lunedì 9 luglio 2012

(1)_IX.VII.MMXII/ Trst, oltrepadania. Quello del dipendente di Palazzo è infatti un buono inserito direttamente in busta paga (circa 190 euro lordi mensili) a prescindere dal fatto che venga o meno utilizzato, vale a dire che il dipendente mangi al bar o si porti il panino da casa. (m.b. )

I falchi del Nord e la deriva del continente
Tagli alla spesa, 24mila statali in esubero
L'economista: tagliare il pubblico impiego non serve a nulla
Trst, oltrepadani. Addio ai maxi-buoni pasto di Palazzo

I falchi del Nord e la deriva del continente
MARCO ZATTERIN
C’ è una deriva nel continente. Una milionata di elettori finlandesi euroscettici, e una schiera appena più folta di olandesi indisponibili ad accettare il principio della solidarietà fra i soci dell’Ue senza pesanti condizioni, stanno scavando una profonda trincea fra il Nord e il Sud dell’Europa. Li aiutano gli svedesi, sempre duri nel dire agli altri quello che avrebbero dovuto fare per amministrare la cosa pubblica, così come gli austriaci, gente di un Nord meridionale, comunque spietata nello stigmatizzare le imperfezioni altrui. Su tutti regna la Germania, ancora in preda alla sindrome postweimariana, superba macchina da pil, sacerdotessa del rigore, locomotiva a tasso zero che ama tessere trame e apparire solo se necessario.
 In quattro anni di crisi, segnati da oltre venticinque summit europei, i Falchi del Nord hanno recitato la parte dei primi della classe, seminatori di punti interrogativi sul cammino dell’Europa che cercava di tirarsi fuori dal peggio. Forse esagera chi, come l’ex premier belga Guy Verhofstadt, è certo che se si fosse salvata la Grecia a fine 2009 il conto sarebbe stato meno salato e la soluzione più rapida.
 Però è palese che il concerto fra Helsinki, Amsterdam, Vienna e Berlino ha avuto un ruolo nel rallentare i tempi e rendere le soluzioni più onerose e complesse.
 I mercati, quelli che determinano i tassi e l’oscillazione degli spread, amano la stabilità, giocano sulle incertezze eppure sono sempre disposti a celebrare il progresso. Ogni segnale di maggiore integrazione europea, di più ampio consolidamento delle regole e dei controlli, o riforme attuate con spirito coordinato, viene salutato puntuale con rimbalzi dei listini e discese dei differenziali sui rendimenti dei titoli. La propaganda contro i presunti dannati del debito mediterranei s’è pertanto rivelata una delle cause principali dell’instabilità. Non tanto per il contenuto. Quello che ha fatto male è la forma nel contesto.
 Quando Finlandia e Paesi Bassi hanno messo in dubbio gli accordi del vertice Ue del 28-29 giugno sulla ricapitalizzazione delle banche spagnole e sul meccanismo antispread ispirato da Mario Monti, la tempesta non s’è scatenata perché si temeva per gli strumenti. E’ successo perché i Falchi del Nord hanno dato l’ennesima picconata alla costruzione di un’Europa coesa, dove solidarietà e disciplina sono facce della stessa medaglia. Hanno firmato un patto e poi l’hanno messo in dubbio. Hanno creato incertezza. E i mercati hanno agito di conseguenza.
 Finlandia e Paesi Bassi praticano un gioco duro, per principio e per ingraziarsi le minoranze euroscettiche. Nel dopoguerra di benessere diffuso dal progetto europeo hanno trovato le loro certezze e smarrito il senso di squadra. Se lo dici al ministro delle Finanze cipriota e guida di turno dell’Ue, Vassos Shiarly, risponde che «l’Europa è stata creata con la buona volontà» e che «ogni Stato deve assumersi le proprie responsabilità». Nicosia ha chiesto aiuto ai russi perché teme d’essere strangolata in piena recessione dalle condizioni di Bruxelles. Prova che il Sud e il Nord nell’Unione non sono mai stati così lontani, divergono come gli spread. Il prezzo vero, sinora, lo hanno pagato più che altro i cittadini del Club Med. Una follia. Avanti così e il conto arriverà anche a nazionalisti e rigoristi di Helsinki e Amsterdam. Consolazione magra davvero.

Tagli alla spesa, 24mila statali in esubero
 Cancellati 674 giudici di pace
ROMA - Sono 24.000 i dipendenti pubblici in esubero, in base alla relazione al dl spending review. Sono circa 11.000 nei ministeri e negli enti pubblici non economici (di cui 5.600 nei ministeri) e 13.000negli enti territoriali (escluse le regioni). Tra gli 11.000 nei ministeri, sono 6.000 i pensionabili al 31/12/2011, mentre sono 2000 negli enti locali.
 I soggetti che hanno maturato i requisiti al 31/12/2011, sono rilevati sulla base di un importo medio di buonuscita/Tfr stimabile in circa 87.000 euro per quanto concerne i dipendenti di ministeri e gli enti pubblici non economici e in circa 50.000 euro per quanto concerne i dipendenti di enti locali, a fronte di un maggior onere pensionistico (di fatto compensato da minor costi retributivi e quindi non incidente sui saldi di finanza pubblica). Si stimano così gli effetti in termini di erogazione anticipata di buonuscita/Tfr (tenuto conto nella valutazione che in assenza della disposizione i soggetti in esame avrebbero acceduto al pensionamento in parte nel 2013 e in parte nel 2014 e delle relative regole di liquidazione della prestazione di buonuscita/Tfr). Ci sarebbe quindi (al lordo degli effetti fiscali) un maggior esborso di 208 milioni nel 2013 ma con un risparmio già dall'anno successivo (138 milioni), un risparmio di 35 milioni sia nel 2015, sia nel 2016 fino allo zero del 2017.

Con il cedolino unico -210 milioni di spese. La relazione tecnica alla spending review ipotizza un risparmio per il "cedolino unico" per lo stipendio di 201 milioni a regime. Si tratta della cifra che si otterrebbe con una spesa a cedolino intorno ai 10 euro, moltiplicato per 12 mensilità e per l'intero personale non servito.

Con acquisti centralizzati 1,6 mliardi di risparmio annuo dal 2015. Risparmi per la finanza pubblica, quantificabili in circa 480 milioni per il 2013, 960 milioni per il 2014 e 1.600 milioni annui a partire dall'anno 2015 con gli acquisti centralizzati della Consip. Il risparmio è stimato nel 10% del valore degli acquisti.

Via 674 uffici dei giudici di pace. La razionalizzazione degli uffici giudiziari comporta la riduzione di 674 uffici del giudice di pace, di 220 sedi distaccate e di oltre 70 uffici giudiziari circondariali. Risparmi per 35 mln nel 2012 e 70 mln nel 2013. Sulle intercettazioni il risparmio sarà di 20 mln nel 2012 e 40 nel 2013.

 Dalla sanità 2 miliardi di risparmi a regime.
 Da qui al 2014 la sanità dovrà tagliare 900 milioni nel 2012, 1,8 miliardi nel 2013 e 2 nel 2014. È quanto si legge nella relazione tecnica al dl spending review. I maggiori risparmi arriveranno dal taglio della spesa per gli acquisti di beni e servizi compresi i dispositivi e per i farmaci.

Dal taglio dei posti letti 50 milioni di risparmi. Un taglio di 20 milioni per il 2013 e 50 per il 2014. È il risparmio calcolato per il taglio dei posti letto, perché «prudenzialmente» nella relazione tecnica al dl spending review si calcola solo «la contrazione della spesa per beni e servizi correlata ai posti letto cessanti», quindi, ad esempio, meno lenzuola da lavare o pasti in meno da portare. I posti letto a "saltare" dovrebbero essere circa 18mila, passando da 4 per mille abitanti a 3,7.

Stretta sulle spese per siringhe, lenzuola pulite, mense. Solo alcuni dei prodotti sotto l'etichetta 'beni e servizì acquistati dal servizio sanitario che saranno tagliati di 500 mln nel 2012, come si legge nella relazione tecnica al dl spending review. Ma si dovrà fare economia anche sui dispositivi medici (dalle protesi, alle valvole cardiache, ai pace-maker) con una sforbiciata da 400 mln nel 2013 e 500 mln nel 2014 per effetto minor tetto di spesa (passa dal 5,2 al 4,9 e poi al 4,8 dal 2014).

 Scuola, con tesoreria unica -71 milioni. I benefici attesi dal passaggio alla Tesoreria unica per la scuola sono il minore ricorso al debito pubblico. Ipotizzando una giacenza minima di 900 milioni si otterrebbe un calo della spesa per interessi pari a 4 milioni nel 2012, 31 milioni 2013 e 36 milioni 2014. L'impatto sull'avanzo/deficit è minimo, per quanto positivo.

Cala la spesa per le carceri. Cala la spesa penitenziaria e un taglio da 3,5 mln arriva per l'approvvigionamento del vestiario. Una riduzione di 1,5 mln arriverà con la razionalizzazione dei costi per l'acquisizione di beni e servizi e 4 milioni per l'anno 2013 potranno essere reperiti in considerazione del fatto che le funzioni assistenziali sono trasferite al Ssnn.

Taglio buoni pasto, risparmio di 54 milioni. Con il limite a 7 euro per i buoni pasto ai travet si risparmieranno 53,8 milioni. Il taglio maggiore arriverà per i lavoratori degli Enti pubblici non economici che hanno un valore medio del buono di 11,60 euro.

Assunzioni uguali per tutti: -1,1 miliardi di spesa. Rendendo omogenee le assunzioni come previsto dalla spending review si arriverà a regime (nel 2016) ad un risparmio di 1,1 miliardi. La disposizione prevede in particolare che per il triennio 2012-2014 anche i Vigili del fuoco, i Corpi di polizia, il sistema delle Università e gli Enti di ricerca, potranno procedere al ricambio del turn-over nella misura del 20% nel triennio 2012-2014, del 50% nell'anno 2015 e il pieno reintegro del personale cessato dal 2016.

 Dal taglio degli affitti 90 milioni. Dal taglio del 15% degli affitti arriverà un risparmio annuo di circa 90 milioni a decorrere dal 2013. Per il mancato adeguamento Istat degli affitti di Stato il risparmio è di 5 milioni per il 2012, 16 l'anno dopo e milioni e 15 milioni a decorrere dal 2014. Per gli enti territoriali è ipotizzabile in relazione al secondo semestre 2012 un risparmio pari a 5 milioni, per l'anno 2013 pari a 17 milioni di euro e a decorrere dall'anno 2014 pari a 16 milioni di euro.
Domenica 08 Luglio 2012 - 21:05
Ultimo aggiornamento: 21:25

L'economista: tagliare il pubblico impiego non serve a nulla
di STEFANO LOPETRONE
LECCE - È tutta colpa del pareggio di bilancio. I dipendenti pubblici, sui quali sta per abbattersi la scure del governo, ora sanno con chi prendersela. Ad indicare il colpevole è il professore Giampaolo Arachi, laurea con lode alla Bocconi (dove è stato docente associato), master ad Oxford e cattedra di Scienze delle Finanze e Macroeconomia a Lecce. «Tagliare il pubblico impiego non serve a nulla».

Eppure il governo crede sia una delle medicine per uscire dalla crisi. «Una volta accettato il principio del pareggio di bilancio, bisognava aspettarsi qualche forma di compressione della spesa nel pubblico impiego. Resta da capire se il vincolo del pareggio in questa fase storica di recessione economica sia corretto. Io ritengo che sia una medicina sbagliata. Il problema non è di bilancio pubblico: i nostri conti sono in ordine. Non abbiamo bisogno di manovra correttive, che tra l’altro ci vengono imposte dall’esterno, per un difetto di governance europea, dal fatto che la Bce non può intervenire direttamente per placare il rialzo sui tassi di interesse sul nostro debito. Rialzi che non sono giustificati da un disequilibrio dei nostri conti».

Di che cosa abbiamo bisogno allora? «Intanto Italia, Francia, Spagna e gli altri Paesi europei dovrebbero cercare di modificare l’approccio europeo alla crisi. Negli ultimi due anni l’Unione ha voluto individuare nel disequilibrio dei conti pubblici la causa principale della crisi. Ma tutti sanno che non è così».

Qualcuno pensa che si colga al volo l’occasione della crisi per prendere provvedimenti impensabili in altri periodi storici. Tra questi, appunto, il taglio dei dipendenti pubblici. «Più in generale c’è chi crede che questo sia il momento giusto per imporre il ridimensionamento dell’intervento statale in economia. Io però non capisco il nesso. L’Italia vive una sovrapposizione di problemi congiunturali e strutturali. Direi che è proprio dal ridimensionamento della presenza pubblica in economia, dal 1992 in poi, che l’Italia soffre di bassa crescita e produttività. Per carità, è possibile che alcuni interventi, come l’ultimo, possano contribuire a razionalizzare la spesa ed a riorganizzare gli organici. Le cose di cui abbiamo bisogno davvero, però, come le riforme di scuola, giustizia e sanità mal si conciliano con i risparmi della spesa».

Il taglio al pubblico impiego sembra anticipare interventi da default, come quelli presi in Grecia. «La ricetta è sostanzialmente quella. La situazione italiana però è molto diversa da quella greca, dove i conti pubblici erano in grosso disequilibrio, la spesa fuori controllo, i bilanci poco affidabili. In Italia negli ultimi dieci anni, siamo riusciti a contenere uno dei debiti pubblici più elevati al mondo, per molti anni abbiamo chiuso con un avanzo primario. Non è possibile perseguire il pareggio di bilancio in tempi di recessione. Le ultime manovre di rientro del deficit hanno causato il crollo del Pil, che a sua volta ha fatto saltare l’obiettivo del pare ggio».

Come rispondere allora alle crisi, congiunturale e strutturale, che stiamo attraversando? «Le soluzioni devono correre su binari paralleli: per uscire dalla crisi congiunturale, evitiamo manovre di tipo recessivo, che aggravano la situazione. Quanto alla crisi strutturale, l’Italia gira intorno al problema senza aver ancora individuato la causa. Per recuperare competitività occorrono tanti interventi, di lungo periodo, politiche che avranno effetto tra 3, 4 o 5 anni. Ma per arrivare vivi tra 3, 4 o 5 anni abbiamo bisogno di ragionevolezza anche sul breve periodo. L’ossessione del pareggio di bilancio, invece, complica la situazione tanto nel breve quanto nel lungo periodo».

Trst, oltrepadani. Addio ai maxi-buoni pasto di Palazzo
Oggi i regionali ricevono 11,70 euro lordi. Ma il governo impone un tetto di 7 euro
TRIESTE È stata spesso una delle battaglie più dure dei rinnovi contrattuali del comparto unico. I sindacati non hanno mai mollato. Ma adesso il decreto del governo sulla spending review rischia di vanificare tanti sforzi. E di abbassare il vantaggio che i dipendenti regionali del Friuli Venezia Giulia hanno nei confronti degli altri lavoratori. Il loro buono pasto, una conquista alternativa alla mensa utilizzabile nelle giornate in cui si ha il rientro pomeridiano, pesa infatti per 11,70 euro lordi, che al netto delle tasse scendono a 7,70 euro, vale a dire 70 centesimi in più rispetto al tetto massimo che Roma intende piazzare per i ticket della pausa pranzo dei dipendenti pubblici. Già da fine 2012, se il percorso parlamentare non modificherà l’articolo in questione, il valore dei buoni pasto per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni non potrà superare i 7 euro. «Un problema in un decreto che mette in atto più di un affondo verso i dipendenti pubblici», commenta Maurizio Burlo della segreteria regionale Uil. In Friuli Venezia Giulia gli 11,7 euro sembrano un privilegio gigantesco. Ma, precisa, così come il collega della Cisl Pierangelo Motta, si tratta di una cifra lorda. Trattenute le imposte, «quello che resta al dipendente è una cifra di 7,7 euro». Comunque il 10% in più del nuovo limite imposto da Roma. Con una modalità di distribuzione diversa rispetto agli abituali ticket-restaurant. Quello del dipendente di Palazzo è infatti un buono inserito direttamente in busta paga (circa 190 euro lordi mensili) a prescindere dal fatto che venga o meno utilizzato, vale a dire che il dipendente mangi al bar o si porti il panino da casa. (m.b. )


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