martedì 10 luglio 2012

(2)_X.VII.MMXII/ La spending review in salsa acida oltrepadana.===Non posso mica mandare a Roma gli Schützen, scherza Durnwalder.---Udin. Le grinfie della “spending review” si allungano anche in campo linguistico ipotecando pesantemente la futura tutela del friulano.---Trst. Le “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica” pubblicate in Gazzetta ufficiale fissano la mazzata nei confronti delle “speciali” oltre i 3 miliardi previsti: i tagli alla spesa dovranno essere di 600 milioni per il 2012, 1.200 milioni per il 2013 e 1.500 milioni di euro a decorrere dal 2014. Un totale di 3,3 miliardi che, con il 15,4% solitamente applicato al Fvg, richiederà alla nostra regione sacrifici per 92,4 milioni per il 2012, 184,8 per il 2013, 231 dal 2014: 508,2 milioni nel triennio.---Trst. La spending review - già fattasi decreto del Governo, ma non ancora legge dello Stato - spara insomma un po’ nel mucchio, ma rischia di colpire duro, più che altrove, proprio a Trieste. Quella che si professa, orgogliosa, città della scienza. E che vive appunto - oltre che di posto fisso - di pane e ricerca.

India: maro', rinvio processo 1 settimana per consentire traduzione atti procedurali
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La produzione industriale cala del 6,9% rispetto al 2011
Ocse: disoccupazione in Italia salirà
Grecia, -2,9% anno su anno produzione industriale maggio
Bozen, oltrepadania. La Provincia congela altri 85 milioni
Udin, oltrepadania. Roma mette a rischio la tutela del friulano
Trst, oltrepadania. In Regione i tagli salgono a 508 milioni
Trst, oltrepadania. Nella città della ricerca scatta l’allarme sui tagli

India: maro', rinvio processo 1 settimana per consentire traduzione atti procedurali
10 luglio, 12:03
(ANSA) - NEW DELHI, 10 LUG - Il tribunale di primo grado di Kollam (stato indiano meridionale del Kerala) ha oggi rinviato di una settimana l'inizio del processo a carico dei due maro' Massimiliano Latorre e Salvatore Girone implicati nella morte di due pescatori il 15 febbraio. Lo ha appreso l'ANSA da fonti che seguono direttamente la vicenda. La prossima udienza e' stata fissata per il prossimo 17 luglio per permettere la traduzione degli atti procedurali in inglese e in italiano.
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La produzione industriale cala del 6,9% rispetto al 2011
Il dato rilevato dall'Istat si riferisce al mese di maggio e rappresenta un piccolo passo in avanti (+0,8%) rispetto ad aprile quando era stato registrato un forte ribasso. Calano beni intermedi, beni di consumo e beni strumentali
MILANO - La produzione industriale rimbalza a maggio. L'indice calcolato dall'Istat ha registrato un incremento dello 0,8% su base mensile. L'andamento resta tuttavia negativo su base annua: il calo tendenziale è pari al 6,9%. Nella media del trimestre marzo-maggio l'indice è diminuito dell'1,9% rispetto al trimestre immediatamente precedente. Nella media dei primi cinque mesi dell'anno invece la produzione è scesa del 6,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano a maggio variazioni tendenziali negative in tutti i comparti. La diminuzione più marcata riguarda il raggruppamento dei beni intermedi (-8,7%), ma cali significativi si registrano anche per i beni di consumo (-6,7%) e per i beni strumentali (-5,7%). Diminuisce in modo più contenuto l'energia (-3,3%).
Nel confronto tendenziale, gli unici settori in crescita sono quelli dell'attività estrattiva (+2,3%) e della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+2,2%). Le diminuzioni più ampie si registrano per i settori della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-12,2%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,5%), della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-9,7%).

Ocse: disoccupazione in Italia salirà
 Riforma lavoro ok, ma va attuata subito
 Produzione industriale -6,9% annuo
Nell'eurozona disoccupati a livelli record. Lieve ripresa della produzione a maggio (+0,8%) rispetto al mese precedente, crolla il settore auto -20,9%
PARIGI - «L'Italia è stata colpita duramente dalla crisi ed è probabile che la disoccupazione continui ad aumentare»: è quanto scrive l'Ocse nel suo ultimo rapporto sulle prospettive dell'occupazione,presentato oggi a Parigi. L'Ocse plaude alla riforma del mercato del lavoro approvata lo scorso giugno dal Parlamento e invita il nostro Paese ad attuarla in tempi rapidi. «La recente recessione - scrive l'Ocse - ha colpito duramente l'economia italiana, il cui prodotto interno lordo è diminuito fortemente all'apice della crisi nel 2009». Dopo una breve ripresa, le previsioni Ocse di maggio 2012 prevedono che il Pil italiano scenda ulteriormente nel 2012 e che rimanga invariato nel 2013. «Dopo un temporaneo miglioramento all'inizio del 2011 - dice l'Ocse - il tasso di disoccupazione ha ripreso a crescere negli ultimi tre trimestri fino a superare il 10% in maggio e si prevede che continuerà ad aumentare nel 2013».
Disoccupazione record nei Paesi dell'eurozona. Secondo l'Ocse, il tasso di disoccupazione a maggio 2012 è stato dell'11,1%, il dato più elevato mai registrato.
 «Giovani senza lavoro primi a pagarne il prezzo». «In Italia il costo occupazionale della crisi non è distribuito in modo uniforme - dice l'Ocse - ono stati soprattutto i giovani e i lavoratori meno qualificati a perdere il lavoro. In Italia, il tasso di disoccupazione di lunga durata, un indicatore della gravità delle condizioni del mercato del lavoro, aumentato fortemente tra i giovani e, seppur in misura minore, per i lavoratori con basse qualifiche e gli uomini tra i 25 e i 54 anni, mentre è rimasto stabile per le donne e i lavoratori più qualificati. Rispetto alla media Ocse in Italia l'aumento del tasso di disoccupazione di lunga durata è stato più marcato e distribuito in modo più disuguale tra categorie sociodemografiche».
«La riforma del lavoro ridurrà effetti nefasti della recessione». «E' probabile che la recente riforma del mercato del lavoro riduca i costi sociali e occupazionali delle prossime recessioni - si legge nel rapporto Ocse - In primo luogo una minor incidenza del lavoro a termine e di altre forme contrattuali atipiche e precarie dovrebbe favorire la capacità del mercato del lavoro italiano di affrontare future recessioni, riducendone anche i costi sociali. Secondo, la riforma estende la copertura dell'indennità di disoccupazione a una platea più ampia di lavoratori e ne aumenta moderatamente la somma, riducendo cos i costi sociali legati ad un aumento della disoccupazione. Da molti anni l'Ocse sollecitava l'Italia a intervenire sul proprio sistema di ammortizzatori sociali e le stime dell'Organizzazione suggeriscono che la riforma aumenterà notevolmente il livello dei sussidi di disoccupazione relativamente al reddito precedente la perdita del posto di lavoro. Si tratta di un ottimo primo passo, ma che necessita di essere accompagnato da una efficace strategia di attivazione fondata su una più chiara distinzione di compiti tra il governo centrale e le autorità regionali, e ispirata al principio per il quale i lavoratori si impegnano a cercare attivamente un lavoro o a partecipare a corsi di formazione in cambio dei sussidi e, in caso di inadempimento, sono soggetti a sanzioni».
Istat: produzione industriale in lieve ripresa, ma cala del 6,9% rispetto a un anno fa. La produzione industriale a maggio, rileva l'Istat, segna un aumento dello 0,8% su aprile (dato destagionalizzato), quando era stato registrato un forte ribasso, mentre risulta ancora in calo su base annua, con una diminuzione del 6,9% (dato corretto per effetti calendario). A maggio, quindi, la produzione in termini congiunturali è stata migliore di quanto previsto da molti analisti, che indicavano addirittura un calo su aprile. Tuttavia nella media del trimestre marzo-maggio l'indice è diminuito dell'1,9% rispetto al trimestre precedente. Su base annua, invece, la produzione ha segnato la nona discesa consecutiva e, nella media dei primi cinque mesi del 2012, risulta diminuita del 6,7% in termini tendenziali.
I settori. Guardando ai principali raggruppamenti di industrie, gli indici corretti per gli effetti di calendario hanno registrato a maggio variazioni tendenziali negative in tutti i comparti. La diminuzione più marcata ha riguardato il raggruppamento dei beni intermedi (-8,7%), ma cali significativi si sono registrati anche per i beni di consumo (-6,7%) e per i beni strumentali (-5,7%). Analizzando i diversi settori su base annua, gli unici comparti in crescita sono quelli dell'attività estrattiva (+2,3%) e della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+2,2%). Mentre le diminuzioni più ampie hanno toccato la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-12,2%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,5%), della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-9,7%).
Produzione auto cala del 20,9%. La produzione di autoveicoli a maggio, segnala l'Istat, ha registrato una caduta del 20,9% (dato corretto per gli effetti di calendario).

Grecia, -2,9% anno su anno produzione industriale maggio
La produzione industriale in Grecia è scesa del 2,9% anno su anno a maggio dopo il calo del 2,2% a/a registrato ad aprile. Lo ha reso noto l'ufficio di statistica del Paese, Elstat, aggiungendo che la produzione di energia si è contrattata del 4,3% anno su anno, mentre quella manifatturiera del 3,1% anno su anno

Bozen, oltrepadania. La Provincia congela altri 85 milioni
Spending review: domani vertice con la giunta Dellai. Durnwalder: non taglieremo i posti letto negli ospedali
 di Francesca Gonzato
BOLZANO. Bolzano e Trento in trincea contro la spending review del governo Monti. «Ogni giorno c’è una novità in più», si sfoga il presidente provinciale Luis Durnwalder dopo la seduta di giunta. Per le due Province autonome resta inaccettabile il metodo di agire del governo: «Ogni modifica al nostro impianto finanziario va concordato tra noi e il governo, ma non è accaduto neppure questa volta. A questo governo non importa nulla dell’autonomia, ma la Costituzione vale anche per un governo tecnico». Ciliegina sulla torta, ieri sono stati aggiornati i conti sul nuovo aggravio per il bilancio provinciale contenuto nel decreto: non 72 milioni di trasferimenti in meno nel 2012, come da prime indicazioni, ma 85 milioni, che diventeranno 170 nel 2013.
La giunta ha concordato alcuni punti. Prima di tutto, domani si terrà a Palazzo Widmann una seduta comune tra giunta Durnwalder, giunta provinciale di Trento e giunta regionale. «Puntiamo ad avere al più presto un incontro con il governo», anticipa Durnwalder, «per fare rispettare le prerogative dell’autonomia e fissare in via definitiva l’impegno delle Province autonome al risanamento statale e fare chiarezza sul patto di stabilità. Sembra che ci sia una disponibilità al dialogo, vedremo». Scontata intanto l’impugnazione alla Consulta. Ma non solo. Il deputato Siegfried Brugger uscendo da dalla tesa Parteileitung di ieri alla Svp riassume: «Bolzano ha garantito la propria disponibilità al risanamento dei conti pubblici, purché nel rispetto della sua identità di Provincia autonoma. Questo non è accaduto in troppe occasioni e a questo punto anche noi potremmo iniziare a non rispettare più i patti. I prossimi mesi saranno decisivi. Se Roma apre una vera trattativa, bene. Altrimenti agiremo. Volutamente non diciamo altro e non citiamo Vienna».
Bolzano e Trento combatteranno tutte le battaglie possibili («non posso mica mandare a Roma gli Schützen», scherza Durnwalder), ma in via precauzionale la giunta ha deciso di congelare di un ulteriore 3% la liquidazione degli stanziamenti a bilancio per il 2012. La cifra si aggiunge al blocco del 5% varato nei mesi scorsi.
Il nuovo congelamento è di 85 milioni e servirà per coprire gli 82 milioni di mancati trasferimenti previsti nella spending review. Provvedimento pesante, avverte Durnwalder, perché diversi assessorati hanno già impegnato tutti gli stanziamenti di alcuni capitoli di bilancio, «così abbiamo deciso che il provvedimento verrà applicato complessivamente dipartimento per dipartimento». Insomma, su un bilancio da 5,1 miliardi di euro, c’è un 8% impegnato ma non liquidabile. Ma non solo, le direttive di Roma prevedono che la stretta ricada di fatto solo sulla spesa corrente, non sugli investimenti, e quindi su personale, sanità, sociale, contributi.
Gli ospedali. La spending review interviene sulla spesa sanitaria, coinvolgendo anche le Province autonome nelle misure su spesa farmaceutica, acquisto di beni e servizi e il taglio dei posti letto. L’Alto Adige dovrebbe perdere 285 posti letto entro fine luglio. Durnwalder, insieme a Richard Theiner, non prende nemmeno in considerazione il tema: «Non percepiamo un centesimo dal fondo sanitario nazionale. La sanità è nostra competenza primaria. Non sta al governo decidere quanti ospedali e posti letto ci spettano». Insomma, annuncia Durnwalder, Bolzano ribadirà al governo la proposta di farsi carico di tutti gli oneri dello Stato sul proprio territorio (mezzo miliardo all’anno), in cambio dello stop a questo stillicidio di tagli non concordati.
L’offensiva. Toni pesanti anche nella Parteileitung di ieri. L’Obmann Richard Theiner ricorda che «questa è una autonomia fissata nella costituzione. Gli accordi vanno rispettati».

Udin, oltrepadania. Roma mette a rischio la tutela del friulano
Il decreto sulla “spending review” riconosce solo le minoranze straniere. Spariscono decine di dirigenti scolastici. Molinaro: pronti a intervenire
di Maura Delle Case
UDINE. Le grinfie della “spending review” si allungano anche in campo linguistico ipotecando pesantemente la futura tutela del friulano. Nel decreto legge numero 95 del 6 luglio scorso, il governo Monti cancella infatti senza alcuno scrupolo la marilenghe dalle lingue considerate minoritarie. L’amara sorpresa sta nell’articolo 14, comma 16, della manovra per la revisione della spesa pubblica, laddove si definiscono le aree geografiche caratterizzate da specificità linguistica: per il governo sono da considerarsi tali solo «quelle nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre straniera».
 Il passaggio è un pugno allo stomaco per i friulanisti, per i linguisti e per gli amministratori regionali che ancora una volta, nel giro di poche settimane, assistono a un’invasione di campo e si dicono pronti a reagire. Ma veniamo agli effetti della manovra sulla marilenghe. Per ora questi dovrebbero riguardare solo l’organico della scuola e in particolare i dirigenti scolastici degli istituti con meno di 600 alunni, autonomie che nel recente piano di dimensionamento varato dalla Regione avevano invece beneficiato della dirigenza, a partire da un minimo di 400 alunni, proprio in virtù della deroga concessa ai territori con minoranze linguistiche. Oggi le autonomie scolastiche in Regione sono complessivamente 172, se la norma verrà confermata così com’è oltre una decina di queste (secondo Cgil addirittura 40) sono destinate a rimanere senza “guida”.
 L’assessore regionale all’istruzione, Roberto Molinaro, conferma: «La norma, che stiamo approfondendo proprio in queste ore, prevede un’interpretazione restrittiva del concetto di aree geografiche con presenza di minoranza linguistiche che si limiterebbero – dichiara Molinaro – alle sole con minoranze di lingua madre straniera, vedi tedesco e sloveno. Completamente diversa era l’interpretazione data dal ministero dell’istruzione nel mese di aprile, che ci aveva consentito di sviluppare il dimensionamento della rete scolastica con i paramettri delle minoranze linguistiche (definiti dalla legge 482 del ’99), garantendo l’autonomia negli istituti con un minimo di 400 alunni anziché 600. Se questa norma venisse confermata avremmo sicuramente un maggior numero di autonomie destinate a rimanere senza dirigente scolastico».
 Per Molinaro la norma ha «elevati profili di incostituzionalità. Non si possono discriminare in questo modo minoranze che l’ordinamento prevede vengano tenute nella medesima considerazione. Anzitutto valuteremo il testo definitivo del provvedimento, quindi i rimedi che sono approntabili». Oltre che le eventuali reazioni. Alla Corte costituzionale il Fvg è già ricorso per il decreto Salva-Italia, nulla vieta che possa farlo nuovamente per salvare il friulano. La cui tutela, secondo il professor Vincenzo Orioles, componente del gruppo di lavoro sulle politiche e i diritti linguistici, è seriamente ipotecata dal dl 95. «La norma depotenzia i livelli di tutela e ciò – dichiara il linguista – è pericolosissimo perché ci vuole molto poco a dire che vi sono lingue “importanti”, come il tedesco, lo sloveno e il francese, e lingue meno importanti, come friulano, sardo e occitano, lingue che invece la legge 482 poneva sullo stesso piano». Orioles annuncia di voler inviare una lettera-appello ai parlamentari del Fvg: «È quantomai importante che si facciano promotori di un emendamento per sopprimere il comma 16. Il riflesso per ora riguarda “solo” i dirigenti della scuola, ma una volta introdotto un principio di debolezza nella legge, una dissimmetria, allora a rischio c’è molto di più».
 Il senatore del Pdl, Ferruccio Saro, promette il massimo impegno per modificare il comma. «Faremo il possibile per emendare questa norma, che mi sembra pesantemente ingiusta nei confronti del popolo friulano».

Trst, oltrepadania. In Regione i tagli salgono a 508 milioni
Nella versione finale del decreto aumentano i sacrifici. E c’è la beffa della sanità: il governo pretende 21 milioni all’anno
di Marco Ballico
TRIESTE. Nel decreto spending review, articolo dopo articolo, non mancano altre cattive sorprese per il Friuli Venezia Giulia. Nero su bianco, il testo del governo riaggiorna all’insù le anticipazioni dei tagli alla spesa: da 462 a 508,2 milioni nel triennio 2012-2014. Ma aggiunge anche una quota sul fronte sanità: secondo le prime stime degli uffici, la Regione dovrà foraggiare il fondo nazionale con 21 milioni di euro all’anno.
 3,3 miliardi per le speciali «Follie», continua a ripetere Daniele Galasso, capogruppo Pdl. Le “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica” pubblicate in Gazzetta ufficiale fissano la mazzata nei confronti delle “speciali” oltre i 3 miliardi previsti: i tagli alla spesa dovranno essere di 600 milioni per il 2012, 1.200 milioni per il 2013 e 1.500 milioni di euro a decorrere dal 2014. Un totale di 3,3 miliardi che, con il 15,4% solitamente applicato al Fvg, richiederà alla nostra regione sacrifici per 92,4 milioni per il 2012, 184,8 per il 2013, 231 dal 2014: 508,2 milioni nel triennio.
 Sanità Non basta. Perché nelle disposizioni urgenti, stavolta per «l’equilibrio del settore sanitario», la Regione scopre che non solo sarà tenuta a contenere le spese (cancellando i posti letto come impongono le nuove norme che riducono lo standard ottimale da 4 a 3,7 ogni mille abitanti), ma dovrà pure spedire a Roma le risorse risparmiate. Stando ai numeri emersi ieri sera nel vertice di Ronchi dei Legionari, lì dove Isidoro Gottardo è stato raggiunto dall’ex ministro Franco Frattini, dai colleghi Contento e Saro, dagli assessori Savino, Brandi e Riccardi, da Galasso e dal vice Baritussio, a carico del bilancio regionale alla voce sanità ci dovrebbero essere 21 milioni all’anno.
 Un altro salasso «Con i circa 90 del taglio della spesa – osserva Galasso – siamo a 111 milioni nel solo 2012. Dopo i 170 milioni del “salva-Italia”, un altro salasso inaccettabile per una Regione virtuosa e che la sanità se la paga tutta da sola». L’incontro è servito anche a rilanciare l’urgenza di un confronto con il governo sui 370 milioni di euro del federalismo fiscale, sui 140 dell’edilizia ospedaliera, sugli oltre 100 dell’Irpef degli statali non versata in Fvg, su tanta, troppa Iva pagata fuori regione. La sintesi del Pdl nella nota stampa: «Il taglio della spesa pubblica è assolutamente coerente con ciò che abbiamo già fatto in questa regione dal 2008 in poi. Ma è inammissibile che veniamo penalizzati e ci si chieda di farlo un’altra volta rispetto a chi non ha ridotto la spesa pubblica, non ha messo in sicurezza la propria sanità, ha continuato ad assumere personale anziché tagliarlo». Con il governo «si deve aprire un confronto serio nel merito e concordare il modo con cui possiamo ancora contribuire al risanamento del debito pubblico nazionale senza subire decisioni che finiscono per penalizzare i servizi pubblici essenziali».
 Il ricorso sui tribunali L’invito dei parlamentari a Tondo è di chiedere la convocazione alla Commissione Bilancio e Affari costituzionali della Camera. Nell’attesa, il presidente è già sul piede di guerra sulla giustizia: «Non abbiamo avuto interlocuzioni e sono francamente deluso dell’atteggiamento del ministro: chiudere il Tribunale di Tolmezzo e accorpare una parte della Bassa friulana a Gorizia non porta ad alcun risultato». La via d’uscita è la solita degli ultimi tempi: «Qualora siano accertati profili di incostituzionalità, ricorreremo alla Corte costituzionale. Credo che ci siano ampi margini perché le nostre circoscrizioni elettorali sono legate ai mandamenti circondariali dei tribunali, perciò toccarli significa intaccare la nostra autonomia in materia elettorale». Il presidente Upi Enrico Gherghetta dichiara infine che «gli sprechi non stanno nei Comuni e nelle Province, ma nei Ministeri e nello Stato centrale».

Trst, oltrepadania. Nella città della ricerca scatta l’allarme sui tagli
Enti scientifici in attesa: «Ma così sarà difficile restare competitivi» Borgani (Inaf): già oggi per gli studi liberi budget di soli 15mila euro all’anno
di Piero Rauber
Non solo il posto fisso, tipico del pubblico impiego. Ma anche la ricerca scientifica. Che in quanto ricerca - senza cioè la piena garanzia di un risultato, per definizione - programma la propria esistenza, le proprie possibilità di crescita su un pacchetto, in un certo senso preconfezionato, di denari sicuri. Denari in buona parte pubblici, per definizione. Pure quelli.
La spending review - già fattasi decreto del Governo, ma non ancora legge dello Stato - spara insomma un po’ nel mucchio, ma rischia di colpire duro, più che altrove, proprio a Trieste. Quella che si professa, orgogliosa, città della scienza. E che vive appunto - oltre che di posto fisso - di pane e ricerca. Una ricerca che, con le cure contro l’eurocrisi, verrebbe ad esempio ridimensionata, fra le altre, in strutture “tipicamente giuliane” come Area Science Park (-9,3% e -24,7% di fondi ministeriali rispettivamente nel 2012 e dal 2013 secondo le tabelle del decreto) e Ogs (-3,9% e -12,4%), ma anche in realtà di stampo nazionale con importanti filiali in loco, come l’Osservatorio astronomico dell’Inaf (l’Istituto nazionale di astrofisica perde in generale lo 0,5% nel 2012 e l’1,3% dal 2013) e la sezione triestina dell’Infn (l’Istituto nazionale di fisica nucleare, quello del bosone di Higgs, è il più martoriato su scala peninsulare con un -3,8% nel 2012 e un -10,1% dal 2013). «Se si taglia a livello nazionale, si taglia anche da noi», sospira Silvia Dalla Torre, direttrice della stessa sezione dell’Infn di Trieste.
Dalle plance di comando di questo “Sistema Trieste”, dunque, si leva già alto un urlo che, al momento, più che di dolore acquisito, è di paura. Paura, mista ad incertezza, per quei tagli ai fondi per la ricerca contenuti in una manovra che però tutti, ancora, danno - o meglio sperano di poter dare - per provvisoria. Come se ci fossero i margini per un’ultima review della spending. «È troppo presto per fare cifre, certo è che con fondi che si annunciano ridotti risulta difficile restare massimamente competitivi in un quadro mondiale», mette le mani avanti Andrea Vacchi, predecessore della Dalla Torre all’Infn e attuale presidente della Fit, la Fondazione internazionale Trieste per il Progresso e la libertà delle scienze.
Nessuno, quindi, osa da queste parti dare ancora i numeri. Per due ragioni. La prima è che giovedì a Roma, attorno al tavolo del ministro Profumo, si siederanno i responsabili dei dodici enti vigilati dal Miur in odor di tagli. Tra questi proprio Adriano De Maio, il numero uno di Area, e Maria Cristina Pedicchio, presidente Ogs. «Saremo dal ministro - precisa la Pedicchio - per parlare ufficialmente del finanziamento dei cosiddetti progetti premiali, ma è chiaro che si parlerà anche del futuro. L’auspicio è che le decisioni finali possano essere prese d’intesa con gli enti, e non sulla loro testa».
La seconda ragione è persino più vincolante della prima: Osservatorio astronomico e Infn di Trieste, infatti, non possono neppure sapere cosa verrà loro tolto, perché ciò non sarà deciso qui bensì dalle direzioni nazionali dei rispettivi istituti. «Rispetto ad altre realtà - riferisce il direttore dell’Osservatorio astronomico Stefano Borgani - pare che all’Inaf possa andare meglio. Questo non può però farci cantar vittoria, ciò di cui avremmo bisogno, come tutti, è un rilancio piuttosto che una lenta decurtazione di risorse che, per noi, valgono come l’ossigeno. Anche a Trieste, ad esempio, come altrove, viviamo sempre sul filo del rasoio, basti pensare che, per la cosiddetta ricerca libera, io ho da parte 15mila euro l’anno». Il budget annuale dell’Osservatorio di casa nostra per infrastrutture, ricerca e costi di regia di provenienza ministeriale si aggira attorno ai 360mila euro. Quello dell’Infn di Trieste sui tre milioni ma l’Infn tutto risulta come detto massacrato «nonostante la comprovata eccellenza scientifica, in questi giorni confermata dalla scoperta del bosone di Higgs», si rammarica la Dalla Torre. Colpa, si dice, del fatto che l’Infn, storicamente, ha una percentuale di risorse dedicate alla ricerca più alta di altri enti, in rapporto alle spese fisse per il personale. Quelle, infatti, la spending review non le tocca, per ora. Chissà allora se, anche a Trieste, è destinato a realizzarsi lo scenario preconizzato domenica su Repubblica da Fernando Ferroni, il presidente nazionale dell’Infn: «I precari sanno già da tempo che il loro futuro è all’estero. I ricercatori a tempo indeterminato non verranno toccati, ma senza esperimenti non so a cosa si dedicheranno»

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