martedì 10 luglio 2012

(1)_X.VII.MMXII/ Antropologie

Turbativa d'asta. Fitto: rinuncio alla prescrizione
«Troppi ignoranti, io mi vergogno»
Eurogruppo, Monti lascia vertice
Primi aiuti alla Spagna

Turbativa d'asta. Fitto: rinuncio alla prescrizione
BARI – «Ritengo doveroso rinunciare alla prescrizione per avere un giudizio compiuto nel merito». L’ex ministro Raffaele Fitto lo ha detto oggi in aula a Bari in un processo in cui è accusato con altre cinque persone di concorso in turbativa d’asta e interesse privato del curatore nella amministrazione straordinaria della società. All’epoca dei fatti contestati (2004-2006), Fitto era presidente della Regione Puglia. Per lui e per altri due imputati il pm Renato Nitti ha chiesto il proscioglimento per prescrizione. Il processo riguarda la vendita di 23 supermercati alla società Sviluppo Alimentare del costruttore salentino Brizio Montinari («svenduti» a 7 mln, secondo l'accusa, rispetto ad un valore stimato in 15,5 mln).
Nella scorsa udienza del 6 luglio il pm Nitti, titolare del fascicolo, aveva chiesto il proscioglimento, per avvenuta prescrizione dei reati, per Fitto, Montinari e per l’allora direttore generale del settore sviluppo produttivo del ministero delle attività produttive, Massimo Goti. La vendita dei supermercati era stata avviata nel 2002 ed era seguita direttamente da commissari straordinari nominati dal Ministero in costante contatto con la task force regionale specializzata in contenziosi e occupazione. Segretario di entrambi i gruppi di lavoro era Antonio De Feo, professore di diritto del lavoro dell’Università di Bari, anche lui imputato in questo processo.
Coinvolti nell’indagine, oltre a Fitto, Montinari, Goti e De Feo, l’altro commissario straordinario della Cedis, Giuseppe Rochira, e il consulente contabile della procedura, Stefano Montanari.
A conclusione della requisitoria il pm ha chiesto i tre proscioglimenti e altrettante condanne per De Feo (un anno e 10 mesi di reclusione), Rochira (un anno e 4 mesi), Montanari (un anno). «Dopo aver seguito tutto il dibattimento fin dalla prima udienza e aver ascoltato le conclusioni del pubblico ministero - ha detto Fitto ai giudici – ritengo doveroso rinunciare alla prescrizione per avere un giudizio compiuto nel merito».

«Troppi ignoranti, io mi vergogno»
 Claudio Gatti
 Dal 3 aprile scorso, quando si è dimesso da tesoriere della Lega, Francesco Belsito non ha mai rilasciato dichiarazioni né concesso interviste. Non ha spiegato. Non ha tentato di giustificarsi. Né tantomeno ha rivelato alcunché sui segreti finanziari della Lega.
 Domenica 1° luglio, ad Assago, Belsito è stato il convitato di pietra del congresso del Carroccio che ha segnato la fine dell'era del Senatur. Ma il suo silenzio non è bastato a evitargli attacchi. Il più pesante è venuto proprio dall'uomo che lo aveva voluto come tesoriere del partito, Umberto Bossi, che lo ha dato per colpevole prima ancora di qualsiasi processo. «Chi sapeva che Belsito era legato alla 'ndrangheta - e i servizi lo sapevano - doveva dircelo», ha inveito il Senatur dando per assodato un assunto giudiziario ancora da dimostrare in un'aula di tribunale.
 Anche dopo, Belsito ha continuato a tacere. Eppure di cose da dire sulla Lega ne avrebbe molte. Anzi, ne ha già dette molte. Il Sole 24 Ore ha ottenuto copia delle migliaia di conversazioni intercettate dalla polizia giudiziaria e recentemente depositate nell'ambito di un procedimento penale.
 Le conversazioni che riguardano il ruolo avuto da Belsito nella Fincantieri, società pubblica di cui l'ex tesoriere leghista è stato prima consigliere di amministrazione e poi vicepresidente, saranno al centro della prima puntata di "Il Lecito", una nuova serie di tre docu-inchieste esclusive che La7 manderà in onda alle 21,30 ogni martedì a partire da oggi. La puntata odierna sarà appunto dedicata alla Fincantieri, azienda di Stato le cui recenti vicende e difficoltà sono emblematiche di quelle del Paese intero.
 Nelle innumerevoli conversazioni agli atti, Belsito e i suoi interlocutori telefonici, spesso personaggi di spicco del Carroccio, si lasciano andare a commenti degni dei peggiori nemici politici della Lega. Soprattutto sulla qualità del personale politico e amministrativo che circonda colui che tutti chiamano "il Capo", e cioè Umberto Bossi.
 Particolarmente eloquenti su questo fronte sono le conversazioni con Manuela Marrone Bossi, la moglie del Capo. Parlando dello staff del Senatur, Belsito dice che è composto da «gente ignorante» e da «imbecilli». E la signora spiega così l'origine del problema: «Essendo lui un genio, ha potuto essere sempre contornato da imbecilli. Tanto faceva lui. È quello il problema!», Belsito insiste: «Non c'è rigore».
 Manuela Bossi: No (...) Ha lasciato troppo andare.
 Belsito: Ma troppo! Fanno tutti i loro comodi. Non c'è un settore che funziona. Le associazioni padane non funzionano... non funziona niente. Niente, niente (...) Io mi vergogno! Ma mi vergogno veramente. È tutto lo staff attorno! È una cosa impressionante (...)
 Ancora più dure le critiche su leadership e attività dello stesso ministero inventato dal governo di centro-destra per soddisfare esigenze e appetiti della Lega, quello della Semplificazione normativa. Il ministero affidato a Roberto Calderoli e del quale lo stesso Belsito era sottosegretario.
 Belsito: Qui stiamo parlando di federalismo, di riforme, ma lo sai che sono veramente preoccupato. Lo sai che sono andato a spulciare quello che stanno facendo? Il niente! Il niente. Io mi vergogno. Mi vergogno! Ci sono tematiche che abbiamo promesso agli elettori di portare avanti! Ma chi le porta avanti? Chi le porta? Qui bisogna dire: Capo, guarda così questo non passa.(...) C'è un casino sul territorio che non ti immagini nemmeno.
 L'ex sottosegretario si lancia poi in un'invettiva contro il suo stesso ministro Calderoli:
 Belsito: Quell'altro asino bardato da generale. Perché quello è un asino bardato da generale, il mio ministro. Quello è veramente un asino. Devo togliermi la soddisfazione di dirglielo, che è un asino, veramente. (...) Io non riesco a capire come un asino del genere è diventato ministro?
 Manuela Bossi: Pensa! Pensa!
 B.: Se quello è diventato ministro, io un giorno posso pensare di fare il presidente.
 M.B.: il Papa!
 B.: Il Papa! (...) Io lo guardo e dico: che cosa ha fatto alla semplificazione normativa?
 M.B.: Ah, non lo so!
 B.: Cosa ha fattooo?
 M.B.: Non lo sa nessuno.
 Da tesoriere Belsito ha il polso della situazione finanziaria non solo delle varie componenti del partito ma anche dei suoi leader. E non lesina critiche. Per esempio, per via dello stato dei conti invoca il commissariamento della sua regione, la Liguria. E in una conversazione con l'allora vicepresidente del Senato Rosi Mauro, sul leader piemontese - l'attuale governatore Roberto Cota - dice: «Sui conti del Piemonte non è in regola. Deve un sacco di soldi (...) Ho beccato che deve 110mila euro. Non sta pagando da due anni». E in una conversazione successiva aggiunge: «Cota ha dei problemi... Il Piemonte deve 120mila euro al partito. Deve avere dei grossi problemi anche finanziari. Spende di più di quello che ha».
 Ma dalle stesse conversazioni emerge che anche la gestione dei fondi della Lega - per lo più provenienti dai rimborsi elettorali, e quindi dalle tasche dei contribuenti italiani - viene fatta da Belsito con scarso rigore e molta approssimazione. Si scopre per esempio che il Carroccio ha comprato sedi in giro per la Padania. In che modo siano state contabilizzate queste acquisizioni, lo spiega in una conversazione con il commercialista di fiducia Ugo Zanello, amministratore della Pontida Fin Srl, la finanziaria leghista di cui è stato socio lo stesso Umberto Bossi.
 Belsito: Ti spiego: l'acconto l'abbiamo pagato come Lega Nord per "acquisto sede" (...) Ma contabilmente come lo giustifico?
 Zanello: Non lo so io... In teoria dovrei pagarlo io. Ma non abbiamo i tempi (...)
 B.: Faccio l'assegno circolare.
 Z.: Poi le partite contabili ce le gestiamo io e te… ci penso io a riannotare e rifatturare la società.
 B.: E i 50mila invece?
 Z.: I 50mila li farò entrare come finanziamento soci.
 B.: Ma io l'ho già fatto!
 Z.: Ok. Io da un lato ho finanziamento soci e dall'altro ho il pagamento.
 Con la stessa scioltezza, Belsito gestiva le "paghette" per i figli del Capo. Con Renzo, che si lamenta per le spese telefoniche e autostradali, si impegna a dare telefonino e viacard a spese della Lega (o meglio, dei contribuenti italiani attraverso i rimborsi elettorali). A suo fratello Roberto paga invece il cambio delle gomme con un bonifico. Poi comunica fiero a Manuela Bossi: «Stamattina ho risolto il problema delle gomme a Roberto. Tutto a posto. Ho fatto tutto io, in tre telefonate».
 Ad Assago, Bossi ha indirettamente accusato l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni di non avergli trasmesso quello che i servizi segreti sapevano sul suo tesoriere. Ma il Senatur non aveva alcun bisogno dei servizi. Gli sarebbe bastato chiedere a sua moglie. Magari lei gli avrebbe finalmente detto quello che pensava sulle persone di cui si era circondato.

Eurogruppo, Monti lascia vertice
 «Bene» il confronto sull'antispread
Fonti italiane: «Nessuna difficoltà con i partner Ue»
Il presidente del Consiglio italiano Mario Monti ha lasciato in anticipo sulla fine dei lavori la riunione dell'Eurogruppo, il vertice dei ministri finanziari in corso a Bruxelles. Tuttavia l'uscita prematura non sarebbe legata a particolari difficoltà incontrate nel corso della discussione sui temi che più stanno a cuore all'Italia, primo fra tutti il cosiddetto scudo antispread: fonti italiane citate dall'agenzia di stampa Ansa riferiscono che la discussione sullo scudo anti-spread «è andata bene», aggiungendo che al termine della riunione sarà diffusa una dichiarazione che «conterrà alcuni dettagli in più» rispetto a quanto deciso al Vertice di fine giugno.

«Non c'è nessun retroscena sull'uscita anticipata del premier Monti dall'Eurogruppo», hanno rilevato le stesse fonti, precisando che alla riunione resta il vice ministro Vittorio Grilli. «La discussione sullo scudo anti-spread si è già svolta. È andata bene. Sono stati confermati i risultati del vertice Ue, con in più alcuni dettagli che saranno contenuti in una dichiarazione che l'Eurogruppo diffonderà al termine della riunione», hanno aggiunto le fonti. Monti resta comunque a Bruxelles dove martedì parteciperà alla riunione del Consiglio dei ministri delle Finanze della Ue, l'Ecofin. Il capo del Governo terrà come previsto un incontro con la stampa, al termine dei lavori

Primi aiuti alla Spagna
Bce agente del Salva-Stati
Entro fine mese Madrid riceverà la prima tranche di aiuti pari a 30 miliardi
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE A BRUXELLES - Alla fine, un risultato importante è stato ottenuto: l’Eurogruppo, il vertice dei ministri finanziari della zona euro, ha stabilito che la Spagna in difficoltà per le sue banche riceverà un primo versamento di 30 miliardi di euro, entro la fine di luglio. Questo prestito servirà appunto a ricapitalizzare le banche spagnole più oberate dal debito e dalle conseguenze delle vecchie "bolle immobiliari". Si tratta di un “accordo politico”, così è stato spiegato a Bruxelles, legato a un “progetto di memorandum”: cioè a condizioni scritte ben precise, ma certo non schiaccianti come quelle già imposte alla Grecia. L'Eurogruppo ha concordato inoltre di concedere alla Spagna un anno in più per riportare il proprio deficit sotto la soglia del 3%. E la durata del prestito potrà prolungarsi fino ai 15 anni.

IL SEGNALE ATTESO - Per Madrid è una boccata d’aria decisiva. Ed è soprattutto il segnale che l’Eurozona non si volta dall’altra parte, è decisa ad agire. I 30 miliardi non saranno naturalmente la soluzione definitiva del problema, che verrà riesaminato nell’altro Eurogruppo già fissato per il 20 luglio, e ancora a settembre. Ma questo dev’essere, ed è, il tappo dell’emergenza, il rimedio anti-panico per evitare che il contagio finanziario già arrivato alla Grecia, e a Cipro, possa raggiungere anche Madrid. Come l’Italia, anche la Spagna è troppo grande perché l’Eurozona possa permettersi di perderla.

IL RUOLO DELLA BCE - Un'altra decisione importante è stata presa nella notte dai ministri dell'Eurogruppo: è stata resa operativa l'intesa di fine giugno che prevede che la Bce sia l'agente del fondo salva Stati Efsf-Esm per l'acquisto dei bond sul mercato secondario, in funzione anti-spread. Un nuovo sì alla linea dell'Italia, approvata nell'ultimo vertice dei capi di governo e rimessa in discussione nei giorni successivi da alcuni Paesi nordici. «L'accordo va nella direzione auspicata dall'Italia», avevano riferito fonti italiane, poco dopo che il presidente del Consiglio aveva lasciato in anticipo la riunione.
Luigi Offeddu

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