lunedì 7 maggio 2012

am_7.5.12/ Schiuma rabbiosa. - L'unione monetaria dell'euro si è trasformata in una "unione di trasferimento irresponsabile" con un potenziale di inflazione: è la critica dell'ex presidente degli industriali tedeschi Hans-Olaf Henkel, che propone un "nordeuro" e un "sudeuro".---L'evasione fiscale non si combatte né con Equitalia, né con gli spot televisivi, ma con i fatti - ha affermato Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani - In Italia manca finanche la certezza del diritto. Basta guardare al credito d'imposta sud per l'occupazione. Approvato nel maggio 2011 nel decreto sviluppo, prorogato nel 2012 di un anno, ancora nessuna impresa ha potuto beneficiare del contributo con grave danno per l'occupazione.

Marò arrestati. La Enrica Lexie lascia l'India
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Maggio, contribuenti.it: tax compliance -5,2%, evasione fiscale +3,6%.
Grecia, batosta per i partiti dell'austerity
Ticino. Ora Parigi torni in Europa
Svizzera. Meglio un euro sdoppiato che nessun euro

Marò arrestati. La Enrica Lexie lascia l'India
NEW DELHI – Dopo 80 giorni di sosta forzata al largo del porto di Kochi, nel sud dell’India, la petroliera Enrica Lexie è salpata stasera dopo aver ottenuto gli ultimi permessi dalle autorità locali. La nave ha levato le ancore alle 23 ora indiana (le 19.30 in Italia) e ha fatto rotta sullo Sri Lanka con 24 uomini di equipaggio e quattro militari dell’unità anti pirateria. Ovviamente mancano all’appello Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che rimangono nel penitenziario di Trivandrum in attesa di processo con l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati lo scorso 15 febbraio.
Per il team diplomatico italiano e i responsabili dell’armatore è stata oggi una corsa contro il tempo per adempiere a tutte le formalità richieste dalla Corte Suprema di New Delhi nella sua sentenza di mercoledì, in cui aveva condizionato il via libera al mercantile al soddisfacimento di alcune condizioni. Tra queste c'era il deposito di una fideiussione di 30 milioni di rupie (circa 420 mila euro) presso il registro dell’Alta Corte del Kerala. E' stato il direttore generale della compagnia armatrice, Pio Schiano, a presentare l’impegnativa di pagamento e anche una dichiarazione in cui si impegna a mettere a disposizione delle autorità indiane sei membri del suo equipaggio se richiesto ai fini dell’indagini o in sede di processo a carico di Latorre e Girone. In seguito alla registrazione, il tribunale ha emesso la propria autorizzazione agli enti doganali e portuali di Kochi per il nulla osta che è arrivato solo in tarda serata.
La partenza della nave era stata rinviata di qualche giorno a causa del ritardo nella consegna del verdetto ufficiale pronunciato dalla Corte Suprema lo scorso 2 maggio in cui i giudici accoglievano il ricorso dell’armatore e decretavano il rilascio. “La Enrica Lexie farà rotta verso lo Sri Lanka, dove farà scalo per qualche piccola riparazione e per l’avvicendamento dei marò a bordo e di metà dell’equipaggio – ha precisato Schiano -. Navigheremo al largo oltre le 24 miglia nautiche delle acque territoriali e contigue indiane e dopo una navigazione di 26-27 ore arriveremo lunedì in mattinata in Sri Lanka”.
In un’intervista al Times of India, il responsabile della società di navigazione napoletana Fratelli d’Amato ha detto che “è la prima volta che si presenta un caso del genere nella storia della navigazione marittima”. Il manager, giunto dall’Italia per sbrigare le procedure per il rilascio ha poi voluto porgere le condoglianze alla famiglie delle due vittime che provengono da poveri villaggi del Kerala e del Tamil Nadu. Con la partenza della petroliera italiana di 58 mila tonnellate di stazza e attualmente senza carico, si chiude con successo un capitolo della complessa vicenda iniziata quel tragico pomeriggio del 15 febbraio. Adesso gli sforzi della diplomazia italiana e del team legale sono concentrati sulla Corte Suprema, il massimo organo giudiziario indiano, che il prossimo 8 maggio esaminerà il ricorso di Roma per ottenere il riconoscimento della giurisdizione nazionale e quindi la possibilità di processare i due marò secondo le leggi italiane.
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Maggio, contribuenti.it: tax compliance -5,2%, evasione fiscale +3,6%.
NAPOLI - Crolla ad aprile l'indice della Tax Compliance, che misura la fedeltà fiscale dei contribuenti, del 5,2% ed aumenta l'evasione fiscale del 3,6%. In Italia 4 italiani su 5 non capiscono perché si pagano le tasse.
E' questo il quadro che e' emerso dalla ricerca - presentata oggi a Napoli nel corso del Convegno "Evasione fiscale e pubblicità ingannevole" - effettuata da Krls Network of Business Ethics per ''Contribuenti.it Magazine'' dell'Associazione Contribuenti Italiani, che ha analizzando i dati sulla Tax Compliance rilevati da Lo Sportello del Contribuente nel periodo 2 aprile - 5 maggio 2012. In Italia, nell'ultimo mese la fedelta' fiscale dei contribuenti e' scesa di 5,2 punti passando da 16,5% a 11,3% a causa dei pochi e scarsi servizi che gli italiani ricevono in cambio delle molte tasse che pagano.
Negli ultimi 5 anni l'imponib! ile evaso in Italia è cresciuto del 37,2% con punte record nel nord dove ha raggiunto l' 39,7%.
Ogni contribuente italiano ''versa mediamente al fisco 7.930 euro all'anno, fra tasse, imposte e tributi vari, la cifra piu' alta tra i paesi dell'area euro, ma riceve in cambio in servizi sociali meno della metà, 3.460 euro, il piu' basso tra i principali paesi europei.
Dalla ricerca di Contribuenti.it Magazine emerge che al primo posto tra i paesi che investono maggiormente nei servizi sociali troviamo la Francia, seguita dalla Germania, Svezia, Olanda, Inghilterra e Spagna con 8.120 euro.
L'indice della tax compliance e' l'indice di fiducia dei contribuenti italiani. Esso rappresenta il comportamento dei contribuenti nei confronti dell'amministrazione finanziaria. La sua rilevazione avviene attraverso l'analisi di un campione di circa 5.000 contribuenti ed e' costituito da due subindici, la stima dei contribuenti sulla situazione corrente (40%) e le previsioni per il f! uturo (60%)''. Il dato 'ha una forte influenza sulla politica monetaria e fiscale in quanto e' l'indice della Tax Compliance. Piu' il valore e' alto, piu' i contribuenti hanno conoscenza, informazione e certezza di poter contare sui propri diritti. Attraverso questa via c'e' da attendersi una diminuzione delle evasioni fiscali insieme ad un incremento delle soluzioni pacifiche delle controversie.
"L'evasione fiscale non si combatte né con Equitalia, né con gli spot televisivi, ma con i fatti - ha affermato Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuenti Italiani - In Italia manca finanche la certezza del diritto. Basta guardare al credito d'imposta sud per l'occupazione. Approvato nel maggio 2011 nel decreto sviluppo, prorogato nel 2012 di un anno, ancora nessuna impresa ha potuto beneficiare del contributo con grave danno per l'occupazione. Lo Stato deve tornare ad essere credibile mantenendo le promesse prese, migliorare la qualità dei ser! vizi pubblici e sopratutto rendere trasparenti i conti pubblici facendo comprendere ai contribuenti come amministrano e spendono i propri soldi, così come fa un amministratore di condominio".
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Grecia, batosta per i partiti dell'austerity
Atene, 6 mag. (Adnkronos/Ign) - Crollo dei socialisti del Pasok, emorragia di consensi per i conservatori di Nuova Democrazia (anche se rimangono primo partito), boom della sinistra radicale e per la prima volta entra in Parlamento l’estrema destra neo-nazista di Alba d'Orata. E’ il verdetto elettorale del voto legislativo in Grecia, che oggi ha chiamato alle urne circa 9,9 milioni di elettori.
Una dura batosta per i due partiti principali pro-euro, uniti fino ad oggi in un governo di coalizione responsabile delle dure misure d’austerità, chieste dall’Europa per evitare il fallimento del paese. I dati degli exit poll, danno a Nuova Democrazia, il partito di Antonis Samaras, una percentuale di voti compresa tra il 17-20% (erano al mentre il Pasok si attesterebbe tra il 14-17%. La percentuale dei due partiti oscillerebbe tra il 31-37% dei consensi, contro il 77,4% del 2009.
Boom, invece, per l'Alleanza di sinistra Syriza che sarebbe diventato il principale partito di opposizione, conquistando un secondo posto dopo Nuova Democrazia con il 15,5-18%.
Gli exit poll danno anche il successo dell'estrema destra neo-nazista di Alba Dorata che ha superato la soglia di sbarramento del 3% ed è entrata in Parlamento con il 6-8%.
"Siamo chiaramente il primo partito", ha detto il ministro degli Esteri ombra di Nuova Democrazia, Panos Panagiotopoulos, alla televisione Mega, rivendicando la vittoria alle elezioni. Panagiotopoulos ha quindi riconosciuto il "forte terremoto" che ha colpito sia il suo partito sia i socialisti del Pasok.

Ticino. Ora Parigi torni in Europa
 di Aldo Sofia - 05/07/2012
La maggioranza di una Francia impaurita dalla crisi e dall’idea del declino si affida dunque a François Hollande. Abbandona Nicolas Sarkozy. Anzi, visto il distacco subito, umilia l’ormai ex presidente. Che fino all’ultimo ha creduto in una impossibile rimonta. Lo scarto è di quasi due punti. Bastò molto meno a Giscard e a Mitterrand per imporsi. Per questo Hollande, nella logica della Quinta Repubblica, non può essere raffigurato come un presidente sotto tutela.
Per la sinistra è una storica rivincita. L’approdo di una lunga, tormentata marcia per la riconquista dell’Eliseo, trent’anni dopo Mitterrand. Un traguardo reso possibile dallo stesso Sarkò. Dal bilancio della sua politica, dal suo stile frenetico, dal suo stucchevole presenzialismo mediatico, dall’abbandono di quel ruolo di “monarca repubblicano” insito nell’architettura della Quinta Repubblica fondata da de Gaulle.
Aiutato, Hollande, anche dalla crisi economica. Che il capo dello Stato, ora davvero uscente, non ha saputo gestire, né governare. Non ha saputo attenuare nelle sue forti ripercussioni sociali, soprattutto nella crescente disoccupazione, nell’angoscia della Francia delle periferie, delle campagne, e degli operai.
La “schiuma rabbiosa” che al primo turno ha fatto volare l’estrema destra del Front National. E che Sarkozy non è riuscito a recuperare massicciamente, nonostante una sfacciata rincorsa ai temi, agli slogan, alle paure identitarie agitate da Marine Le Pen.
Si ripeterà che non ha vinto Hollande, ma che piuttosto ha perso Sarkozy, il post-gollista, l’americano, il liberista presunto, l’uomo che aveva trionfato cinque anni fa anche con la promessa di incarnare la “rottura” rispetto al sistema di cui in realtà si era ampiamente nutrito.
Ma ripetere questo ritornello significa proporre una lettura riduttiva della scelta della maggioranza dei francesi, messi di fronte a due modelli diversi, se non proprio nettamente contrastanti.
Continuità o rinnovamento? Alla fine, sull’esito del voto, ha contato, ha pesato, il “progetto” complessivo dell’erede di Mitterrand e del suo partito. Un progetto che rimette al centro la necessità di una maggiore giustizia sociale e contributiva.
Sarkozy, nonostante le successive e disordinate correzioni, non si è mai tolto di dosso l’etichetta di “presidente dei ricchi”. Lo scudo fiscale per le grandi fortune e al contempo i sacrifici chiesti al Paese hanno prodotto una miscela troppo indigesta. Troppo ingiusta. Non è un caso se la vittoria della gauche era stata preceduta, come un promettente viatico per il Ps, dai continui successi nei voti amministrativi, regionali e per il Senato.
E se oltre trecento sondaggi in meno di un anno confermavano implacabilmente che Sarkò non ce l’avrebbe mai fatta nel duello finale a cui il rito presidenziale della Quinta Repubblica affida l’atto di una autentica consacrazione. O di una condanna.
Cinque anni fa, lo sconfitto di oggi entrò all’Eliseo quando ancora non si intravedeva la tempesta economico-finanziaria internazionale. È invece nelle acque tempestose della crisi mondiale che la sinistra riprende in mano il timone del Paese. Una presidenza “normale”, come l’ha sempre voluta definire lo stesso Hollande, dovrà governare in tempi di straordinaria difficoltà.
Sanare il debito pubblico (come pretendono i mercati), aumentare le spese sociali dello Stato (come chiede la maggioranza degli elettori), e rilanciare contemporaneamente l’economia, l’occupazione e il potere d’acquisto, può sembrare la quadratura del cerchio. Esercizio impossibile da condurre “in solitaria”. Ci vorrà, per il prevalere di questa linea, anche un cambio di marcia dell’Europa. Un riequilibrio fra austerità e crescita. Un riaggiustamento che François Hollande si è impegnato a mettere sul tavolo europeo.
Dovrà vincere le resistenze della cancelliera tedesca. Che, non a caso, aveva “votato” per Sarkozy (danneggiandolo, più che favorendolo, visto il tormentato complesso dei francesi nei confronti della Germania) . Ma chi ha memoria lunga, ricorda che anche Helmut Schmidt aveva “votato” per il perdente Giscard, senza poi negarsi a Mitterrand. Certo, altri tempi. Decisamente meno problematici per l’Europa e per il progetto europeo.
Anche per tentare di imporsi in proiezione europea, Hollande, fra poco più di un mese, dovrà conquistare la maggioranza in parlamento. La netta vittoria di ieri gli consente di sperare in un successo anche a metà giugno. Per evitare una impensabile coabitazione con la destra. Ma soprattutto per evitare di chiedere soccorso ai moderati di Bayrou o alla sinistra radicale di Mélanchon. Di cui il presidente socialista non vuol diventare “ostaggio”.
Potrebbe essere aiutato, Hollande, dallo scossone, addirittura dal sisma politico che l’umiliazione inflitta a Sarkozy rischia di provocare nella destra francese. Il presidente uscente non si è fatto amare in casa Ump. La sua è stata una guida solitaria, una candidatura personale, non di un leader di partito. Non ci sono fedelissimi del sarkozismo a cui consegnarlo. La guerra di successione è aperta. Il composito schieramento post-gollista potrebbe implodere.
È proprio quello che spera Marine Le Pen, per poi progettare la sua futura leadership sulla destra francese. Non è un traguardo facile. Ma, comunque, uno scenario da incubo per il “privato cittadino” Sarkozy. Espulso dall’Eliseo anche, forse soprattutto, dal mancato massiccio appoggio dei voti lepenisti.
Paradossale, visto che proprio lui, Sarkò, pur di conquistare quei voti, pur di alimentare il suo “folle desiderio” di rimonta, ha sdoganato anche alcuni dei peggiori slogan del Fronte lepenista.

Svizzera. Meglio un euro sdoppiato che nessun euro
Di Alexander Kuenzle, swissinfo.ch
L'unione monetaria dell'euro si è trasformata in una "unione di trasferimento irresponsabile" con un potenziale di inflazione: è la critica dell'ex presidente degli industriali tedeschi Hans-Olaf Henkel, che propone un "nordeuro" e un "sudeuro". Il franco ne trarrebbe sollievo.
 Le tesi molto crude e controverse di Hans-Olaf Henkel, esposte in un libro intitolato Salvate il nostro denaro!

La Germania viene svenduta.
Come la truffa dell'euro minaccia il nostro benessere e ripetutamente ribadite dall'ex presidente dell'Associazione degli industriali tedeschi, hanno sollevato un polverone. Dopo essere stato egli stesso un "entusiasta sostenitore dell'euro", oggi l'esperto di economia – amato dai media, ma non dai circoli politici tedeschi pro-euro – propone una divisione della zona euro.
Da una parte ci sarebbe una zona settentrionale con un nordeuro forte, un'inflazione bassa, il rispetto dei criteri di Maastricht, dei paletti e una rigida politica anti-inflazionistica della banca centrale.
Dall'altra ci sarebbe una zona meridionale con un sudeuro più debole, un'inflazione elevata e quindi più potenziale di svalutazione – in senso positivo, perché una svalutazione consentirebbe di dare a questi paesi impulsi di crescita che oggi non sono possibili.
Oltre alla Germania, la zona nordeuro comprenderebbe anche Olanda, Finlandia e Austria, vale a dire "l'ex blocco del marco tedesco", suggerisce Henkel. "Gli svedesi, che non hanno mai voluto aderire all'euro, probabilmente parteciperebbero al nordeuro. Altri candidati al nordeuro sarebbero i cechi, i polacchi e i danesi".

Finalmente la crescita per il Sud Europa
 Gli altri paesi della zona euro "che vogliono attenersi meno ai criteri di stabilità" dovrebbero o uscire dalla zona euro o fondersi in una zona sudeuro, spiega Henkel a swissinfo.ch.
"Dopo tale divisione il sudeuro sarebbe immediatamente svalutato rispetto al nordeuro. Ciò darebbe finalmente a questi paesi gli impulsi di crescita che necessitano con urgenza e che da anni mancano loro all'interno della zona euro", sostiene Henkel. "Perché oggi l'economia dei paesi meridionali s'impoverisce e la disoccupazione aumenta in modo minaccioso".

Boccata d'ossigeno per il franco
 Ciò avrebbe un impatto importante anche per il franco svizzero. Henkel ha spiegato il perché a un recente forum del centro di competenza per la promozione del commercio svizzero con l'estero Osec a Zurigo, "davanti ad un pubblico più incline a lui che quello di casa".
Gli esperti monetari sono unanimi: un nordeuro percepito dai mercati come una valuta forte assorbirebbe anche la costante pressione al rialzo sul franco svizzero.
La valuta elvetica si apprezzerebbe nei confronti del sudeuro. Ma considerato che le esportazioni svizzere verso quei paesi si sono contratte, sarebbe meno grave dell'attuale minaccia costante di rivalutazione nei confronti della moneta unica europea.

Scenario realistico, la Francia paese chiave
 Simon Evenett, professore di commercio internazionale e sviluppo economico presso l'università di San Gallo, ritiene che questo scenario potrebbe concretizzarsi, se i paesi dell'Europa meridionale decidessero di uscire dalla zona euro, per poter finalmente ricorrere alla svalutazione. Cosa che i paesi dell'Europa settentrionale non farebbero proprio.
"Ma se i paesi dell'Europa del sud lo faranno, non usciranno in blocco, bensì ogni paese per proprio conto", dice a swissinfo.ch il professore. "Sarebbe interessante sapere se la anche Francia se ne andrebbe". Come dimensioni la Francia è la numero 2 della zona euro, ma soffre molto della forza della moneta unica.
Secondo Henkel, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha fatto di tutto per assicurare che tutti i paesi meridionali rimanessero nella zona euro. Questo perché le banche francesi hanno somme enormi in gioco in questi paesi e non potrebbero permettersi un deprezzamento del debito, nemmeno per aumentare la competitività della Francia.
Questo potrebbe però cambiare se François Hollande vincesse le elezioni presidenziali. Il socialista ha infatti minacciato il ritiro della Francia dalla zona euro. Secondo Henkel, i socialisti francesi non effettuerebbero tagli di bilancio e il disavanzo crescerebbe ulteriormente.
Ciò potrebbe "far perdere la pazienza ad Angela Merkel, dopo tutte le concessioni in materia di unione monetaria fatte alla Francia" e di conseguenza la zona euro andrebbe a monte.

Di male in peggio
 Per Hans-Olaf Henkel, l'unione monetaria si è mutata in un'unione di trasferimento di fondi tra i paesi UE, in cui vige una compensazione finanziaria, ma senza l'obbligo di risparmiare. Mentre non si riesce a costringere i paesi meridionali a mettere un freno alle spese e all'indebitamento, Bruxelles sta già parlando di introdurre imposte e salari uguali in tutta l'Unione.
Ciò, stando all'esperto tedesco, condurrebbe verso una "unione dei debiti" e si concluderebbe con una "unione dell'inflazione".
E chi beneficia dell'inflazione? In primo luogo i debitori, cioè gli Stati perché l'inflazione svaluta anche i debiti, rileva Henkel.

"Troppo allarmista"
 Uno scenario che Simon Evenett giudica "un po' troppo allarmista. Il percorso da una fase all'altra dell'unione, come indicato da Henkel, è tutt'altro che scontato".
Già all'interno di un'unione di trasferimento potrebbero svilupparsi meccanismi di compensazione interni. Già ora "nei paesi con avanzi di bilancio si aumentano i salari, mentre in quelli deficitari si diminuiscono. Secondo uno studio di Goldman Sachs, solo in Italia i salari dovrebbero essere ridotti del 15% per uscire dal deficit. Così le capacità competitive dei singoli paesi si allineerebbero di nuovo".
Il franco svizzero s'indebolirebbe nei confronti del nordeuro, mentre si rafforzerebbe nei confronti del sudeuro o delle singole valute dei paesi dell'Europa meridionale, prevede l'esperto di economia. Ciò allenterebbe molto la pressione sulla moneta elvetica, dato che la maggior parte degli scambi commerciali tra la Svizzera e l'Unione europea riguardano i paesi settentrionali.
 Alexander Kuenzle, swissinfo.ch
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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