mercoledì 18 luglio 2012

(2)_XVIII.VII.MMXII/ Bozen, oltrepadania: (...) Va sottolineato che la Provincia opera bene nel sociale: minimo vitale, sussidio casa, servizi agli anziani, non autosufficienza, Ma va sottolineato anche che in base ai dati, rimane ancora molto da fare per mettere a punto la macchina provinciale della sicurezza sociale, del mercato del lavoro, dell’aumento delle retribuzioni nette.

Marò pugliesi, in India si rischia processofarsa
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L'UNIONE SARDA - Economia: La Regione all'attacco di Moody's
L'UNIONE SARDA - Economia: Sardegna, crescono i poveri
Le Confindustrie Sud: risorse comunitarie, la spesa non è veloce
La terra nera degli antichi campani
Germania: asta biennali a tasso negativo, prima volta
Crisi:lascia Spagna 40% in piu' del 2011
Spagna: morosità crediti banche sfiora a maggio il 9%
Bozen, oltrepadania. In Alto Adige record delle pensioni minime
Bozen, oltrepadania. Abd, 15 milioni per allungare la pista

Marò pugliesi, in India si rischia processofarsa
NEW DELHI - Il tribunale del Kerala, dove è in corso il processo contro i due marò pugliesi Massimiliano Latorre (di Taranto) e Salvatore Girone (di Bari) accusati di aver ucciso due pescatori indiani nel corso di una missione anti-pirateria, ha respinto la richiesta di tradurre gli atti giudiziari in italiano avanzata dai legali. Lo riferisce l’agenzia Pti. Il giudice ha motivato la sua decisione con il fatto che non è previsto dal Codice di procedura penale indiano.
Il tribunale di Kollam (Stato meridionale del Kerala), di fronte al quale sono comparsi ieri i due marò, ha citato una precedente sentenza di una corte del Tamil Nadu a proposito della traduzione dei capi di accusa e di altri documenti nella lingua degli imputati. Ha inoltre osservato che i difensori indiani di Latorre e Girone parlano sia inglese sia la lingua locale del Kerala.
Nell’ultima seduta di una settimana fa, i legali degli italiani avevano chiesto la traduzione degli atti processuali prima dell’avvio del dibattimento. In precedenza avevano anche indicato una lista di traduttori-interpreti in grado di svolgere il compito. Il giudice aveva però preso tempo per decidere sulla richiesta che ora ha rifiutato.
La prossima udienza è stata quindi aggiornata al 25 luglio.
«Totale disappunto» è stato espresso dal ministero della Difesa italiano per la decisione del Tribunale di Kollam di non accogliere la richiesta avanzata dalla difesa dei due marò. Gli atti sono infatti scritti in parte in malayalam (dialetto dello Stato di Kerala) ed a mano; altri in inglese. Così, per il ministero, si impedisce il legittimo esercizio alla difesa».
«In tal modo – lamenta il ministero - gli accusati conosceranno gli atti processuali unicamente in sede dibattimentale ed in frammentato. Una scelta che va contro il diritto universalmente riconosciuto di poter aver accesso agli atti processuali tradotti nella lingua degli imputati. Viene così impedito il legittimo esercizio alla difesa da parte di Latorre e Girone: principio base di ogni Stato di Diritto».
«La scelta operata dal Tribunale di Kollam – prosegue la Difesa – rientra incomprensibilmente nel reiterato tentativo di impedire quello che, per le leggi ed i trattati internazionali, è considerato il “giusto processo”».
Il 19 luglio, in occasione dell’audizione presso la Corte Suprema di Nuova Delhi per la decisione sulla giurisdizione del caso, l’Italia, conclude il ministero, «reitererà la richiesta di sospensione del processo».
Inoltre due giorni fa l'Italia ha presentato un ricorso alla Corte Suprema indiana per chiedere l’applicazione del diritto internazionale al caso dei due marò e per bloccare il processo per omicidio avviato da un tribunale del Kerala. I legali di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone contestano la sentenza emessa dall’Alta Corte del Kerala lo scorso 29 maggio in cui si ribadiva la competenza dell’India a giudicare il reato avvenuto lo scorso 13 febbraio in acque internazionali e a bordo di una petroliera italiana. La petizione è stata presentata dall’avvocato Harish Salve insieme allo studio legale Titus di New Delhi.
Si tratta del secondo ricorso pendente alla Corte Suprema sulla vicenda. Nel primo appello, aggiornato al prossimo 26 luglio, si contesta la legittimità costituzionale dell’operato delle autorità del Kerala per quanto riguarda l’arresto e l'incriminazione dei marò.
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L'UNIONE SARDA - Economia: La Regione all'attacco di Moody's
18.07.2012
Tagliato il rating della Sardegna. Esplode la protesta: ingiusto Moody's declassa la Sardegna ma la Regione non ci sta. È l'inevitabile conseguenza del declassamento dell'Italia, fa sapere l'agenzia di rating statunitense. «Decisione che non rispecchia la reale credibilità creditizia della Regione sarda», replica la direzione generale dell'assessorato alla Programmazione e Bilancio che affida il suo disappunto a una comunicazione scritta e formale inviata al rappresentante italiano di Moody's. E dire che, neanche due mesi fa, l'altra “sorella”, Fitch, aveva rimosso le previsioni negative, confermando alla Sardegna il rating A. IL VERDETTO Ma tant'è: la scure di Moody's va giù dura e taglia la propria valutazione su 23 enti locali, tra cui 14 Regioni, compresa la Sardegna. Che per l'agenzia Usa non vale ora più di Baa2, come l'Italia, con un rating che perde il livello A3 e va giù di due gradini, con tanto di “outlook negativo”. Il verdetto è giunto intorno alla mezzanotte di lunedì, e non era sicuramente quello che gli uffici regionali si aspettavano. «Non condividiamo tale giudizio e il modo di procedere di Moody's», dice il direttore generale dell'assessorato Franco Sardi, «veniamo declassati perché viene declassata l'Italia ma noi ci aspettavamo una valutazione sulle nostre performance e non un'equazione matematica. Restituiamo puntuali i nostri mutui, abbiamo ridotto il disavanzo di 400 milioni nel 2011: allora a che serve fornire tutta la documentazione sull'andamento del bilancio? Su ciò che abbiamo fatto, si veda il rating book, neanche una riga». COSA CAMBIA Abbassare il rating significa rendere più fragile un ente nella negoziazione degli interessi da applicare a una somma di denaro: più il rating è basso più elevato è il rischio di pagare interessi più alti. «In questo momento, dal punto di vista contabile, il declassamento di Moody's non significa niente - assicura Sardi - siccome per quest'anno la Regione non intende contrarre nuovi mutui ma solo pagare quelli in essere e né contrarre obbligazioni non c'è alcuna ripercussione sui nostri conti. Solo un danno di immagine e ci dispiace molto, siamo arrabbiati». Anche perché, se è vero che il patto di stabilità rende impossibile un “rosso” improvviso dei conti regionali, la necessità di far fronte a una spesa per un nuovo investimento (come un'opera pubblica) renderebbe alla Regione più faticoso il cammino dal punto di vista contabile. Giudizio ingiusto, dunque? Certamente la forte dipendenza del bilancio regionale dai trasferimenti statali gioca un ruolo decisivo nel parere di Moody's, alla luce anche della debolezza del quadro economico regionale e nell'assenza di consistenti entrate proprie. Resta il fatto che non siamo i peggiori: la Sardegna, anzi, spunta uno dei migliori rating tra le regioni del Sud, a pari merito con la Sicilia. Se questo basta a consolarci. Carla Raggio

L'UNIONE SARDA - Economia: Sardegna, crescono i poveri
18.07.2012
Il 21% delle famiglie vive con meno di 1.011 euro Si aggrava il malessere economico dei sardi. Se nella media nazionale il fenomeno è pressoché stabile rispetto al 2010, nell'Isola la percentuale di famiglie in condizione di povertà relativa è passata dal 18,5% del 2010 al 21,1% del 2011, tornando sui valori registrati nel 2009. La soglia di povertà stabilita dall'Istat per il 2011 è di 1.011 euro, cifra che rappresenta l'importo mensile necessario per i consumi di una famiglia di due componenti. Questo tetto, definito solo a livello nazionale, stabilisce appunto il confine tra le famiglie non povere e le famiglie povere.
IL COMMENTO «A livello regionale», commenta Franco Manca, direttore del Centro studi L'Unione Sarda, «è disponibile esclusivamente l'informazione sulla percentuale di famiglie al di sotto della soglia di povertà, tutte le altre indicazioni vengono fornite a livello nazionale o di ripartizione. Dunque, è ipotizzabile», aggiunge l'esperto, «che la situazione della nostra Isola sia assimilabile più a quella del Mezzogiorno, in cui le famiglie povere sono il 23,3% piuttosto che alla media nazionale, in cui tale percentuale di attesta all'11%». Ed è perciò presumibile, sottolinea Manca, «che le condizioni che portano a questi livelli di povertà siano le stesse indicate dall'Istat per il Sud. Ossia: famiglie più ampie, la forte associazione tra povertà, bassi livelli di istruzione, bassi profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro». Preoccupato Mario Medde, leader regionale della Cisl: «Questo peggioramento necessita di una immediata riflessione da parte della politica e delle istituzioni sarde, e di un intervento straordinario e pluriennale di lotta alla povertà».
IN ITALIA L'analisi dell'Istat è comunque fosca anche se la lente si sposta sul versante nazionale. In condizioni di povertà relativa si trovano 8,1 milioni di persone, l'11% delle famiglie italiane: 3,4 milioni (5,2 famiglie su 100) vivono addirittura in condizioni di povertà grave. Sono dati allarmanti, di una povertà stagnante, rimasta stabile tra il 2010 e il 2011, ma solo perché sono peggiorate le condizioni delle famiglie in cui ci sono operai, a fronte di un miglioramento della qualità della vita dei dirigenti.
IL CONFRONTO Proprio gli operai stanno peggio di tutti: il 15,4% vive in condizione di povertà relativa. Al contrario, migliora la situazione per le famiglie di dipendenti e dirigenti: nel 2010 era relativamente povero il 5,3% e assolutamente povero l'1,4%, nel 2011 i valori si fermano al 4,4% e all'1,3%. Infine, è relativamente indigente il 10,4% (4% in povertà assoluta) delle coppie con un figlio, il 13,5% (5,7%) di quelle con un figlio minore. Nel 2010 erano rispettivamente il 9,8% (2,9%) e l'11,6% (3,9%). Lanfranco Olivieri

Le Confindustrie Sud: risorse comunitarie, la spesa non è veloce
Fiore e Bozzetto al ministero: «Centralizzare la spesa non è la soluzione; screening sullo stato dei Grandi Progetti»
NAPOLI — La spesa non è stata resa più veloce, come dimostrano gli esempi, emblematici, delle Ferrovie e del credito d'imposta per l'occupazione. In troppi casi sono stati finanziati con fondi comunitari interventi da attuare con risorse ordinarie. Manca un dettaglio delle misure per la competitività e l'innovazione delle imprese. Il presidente di Confindustria Campania, Giorgio Fiore, presenta il cahier de doléance all'incontro di ieri a Roma, alla presenza del ministro Fabrizio Barca. «Centralizzare la spesa non è la soluzione — spiega — la riprogrammazione dei fondi deve essere fatta sulle opere già cantierate, attraverso uno screening sullo stato dei Grandi Progetti, privilegiando quelli immediatamente realizzabili».
Fiore propone infine un maggior tasso di cofinanziamento comunitario, al 65%, per evitare i vincoli del patto di stabilità sui fondi nazionali e regionali, cominciando a spendere prima le risorse europee. Gli fa eco Angelo Bozzetto, presidente di Confindustria Puglia: «I ritardi delle Pubbliche amministrazioni stanno distruggendo il Distretto del mobile, sono sei anni che deve essere firmato l'Accordo di programma, il documento è ancora sul tavolo del ministro per lo Sviluppo, frattanto si sono persi 9mila posti di lavoro e 400 imprese». Sul futuro nebuloso che aleggia sull'Ilva di Taranto è molto netto, «guai a bloccare la produzione siderurgica, il governo, che in queste ore deciderà il da farsi, valuti attentamente che contributo lo stabilimento dà alla crescita del Paese». Fabrizio Barca ascolta, prende appunti, sa bene che dal territorio, da chi è giorno dopo giorno in trincea, vengono le indicazioni di cui il governo deve maggiormente tener conto. E annunzia che il contratto per la Napoli Bari è quasi chiuso. Per l'esponente governativo non c'è alcun dubbio sul fatto che «i fondi strutturali siano un volano di crescita e sarebbe gravissimo se non li usassimo. Intanto accontentiamoci di spenderli molto bene, anche se non dovessero bastare». Il ministro ribadisce che Basilicata e Puglia sono le uniche regioni meridionali a saper utilizzare i soldi di Bruxelles, «le altre viaggiano in una situazione difficile, sono appena riuscite a superare l'obiettivo fissato a maggio ma ora c'è quello di ottobre, molto tosto».
Il documento che Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno presentato al ministro per la Coesione territoriale snocciola alcuni dati significativi e impressionanti: ogni 100 euro spesi al Sud determinano una domanda aggiuntiva di 40 euro per le imprese del Centro Nord. Come dire, lo sviluppo del Paese passa per la crescita del Mezzogiorno. Non solo, perché la spesa pubblica per investimenti si è ridotta del 19% nel 2010 e quella dei fondi europei langue, in quanto 30 miliardi debbono ancora essere rendicontati a Bruxelles negli ultimi tre anni di programmazione. Infine, di 108 crisi aziendali, 51 riguardano aziende meridionali, con 35mila lavoratori coinvolti. Sindacati e imprenditori assolvono Barca, «il suo piano d'azione va finalmente nella giusta direzione, anche se per le difficoltà burocratiche l'attuazione è ancora troppo lenta». Riconoscimento che gli giunge anche dal governatore della Basilicata Vito De Filippo, per il quale «i primi segnali di una cambio di strategia e di una maggiore attenzione al Sud vengono dal decreto sviluppo e dalle decisioni di Barca». Anche se il responsabile di Confindustria per il Sud Alessandro Laterza appare molto preoccupato per il segnale in contro tendenza giunto due giorni fa col colpo di mano leghista alla Camera. «La verità è che se non riparte l'occupazione non c'è sviluppo del Sud» sbotta Serena Sorrentino, segretario confederale della Cgil con la delega al Mezzogiorno. «Stiamo attenti — le fa eco Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl — perché ci sono oggi quattro o cinque grandi aziende al Sud che sono sul punto di essere smantellate». «E senza imprese manifatturiere — sentenzia Guglielmo Loy della Uil — il futuro del Mezzogiorno sarà inevitabilmente una lenta decrescita».
Emanuele Imperiali

La terra nera degli antichi campani
Stefano De Caro «risistema» il percorso attraverso a partire dall'antica Capua fino alla Costiera
Legata in passato all'aggettivo di «felix», terra felice per condizioni climatiche e fertilità, la Campania odierna - quando non ignorata, soprattutto all'estero, con la semplice definizione di «Naples area» -, non gode purtroppo di ottima fama. Una fama che non fa giustizia delle sue residue, nascoste e straordinarie bellezze naturali e architettoniche, e soprattutto della sua originale vicenda storica. Che, fra l'altro, la elegge a luogo più antico e rappresentativo delle civiltà preromane, qui incrociatesi fra preesistenze italiche e nuove immissioni di cultura greca.
E quindi bene ha fatto Stefano De Caro - eminente studioso di archeologia, per anni sovrintendente ai beni archeologici di Napoli e Caserta - a scrivere un libro, «La terra nera degli antichi campani», che risistema a dovere questo percorso, concentrando la sua attenzione sulla Campania settentrionale (i campani originariamente erano gli abitanti di Capua), che ai tempi rappresentava la quasi totalità della regione, estesa dai monti Aurunci, fin giù alla chiusura della penisola sorrentina e della Costiera amalfitana, nel territorio di Salerno e dai suoi comuni limitrofi. Una giusta precisazione quella di De Caro, che partendo da una citazione di Virgilio nelle «Georgiche» (la Campania terra - di colore scuro - al primo posto per fertilità (arvorum ingenia) «che esala una nebbia leggera e vapori alati, che assorbe l'umidità, e quando vuole, da sé la restituisce, che si copre spontaneamente di un prato sempre verde, che non si attacca al ferro del vomere»), restituisce il giusto valore a quella zona oggi in gran parte nella provincia di Caserta, più delle altre esposta ad una campagna mediatica poco favorevole al rilancio turistico dei suoi immensi tesori.
Ed allora questo elegante volume illustrato, edito da Arte'm, diventa una vera e propria guida, che ogni cittadino campano (ma non solo) dovrebbe conservare a casa, per programmare visite a località e siti tanto vicini quanto sorprendenti. E allora il viaggio proposto al lettore parte dalla preistoria e giunge fino all'età romana, con una ricognizione sapiente e analitica dell'attuale territorio casertano, con qualche puntata in quello napoletano, suddiviso nell'articolazione demografica, economica e geomorfologica dei suoi tre ambiti più rappresentativi: l'area dei monti Aurunci a nord-ovest, con la valle sinuosa del Garigliano e le vette del massiccio di Roccamonfina; il Matese e la piana sul versante a sinistra del Volturno a nord-est; la cosiddetta Terra di lavoro a sud. De Caro recupera così storie di vita, leggende, tracciati urbani, teatri, domus, statue preziose, mosaici e archi trionfali. In tutto dieci capitoli che partendo da cenni sulla geografia del territorio, affrontano subito i temi dell'età preistorica con i Fondi di Capanna a Gricignano, le cosiddette Ciampate del diavolo a Tora e Piccirilli, la Grotta di Roccia San Sebastiano a Mondragone e le capanne preistoriche di Nola. Si passa poi dall'età del ferro in poi con il cavaliere campano di Capua, l'antefissa con Diana a cavallo e le famose fibule capuane, e poi a quella più propriamente romana con i preziosi reperti del Museo campano come la stele funeraria di Publilio Satiro, le anfore o il tesoretto di Capua. Per quanto riguarda la Terra di lavoro a est del Volturno (Capua, Atella e Calatia), da segnalare soprattutto il meraviglioso Anfiteatro Campano di Capua Vetere, l'attuale Santa Maria, con il museo dei gladiatori, l'arco di Adriano sull'Appia, l'affresco di Mitra Tauroctono nel Mitreo, o la decorazione della tomba ipogea sulla strada per il santuario di Diana Tifatina, nel territorio dell'attuale San Prisco. Da segnalare poi i resti delle mura di Castelmorrone o le modernissime statue di madri, fra sesto e quarto secolo a. C. presenti nel Museo di Capua e la celebre testa di «Capua Fidelis».
Ad Atella - nota per le rappresentazioni teatrali (le «atellane» appunto) - da segnalare i tracciati delle terme imperiali e il castellone. Infine a Calatia - l'attuale Maddaloni - le tombe orientalizzanti e la villa di Boscorotto, rinvenuta nel corso dei lavori per lo scalo merci della locale stazione. Un nuovo capitolo è invece dedicato alla zona ad ovest del Volturno, Cales e i centri dei monti Trebulani (Trebula, Cubulteria e Caiatia). Parliamo dell'attuale Calvi Risorta, con i resti termali e teatrali, e ancora i bronzetti votivi del Santuario sul Monte Grande o la stele funeraria e la porta ovest di Trebula così come le mura di Caiazzo. Il basso Volturno è invece la terra del Falerno, il mitico vino dei romani, ci si muove verso il mare della costa e si incrociano centri a ridosso della via Domitiana. Si va dalla villa romana di Carinola al territorio di Sinuessa, l'attuale Mondragone, con i mosaici di pesci di San Limato, o la splendida Afrodite di Sinuessa conservata all'Archeologico di Napoli. E ancora i terrazzamenti dell'Appia, presso il cimitero o il mausoleo detto Torre del ballerino. Ricco e ben conservato il territorio del Massico e di Roccamonfina, con l'antica Suessa e il suo teatro e l'affresco del Genius Theatri, il ponte Ronaco o degli Aurunci, e ancora il teatro di Teano (dove c'è anche un interessante museo) e i rilievi di cavalieri legati all'antica cavea sidicina. Suggestive poi le grotte di Pietramelara. Il medio Volturno si presenta invece con i resti di Alife, conservati nel museo, e le tracce dell'anfiteatro. Infine gli imponenti resti ad arco di Roccavecchia di Pratella, in direzione sannitica, con l'opera poligonale della cinta.
Stefano de Stefano

Germania: asta biennali a tasso negativo, prima volta
Bene collocazione di titoli in Portogallo
18 luglio, 13:26
La Germania ha venduto titoli di Stato biennali (Schatz) con rendimenti negativi per la prima volta. Berlino ha assegnato 4,17 miliardi di euro con un rendimento medio sceso a -0,06% dallo 0,1% dell'asta di giugno. la domanda si conferma solida superando l'offerta di 2 volte da 1,9 volte precedente.
PORTOGALLO, OK ASTA 2 MLD BOND, TASSI GIU'  - Il Portogallo ha collocato sul mercato titoli di Stato a 6 mesi e a un anno per un totale di 2 miliardi di euro registrando un calo dei tassi. Sulla scadenza luglio 2013 il rendimento medio è sceso al 3,505% dal 3,834% dell'asta del 6 giugno scorso, e sul semestrale il tasso è calato al 2,292% dal 2,653%. Per la tranche a un anno la domanda ha superato l'offerta di 2,36 volte contro 2,71 di giugno e per quella a sei mesi di 3,82 volte contro 4,31 precedente.

Crisi:lascia Spagna 40% in piu' del 2011
Hanno tra i 29 e i 45 anni, primo motivo disoccupazione
18 luglio, 11:16
(ANSA) - MADRID, 18 LUG - Spagnoli in fuga da un paese duramente colpito dalla crisi, nel quale la disoccupazione giovanile supera il 50%. Secondo i dati diffusi ieri dall' Istituto Nazionale di Statistica, nei primi sei mesi dell' anno 40.625 spagnoli si sono trasferiti all' estero, il 44,2% in piú rispetto allo stesso periodo del 2011. La disoccupazione è una delle principali cause. A lasciare il paese sono soprattutto spagnoli tra i 28 e i 45 anni.

Spagna: morosità crediti banche sfiora a maggio il 9%
Livello record nonostante stretta, previsto ulteriore aumento
18 luglio, 13:08
(ANSAmed) - MADRID, 18 LUG - La morosità sui crediti concessi da banche, casse di deposito, enti finanziari e cooperative di credito si è attestata a maggio all'8,95%, il maggiore livello dal febbraio del 2004, quanto toccò quota 9,15%, secondo i dati diffusi oggi dalla Banca di Spagna.
 Le somme dovute per morosità, percentualmente aumentate di due decimi rispetto ad aprile ma di 2,5 punti rispetto al maggio del 2011, hanno superato i 155 miliardi di euro. Un livello record, nonostante i prestiti totali concessi dalle banche e dagli istituti di credito a maggio sia stata di 1,74 miliardi di euro, pari allo 0,57% in meno rispetto al mese precedente e inferiore del 3,3% a quelli del maggio 2011.
 Analisti finanziari e banchieri concordano nel prevedere, per i prossimi mesi, una morosità del sistema finanziario superiore alla quota del 9%. (ANSAmed).

Bozen, oltrepadania. In Alto Adige record delle pensioni minime
Toni Serafini (Uil): «Allarmanti anche in Alto Adige i dati sull’andamento della povertà»
pensioni minime
BOLZANO. Sono usciti ieri i dati Istat relativi alla povertà in Italia nel 2011. Purtroppo va ancora male, l’incidenza nazionale della povertà relativa è dell’11,1%, con la punta negativa della Sicilia: ben il 27,3%.
«Dobbiamo però rilevare che la nostra Provincia - sottolinea il segretario generale della Uil dell’alto Adige, Toni Serafini - ha la maggior percentuale d’incidenza di tutto il Nord Italia (media 4,9%) con il 10,4% di povertà relativa, nel 2010 era del 9,5%, con un aumento in un anno dello 0,9%. Sono passati ormai oltre cinque anni dalla prima conferenza provinciale sulla povertà, svoltasi a Bolzano il 14 febbraio 2007 e organizzata dalla Ripartizione Politiche Sociali e dall’Istituto per la Promozione dei Lavoratori (Ipl-Afi) su iniziativa della Commissione Provinciale sulla Povertà , ma i dati emersi in quella occasione nel frattempo sono solo peggiorati».
 «La situazione in questi anni - prosegue infatti Serafini - è è davvero peggiorata, in primis per la crisi che ci attanaglia dal 2009, ma va detto anche che la nostra provincia ha il primato negativo nel Nord Italia delle pensioni minime. Va sottolineato che la Provincia opera bene nel sociale: minimo vitale, sussidio casa, servizi agli anziani, non autosufficienza, Ma va sottolineato anche che in base ai dati, rimane ancora molto da fare per mettere a punto la macchina provinciale della sicurezza sociale, del mercato del lavoro, dell’aumento delle retribuzioni nette».
«Per fare questo serve però l’impegno collettivo delle istituzioni, delle parti sociali, dell’associazionismo. Va bene fare revisione della spesa pubblica (la cosiddetta spending review) ma va fatta nella direzione giusta tagliando le spese cattive: sprechi, consulenze, riducendo le indennità ai manager di Stato e delle banche, razionalizzare gli acquisti pubblici, proseguire sui tagli ai costi della politica: questa è la direzione giusta per una vera revisione della spesa pubblica».
Senza contare che ai dati della povertà e della massiccia presenza di pensioni minime fra gli anziani dell’Alto Adige, si devono aggiungere i non marginali dati legati al ricorso alla cassa integrazione in molti settori produttivi e che interessa complessivamente centinaia e centinaia di lavoratori con conseguente impoverimento del tessuto sociale.

Bozen, oltrepadania. Abd, 15 milioni per allungare la pista
La giunta stanzia 7,3 milioni per l’acquisto dei terreni e 7,5 per il primo lotto dei lavori. «Avvio immediato del cantiere»
di Davide Pasquali
BOLZANO. Quasi quindici milioni di euro. Li ha stanziati nella sua ultima seduta la giunta provinciale per permettere l’allungamento della pista dell’aeroporto. Si tratta di 7.300.000 euro in favore di Sta - Strutture trasporto Alto Adige per l’acquisto dei terreni necessari, più altri 7.500.000 euro in favore dell’Airport Bolzano Dolomiti Spa per la realizzazione del primo lotto dell’ampliamento aeroportuale e il contestuale aumento di capitale sociale.
Le relative delibere parlano piuttosto chiaro: «La giunta intende dare immediato avvio alla realizzazione del primo lotto dell’ampliamento aeroportuale».
Una decisione fulminea, di cui in conferenza stampa di giunta, lunedì, il presidente della provincia Luis Durnwalder non aveva minimamente fatto cenno. E di certo, lo stanziamento, in questo momento di crisi e pesanti tagli imposti da Roma, farà probabilmente discutere, anche se verrà spalmato su più anni. Pure per la Provincia, infatti, sono decisamente finiti i tempi delle vacche grasse e altrimenti non si sarebbe potuto fare.
Le due deliberazioni (la 1101 e la 1102/2012) fanno seguito alla decisione presa dalla giunta a dicembre, con la quale si era approvato il masterplan, ossia il piano di sviluppo aeroportuale. C’è infatti, a detta della giunta, «la necessità di garantire i parametri tecnici di sicurezza relativi alla pista aeroportuale. Entro l’anno 2015 le aree di sicurezza della pista devono essere a nord di 300 metri e a sud di 180 metri, con una lunghezza totale di 1.431 metri».
La Provincia intende acquistare, tramite Sta, i terreni necessari per l’ampliamento, procedendo alla liquidazione degli indennizzi ai proprietari dei terreni interessati per un importo massimo di 7.300.000 euro, comprensivo di spese di accatastamento e relative spese di registro. La spesa totale sarà ripartita come segue: 3.650.000 euro quest’anno, altrettanti l’anno prossimo.
In favore dell’Abd, per l’avvio («immediato») dei lavori per il primo lotto, verranno poi versati altri 7.500.000 euro, suddivisi come segue: nel 2012 1 milione, nel 2013 5 milioni, nel 2014 1,5 milioni di euro.
Ieri nel pomeriggio si è tenuto un vertice fra i tecnici e i dirigenti aeroportuali, al termine del quale il presidente dell’Abd, Engelbert Ritsch, ha commentato: «Speriamo che le autorizzazioni che ancora ci mancano arrivino in tempi rapidi come queste due delibere. Se tutto va come speriamo, e l’Enac ci autorizza in tempi rapidi, saremo in grado di partire con i lavori in autunno. Stiamo già preparando il bando di gara, per ottobre dovremmo farcela».


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