dal 28 gennaio 2011, ossia dalla data da cui è in vigore la relativa norma. La circolare, infatti, precisa che il 20 gennaio 2009, ossia il giorno in cui è stato presentato il disegno di legge relativo agli incentivi, è la data a partire dalla quale conta l'assunzione o l'avvio dell'attività in Italia. Il documento di prassi spiega che il termine assunzione ''assorbe'' non solo le attività di lavoro dipendente, ma anche quelle che producono redditi assimilati agli occhi del Fisco. Ciò significa, ad esempio, che l'agevolazione ricade anche sui redditi di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto, così come sulle somme ricevute a titolo di borse di studio. Non solo. L'attività in Italia è agevolata anche se ''slegata'' da quella estera. La circolare, infatti, spiega che la mansione svolta nel nostro Paese trova l'agevolazione anche se non è attinente all'attività di studio o lavoro svolta all'estero.
Possono beneficiare degli incentivi anche i cittadini dell'Ue, nati dopo il 1° gennaio 1969, che hanno maturato i requisiti a partire dal 20 gennaio 2009 e che, poi, sono stati assunti o hanno avviato un'attività di lavoro autonomo o d'impresa in Italia. In altre parole, accede al beneficio non solo chi possiede i requisiti a questa data, ma anche chi li matura successivamente, e comunque prima di essere assunto. Possono accedere al beneficio i lavoratori che hanno trasferito residenza e domicilio in Italia anche prima dell'assunzione o dell'avvio dell'attività, purché il trasferimento sia funzionale ad essa, ossia, come spiega la circolare, avvenga nei tre mesi che ne precedono l'inizio.

La crisi economica scalda gli animi separatisti in italia
– 4 maggio 2012
Pubblicato in: Venezuela
Traduzione di ItaliaDallEstero.info
 [Radio Nacional de Venezuela]
In Italia si fa viva la retorica separatista in una provincia che non è stata toccata dalla crisi e che ora si sente costretta a salvare l’intero paese. Si tratta della provincia autonoma di Bolzano, situata all’estremità del Nord Italia, al confine con la Svizzera e l’Austria.
Bolzano sulla mappa è una città italiana al pari di Roma o Milano, tuttavia qui, nella capitale del Sudtirolo, la maggioranza parla tedesco, i ristoranti offrono pasta e schnitzels alla stessa maniera e la disoccupazione è praticamente inesistente. Sembra un paradiso in un’Italia sommersa dalla crisi.
I cittadini del posto da anni lottano per l’indipendenza della regione. “Siamo tirolesi, la nostra lingua è il tedesco. Ci tengono separati dal resto del Tirolo con la forza da quasi 100 anni. Abbiamo visto come il fascismo ha cambiato la nostra lingua, chiuso le nostre scuole, censurato le nostre tradizioni e canzoni”, afferma Eva Klotz, leader del partito Libertà Sud-Tirolese
Klotz si riferisce all’occupazione del Sudtirolo da parte dell’Italia alla fine della prima guerra mondiale e alla sua successiva annessione al resto del paese. Per questo il governo centrale gli concederà, anni dopo, un alto grado di autonomia che gli permette di trattenere il 90% delle tasse riscosse nella regione.
Il debito zero della provincia più ricca d’Italia è in contrasto con gli oltre 1,9 miliardi di euro che deve allo Stato italiano. Qualcosa che agli occhi del primo ministro italiano Mario Monti si traduce in una richiesta di maggior aiuto per il piano di rilancio dell’economia del paese.
“Il Governo Monti ci chiede una somma diversa ogni giorno e non possiamo nemmeno pianificare il nostro bilancio. Questo farà sì che con il tempo finiremo di avere una economia europea per convertirla in italiana, con un indice di crescita pari a zero”, segnala l’assessore provinciale all’economia Thomas Widmann.
Quest’anno il Sudtirolo dovrà portare nelle casse dello Stato 120 milioni di euro in più. Questa cifra si somma all’abituale 10% delle tasse riscosse. Richieste che hanno portato Widmann a pianificare l’acquisto dell’autonomia totale mediante il pagamento della parte di debito nazionale che spetta alla provincia. 15 miliardi di euro sarà il prezzo da pagare per liberarsi dalle condizioni che Roma ancora impone. Però non per l’indipendenza che altri anelano.
“Dare allo Stato 15 miliardi di euro per continuare ad essere parte dell’Italia è una pazzia. Io pagherei, però in cambio della libertà e non per continuare a far parte dell’Italia, dove non avremo mai nessuna garanzia”, afferma Eva Klotz.
Così la pensa anche la nazionalista Ulli Mair, presidente del Partito dei Libertari. Il suo è uno dei tanti partiti che ultimamente utilizzano la precaria economia italiana come argomento per chiedere un Sudtirolo indipendente.
Ora gli italiani che vivono qui in Sudtirolo vedono la situazione dello Stato e sentono anche loro la crisi, però sanno che questa regione ha altre capacità e un futuro molto migliore di quello dell’Italia. Per questo abbiamo bisogno di essere uno Stato libero”, spiega la politica.
L’appello all’autodeterminazione di queste formazioni nazionaliste si è intensificato da quando l’Italia si è trovata sull’orlo della bancarotta. Tanto che a marzo il Partito dei Libertari ha presentato una bozza di Costituzione che ora tenta di sottoporre a referendum.
Nonostante ciò non tutti gli animi sono separatisti. L’opinione della gente sembra propendere verso il lato che piace meno a questi politici. Così c’è chi pensa che “tutti devono contribuire con il proprio granello di sabbia per andare avanti” indipendentemente da quale sia la regione più ricca. Altri accusano i politici separatisti di egoismo e sottolineano che le loro promesse secondo cui dopo la separazione la regione vivrà meglio, “sono solo parole”.
Ogni centesimo di euro che si spende in Sudtirolo è diventato un argomento per esaltare le ansie di indipendenza dei partiti nazionalisti. Tuttavia nonostante la volontà di alcuni, un 10% delle tasse di ogni prodotto che si vende in questa provincia verrà ancora destinato al salvataggio della debilitata economia italiana.
[Articolo originale "La crisis económica calienta los ánimos separatistas en Italia"]

Giuliano Ferrara: l’elefante italiano in TV
Giuliano Ferrara è un giornalista corpulento, ex Ministro nel primo governo di Silvio Berlusconi degli anni ‘90. È anche la figura centrale – anzi, l’unica – di Qui Radio Londra sul primo canale televisivo dell’emittente di stato italiana, RAI. Subito dopo il primo telegiornale della sera, il suo programma non avrebbe potuto avere uno spazio più influente.
Eppure nel programma Ferrara sta seduto di fronte alla telecamera dando lezioni agli spettatori su tutto ciò che gli passa per la testa, per 5 – 7 minuti. Ferrara è un uomo brillante: eloquente, provocatorio e colto. Ma è anche indubbiamente un uomo di Berlusconi. Il suo quotidiano, Il Foglio, è stato fondato con l’aiuto del denaro dell’attuale ex moglie del magnate e, quando l’ultimo governo Berlusconi è entrato in crisi, Ferrara è stato convocato per dargli consiglio. È difficile pensare a un altro Paese europeo, tranne forse la Bielorussia, in cui un giornalista così palesemente di parte possa avere l’opportunità di “approfondire” le notizie.
Che il suo programma abbia lo stesso nome di quello trasmesso dalla BBC durante la guerra e la resistenza anti-nazista è grottesco, come se Qui Radio Londra desse voce alle vittime di una dittatura. Fino al novembre scorso, quando ha perso il potere, Silvio Berlusconi era stato al governo per 8 degli ultimi 10 anni. Durante il regno di Berlusconi, la RAI, il cui consiglio di amministrazione riflette i rapporti di potere in Parlamento, faceva eco al Governo su due dei suoi tre canali. E tre dei rimanenti quattro canali nazionali sono di proprietà di Berlusconi. 
Ferrara si definisce “l’elefante”, termine doppiamente appropriato [in lingua inglese] perché Qui Radio Londra rappresenta la prova evidente del conflitto di interessi nei media italiani: sebbene qualunque cosa possa essere cambiata in Italia dopo le dimissioni di Berlusconi dello scorso novembre, il suo intimidatorio potere mediatico rimane sconfinato. Ed è improbabile che qualcosa cambi prima delle prossime elezioni politiche, previste per la primavera del 2013.
Pulse Para EliminarL’unica decisione significativa sui mezzi di comunicazione elaborata dal governo “tecnico” che ha rimpiazzato
Berlusconi è stata quella di insistere per mettere all’asta un nuovo gruppo di frequenze TV del digitale terrestre (il governo Berlusconi aveva deciso che avrebbero dovuto essere regalate, e non è difficile immaginare a chi). Questa mossa è stata persino coraggiosa. Il governo di Mario Monti è mantenuto al potere da un’alleanza dei tre maggiori gruppi parlamentari. E il più grande di tutti è sempre il partito di Berlusconi, il Popolo della Libertà, PdL. Il governo voleva riformare la RAI. Ma sembra che i partiti che lo sostengono abbiano posto il veto su questa idea. Il mese scorso il Ministro responsabile ha timidamente annunciato che non ci sarebbe stato abbastanza tempo per la riforma prima della fine della legislatura.
Se l’oscena concentrazione di influenza mediatica in Italia sta per essere erosa, non è certo grazie ai suoi politici. Sky Italia di Rupert Murdoch raggiunge adesso 5 milioni di case italiane e il suo canale di notizie 24 ore su 24 offre una  copertura equilibrata, se ciò può rassicurare. Oltre a ciò, e forse anche più importante, c’è internet. Un crescente numero di giovani italiani semplicemente ignora i prodotti dei mezzi di comunicazione tradizionali per ottenere notizie ed opinioni da siti web di attualità, sempre in aumento, in italiano. Ma il cambiamento è lento.
Il tasso di diffusione di internet in Italia è fra i più bassi d’Europa. Fino all’anno scorso, secondo Eurostat, quasi il 40% degli italiani non aveva mai usato internet, a differenza di poco più del 10% in Gran Bretagna. I sondaggi indicano che gli italiani ricevono ancora quattro quinti delle notizie dai media tradizionali.
Gli effetti sono impossibili da dimostrare. Ma nel 2010 un ente pubblico, l’ISAE, ha svolto un’indagine per capire quanto la percezione degli italiani sull’economia corrispondesse alla realtà. Le risposte hanno dimostrato che, per ognuna delle tre voci (crescita, inflazione e disoccupazione) gli italiani pensavano che le cose fossero migliori di quanto in realtà fossero quando Berlusconi era al potere, e peggiori quando invece erano i suoi avversari ad essere in carica. Nel 2007, ad esempio, quando l’Italia era guidata dal centro-sinistra, la gente pensava, in media, che il tasso di disoccupazione fosse del 14,2%. In realtà, era meno della metà. Nell’anno in cui Berlusconi è tornato al potere, la media percepiva che il tasso si fosse abbassato al 9,5%, anche se il dato reale era cambiato appena.
[Articolo originale "Giuliano Ferrara: Italy's elephant in the TV" di John Hooper]

Spagna: Commissione Ue, 1,6 mln per 350 licenziati Valencia
Fondi ad ex lavoratori 143 piccole industrie calzature
04 maggio, 16:00
(ANSAmed) - BRUXELLES, 04 MAG - Nuovo intervento della Commissione europea per venire in soccorso dei lavoratori licenziati in Spagna, a causa della crisi economica. Bruxelles ha infatti proposto lo stanziamento di 1,6 milioni di euro per aiutare 350 ex dipendenti di 143 piccoli calzaturifici della regione di Valencia.
 I fondi, che arriveranno tramite il fondo globale europeo di adeguamento alla globalizzazione (Gef), dovranno essere approvati anche da Parlamento europeo e Consiglio Ue. ''I lavoratori dell'industria spagnola delle calzature - afferma Laszlo Andor, commissario Ue al lavoro - sono stati colpiti duramente dalla crescente competizione globale. Questa proposta di fondi li aiutera' a trovare nuovi posti di lavoro attraverso una formazione su nuove competenze''. La richiesta delle autorita' spagnole riguarda 876 lavoratori licenziati a causa di un mercato della calzatura dominato sempre di piu' da Cina e India, con paesi come Vietnam e Indonesia che continuano ad aumentare la loro quota di produzione mondiale. Gli aiuti del Gef saranno destinati ai 350 lavoratori spangoli licenziati nella regione di Valencia piu' in difficolta' nel trovare un nuovo posto di lavoro, attraverso attivita' di formazione, consulenza, promozione dell'imprenditoria e sostegno, ma anche aiuti economici durante la ricerca del nuovo impiego. (ANSAmed)

Pordenone, oltrepadania. Provincia, 70 mila euro ai consulenti sui cinghiali
Pordenone, i progetti per impedire che devastassero le colture pagati quanto gli indennizzi. Pronta un’interrogazione di Idv, per il futuro si pensa a recinzioni elettrificate
di Martina Milia
  PORDENONE. Portarli al ristorante forse sarebbe costato meno. Già, perché per evitare che i cinghiali – specie prolifica e particolarmente dannosa per le colture – diventassero il flagello degli agricoltori, in tre anni (2009–2011) sono stati spesi 220 mila 254 euro, 21 mila in più rispetto ai tre anni precedenti. Un costo che va suddiviso tra il valore dei progetti - 109 mila 780 euro (di cui 87 mila 034 stanziati dalla Provincia e gli altri da associazioni degli agricoltori e comunità montana) – e quello degli indennizzi, ovvero 110 mila euro.
 E gli oltre 100 mila euro per i progetti sono finiti per la gran parte ai coordinatori ovvero alle persone – scelte dalle Riserve e non dalla Provincia – che avevano il compito di pasturare gli animali e di occuparsi di tutta la parte burocratica. Ad Andrea Bottecchia, referente di dieci riserve del territorio pedemontano, sono andati 52.749 euro (per un impegno di tre anni), pari al 64,6 per cento dei costi dei progetti; altri 16.331 (per un anno di incarico) sono andati a Renato Semenzato, referente per i territori di Aviano e Morsano(81,7 per cento del costo dei progetti).
 Nulla di illegale, ben si intenda: dal piano faunistico regionale che impartisce le linee, alle deliberazioni di giunta, ogni atto è stato rispettato. Ma non si poteva fare diversamente? La sesta commissione provinciale, che ha discusso il bilancio dell’attività in una seduta in cui mancava l’assessore alla Caccia e alla Pesca, Stefano Zannier, è convinta di sì.L’assenza di due commissari di maggioranza (Enzo Bortolotti e Alessandro Zanusso), probabilmente ha reso più facile ai commissari, trasversalmente, prendere una posizione unanime e contraria ai progetti (che avevano carattere sperimentale). Non mancano ipotesi alternative come quella di Ferdinando Padelletti (Pdl) che propone di destinare i fondi per aumentare gli indennizzi agli agricoltori.
 «Dall’analisi della documentazione tecnica richiesta al competente Servizio caccia e pesca – si legge nel verbale di commissione al quale hanno partecipato Angelo Masotti Cristofoli, Luciano Pezzin, Fabio Gasparini, Giuseppe Bressa e il presidente Ferdinando Padelletti –, risulta infatti che i progetti, di valenza triennale, autorizzati in via sperimentale tramite delibera di giunta 288/09, non sembrano essere la chiave di volta per la risoluzione del problema dei danni, in quanto viene rilevato che, pur a fronte di un calo effettivo dei danni indennizzati all’interno delle riserve interessate dai progetti – ndr gli ettari danneggiati sono diminuiti del 53 per cento –, nelle altre riserve in cui i progetti non sono mai stati attuati, il calo dei danni è superiore (ndr - 64 per cento rispetto a - 47 per cento). Inoltre viene evidenziato che il costo dei progetti nel triennio, sostenuto sia da fondi regionali sia da fondi di bilancio provinciale, è di circa 110 mila euro e cioè circa 45 mila euro in più del totale dell’indennizzo percepito nella misura massima dagli agricoltori precedentemente danneggiati. Viene altresì determinato che oltre il 70 per cento del costo di ogni progetto è percepito dal coordinatore».
 Il consigliere Fabio Gasparini (Idv) è pronto a presentare un’interrogazione sul tema e chiede alla giunta una retromarcia. «Una soluzione meno costosa si può ottenere con i pastori elettrici ovvero recinzioni elettrificate che hanno già dato buoni risultati in alcune zone».

Bergamo, padania. Licenziati in 3.500 mobilità senza crisi
Il dato in crescita del 23% sul 2011
Se dalla produzione industriale (vedi pagina 11) arrivano segnali di tenuta a denti stretti, il numero dei lavoratori bergamaschi licenziati sta invece crescendo a ritmo galoppante, raggiungendo il picco assoluto degli ultimi quattro anni: 3.463 casi da gennaio e aprile, con una crescita annua che supera il 23%. Nel 2011, il dato era fermo a quota 2.808, e a sua volta rappresentava il record storico per il primo quadrimestre dell’anno: 2.304 licenziamenti nei primi quattro mesi del 2009 e 2.630 quelli del 2010, il che significa che le espulsioni sono suppergiù mille più della media statistica. Sempre focalizzando l’attenzione sui primi quattro mesi, i 691 casi di aprile (+9% annuo) sono in realtà anche il picco minimo del 2012, iniziato con le 1.165 mobilità di gennaio (+50,3% annuo), poi con le 893 di febbraio, in linea con le 880 di un anno prima, quindi a marzo un nuovo picco di 714 mobilità (+44% annuo). Difficile fare stime sul futuro, tuttavia i 7.004 licenziamenti del 2011 potrebbero essere sorpassati già in settembre, se l’andazzo continuerà a essere questo. Per un altro paragone illuminante ci si può rifare alla situazione dei bei tempi andati, prima che esplodesse la crisi: le 3.479 mobilità approvate in tutto l’anno 2008, sono già state raggiunte in soli quattro mesi del 2012. Questi numeri si riferiscono alle liste approvate mensilmente dalla Sottocommissione Regionale per le Politiche del Lavoro. A seconda del tipo di azienda cui appartiene il lavoratore licenziato, vengono compilati due tipi di liste: liste ai sensi della Legge 223/91 (aziende con più di 15 dipendenti) e liste ai sensi della Legge 236/93 (aziende fino a 15 dipendenti). I disoccupati inclusi nelle liste 223, se hanno i requisiti di anzianità aziendale richiesti, percepiscono l’indennità di mobilità mentre gli inclusi nelle liste 236 percepiscono solo l’indennità di disoccupazione (che copre un periodo più breve). Entrambi le liste fanno scattare agevolazioni contributive se i disoccupati vengono assunti da una nuova azienda. A oggi, oltre il 70% dei licenziati nel 2012 proviene da aziende fino a 15 dipendenti (liste legge 236): se si pensa che in provincia di Bergamo il 58% dei lavoratori è occupato in aziende con meno di 20 addetti, risulta evidente come nelle aziende di piccole dimensioni il ricorso al licenziamento sia molto più frequente, anche per la minore copertura di ammortizzatori sociali.

Crisi: De Benedetti, peggio deve arrivare
Sara' lunga, mette la gente in condizioni di disperazione
04 maggio, 21:00
(ANSA) - DOGLIANI (CUNEO), 04 MAG - ''Ci sono motivi validi non per suicidarsi, che e' una decisione individuale, ma per fare gesti estremi. La societa' in questo momento mette la gente in condizioni di disperazione''. Il presidente del gruppo L'Espresso, Carlo De Benedetti, commenta cosi' l'ondata di suicidi di imprenditori. ''C'e' poco da farsi illusioni la crisi sara' molto lunga, durera' qualche anno e il peggio deve ancora arrivare dal punto di vista del lavoro'',bisogna ''abituarsi a vivere con meno fatuita'''.


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