domenica 8 luglio 2012

(3)_VIII.VII.MMXII/ Ab ovo.===Fabio Pavesi: Il miracolo spagnolo di fine anni 90 e primi anni Duemila era tutto derivante dal mattone. Da quella corsa dei ladrillos a costruire case, alberghi, infrastrutture. Tutto a leva e tutto con soldi a prestito. Lo scoppio della bolla immobiliare ha scoperchiato un gioco pericoloso e fin troppo facile. Quei prestiti con i prezzi a cadere a piombo e la massa di residenze invendute si sono trasformati in perdite per le banche.

Tagli, Monti contro Squinzi: "Critiche fanno salire lo spread"
L'intervento di Monti: l'Italia non è un Paese debitore.
Ma per i conti dello Stato sarà decisiva l'autotassazione
Gauck a Merkel, spieghi salvataggio
Per Madrid il salva-banche rischia di non bastare

Tagli, Monti contro Squinzi: "Critiche fanno salire lo spread"
Roma, 8 lug. (Adnkronos/Ign) - "Dichiarazioni di questo tipo fanno aumentare lo spread, i tassi di interesse e incidono non solo sul debito pubblico ma anche sulle imprese". Il giorno dopo le critiche espresse dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ai tagli decisi dal governo, arriva la replica del premier Mario Monti.
"Invito a considerare che dichiarazioni di questo tipo da parte di figure istituzionali e personaggi, ritenuti responsabili, hanno effetti molto negativi nei mercati e nelle valutazioni delle organizzazioni internazionali", spiega. "Quindi - aggiunge - suggerirei di fare piu' attenzione non tanto per riguardo al governo, che evidentemente non lo merita sulle basi di cio' che viene detto, ma per le imprese. Mi permetto come esponente del governo che non si faccia il danno delle imprese". ''E poi - aggiunge Monti - avevo capito che le forze produttive migliori desiderassero il contenimento del disavanzo pubblico e che obiettassero a manovre fatte in passato molto basate sull'aumento delle tasse, e che era ora di incidere su spesa pubblica e strutture dello Stato. Ma evidentemente avevo capito male''
Monti ha replicato così alle parole di Squinzi intervenendo al Circle des economistes ad Aix en Provence, dove ha incontrato ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici. Durante l'incontro è stato confermato il prossimo Eurogruppo, dopo quello di domani, in programma per il 20 luglio.
Oggi nel suo intervento Monti ha lanciato un monito. In Europa ''a differenza della fase precedente dove c'era una integrazione economica reale ''all'interno dei paesi emergono divergenze'' che riportano ''in auge vecchi pregiudizi pericolosi che rischiano di minare la tendenza questa integrazione''.
Il premier ha messo in guardia sulle difficolta' dell'Europa a gestire ''le differenze di credito e di debito. Se dobbiamo arrivare a una creditocrazia, sarebbe poi molto difficile costruire la governance dell'Europa''.
Quanto poi al nostro Paese, "è curioso che l'Italia sia considerata dai colleghi del Nord come un Paese debitore anche se non ha richiesto mai aiuti. E, anzi abbiamo contribuito come gli altri, ovvero in proporzione alla grandezza, al sostegno di Grecia, Irlanda, Portogallo e ora Spagna''.
''Sono un po' incerto sul fatto di perseguire un'integrazione economica e politica basata solo sull'Eurozona - ha sottolineato ancora Monti parlando al 'Circle des economistes' ad Aix en Provence -. So che questa in Francia e' la visione piu' diffusa, ma io ho un po' di remore su questo. Sarebbe meglio non isolarci troppo dal resto dei paesi dell'Unione che non fanno parte dell'eurozona''.
Il presidente del Consiglio si dice "moderatamente ottimista, anche se stiamo attraversando una grande crisi''. Monti guarda agli anni dal 1995 a oggi e sottolinea: ''Vediamo che l'Europa ha costruito una grande integrazione, un mercato e regole comuni e persino una costituzione. Gli stati Uniti quanto ci hanno messo?''.
''Concludo dicendo che proprio perche' ci sono, almeno temporaneamente, delle differenze tra i vari Paesi nelle decisioni comuni, sia importante che il Paese che in questo momento storico ha un grande ruolo nella determinazione delle poltiche, cioe' la Germania, dovrebbe essere anche il Paese, come lo e' stato nella storia, che rimanga ancora piu' ancorato ad una visione piu' chiara e ordinata".
Il Professore conclude quindi il suo intervento strappando una risata della platea. "Sarei onorato di poter commentare sui problemi e i dubbi che sono emersi dal Consiglio europeo piu' recente, ma purtroppo non c'e' tempo...''.

L'intervento di Monti: l'Italia non è un Paese debitore.
La Francia conferma: priorità allo scudo antispread
L'Italia non ha mai chiesto aiuti, non è un Paese debitore. Possiamo difenderci da soli, non abbiamo bisogno di firewall rafforzati o di scudi per limitare lo spread. Da Aix-en-Provence, dove ha partecipato a una conferenza economica, il presidente del Consiglio Mario Monti torna su un concetto che aveva già espresso nel vertice italo tedesco a Roma della settimana scorsa. «È curioso - ha osservato il premier in conferenza stampa, alla vigilia dell'Eurogruppo, che si terrà domani pomeriggio a Bruxelles - che l'Italia sia considerata dai colleghi del Nord come un Paese debitore anche se non ha richiesto mai aiuti. E, anzi - ha aggiunto Monti - abbiamo contribuito come gli altri, ovvero in proporzione alla grandezza, al sostegno di Grecia, Irlanda, Portogallo e ora Spagna».
Agosto, ha osservato Monti, sarà un mese rischioso per gli attacchi speculativi che potranno venire all'Italia, ma con l'implementazione degli accordi Ue, ha assicurato il premier, il nostro Paese sarà più protetto di prima.
Il ministro delle Finanze francese: in Eurogruppo scudo antispread
Ad Aix-en-Provence Mario Monti ha incontrato il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici, che ha chiarito: la Francia è a favore del prolungamento del mandato del presidente dell'Eurogruppo, Jean Claude Juncker (in scadenza il 16 luglio). Moscovici ha individuato una priorità per l'Eurogruppo di domani: «domani dobbiamo parlare subito - ha affermato - di Unione bancaria e scudo anti-spread per aiutare chi, come l'Italia, ha un problema con la volatilità dei tassi». Il ministro ha confermato: ci sarà un nuovo eurogruppo sulla crisi dell'euro il 20 luglio.
Essere coesi, altrimenti finiamo sempre sul banco degli imputati
Il presidente del Consiglio italiano ha sottolineato che, se non vogliamo essere sempre sul banco degli imputati, l'Eurozona deve essere più coesa. Da questo punto di vista, c'è infatti un vero paradosso: la Ue ha una situazione a livello macroeconomico migliore dell'Asia e degli Usa ma «proitetta troppo all'esterno le proprie differneze». Risultato: viene messa sul banco degli imputati. «Io sono moderatamente ottimista - ha confidato il Professore -, anche se stiamo attraversando una grande crisi».
È meglio non isolarci troppo
In quest'ottica, molto dipenderà delle scelte che verranno fatte: «L'Italia - ha ricordato Monti - lavora con Francia e Germania ma sta anche cercando di contribuire a rafforzare il metodo comunitario, cercando ad esempio legami con Gb e Polonia, perchè ritengo sia meglio non isolarci troppo dagli altri Stati Ue, e non cercare di rafforzare la coesione europea solo a livello di Eurozona, come ritiene la Francia».
Monti a Squinzi: con dichiarazioni di questo tipo cresce lo spread
Il premier ha voluto commentare le dichiarazioni del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi («Da Monti mi aspettavo di più, merita sei meno meno o tra il cinque e il sei», ha detto sabato il numero uno di Viale dell'Astronomia nel corso del faccia a faccia con il segretario generale della Cgil Susanna Camusso): «dichiarazioni di questo tipo - ha commentato il presidente del Consiglio - fanno aumentare lo spread, i tassi di interesse e incidono non solo sul debito pubblico ma anche sulle imprese».
Alcuni Stati dell'Europa del Nord minano la credibilità della Ue
Gli spread, ha spiegato il premier, non scendono perchè «non c'è ancora piena credibilità nel mercato nei meccanismi a supporto dell'Eurozona e, forse, nel caso dell'Italia c'è anche un po' di incertezza su quello che succederà nella governance dell'economia o detto altrimenti nella politica italiana dopo le elezioni». A livello europeo, invece, Monti ha criticato la Finlandia: «l'aumento degli spread dopo il vertice Ue - ha spiegato - è dovuto anche a dichiarazioni, che considero inappropriate, di autorità di Paesi del Nord che hanno avuto l'effetto di ridurre la credibilità delle decisioni prese dal Consiglio Ue»
 8 luglio 2012

Ma per i conti dello Stato sarà decisiva l'autotassazione
di Dino Pesole
L'incremento del 2,5% delle entrate tributarie nei primi cinque mesi dell'anno, se confrontato con lo stesso periodo del 2011, va certamente accolto con favore. In gennaio-aprile ci si era fermati a un più modesto 1,3 per cento. Si tratta tuttavia di dati mensili, suscettibili di variazioni contabili e scarti anche rilevanti. Per conoscere con maggiore esattezza come andrà quest'anno sul fronte del gettito tributario, occorrerà attendere quanto meno la fine di agosto, quando saranno affluiti gli incassi dell'autotassazione. Per effetto della recessione e della scarsa liquidità in circolazione, è infatti più che probabile che molti contribuenti decidano di versare le imposte con la maggiorazione dello 0,40%, quindi dopo la scadenza fissata per domani.
A quel punto la comparazione dovrà essere non tanto con l'andamento tendenziale del gettito rispetto all'anno precedente, quanto con le previsioni contenute nel «Def» di aprile. La precedente stima del Dipartimento delle Finanze, comunicata lo scorso 5 giugno con riferimento al primo quadrimestre dell'anno, aveva evidenziato uno scarto negativo di 3,4 miliardi (-2,9%). In sostanza, se nel «Documento di economia e finanza» presentato il 18 aprile, il Governo aveva stimato per l'intero 2012 un gettito tributario di 496,3 miliardi, scomponendo gli incassi tributari per quadrimestri, si passava dai 122,5 miliardi stimati a 119 miliardi.
Scostamento – rendeva noto il Dipartimento – da attribuire in larga misura al gettito del bilancio dello Stato (-3,1 miliardi, pari a -2,7%), con l'Iva in caduta libera del 9,6% rispetto alle previsioni del Def, quale evidente conseguenza della recessione. In flessione, sempre nel raffronto con le previsioni, erano anche le entrate tributarie degli enti locali (-1,2%) e i ruoli (-4,5%). I dati resi noti ieri sono più incoraggianti ma non ancora sufficienti per modificare il trend. L'Iva continua a frenare ma la caduta sembra più contenuta: si passa da -1,0% dei primi quattro mesi a 1,1% dei primi cinque. Pesa, però, la flessione sugli scambi interni (-2,1%), proprio per effetto della stagnazione della domanda interna, nonostante l'aumento di un punto dell'aliquota disposta dal precedente governo. Solo a fine agosto sapremo se lo scarto evidenziato nel primo quadrimestre sarà stato recuperato. Il gettito dell'autotassazione, distribuito tra saldo e acconto, è magna pars del complesso delle entrate, e non può che risentire della recessione in atto. Si può sperare al massimo di contenerne gli effetti negativi in linea con le previsioni più aggiornate, con l'occhio rivolto al rispetto dei target di bilancio. Se si determinasse uno scostamento rilevante rispetto alle stime, occorrerebbe farvi fronte. A settembre, anche alla luce del gettito dell'autotassazione, il Governo aggiornerà i dati macroeconomici di aprile. Al momento si resta fermi alla previsione di una caduta del Pil dell'1,2% con il deficit a quota 1,7 per cento. Ma già la Commissione europea, nelle sue previsioni intermedie del maggio scorso, ha previsto una contrazione del Pil all'1,4% con il deficit al 2 per cento. Stima che il presidente del Consiglio ha sostanzialmente già fatto propria, come ha confermato mercoledì scorso 4 luglio, dopo l'incontro bilaterale con Angela Merkel a Villa Madama.
Si tratta, a questo punto, di verificare nel corso delle prossime settimane se queste due nuove variabili saranno o meno rispettate. Il problema, a ben vedere, non riguarda tanto l'anno in corso. Anche se il deficit superasse il 2% del Pil, in presenza di «circostanze eccezionali» accertate (la recessione e il terremoto in Emilia-Romagna), si tratterebbe pur sempre di un buon risultato, peraltro largamente al di sotto della media europea. L'attenzione è tutta rivolta al 2013. Nella constatazione che la manovra sulla spesa appena varata dal Consiglio dei ministri (11,2 miliardi a regime nel 2014) ha effetti sostanzialmente nulli sui saldi di bilancio (si sostituiscono circa 10 miliardi di gettito Iva con tagli), la possibilità di centrare il «quasi pareggio di bilancio» concordato in sede europea, è interamente consegnata al pieno conseguimento degli obiettivi previsti nelle tre manovre correttive del 2011.
È in arrivo un nuovo intervento da 6,6 miliardi, se si vorrà evitare che l'aumento dell'Iva scatti dal 1° luglio 2013. Poi spetterà al governo che verrà dopo le elezioni della prossima primavera decidere se rafforzare il percorso verso il pareggio di bilancio nel 2013 e negli anni a venire. Obiettivo che peraltro ora ha il rango di obbligo costituzionale. La variabile decisiva, oltre alle entrate e all'esito della «spending review», è la spesa per interessi (fortemente condizionata dall'andamento dello spread Btp/Bund), che dovrebbe attestarsi al 5,3% del Pil quest'anno (84,2 miliardi) e al 5,4% nel 2013 (88,4 miliardi) con l'avanzo primario (il saldo al netto degli interessi) al 3,6% del Pil nel 2012 verso quota 5,5% nel 2014.
 8 luglio 2012

Gauck a Merkel, spieghi salvataggio
Presidente, deve descrivere dettagliatamente cosa significa
08 luglio, 16:27
(ANSA) - BERLINO, 8 LUG - Angela Merkel dovrebbe fare degli sforzi per spiegare meglio ai tedeschi cosa significa il salvataggio dell'euro e le conseguenze per loro. E' l'invito del presidente tedesco Joachim Gauck alla cancelliera. ''Adesso ha l'obbligo di descrivere in modo molto dettagliato quello che significa, anche fiscalmente'', ha detto il capo dello Stato in un'intervista all'emittente pubblica tedesca Zdf.

Per Madrid il salva-banche rischia di non bastare
di Fabio Pavesi
La roadmap per il salvataggio del sistema bancario spagnolo è ormai tracciata. La domanda da porsi piuttosto è se anche questa massiccia iniezione di denaro, con i 100 miliardi messi a disposizione, basterà ad archiviare le apprensioni non solo sul breve termine che attanagliano mercati e Governo di Madrid. Sui numeri in campo e sulle banche che più necessitano di fondi il quadro sembra ormai più che chiaro. Secondo lo stress test effettuato dagli auditor indipendenti Oliver Wyman e Roland Berger, e riportati in uno studio di Bank of America/Merril Lynch sul settore del credito della penisola iberica, il fabbisogno totale è di 60 miliardi di euro. Di questi ben 15,3 miliardi saranno appannaggio della sola Bankia. Ma è tutto l'universo delle casse di risparmio e delle banche regionali a mostrare deficit di patrimonio che andranno colmati.
A Caixabank/Civca servirebbero 3,5 miliardi; NGb e CC insieme hanno un buco patrimoniale di 16 miliardi. E poi ci sono le varie Ibercaja (3,66 miliardi); Liberbank (2,9 miliardi) Unicaja (2,5 miliardi) e i 4,44 miliardi per ricapitalizzare Bmn. Anche la quotata Banco Popular dovrà immettere nelle sue esangui casse almeno 5 miliardi.
L'elenco vede escluse di fatto solo i due grandi colossi iberici, il Santander e il Bbva. Segno eloquente che la crisi è davvero tutta domestica, dato che le difficoltà sul fronte casalingo che pur esistono anche per i due big di Madrid sono compensate dall'esposizione (positiva) fuori dai confini, in particolare per entrambe in America Latina.
E questa constatazione la dice lunga sulla natura della crisi bancaria di Madrid. Troppi denari prestati a pioggia all'unico vero settore produttivo del Paese, quello delle costruzioni. Il miracolo spagnolo di fine anni 90 e primi anni Duemila era tutto derivante dal mattone. Da quella corsa dei ladrillos a costruire case, alberghi, infrastrutture. Tutto a leva e tutto con soldi a prestito. Lo scoppio della bolla immobiliare ha scoperchiato un gioco pericoloso e fin troppo facile. Quei prestiti con i prezzi a cadere a piombo e la massa di residenze invendute si sono trasformati in perdite per le banche. Gran parte degli analisti continua a supporre che almeno la metà dei 300 miliardi dati ai costruttori immobiliari diventeranno perdite secche per il settore del credito. A questi 160 miliardi andranno ad aggiungersi con ogni probabilità circa 90 miliardi di sofferenze legate a mutui, credito al consumo e prestiti alle imprese. Cifra approssimata per difetto con la recessione che morde e la disoccupazione alle stelle. Il miracolo spagnolo era in realtà un castello di sabbia tutto costruito sul debito e crollato alla prima avversità. Ma è la cura a base di tagli e di rientro dal deficit a rischiare di inanellare crisi su crisi. Il caso greco ha insegnato che le cure troppo drastiche fatte solo di rigore approfondiscono le recessioni. L'ultima cosa di cui ha bisogno un sistema bancario malandato e zoppicante come quello di Madrid. E in cui il piano-salvezza della Ue rischia di non essere sufficiente sul medio termine.
 8 luglio 2012

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