giovedì 14 giugno 2012

pm_14.6.12/ Sudden stop. - Federico Fubini: Molti in Italia, in Germania, in Francia o in Spagna si stanno comportando come se temessero la fine dell'euro. Cercano di prepararsi alla fine dell'unione monetaria. Ed è così che la stanno rendendo possibile.

La Grande Fuga dei Capitali in Europa
Crescita: Bce, "l'Italia e' il Paese che vede piu' nero"
Nuovo record per il debito pubblico
Crisi: Merkel, dobbiamo evitare di finanziare crescita con nuovo debito
Cipro, Moody's declassa rating a Ba3 da Ba1
Crisi: a banche spagnole 82% totale crediti Bce a Eurozona
Grecia: 1* trim tasso di disoccupazione vola al 22,6%

La Grande Fuga dei Capitali in Europa
La grande ritirata ha avuto inizio circa quattro anni fa, ogni tanto accelera e solo di rado rallenta. Ma non si ferma mai. Non accenna in nessun momento, almeno per ora, a invertire il senso di marcia. È la ritirata del denaro: silenziosa e poco visibile per i cittadini, è la grande forza che sta mettendo alla prova centinaia di milioni di lavoratori e imprese nel continente.
 Gli addetti ai lavori lo chiamano «sudden stop», arresto improvviso. Si trattasse di un corpo umano, sarebbe un infarto che impedisce al sangue di raggiungere le membra e alcuni degli organi vitali. Con l'euro questo fenomeno prende la forma di una fuga degli investitori esteri da qualunque parte dell'area e non solo dalla cosiddetta «periferia» composta da Italia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia. In realtà un po' ovunque banche e imprese stanno rimpatriando i fondi e i conti bancari dagli altri Paesi d'Europa verso il proprio Paese d'origine: il fenomeno della rinazionalizzazione dei capitali colpisce la Germania quanto l'Italia, la Francia come la Spagna; se Spagna e Italia ne soffrono più di Germania o Francia, è semplicemente perché le economie dell'Europa del Sud hanno molto più bisogno di capitali esteri per finanziare i propri debiti e così continuare a funzionare. È come se l'invisibile ragnatela del denaro che tiene unita l'area monetaria, l'infrastruttura dell'euro, si stesse sfaldando e ritraendo mese dopo mese. Chi ha bisogno del denaro altrui per vivere, perché ha troppi debiti, avverte questo fenomeno come una carenza di liquidità che rallenta i pagamenti, soffoca le imprese, distrugge i posti di lavoro.
Ma più questa infrastruttura dell'euro si ritrae, più si estende un secondo processo patologico: in certi Paesi deboli dell'area, i risparmiatori temono che le banche o lo Stato non reggano il colpo, non si fidano più e decidono di mettere in sicurezza i propri soldi. Decidono di portarli altrove. Nasce così l'altro fenomeno, parallelo al grande rimpatrio dei fondi: in Grecia o in Spagna, a Cipro o in Irlanda i cittadini e le imprese chiudono i loro conti in banca e portano i soldi in Germania, in Lussemburgo, in Olanda o anche in Francia. In Italia i deflussi di depositi di qualche mese fa si sono fermati, poi c'è stato un netto recupero da febbraio a aprile, anche se ora si aspettano dati affidabili su maggio e giugno.
Le due correnti, rimpatrio dei fondi e fuga dei capitali, viaggiano allo stesso tempo e sono alimentati da un timore comune: che l'euro un giorno potrebbe non esserci più; ma sono proprio queste due correnti che ne mettono in pericolo la sopravvivenza, ed è l'incertezza che ne deriva a sua volta alimenta i flussi perversi di capitale.
La spirale si può spezzare, occorre un accordo al massimo livello politico come lo fu Maastricht nel '91. Ma i dati della Banca centrale europea e quelli della Banca dei regolamenti internazionali mostrano che l'avvitamento è in corso ed è partito quando in Occidente l'accumulo di debito è arrivato a livelli insopportabili. Tutto è iniziato nella prima metà del 2008, alla vigilia del collasso di Bear Stearns e Lehman Brothers negli Stati Uniti. Dal marzo al giugno di quell'anno ha raggiunto il record di sempre l'esposizione delle banche francesi e tedesche sull'Italia (rispettivamente 531 e 269 miliardi di dollari), ma anche di quelle tedesche sulla Spagna (211 miliardi) o di quelle italiane su Francia e Germania (rispettivamente 88 e 427 miliardi di dollari). Da allora la crisi e poi i timori per il futuro dell'euro hanno suonato la grande ritirata per tutti. Alla fine del 2011 le banche francesi avevano ridotto i loro investimenti sull'Italia del 37%, cioè di duecento miliardi di dollari (84 miliardi solo negli ultimi sei mesi del 2011). Nel frattempo le banche tedesche hanno tagliato la loro esposizione sull'Italia del 50% e sulla Spagna del 53%. Solo da Germania e Francia su Italia e Spagna, si è consumato un rimpatrio di capitali sulla scala colossale di 600 miliardi di dollari in tre anni. Gli spread sui titoli di Stato sono esplosi così.
Di certo francesi e tedeschi erano preoccupati per la tenuta del debito dell'Italia o della Spagna, ma non è il solo motivo. A ben vedere, le banche italiane si sono comportate esattamente allo stesso modo: dal 2008 al 2011 hanno tagliato i loro investimenti in Germania del 46% (cioè di ben 200 miliardi di dollari) e in Francia del 54%. Ognuno è tornato con i propri soldi in casa propria, come se non si fidasse più di restare altrove nell'area-euro. Perché? Due ragioni: le autorità nazionali di controllo, dalla Bafin tedesca alla Banca d'Italia, hanno spinto in questo senso; ma soprattutto le banche (e le imprese) hanno deciso che forse in un giorno molto vicino l'euro non esisterà più, quindi è più sicuro tenere le proprie attività e le proprie passività tutte dentro la stessa giurisdizione nazionale, in modo da evitare rischi futuri con un tasso di cambio fluttuante fra l'Italia e la Germania, o la Spagna e la Francia: meglio non avere debiti in una moneta che si rivaluta e introiti in una moneta debole.
È questo comportamento che sta sfaldando l'infrastruttura dell'unione monetaria, in un panico che si autoalimenta. Il risultato è che l'Italia, la Spagna, il Portogallo, l'Irlanda o la Grecia hanno perso gli investitori privati esteri nel loro debito e faticano a finanziarsi. La tabella al centro, elaborata da Jean Pisani-Ferry e Silvia Merler del centro-studi Bruegel, mostra che i fondi privati dall'estero verso l'Italia sono crollati nell'ultimo anno di 200 miliardi: circa il 14% del Pil. Fuori dall'Italia, non ci sono più compratori privati di Bot o Btp. Li ha dovuti sostituire la Bce, comprando direttamente titoli di Stato oppure prestando alle banche italiane perché lo facessero. Il risultato è che nel sistema dei pagamenti interno alle banche centrali europee federate nella Bce, chiamato «Target 2», l'Italia o la Spagna sono sempre più in debito e la Germania sempre più in credito (tabella sopra).
E i conti in banca delle famiglie e delle imprese? Lì la grande fuga ha preso una forma diversa. Dalla Grecia sono defluiti il 16% dei depositi bancari fra marzo 2011 e marzo 2012, in tutto il 30% dal 2009: è già più di quanto accadde in Argentina con il default. In Spagna l'emorragia dei depositi è stata del 4-5% fino a marzo scorso e da allora è certamente proseguita. E in Italia? Secondo le stime della Bce, i depositi nel marzo di quest'anno erano del 2% superiori rispetto a un anno prima. Ma esistono delle fragilità: un principio di ritiri dai conti correnti alla fine dell'anno scorso fa sì anche ancora a primavera scorsa i depositi bancari italiani fossero dello 0,7% al di sotto dei livelli massimi raggiunti nel dicembre del 2010.
Molti in Italia, in Germania, in Francia o in Spagna si stanno comportando come se temessero la fine dell'euro. Cercano di prepararsi alla fine dell'unione monetaria. Ed è così che la stanno rendendo possibile.
Federico Fubini

Crescita: Bce, "l'Italia e' il Paese che vede piu' nero"
10:27 14 GIU 2012
(AGI) - Roma, 14 giu. - L'Italia e' il paese dell'Eurozona, insieme ai Paesi Bassi, che nell'ultimo decennio ha registrato il maggior deterioramento delle prospettive di crescita di lungo termine. E' quanto si legge nel bollettino mensile della Bce. L'Italia, prosegue Francoforte, e' inoltre il paese, insieme alla Germania, che a partire dal 1999 ha registrato prospettive di crescita inferiori alla media dell'area euro. Se tali prospettive per Berlino sono rimaste relativamente stabili, sottolinea la Bce, in Italia hanno invece manifestato una tendenza al ribasso.

Nuovo record per il debito pubblico
ID doc: 75655 Data: 14.06.2012 (aggiornato il: 14.giu.2012)
Il debito pubblico italiano ad aprile ha toccato un nuovo record, attestandosi a 1.948,584 miliardi di euro, in aumento rispetto al record storico toccato a marzo (1.946 miliardi). E' quanto risulta dal Supplemento al Bollettino statistico della Banca d'Italia dedicato alla Finanza pubblica.

Crisi: Merkel, dobbiamo evitare di finanziare crescita con nuovo debito
ultimo aggiornamento: 14 giugno, ore 10:42
Berlino, 14 giu. (Adnkronos/Dpa) - Il rafforzamento della crescita economica deve andare di pari passo con il consolidamento di bilancio. Il cancelleriere tedesco Angela Merkel, lo ha detto al Parlamento tedesco, presentando il prossimo vertice del G20 in Messico. "Tutti noi dobbiamo resistere alla tentazione di finanziare la crescita con un nuovo debito", ha spiegato la Merkel. La strada per uscire dalla crisi e' difficile e comporta misure pensanti e dolorose, ma non si possono scegliere "soluzioni facili".

Cipro, Moody's declassa rating a Ba3 da Ba1
La società di rating Moody's ha tagliato il merito di credito di Cipro portandolo a Ba3 da Ba1, mettendolo in revisione per un possibile ulteriore declassamento. Con il downgrade la valutazione di Cipro si attesta tre gradini sotto il livello investment grade. Lo ha reso noto la stessa agenzia di rating citando il peggioramento dell'ouklook economico del Paese legato all'aumento dei rischi di un'uscita della Grecia dall'Eurozona. I cittadini ellenici sono chiamati alle urne domenica e molti considerano il voto del week end come una scelta per rimanere o uscire dall'area della moneta unica.

Crisi: a banche spagnole 82% totale crediti Bce a Eurozona
14 giugno, 11:52
(ANSAmed) - Madrid, 13 GIU - Aumenta la dipendenza del sistema finanziario spagnolo dalla Banca centrale europea (Bce): il debito netto degli istituti di credito iberici con l'organismo monetario ha toccato i 287,813 miliardi di euro a maggio, un 9,2% in più rispetto ad aprile. Si tratta del saldo vivo che gli enti bancari spagnoli devono restituire alla Bce, secondo i dati diffusi dalla Banca di Spagna. Il finanziamento netto concesso a maggio dall'organismo monetario alle banche spagnole ha rappresentato l'82,9% del totale dell'Eurozona, che ammontava a complessivi 347,195 miliardi di euro. Le crescenti difficoltà degli enti bancari spagnoli a finanziarsi da altre banche sui mercati si evidenziano col fatto che il credito sollecitato alla Bce si è moltiplicato per cinque rispetto al maggio del 2011, quando la richiesta fu di 53,134 miliardi di euro.

Grecia: 1* trim tasso di disoccupazione vola al 22,6%
14 Giugno 2012 - 11:22
 (ASCA) - Roma, 14 giu - Nel primo trimestre il tasso di disoccupazione in Grecia e' salito al 22,6% dal 20,7% del trimestre precedente, lo comuinica l'istituto statistico nazionale.
com/red


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