giovedì 14 giugno 2012

am_14.6.12/ La Banca del Sud portera’ poco e niente al Mezzogiorno, servira’ ad innestare liquidita’ – prelevata del piccolo risparmio postale raccolto al Sud – nella cassa della Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal Mef, per finanziare opere pubbliche e pmi, in padania.===Passera, riferendosi a Dr Motor, ha spiegato: io ho preteso di andare a vedere se chi aveva preso l'incarico di sviluppare Termini Imerese aveva trovato le risorse per fare l'investimento. Questo signore - ha concluso - non ci ha dimostrato di avere le risorse per rispettare l'impegno che aveva firmato. Eppure, ha aggiunto i tempi erano laschi.

Inceneritore,emendamento Pd e Pdl per evitare il salasso alla Campania
Banca del Sud: Passera, progetto va avanti, io non sono entusiasta
Termini Imerese: Passera, cercheremo un'alternativa
Sta scomparendo il patrimonio archeologico italiano, con lui l'1% di Pil annuo
L'UNIONE SARDA - Economia: L'export sardo cresce del 4,6%
Moody's taglia rating Spagna a Baa3 da A3
Crisi: Parlamento Ue approva il two-pack, si' a redemption fund (1 UPD)
Montenegro: a Vertice Ue via libera negoziati adesione
Bozen, oltrepadania. Invariata in Alto Adige la proporzionale etnica
Udin, oltrepadania. L’export del Fvg crolla del 6 per cento

Inceneritore,emendamento Pd e Pdl per evitare il salasso alla Campania
Soppresso comma del decreto che prevede l'acquisto dell'impianto di Acerra con i fondi europei della Regione
NAPOLI - Emendamento bipartisan per evitare alla Regione l'acquisto (il salasso) del termovalorizzatore di Acerra con i fondi europei destinati alla Campania (335 milioni di euro). Dopo l'allarme del governatore Caldoro («Imposizione ingiusta, senza quei fondi qui si ferma tutto») le commissioni Ambiente e Affari Costituzionali della Camera dei deputati hanno approvato all'unanimità l'emendamento soppressivo del comma 4 dell'articolo 3 contenuto nel decreto per il riordino della Protezione civile. Il comma in questione prevede «il trasferimento direttamente alla società creditrice, già proprietaria del termovalorizzatore di Acerra, delle risorse dei fondi europei 007-2013 relative al Programma attuativo regionale necessarie per l'acquisto di tale impianto».
«ERA ILLOGICO» - Ad annunciarlo è il parlamentare del Pdl Paolo Russo, primo firmatario dell'emendamento, che con il collega del Pd Tino Iannuzzi ha sostenuto le ragioni della Campania. «È un risultato che abbiamo ottenuto soprattutto grazie alla sensibilità dei colleghi relatori Margiotta e Distaso e delle intere commissioni. Tutti - affermano i deputati - hanno compreso quanto la materia trattata fosse estranea, illogica e dagli aspetti di merito molto controversi. In più si sono resi conto del fatto che sarebbe stato impensabile azzerare di colpo la capacità di spesa di una Regione, affamando di fatto cittadini ed imprese».
CALDORO: «SFIDA VINTA» - Soddisfatto il governatore Caldoro: «Un segnale concreto che conferma il lavoro fondamentale messo in campo dai parlamentari campani. Una decisione giusta. La decisione delle Commissioni rappresenta una apertura di credito per la Regione e per il lavoro messo in campo. Sono state accolte legittime obiezioni che avevamo posto con il sostegno delle forze sociali e produttive della Campania. Una sfida vinta con il sostegno di tutti».
Al. Ch.

Banca del Sud: Passera, progetto va avanti, io non sono entusiasta
13 Giugno 2012 - 15:50
 (ASCA) - Roma, 13 giu - ''Il progetto di Banca del Sud va avanti. Io non sono particolarmente entusiasta del progetto''.
Lo ha detto il ministro Corrado Passera, rispondendo ai senatori nel corso di una audizione.
Ram

Termini Imerese: Passera, cercheremo un'alternativa
13 Giugno 2012 - 16:18
 (ASCA) - Roma, 13 giu - ''Cercheremo un'alternativa, non possiamo far passare i tempi senza andare a cercare un'alternativa anche per le risorse importanti che la Regione ha messo a disposizione. Sappiamo che il momento non e' favorevole''. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera nel corso di una audizione alla Commissione Industria del Senato, in merito alla vicenda degli stabilimenti di Termini Imerese. Passera, riferendosi a Dr Motor, ha spiegato: io ho preteso di andare a vedere se chi aveva preso l'incarico di sviluppare Termini Imerese aveva trovato le risorse per fare l'investimento''. Questo signore - ha concluso - non ci ha dimostrato di avere le risorse per rispettare l'impegno che aveva firmato''. Eppure, ha aggiunto ''i tempi erano laschi''.
Ram

Sta scomparendo il patrimonio archeologico italiano, con lui l'1% di Pil annuo
Di R.C.  | 13.06.2012 14:53 CEST
"La perdita del patrimonio culturale ci costa circa un punto percentuale del Pil, calcolando il solo valore economico e non quello culturale, incalcolabile. Se adeguatamente conosciuto, conservato e tutelato, tale bene è una fonte inesauribile di reddito, in grado di muovere un indotto notevole in numerosi settori", spiega Marcello Guaitoli, ricercatore dell'Istituto per i beni archeologici e monumentali del Cnr e docente presso l'università del Salento. "I beni archeologici presenti sul nostro territorio mediamente sono conosciuti solo per il 10%, anche per questo molti di essi rischiano una sistematica distruzione a causa di lavori agricoli, di urbanizzazione, scavi clandestini e fenomeni naturali".
Le ricchezze archeologiche non censite e rilevate grazie all'indagine scientifica condotta dal Sit mediante metodologie e tecnologie innovative nei territori di Lazio e Puglia, vanno da un minimo del 67% (Taranto) a un massimo del 94% (Neviano in provincia di Lecce), a dimostrazione che il nostro suolo è uno scrigno di reperti di valore inestimabile quasi totalmente sconosciuti. Un contributo sostanziale alla loro salvaguardia si deve al monitoraggio aereo e terrestre condotto da più di dieci anni dal Comando carabinieri tutela patrimonio culturale in collaborazione con il Cnr. Queste indagini hanno contribuito in modo sensibile alla repressione e alla riduzione degli interventi dolosi e permesso di scoprire un numero elevatissimo di evidenze sconosciute, in alcuni casi di rilevanza assoluta".
Il Sit lancia un vero Sos. "Nel territorio di Taranto, su un totale di 1.190 siti, ben 859 sono noti grazie alla ricognizione a tappeto, mentre le aree sottoposte a vincolo sono appena 8, quelle archiviate della Soprintendenza 63 e 331 quelle note dalla bibliografia, 44 delle quali sono scomparse", prosegue Guaitoli. "Nulla in confronto a Ruvo, dove il 99% dei siti segnalati non esiste più. Nel Salento le evidenze scoperte grazie alla ricerca sono il 77%, pari a 3.166 sul totale delle 3.931 conosciute, a Capo Santa Maria di Leuca, 1.001 su 1.092. Il caso limite è Neviano, dove solo il 6% delle aree archeologiche è presente in bibliografia".
Altrettanto critica la situazione nel Lazio. "Nel territorio di Viterbo l'87% del conosciuto, 2.158 presenze, è frutto della mappatura. Nell'area a nord-ovest di Roma sono stati rintracciati 3.183 siti, il 55% dei quali prima sconosciuti", prosegue il ricercatore Ibam-Cnr. "E anche qui emerge il dato sconfortante dei molti luoghi di interesse citati in fonti scritte oggi scomparsi: esemplare la via Prenestina, dove solo 245 su 856 presenze archeologiche rilevate nel 1970 sono scampate alle opere di urbanizzazione".
In realtà la minaccia maggiore per il patrimonio culturale è costituita dai lavori agricoli, che incide nei danni da un minimo del 40% (Neviano) fino all'87% di Commenda (Vt); infrastrutture industriali e urbane, scavi clandestini e fenomeni naturali le altre cause. "Nel Salento sono state danneggiate 2.916 evidenze su 3.931; a nord ovest della Capitale 1.478 su 3.183; a Viterbo, 1.342 su 2.256 solo quelle compromesse dall'agricoltura", conclude Guaitoli. "Il Sit mostra situazioni critiche diversificate: beni conosciuti e vincolati ma privi di tutela diretta, altri esistenti ma ignoti e di conseguenza anch'essi non protetti.

L'UNIONE SARDA - Economia: L'export sardo cresce del 4,6%
13.06.2012
La bilancia commerciale della Sardegna si chiude in negativo nel primo trimestre dell'anno. Secondo i dati elaborati dal Centro Studi L'Unione Sarda, su fonte Istat, da gennaio a marzo 2012 l'Isola ha infatti esportato beni e servizi per un valore di poco più di un miliardo e mezzo di euro (1.570.412). Le esportazioni regionali sono aumentate del 4,6% rispetto allo stesso trimestre 2011 con una variazione inferiore alla media nazionale (+5,5%). PETROLIO Nella bilancia commerciale della Sardegna continua ad aumentare l'incidenza del petrolio. L'oro nero è infatti arrivato a quota 86% del totale esportato da gennaio a marzo 2012: nel primo trimestre dello scorso anno, invece, la percentuale di export riferita ai prodotti petroliferi era stata pari all'84,6%. Sommando al petrolio i prodotti chimici si arriva poi a quota 92,2%.
ALTRI PRODOTTI Se invece si escludono i prodotti petroliferi e chimici dall'export della produzione isolana, nella bilancia commerciale rimangono 123 milioni di euro. In questa cifra rientrano i prodotti in arrivo dall'industria alimentare (circa il 2,1% del totale, di cui il 61% riguarda l'industria lattiero-casearia), i metalli di base e prodotti in metallo (1,6%) e i prodotti dell'estrazione di minerali da cave e miniere (1,4%). Nello stesso periodo del 2011 le esportazioni “endogene” (la quota delle esportazioni che non tiene conto dei prodotti chimici e del petrolio) avevano superato appena i 113 milioni di euro. Nel 2012, quindi, si registra un incremento pari all'8,2%. «A determinare la crescita», spiega il direttore del Centro Studi L'Unione Sarda, Franco Manca, «sono state principalmente le vendite di macchinari e apparecchi pari a +55%».
LE IMPORTAZIONI Sul fronte degli acquisti internazionali, cala la quota sarda. L'import nei primi tre mesi dell'anno, infatti, è stato pari a oltre 2,6 miliardi di euro, facendo chiudere la bilancia commerciale sarda con un disavanzo di oltre un miliardo di euro (1.073.966). Di questi, la maggior parte deriva dal petrolio greggio che da solo copre quasi l'83% degli acquisti esteri della Sardegna. Il 3,7% spetta invece alle sostanze e ai prodotti chimici, il 2,4% a coke e prodotti raffinati, l'1,8% ai metalli di base e prodotti in metallo e, infine, l'1,2% ai prodotti agricoli.

Moody's taglia rating Spagna a Baa3 da A3
13 giugno, 23:07
NEW YORK - L'agenzia internazionale Moody's taglia il rating della Spagna a 'Baa3' da 'A3'. Il rating resta sotto osservazione per ulteriori downgrade.
La decisione del downgrade di tre gradini riflette alcuni fattori, e fra questi i 100 miliardi di euro di aiuti al governo spagnolo dall'Europa per ricapitalizzare le sue banche. "Il governo spagnolo ha un accesso molto limitato al mercato finanziario", come dimostra la crescente dipendenza dalle banche nazionali come primi acquirenti dei nuovi bond emessi, mette in evidenza Moody's.

Crisi: Parlamento Ue approva il two-pack, si' a redemption fund (1 UPD)
13 Giugno 2012 - 13:46
 (ASCA) - Bruxelles, 13 giu - Il Parlamento europeo ha approvato il ''two-pack' il provvedimento per il rafforzamento della governance europea. L'Assemblea riunita a Strasburgo ha adattato entrambe le relazioni in cui era diviso il testo. La prima relazione (relazione Gauze's) e' stata approvata con 471 voti a favore, 97 contrari e 78 astensioni, la seconda relazione (relazione Ferreira) e' stata approva con 501 voti a favore, 138 contrari e 36 astensioni.
 Le modifiche piu' rilevanti alla proposta della Commissione sono un nuovo capitolo sul coordinamento delle politiche economiche, una parziale condivisione del debito della zona euro e la tutela giuridica per i paesi a forte rischio default. Il parlamento Ue ha detto ''si'' alla creazione di un Fondo europeo di ''redenzione'' che dovrebbe essere creato per condividere la frazione di debito dei paesi della zona euro che supera il 60% dei rispettivi Pil.
Inoltre, come soluzioni a piu' lungo termine, i deputati propongono che, un mese dopo l'entrata in vigore della legislazione, la Commissione presenti una tabella di marcia per l'introduzione degli eurobond.
 Racchiuso nella relazione per la legislazione sui paesi in forti difficolta' finanziarie e la relazione sul rafforzamento degli obblighi d'informazione sui bilanci per tutti i governi della zona euro, il ''two-pack' sostiene che i nuovi poteri di sorveglianza della Commissione ''dovrebbe essere monitorato piu' da vicino dagli Stati membri e dal Parlamento europeo per garantire un maggior controllo democratico''. In tal senso nel testo adottato a Strasburgo si propone che questi nuovi poteri siano rivisti ogni 3 anni e che il Parlamento e il Consiglio abbiano la possibilita' di revocarli. Quanto ai poteri della Commissione Ue sui paesi che rischiano il fallimento, cosi' come emendato dal Parlamento, l'Esecutivo europeo puo' ricorrere piu' frequentemente all'uso della maggioranza qualificata ''inversa'' per le votazioni in Consiglio.
 Ancora, il Parlamento Ue propone di ''escludere tagli su istruzione e sanita' per i paesi ai quali sono richieste forti diminuzioni della spesa, in particolare per quelli in gravi difficolta' finanziarie''. La Commissione dovrebbe inoltre monitorare possibili effetti a catena per evitare che le difficolta' di un paese abbiano ripercussioni su altri. Il Parlamento propone anche che gli Stati membri siano obbligati a dettagliare i propri investimenti con un potenziale occupazionale e di crescita e che le scadenze per la riduzione del debito siano applicate in maniera piu' flessibile, tenendo conto cioe' di circostanze eccezionali o di una grave recessione economica. Inoltre i deputati europei propongono una nuova regola che darebbe alla Commissione il potere di sottoporre a tutela giuridica un paese sull'orlo del default per assicurare maggiore chiarezza giuridica, stabilita' e prevedibilita' al percorso da intraprendere per risolvere le criticita'. Una volta sotto protezione, il paese non potrebbe essere dichiarato in fallimento, i creditori dovrebbero palesarsi entro due mesi e gli interessi sui prestiti sarebbero congelati.
 Si' del Parlamento europeo allo strumento di crescita di circa 100 miliardi di euro per investimenti infrastrutturali.
Anche se il Ppe aveva annunciato voto contrario, alla fine i parlamentari europei si sono detti d'accordo alla proposta per uno strumento di crescita capace di mobilitare l'1% del Pil l'anno, su 10 anni, pari a circa 100 miliardi, per investimenti in infrastrutture.
bne/

Montenegro: a Vertice Ue via libera negoziati adesione
Dopo Croazia, nuovo paese Balcani avviera' processo integrazione
13 giugno, 16:26
(ANSAmed) - BRUXELLES, 13 GIU - Al prossimo summit di fine giugno, il Montenegro otterra' il via libera per l'apertura dei negoziati di adesione. E' quanto si apprende a Bruxelles, dopo l'esame della nuova ''pagella'' positiva della Commissione europea.
 Secondo la tabella di marcia, ad aprire la porta a Podgorica saranno prima i ministri degli affari europei dei 27, che si riuniranno il prossimo 26 giugno a Lussemburgo. Poi tocchera' ai leader di stato e di governo confermare l'impegno e dare luce verde ai negoziati di adesione. Toccando questa tappa, il Montenegro diventera' il terzo paese dei Balcani occidentali ad aver intrapreso il percorso di integrazione nell'Ue dopo la Slovenia e la Croazia. Quest'ultima ha firmato il trattato di adesione a dicembre del 2011 e sara' il ventottesimo stato membro dell'Unione dal primo luglio del 2013. Per la regione dei Balcani occidentali si tratta di un segnale importante, in vista di una prospettiva comune europea. La Serbia ha ottenuto nel marzo scorso lo status di paese candidato all'adesione, un obiettivo gia' raggiunto dalla ex Repubblica di Macedonia nel 2005, rimasta prigioniera della querelle sul nome con la Grecia.
A fine giugno il Montenegro potra' quindi unirsi agli altri paesi candidati ad entrare nell'Ue che hanno gia' avviato i negoziati con Bruxelles: la Turchia e l'Islanda. (ANSAmed)

Bozen, oltrepadania. Invariata in Alto Adige la proporzionale etnica
Gruppo linguistico italiano al 26,01%, quello tedesco al 69,41%; ladini al 4,53% Italiani in crescita a Bolzano (+0,8%), Merano (+1,5%) e in altri 70 Comuni                                            
di Orfeo Donatini
BOLZANO. I dati ufficiali resi noti ieri dall’Astat sui risultati del Censimento 2011 confermano che i rapporti per la proporzionale fra i diversi gruppi linguistici non cambiano. Vi è sostanzialmente una conferma dei rapporti di forza con il gruppo linguistico italiano che passa al 26,06% (-0,40%), quello tedesco al 69,41% (+0,26%) e quello ladino al 4,53% (+0,16%): questi dunque i risultati del censimento linguistico condotto nell’autunno 2011 dall’Astat e presentati ieri.
E per la prima volta nello scorso ottobre il censimento è stata effettuato con dichiarazioni rese in forma anonima ed a fini puramente statistici.
Soddisfatto il presidente Luis Durnwalder: «Gli spostamenti sono lievi e si mantengono entro lo 0,5%: questa stabilità dei dati del censimento linguistico rispetto a dieci anni fa dimostra che le dichiarazioni sono state veritiere nonostante la nuova forma anonima e che quelle di comodo non erano rilevanti. È una conferma che i cittadini sono soddisfatti all'interno del rispettivo gruppo».
E, come detto, poichè sulla base della consistenza dei gruppi linguistici si basa il sistema della proporzionale nella formazione degli organi istituzionali, nella ripartizione delle risorse della Provincia, nell'assunzione negli uffici pubblici, «a fronte di questi minimi scostamenti - ha ricordato Durnwalder - nell'applicazione della proporzionale e nella rappresentanza politica non cambia sostanzialmente nulla».
Il direttore dell'Astat Alfred Aberer e la direttrice dell'ufficio statistiche Johanna Plasinger hanno poi illustrato i risultati salienti: la variazione percentuale maggiore rispetto al 2001 si registra a Ponte Gardena, dove il gruppo tedesco è calato del 9,20%, mentre quello italiano è aumentato del 4,67% e quello ladino del 4,61%. Forti variazioni percentuali a favore del gruppo italiano si verificano a Andriano, Trodena, Vadena e Nalles. I Comuni a maggioranza italiana sono 5: Bolzano (73,8%,con un aumento dello 0,8% rispetto al 2001, mentre il gruppo tedesco nel capoluogo è calato dello 0,77%), Laives (71,5%, con un più 1,08%), Bronzolo (62,01%, con un incremento del 2,16%), Salorno (61,85% ma in calo dello 0,34%) e Vadena (61,50% con un aumento del 4,41%).
Riguardo ai maggiori centri della provincia, a Merano il gruppo italiano si attesta sul 49,06% con un aumento dell’1,50%, a Bressanone è al 25,84% (+0,19%), a Brunico al 15,24% (+0,33%), a Vipiteno è al 25,95% (+1,76%) mentre a Silandro è al 5,19% (-0,62%).
Un dato particolarmente significativo in termini percentuali riguarda le variazioni della consistenza dei diversi gruppi a livello comunale: gli italiani calano infatti solo in 44 Comuni mentre registrano un aumento in ben 72 Comuni; viceversa i tedeschi registrano una diminuzione percentuale in ben 75 Comuni ed aumentano solo in 41.
Fin qui le analisi più significative in termini percentuali. Sul piano dei valori statistici assoluti il gruppo linguistico italiano risulta in aumento di circa 5mila unità passando dai 113,494 del 2001 ai 118.120 dello scorso anno. Così come in termini assoluti in gruppo linguistico tedesco è passato da 296.461 cittadini di dieci anni fa agli attuali 314.604.
Quanto alla ripartizione territoriale in 103 su 116 Comuni il gruppo tedesco ha raggiunto la maggioranza (Martello è al 100%), mentre il gruppo ladino è maggioritario in 8 Comuni e quello italiano in 5 (e sono Bolzano, Laives,Bronzolo, Salorno e Vadena).
Impossibile invece, secondo l’Astat, fare per il momento una valutazione sull’entità dell’influenza degli immigrati sui dati del censimento, posto che non può assorbirli tutti il solo dato delle aggregazioni che contempla anche molti altoatesini che non hanno dichiarato l’appartenenza ad uno dei tre gruppi. «Il confronto - dice l’Astat - fra i dati del censimento e quelli degli uffici anagrafe dei Comuni richiederà mesi di elaborazione«

Udin, oltrepadania. L’export del Fvg crolla del 6 per cento
I dati dell’Istat sono in controtendenza rispetto a quelli nazionali e confermano l’analisi di Confindustria: è recessione
di Beniamino Pagliaro
 UDINE. L’export del Friuli Venezia Giulia rallenta e l’economia regionale soffre. I numeri delle esportazioni sono tra gli indicatori più sensibili dell’andamento di produzione e ordini del territorio che fa impresa. I dati dell’Istat fotografano una situazione di frenata delle esportazioni: nel primo trimestre del 2011 l’export ammontava a 2,790 miliardi di euro, mentre nel periodo gennaio-marzo di quest’anno l’export si è fermato a quota 2,621 miliardi, con un calo percentuale del 6,1%.
 Recessione. L’analisi dei dati forniti dall’Istat ieri conferma la diagnosi già presentata dalla Confindustria regionale a inizio maggio. Nel primo trimestre dell’anno la produzione è infatti rimasta negativa, peggiorando rispetto ai tre mesi precedenti fino a un -2,4%. Anche le vendite sono scese sotto lo zero, da una crescita dell’1,3% a un calo del 6,2%, per l’effetto combinato delle vendite nel mercato italiano (-5,3% rispetto al periodo precedente) e in quelli esteri, toccando un calo del 6,8%. I numeri di Confindustria non sono, infatti, smentiti dall’Istat.
 Settore per settore. Spulciando le differenti attività economiche, il quadro appare chiaroscuro, con molti settori in difficoltà e variazioni percentuali negative in doppia cifra, e alcuni segnali di crescita. Ma il segno complessivo rimane negativo. Il settore che garantisce alla regione la crescita maggiore, rispetto al primo trimestre 2011, è quello dei prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti e risanamento: l’incremento è del 30,9% e la quota sulle esportazioni dell’intero Paese sfiora il 2%.
 Il secondo settore per crescita è quello degli articoli in pelle e simili (+16,7%), che però occupa appena lo 0,4% delle esportazioni nazionali. Reggono, almeno sul fronte dell’export, le produzioni dell’agricoltura (+13,7%, 2,7% del Paese), di alimentari (+9,1%), e i prodotti del legno (esclusi però i mobili) (+12,4%). Il settore del mobile archivia invece un trimestre di sostanziale tenuta, con una crescita del 3,3% e, soprattutto, una crescita del peso nazionale: ogni 100 euro di mobili italiani esportati all’estero, 16 sono Made in Fvg.
 Caduta libera. Sembra invece in grande difficoltà l’industria “bianca”, ovvero l’export di apparecchi elettrici come gli elettrodomestici. Il settore registra un calo rispetto al primo trimestre 2011 del 22,4%: il Friuli Venezia Giulia mantiene ancora un peso rilevante nelle esportazioni “bianche”, cioè il 4,1% del totale italiano, ma ha perso otto decimi percentuali in un solo anno.
 Controtendenza. Il dato complessivo relativo al Friuli Venezia Giulia fa emergere qualche preoccupazione anche perché è in controtendenza rispetto alle performance nazionali. Le esportazioni delle regioni italiane hanno infatti segnato in media una crescita del 5,5%. A livello congiunturale, rispetto al trimestre precedente, la crescita dell’export risulta «significativa» per le regioni meridionali e insulari (+6,1%) e più contenuta per quelle nord-occidentali (+0,8%), mentre sono in flessione le esportazioni delle regioni nord-orientali (-3,0%) e del Centro (-1,8%).
 La dinamica tendenziale nel primo trimestre 2012 - evidenzia l’Istat - si conferma positiva per tutte le ripartizioni, anche se in progressiva decelerazione. Le regioni insulari (+20,4%) e quelle del Centro (+9,1%) presentano una crescita superiore a quella media nazionale (pari al 5,5%), mentre l’aumento tendenziale è particolarmente contenuto per l’Italia meridionale (+1,4%). Per l’Italia nord-occidentale la crescita si ferma al 5%, per quella nord-orientale al 3,5%.
 Le regioni che contribuiscono maggiormente alla crescita dell’export (spiegando oltre l’80% dell’aumento delle esportazioni nazionali), sempre nel confronto annuo, sono Sicilia (+30,4%), Toscana (+14,2%), Puglia (+10,1%), Emilia-Romagna (+7,4%) e Lombardia (+6,4%). Valori inferiori alla media per il Piemonte (+5,1%). Tra le altre regioni che presentano una crescita delle vendite sui mercati esteri superiore alla media nazionale si segnalano Campania (+7,5%) e Marche (+6,2%). Una marcata flessione si registra invece per Basilicata (-38,9%) e Molise(-26,0%).
 Allarme sindacati. I dati diffusi ieri hanno confermato «i forti timori» espressi dalla Cisl regionale. «I numeri - ha notato il segretario generale Giovanni Fania - ribadiscono che la crisi si sta aggravando, colpendo specialmente le aree a forte de-industrializzazione, come Trieste, dove anche il terziario è ormai in via di dismissione. Continuiamo a dire che servono un tavolo urgente specifico e un Patto sociale forte tra tutti i soggetti coinvolti, per affrontare con responsabilità un momento non solo duro per l’economia, ma socialmente molto pericoloso».


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