mercoledì 18 luglio 2012

(1)_XVIII.VII.MMXII/ La Sicilia non e’ diversa dalle altre regioni autonome, la differenza e’ che la Sicilia e’ lo specchietto per le allodole: fa notizia, clamore; gli oltrepadani no: godono del silenzio assordante.===Udin, Anna Buttazzoni: L’incontro più atteso è quello con “Mister Forbici” come viene definito il commissario per la revisione della spesa dello Stato Enrico Bondi. Ma ci sono da incontrare, e da convincere, anche relatori, capigruppo, onorevoli “influenti”. Per questo stamattina il governatore Renzo Tondo vola a Roma dove la giornata si preannuncia fitta di faccia a faccia. L’obiettivo è sempre lo stesso, salvar l’Autonomia del Fvg e uscire quindi dalla morsa di una manovra di governo che chiede sacrifici milionari mettendo a rischio il prossimo bilancio della Regione e i servizi.

Andremo avanti per difendere gli interessi dei siciliani finché Dio vorrà
Una Regione bancomat per i politici
Nel Sud Pa a dieta per dare fondi all'industria
Ticino. I dolori del giovane Euro
Udin, oltrepadania. Spending review: Tondo da Bondi

Andremo avanti per difendere gli interessi dei siciliani finché Dio vorrà
 scritto da Raffaele Lombardo
C’è un attacco spietato all’autonomia, un attacco spietato che parte soprattutto dall’UDC che non vede l’ora di rimettere le mani sulla Sicilia che ha governato per molti anni, dal 2001 al 2008.
Oggi l’UDC vorrebbe riconquistarsi una verginità. Ma non mi dicano i rappresentanti di quel partito, sia nazionale che regionale, che non sapevano cosa succedeva in Sicilia:  di quanta gente si assumeva nella formazione o cosa voleva dire il piano dei termovalorizzatori, perchè sappiamo che lo sapevano e chiaramente lo diremo ai quattro venti durante la campagna elettorale che quando sarà il momento di farla sarà molto, molto interessante. Così come sapevano le tante altre cose che abbiamo avuto modo di appurare e che chiaramente dovremo spiegare per filo e per segno ai siciliani.
La morte dell’autonomia la vuole anche Confindustria eppure mi pare che, non vorrei sbagliarmi, abbia qualche rappresentante all’interno del governo regionale. E non parliamo di qualche sindacato, come la Cisl, che appena la Confindustria dice “pio” non fa altro che amplificare le parole della stessa, vista la stretta parentela che la lega all’associazione degli industriali.
Allora cosa dire: questo governo e questo Stato il cui intervento viene invocato da più parti – intervento del tutto illegittimo oltre che costituzionalmente improprio – mi pare che in questi giorni abbia problemi ben piu gravi di quelli della Sicilia. Ma il governo nazionale fa le manovre, lo spendig review, e cala la mannaia dei tagli sulla povera gente e sulle regioni più deboli che pagano sempre per prime.
Lo spread ha superato i 500 punti, il debito pubblico ha raggiunto in questi giorni il record di circa 2000 miliardi di euro. Se il governo centrale ci desse le risorse che ci spettano, diverse centinaia di milioni di euro, non avremmo problemi di liquidità neppure oggi: le anticipazione di fondi fas, la premialità della sanità che non ci viene trasferita.
Un governo, quello nostro invece, che ha fatto la riforma della formazione e quella della sanità, ha bloccato il grande affare dei termovalorizzatori portando a casa un piano dei rifiuti che porterà la differenziata a livelli europei bloccando peraltro l’affare o il malaffare delle discariche.
Ma di cosa stiamo parlando se ancora non si riesce, per responsbailità del governo centrale, ad attivare l’aeroporto di Comiso sul quale la regione ha investito svariate decine di milioni e che chi ci governa fuori dalla Sicilia ha lasciato e ancora lascia marcire sotto il sole?
La sola verità è che abbiamo avviato una rivoluzione che non sta bene agli apparati, al potere centrale, ai padroni di oggi ed ai nostalgici di ieri. Ma noi andremo avanti per difendere gli interessi dei siciliani finché Dio vorrà.

Una Regione bancomat per i politici
PAOLO BARONI
Rischiamo di diventare la Grecia d’Italia» ha denunciato tre giorni fa il presidente della Confindustria regionale, Ivan Lo Bello. Mentre la Corte dei Conti nella sua ultima relazione puntava il dito contro l’aumento delle spese, salite ancora dell’1,5% nel 2011 a quota 19,56 miliardi mentre le entrate scendevano del 13% a quota 15,7.
 Com’è possibile tutto questo? Spese pazze, assunzioni senza logica e senza controllo (4590 solo nel 2011, quando la crisi era più che conclamata), sprechi a non finire. A cominciare dalle indennità che si sono assegnati i politici: il presidente Lombardo guadagna la bellezza di 15.600 euro al mese (10.290 come consigliere, più 5290 di indennità di carica), in pratica seimila euro in più del lombardo Formigoni che governa una regione col doppio della popolazione siciliana, ben il doppio dei colleghi di Piemonte e Sardegna.
 Per i 90 consiglieri dell’Assemblea regionale lo stipendio raggiunge i 9257 euro netti al mese. Nemmeno gli impiegati se la passano male: uno stenografo di palazzo d’Orléans può infatti arrivare a guadagnare 6295 euro al mese, per non dire del segretario generale dell’Assemblea che viaggia oltre i 13 mila e del segretario generale aggiunto che di euro ne guadagna circa 11 mila al mese.
 Singolare è il caso della «Commissione per la qualità della legislazione» che lavorando appena dieci minuti al mese dal 2008 ad oggi ha assicurato ai nove deputati che ne fanno parte circa 250 mila euro di indennità aggiuntive (3 mila euro al mese solo per il presidente).
 E poi ci sono i benefit: indennità e diarie ricchissime, auto blu (117 la Regione e 17 l’Assemblea regionale in gran parte di grossa cilindrata) e telefonini a gogò. Un vero e proprio Bengodi che non finisce di crescere: ancora ad aprile la Regione Sicilia ha infatti assunto altri 157 autisti, 55 nuovi sorveglianti di musei e circa 30 «camminatori». Ovvero commessi di piano destinati a spostare da un ufficio all’altro le pratiche degli assessori.
 E così l’organico della Regione, che a fine 2011 raggiungeva le 20.288 unità (28 mila se si considerano le società controllate) continua a lievitare. Anche coi dirigenti non si scherza: sono 1835 (ben 192 a disposizione di Lombardo), in pratica uno ogni 8,4 dipendenti.
 Il più grande carrozzone d’Italia in realtà è un convoglio infinto di enti e società, una trentina quelle controllate direttamente dalla Regione, compreso il Maac, il consorzio che da 28 anni (ventotto!) cerca di costruire il mercato agroalimentare di Catania, e ovviamente fino ad ora non ci è riuscito ma ha già bruciato 28 milioni di euro. E ancora: Sicilia Patrimonio Immobiliare ha un presidente che guadagna più di 105 mila euro all’anno: è stata costituita nel 2006 per vendere palazzi dismessi della Regione ma in sei anni non ha effettuato alcuna operazione. Anche la sanità non è da meno.
 In questo campo non solo la spesa continua a salire al punto di fare conquistare alla Sicilia il primo posto per prestazioni sanitarie inappropriate e inadeguate e le prime posizioni per i costi della farmaceutica e dei servizi sanitari. Ma anche qui la giostra delle assunzioni la fa da padrona. Emblematico il caso del 118: per gestire 256 ambulanze negli ultimi anni sono stati infatti assunti 3360 autisti, il doppio dei dipendenti del 118 di tutte le altre regioni d’Italia. Un po’ come è successo per i forestali: in Sicilia sono circa 30 mila, dieci volte di più di quelli della Lombardia e molta ma molta meno montagna da controllare.
 Dietro lo schermo dell’autonomia in questi anni la Sicilia ha, insomma, potuto fare quello che voleva: ora non è più possibile, perché giunti a questo punto ne va della stabilità dei conti dell’intero Paese. Occorre fare il punto ed affrontare ahinoi anche quest’altra emergenza.
 Il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo è il più pagato d’Italia, il suo stipendio sfiora i 16 mila euro al mese, netti s’intende. Ricchissimi e coccolatissimi anche i 90 (novanta!) consiglieri regionali – pardon, deputati – che forse proprio in virtù di questo titolo godono delle stesse indennità di quelli che siedono Montecitorio. In più, auto di servizio e stuoli di assistenti, gettoni di presenza vari e telefonini distribuiti a pioggia. Come quelli assegnati nel 2001 e che nel 2008, tre anni dopo la fine della legislatura, non erano ancora stati restituiti: erano 700, destinati a deputati, collaboratori e amici, con credito praticamente illimitato. Non solo la Sicilia è la Regione col più alto debito del Paese, oltre 21 miliardi, ma è ovviamente anche quella con più dipendenti, 22 mila. Pagatissimi anche loro, roba da far rabbrividire, visto che i loro stipendi assieme alle altre spese di funzionamento (e agli assegni di oltre 16 mila pensionati dell’ente) arrivano ad assorbire l’80% del bilancio dell’ente lasciando solo le briciole a progetti e investimenti.
 Una Regione usata come un bancomat dai politici, ecco cos’è la Sicilia di oggi giunta ad un passo dal crack.

Nel Sud Pa a dieta per dare fondi all'industria
Comunque evolverà la vicenda europea, tutto indica che la questione territoriale italiana sarà il crocevia di forti tensioni sociali e politiche nei prossimi mesi ed anni. A fronte di un Nord che dal 2009 ha visto progressivamente incrinate le sue certezze economiche, alcune parti significative del suo sistema di valori sociali, ed infine le sue rappresentanze politiche, sta un Mezzogiorno in regressione economica. In prospettiva l'insieme delle due debolezze appare più esplosivo che mai, ma mentre il Nord è ancora in grado di reperire le risorse per una ripresa, la situazione al Sud appare preoccupante. Non colpisce tanto che la recessione abbia inciso di più nelle regioni meridionali, o che con lodevoli eccezioni (alcune industrie siciliane e pugliesi in testa) queste rischino di perdere occupazione manifatturiera anche nei prossimi anni. Colpisce che la quota delle imprese che intraprendono strategie di internazionalizzazione siano il 13% al Sud contro il 26% nel resto d'Italia, o che i giovani con una occupazione siano il 30%, circa la metà che al Nord. Lo spettro è la desertificazione, e non dei suoli: le proiezioni Istat suggeriscono un calo della popolazione meridionale da 21 a 17 milioni entro il 2065, con un'età media superiore di dieci anni a quella attuale ed un rapporto anziani/attivi che passerebbe dal 27 al 70%.
 Nei mesi scorsi, il Governo ha agito con perizia e rapidità per evitare che gran parte dei Fondi strutturali europei andassero perduti per via dei ritardi nei programmi regionali e della carenza di risorse per il co-finanziamento. Abbassando al 25% la quota di risorse nazionali per i programmi di Convergenza, si sono recuperate in extremis risorse per infrastrutture, istruzione, sicurezza e occupazione giovanile. Un nuovo ciclo di Fondi europei partirà nel 2014, ma basterà questo di fronte al fantasma della desertificazione? Il ritardo strutturale del Mezzogiorno è sempre più un ritardo di presenza industriale, e non basteranno le infrastrutture a colmarlo. Mentre la buona istruzione, quando si realizza al Sud, alimenta da tempo nuovi flussi migratori verso il Settentrione, stavolta di personale qualificato a differenza degli anni '50. La causa principale dello svuotamento industriale del Sud risiede in quelli che gli economisti chiamano "vantaggi dell'agglomerazione": solo dove l'industria è presente, si consolida e si ramifica, conviene investire. E così le spirali virtuose e viziose si avviluppano, rischiando di tagliar fuori il Mezzogiorno.
 In prospettiva, un'economia meridionale siffatta non potrà sostenere il costo della sua Pa. Una via d'uscita possibile dalla stagnazione sarebbe riconoscerlo subito e stabilire sin d'ora percorsi regionali per una riduzione delle imposte bilanciata dalla riduzione dei costi delle Pa. Un piano che adegui gli organici pubblici alla crescita economica regionale, e gli stipendi dei pubblici dipendenti ad un indice che tenga conto della crescita ed anche del differenziale dei prezzi non-tradables (affitti, servizi alla persona, ecc) tra regioni del Sud e del Centro Nord. Se ne è parlato a volte, ma non se n'è mai fatto nulla perché risuona troppo il termine "gabbie salariali": tuttavia, se ci troviamo nel mezzo di una guerra economica, tutte le soluzioni vanno almeno considerate. Se servisse ad abolire progressivamente l'Irap e le addizionali regionali, un "deleveraging" delle Pa meridionali darebbe già un po' di fiato alle imprese che hanno ancora voglia di investire (negli ultimi quattro anni, queste sono passate dal 37,4% al 16,5% del totale delle imprese meridionali).
 Difficile sostenere che un ridimensionamento dei costi della Pa causerebbe problemi alle imprese meridionali. Le burocrazie del Mezzogiorno partecipano più che proporzionalmente a generare i 26 miliardi di euro l'anno di costi amministrativi per il settore privato che ha di recente stimato il CSC. Inoltre, le imprese ed i lavoratori del Nord in difficoltà non sono più disposti a finanziare rendite e sprechi dei dipendenti pubblici del Sud. Se a livello europeo è ancora difficile organizzare una fiscalità di vantaggio per le regioni in ritardo, occorre però che in Italia si ragioni su come attrarre imprese al Sud riducendo di molto le tasse, e su come rendere un tal percorso sostenibile.

Ticino. I dolori del giovane Euro
di Corrado Bianchi Porro
L’eurogruppo si riunisce venerdì (in videoconferenza) per il piano di salvataggio delle banche spagnole e del Fondo Salva Stati in un clima generalizzato di inquietudine per l’impatto del rallentamento della crescita mondiale sancito questa settimana dal Fondo Monetario Internazionale. E si continuano a interrogare le stelle per capire il destino dell’euro. La nuova moneta unica europea è nata il 1° gennaio 1999: ha appena 13 anni di vita: un’età ingrata, complessa e multiforme. Dopo 13 anni di vita incominciarono i problemi pure per l’Unione Monetaria Latina, nata nel 1865 tra Francia, Italia, Belgio e Svizzera che, oltre i fondatori, arrivò poi a contare 11 Paesi associati, 10 allineati e 5 colonie: dall’Africa all’America Latina. Era fondata sul principio del bimetallismo (monete coniate con 4,5 grammi d’argento o 0,29 di oro) e di intercircolazione tra i Paesi aderenti. Nel 1878 dopo le grandi scoperte minerarie di argento, finì il bimetallismo e l’intercircolazione. Nel 1893 venne soppressa la circolazione delle monete dall’Italia e dal 1908 quelle della Grecia. Con la grande guerra e la tesaurizzazione dell’oro, secondo la legge di Gresham per cui la moneta cattiva scaccia quella buona, tramontò l’Unione. Ora ci si interroga, in analogia al famoso romanzo dello Sturm und Drang (tempesta ed impeto) di Goethe sui dolori del giovane Euro, se il progetto illuminista e romantico di forza armonizzante di Maastricht possa procedere o sia destinato al fallimento. È il destino dell’euro nelle mani di Angela Werther? Molto dipenderà dalle “affinità elettive” (anima e intelletto) che essa intende perseguire o se prevarrà il rifiuto del compromesso, la coerenza teutonica con sé stessi, a fronte di una unione che pare incapace di cambiare e innovarsi. Di certo non va dimenticato che la guerra (commerciale) oggi è globale. L’arretratezza della Germania dopo la pace di Vestfalia del 1648, quando fu divisa in 350 Stati ognuno con la propria sovranità, durò fino all’emergere della Prussia come forza di resistenza contro la rivoluzione francese. Il progetto di unione mira a creare una “massa critica” equiparabile alle grandi aree economiche degli USA, Cina e Russia. Anche i nani hanno cominciato da piccoli e persino un Paese Città può sviluppare un’economia florida e integrata nella trama del mondo. Ma la calma olimpica della Germania, leader dell’euro, oltre a gettare nell’incertezza tutti i partner ci convince che tutto si complica: persino il male. Un tempo le colpe dei padroni, scriveva Giovanni Raboni, erano così semplici. Il padrone d’oggi, il consiglio di amministrazione o il gruppo di controllo, è quasi troppo sui generis per me...

Udin, oltrepadania. Spending review: Tondo da Bondi
Il presidente oggi torna a Roma a trattare con “mr. forbici”. Slitta la giunta con rimpasto di deleghe e riforma sanitaria
di Anna Buttazzoni
 UDINE. L’incontro più atteso è quello con “Mister Forbici” come viene definito il commissario per la revisione della spesa dello Stato Enrico Bondi. Ma ci sono da incontrare, e da convincere, anche relatori, capigruppo, onorevoli “influenti”. Per questo stamattina il governatore Renzo Tondo vola a Roma dove la giornata si preannuncia fitta di faccia a faccia. L’obiettivo è sempre lo stesso, salvar l’Autonomia del Fvg e uscire quindi dalla morsa di una manovra di governo che chiede sacrifici milionari mettendo a rischio il prossimo bilancio della Regione e i servizi.
 Emendamenti pronti
 Il presidente Fvg ha con sè una squadra inedita. Quella formata con i presidenti di Valle d’Aosta, Augusto Rollandin, delle Province autonome di Trento, Lorenzo Dellai, e di Bolzano, Luis Durnwalder. Con loro Tondo ha concordato tre emendamenti alla spending review che ieri sono stati elaborati. E che prevedono di escludere le Autonomie del Nord dalla quota loro richiesta sulla sanità per il Fondo nazionale, perché a quello strumento le quattro Regioni speciali non attingono pagando invece la sanità in proprio.
  Il secondo punta ad azzerare i milioni che Roma vorrebbe dalle Autonomie, perché sono stati sottoscritti dei patti che escludevano le Regioni speciali da qualunque altro successivo contributo allo Stato. Il Fvg in particolare dovrebbe versare 370 milioni l’anno per l’attuazione del federalismo.
 Il terzo infine chiede il rispetto dei patti tra lo Stato e le Autonomie, patti che una volta sanciti devono essere rispettati e non modificati d’imperio dal governo. Questo ripeterà oggi Tondo a Bondi, ai capigruppo e ai relatori al Senato del provvedimento Monti. E se le Autonomie non troveranno ascolto i quattro presidenti sono pronti a ricorrere alla Corte costituzionale contro la spending review.
 La spending review nostrana
 Ieri in commissione consiliare è proseguita l’analisi della cosiddetta legge-Tondo, norme per il taglio di enti, agenzie e costi di gestione. È stato l’assessore Roberto Molinaro (Udc), come richiesto qualche giorno fa dal Pd, a snocciolare i numeri dei risparmi. Le proiezioni indicano che l’eliminazione di quattro Consorzi di bonifica per passare all’associazione dei Consorzi di bonifica porterà un risparmio di 30 mial euro annui nei primi 12 mesi fino a 100 mila in 3/4 anni.
 La riduzione da 13 a sei componenti del Cda di Ezit – Ente zona industriale di Trieste – porterà a tagliare gettoni di presenza, mentre con l’amministratore unico dell’Azienda speciale Villa Manin saranno risparmiati 57 mila euro. Non si possono calcolare ora, invece, le minori spese prodotte dalla riforme di Unioncamere, che avrà funzioni delle quattro Camere di commercio; dell’Agenzia del lavoro che viene soppressa e commissariata dal 1º gennaio 2013 per essere incorporata negli uffici regionali; di Erdisu e Ater.
 Il Pd insorge
 Il capogruppo in Consiglio Gianfranco Moretton dice che Tondo e il centrodestra sono stati smascherati, perché la legge-Tondo non taglierà la spesa. «I risparmi – ha detto Moretton – constano in appena qualche centinaio di migliaia di euro senza produrre elementi sostanziali e significativi di semplificazione e di sburocratizzazione».
 Ciriani attende la Sanità
 Slittano invece ai primi giorni della prossima settimana l’approvazione della riforma sulla sanità e la ridistribuzione delle deleghe in giunta. Tondo chiederà l’ok alla riforma sanitaria e poi rinuncerà alla delega alla salute. Che probabilmente affiderà al suo vice, Luca Ciriani.


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